L’amore non ha età

Quella che sto per raccontarvi è una storia che mi è realmente accaduta poco tempo fa. A parte i nomi quello che ho usato tutto il resto è vero.
Purtroppo non sono uno scrittore, mi sono da poco laureato in ingegneria, perciò non lamentatevi se il racconto non sarà coinvolgente e non scandalizzatevi per eventuali errori. Non ostante la premessa, ho deciso di scrivere ugualmente questa storia nella speranza che a qualcuno possa piacere e chissà forse gradirla al punto tale da dedicarmi un racconto.
Ma adesso basta con le parole inutili ed iniziamo.
Mi chiamo Francesco G. , avevo venticinque anni e mi ero appena laureato.
In attesa del servizio militare per racimolare qualche soldo avevo cercato un lavoretto da fare in attesa della fatidica chiamata. Dopo anni e anni tra i libri mi trovavo improvvisamente catapultato nel mondo del lavoro. Dopo molte ricerche vane, avevo trovato finalmente impiego in una società di assicurazioni. Il mio compito era quello di andare a casa dei clienti della società ed mostrare loro possibili nuovi contratti, oppure aggiornarli sulla loro posizione nella società.
Un giorno il capoufficio, una persona sempre gentile e disponibile, mi diede l’indirizzo di un cliente dal quale avrei dovuto recarmi e, dopo avermi spiegato il lavoro, mi disse di essere il più possibile cortese perché si trattava di un cliente molto importante.
Nel pomeriggio, erano circa le diciassette, come da programma, mi recai all’indirizzo segnato sul foglio. Uno stupenda villa sull’Appia Antica.
Suonai il campanello e, dopo una breve attesa, mi venne ad aprire una signora di circa sessanta anni, molto distinta e ben vestita.
-Mi scusi dovrei parlare con la signora Turrini. Sono un agente dell’assicurazione ed avevo un appuntamento con lei. – Dissi io.
-Prego accomodati, sono io. –
Io entrai nella casa e lei, dopo aver richiuso la porta, mi invitò a seguirla. Entrammo in un salone grandissimo, io non ne avevo mai visto uno così. Lei mi invitò ad accomodarmi sul divano, mi chiese se desideravo qualcosa da bere e, senza neppure aspettare la mia risposta mi offrì un bicchiere di whisky.
Parlammo per circa un ora di tutti i possibili contratti che la mia società poteva offrire e finalmente riuscii a fargli firmare una polizza, il mio superiore sarebbe stato molto fiero di me.
Dopo aver firmato lei si alzò, andò in un angolo del salone e dopo poco tornò con un altro bicchiere di whisky. Dopo avermi passato il bicchiere, tornò a sedere vicino a me, nella posizione che occupava anche prima, ed iniziò a dire:
-Sono ore che parliamo di lavoro ed io non so ancora come ti chiami. –
-Io mi chiamo Francesco. –
-Invece io sono Elena e ti prego dammi del tu. –
Mentre parlava iniziò ad avvicinarsi sempre più verso di me, allungò un braccio sullo schienale del divano, passando dietro la mia schiena e poi, mi bisbigliò all’orecchio:
-Tu sei mai stato con una donna molto più grande di te? –
Le sue parole mi gelarono, un brivido scese giù per la mia scena, non sapevo più cosa pensare e come conseguenza rimasi immobile senza dire nulla. Lei posò allora la sua mano sul mio ginocchio e continuò ad avvicinarsi fino a quando le sue morbide labbra sfiorarono l’orecchio.
Intanto il suo braccio si era stretto in un caldo abbraccio intorno a me. La sua bocca si schiuse e la sua lingua iniziò a solcare e penetrare sempre più a fondo la mia orecchia.
-Dai rispondimi. Sei mai stato con un una “vecchietta”? –
-No-
-E non lo hai mai desiderato? –
-In questo istante si. –
Non so perché risposi così, ma fondamentalmente quella situazione mi stava piacendo, il suo abbraccio era caldo ed era dolce come la sua lingua si muoveva su di me.
Mi voltai verso di lei e dopo un fugace sguardo, occhi negli occhi, le nostre lingue si intrecciarono, si cercavano, si trovavano e subito dopo si perdevano.
Io non capivo più nulla, ormai sentivo brividi ovunque, la sua mano iniziò allora a salire, sfiorò la mia coscia e subito arrivò al mio cosino. Slacciò i pantaloni e, dopo aver abilmente superato l’ostacolo slip, afferrò saldamente il mio pene. Iniziò quindi a spingere verso il basso facendo sbocciare il mio glande come una stupenda rosa.
Più ripenso a quella scena, più mi sembra irreale, le nostre bocche un tutt’uno, io seduto ansimando sul divano con le gambe aperte e lei che, muovendo delicatamente le dita sul mio membro, provoca brividi in tutte le parti del mio corpo.
Dopo poco tempo io venni, inondando di una soffice neve bianca la sua mano. Io giacevo esausto sul divano, lei staccò le sue labbra dalle mie e dopo aver preso una salvietta iniziò a pulirmi con un amore e con una cura che non avevo mai visto prima.
-Allora hai visto che poi non è tanto male anche con una sessantenne? –
La mia risposta fu un nuovo bacio.
Dopo un po’ di riposo ci ricomponemmo e mentre uscivo dalla sua casa lei mi chiese:
-Come posso fare per rivederti? –
Io avrei voluto rispondere che sarebbe stato meglio non sentirci più, invece, ripensando a quanto mi era piaciuto, dissi:
-Il numero del mio telefonino è 0338… Chiamami quando vuoi. –
Ci salutammo con un ultimo bacio sulla porta, poi io me ne andai.
Per tutta la notte seguente non potei fare a meno di pensare a quello che era successo, ero schifato, terrorizzato, io ripetevo tra me me :
-O Dio, ma è una vecchia. –
Però ripensavo pure a quanto mi era piaciuto.
Il giorno seguente lavorai come al solito cercando disperatamente di dimenticare quello che era successo, anche se l’impresa era veramente ardua. Tutto filava come al solito fino a quando, verso le diciotto, mentre ero in macchina diretto verso casa squillò il mio telefonino
-Pronto? –
-Parlo con Francesco? –
-Si sono io. Chi è? –
-Sono Elena, volevo chiederti se ti andava di venire a cena da me questa sera. –
Io ebbi un attimo di esitazione, avrei voluto dire no e riattaccare subito, ma la situazione in fin dei conti mi eccitava ed allora, non so perché, risposi che mi andava bene.
Io arrivato a casa mi feci subito una doccia ed indossai un paio di jeans, una camicia ed un maglione. Subito dopo di nuovo in macchina e di corsa verso casa sua.
In breve arrivai alla villa. Fui subito davanti alla porta e, dopo aver suonato, rimasi in attesa che lei venisse ad aprirmi. Finalmente dopo circa un minuto di attesa, un minuto interminabile, la porta si aprii ed io me la trovai davanti.
Indossava una giacca nera, sotto una camicia di seta bianca ed una gonna a portafoglio, sempre nera, che copriva a malapena le sue gambe, velate da un paio di calze color carne. A vederla così non era eccessivamente male, certo la sua età si vedeva chiaramente, tuttavia il suo era un bel corpo. Alta circa un metro e settanta, capelli biondi, chiaramente tinti, due occhi nerissimi, senza un filo di grasso, un seno un po’ piccolo, ma in compenso due gambe molto lunghe e, non ostante l’età, ben tornite.
Lei subito esordì:
-Ciao, accomodati. Ho preparato per te una cenetta davvero speciale. –
Mi fece entrare e, invitandomi a seguirla, mi condusse nello stesso salone dell’altra volta. Al centro il tavolo era apparecchiato per due persone ed al centro c’era un candeliere in argento con tre candele rosse accese.
Arrivati nella stanza lei mi offrì un calice con del vino rosso ed iniziò a dire con tono evidentemente provocante
-Non è che sarà troppo caloroso il tuo saluto? –
La sua voce sembrava aver lanciato una sfida ed io non mi sarei di sicuro tirato in dietro. Posai il bicchiere sul tavolo, mi avvicinai a lei e, dopo aver passato un braccio intorno alla sua vita, iniziai a baciarla. La mia lingua spingeva sempre di più esplorando gli angoli più reconditi della sua gola per poi passare a leccare il collo, scorrendo tra le tante rughe presenti.
Dopo circa cinque minuti lei si divincolò e, ripreso fiato, mi disse:
-Ma tu le vie di mezzo non le conosci proprio? –
Quindi mi prese la mano stringendola fortissimo. Ci dirigemmo verso il tavolo e dopo esserci accomodati iniziammo a mangiare. Eravamo seduti uno di fronte all’altro. I nostri sguardi si incrociavano tra ogni boccone.
Il suo era strano, come di chi ha in mente chi sa cosa. Il mio invece era un po’ intimorito dal suo. Contemporaneamente sotto il tavolo i nostri piedi continuavano a sfiorarsi. Improvvisamente il suo piede sinistro, seguito subito dopo anche dal destro, si alzò, si posò sui miei pantaloni, proprio all’altezza del pene, ed iniziò a spingere. Muoveva i piedi e li premeva con molta forza fino quasi a farmi male. Io ero eccitatissimo non riuscivo a dire e capire niente, al mio naso arrivava un odore misto dei suoi piedi e dei miei umori. Non dicevo nulla, esordì allora lei:
-Perché non mi massaggi le gambe, sono un po’ stanca. –
Io ubbidendo al suo ordine iniziai a massaggiare le sue caviglie e poi i suoi polpacci. Questo mio atto a lei piaceva, visto il suo volto soddisfatto e l’accelerare del suo movimento.
Senza interrompere la sua opera continuò a dire:
-rispondimi sinceramente, io ti piaccio? –
-Non lo so. –
-Cosa vuol dire non lo so? –
-Questa è una cosa che non mi era mai successa prima. Al pensiero che potresti quasi essere mia nonna provo un certo schifo, però da quando ti ho conosciuto non riesco a smettere di pensare a te. –
-Se sono sempre al centro dei tuoi desideri vuol dire che mi ami. Ho avuto un idea, domani mattina ti passo a prendere e andremo per il fine settimana in un mio vecchio casale in campagna. Lì avremo modo di vedere se questa passione è solo mia o di entrambi. –
Detto questo iniziò a dare forti strattoni con i piedi facendomi subito venire e lasciando una macchia gigantesca sui miei pantaloni. Disse infine, passandomi un foglio con una penna:
-Ora scrivimi il tuo indirizzo e poi vai di corsa a casa che domani ti devi alzare presto. –
Ci salutammo con un rapido bacio posando solo le nostre labbra l’una sull’altra e poi tornai a casa.
Il giorno seguente erano le otto quando suonò il mio citofono, era lei che con la solita voce autoritaria mi invitava a sbrigarmi a scendere.
Arrivato giù la trovai alla guida di una stupenda Mercedes nera. Entrato nella macchina iniziai a scrutarla, era truccata benissimo, senza un capello fuori posto, indossava una veste lunga fino ai piedi, un paio di scarpe basse e, per quel che le caviglie lasciavano trapelare, direi le solite calze color carne. Lei mi diede un fugace bacio sulla guancia e subito dopo partì a razzo.
Mentre l’auto correva io pensavo, pensavo che di Elena a parte il nome non sapevo nulla, cosa aveva fatto ed ora cosa faceva nella vita, quanti anni aveva precisamente, ecc..
Iniziai allora a porgerle alcune domande, ma lei subito mi interruppe dicendomi che avrebbe risposto ad una sola condizione, avremmo dovuto fare il gioco della verità, una domanda a testa e l’altro era costretto a dire la verità, senza mentire o senza tacere qualcosa.
Iniziai io:
-Quanti anni hai? –
-Sessantuno. Ora tocca a me, hai la ragazza? –
-No più ci siamo lasciati circa un mese fa. Tu invece sei sposata? –
-No, non ho mai trovato l’uomo della mia vita. Di nuovo a me. Raccontami la prima volta che hai fatto l’amore con una ragazza. –
La sua domanda mi spiazzò ed io cercai di eludere la domanda, ma non ci verso perché lei subito mi ricordò i patti del gioco. Allora iniziai a raccontare dettagliatamente la storia e mentre parlavo lei continuava a sorridere.
Il gioco continuò ancora per un po’, poi tra noi tornò il silenzio. Io iniziai allora a pensare che in tutti i precedenti incontri lei aveva provocato piaceri a me, mentre io per lei non avevo fatto nulla. Questi pensieri mi fecero sentire un po’ in colpa, allora decisi di sdebitarmi.
Posai la mia mano sul suo ginocchio, sopra la gonna, e cominciai ad accarezzarlo. Al mio gesto lei tolse la mano destra dal voltate e me la poggiò sulla schiena, dietro il mio collo.
Lentamente alzai la veste, scoprendo le sue gambe e partendo dal ginocchio iniziai a risalire sfiorando l’interno delle sua cosce. Presto le calze terminarono e la mia mano fu a contatto diretto con la sua pelle, in verità un po’ flaccida e molle, comunque piacevole. Finalmente la mano arrivò sopra lo slip, a questo punto lei accostò l’auto al ciglio della strada e, dopo aver messo le quattro frecce, mi disse di non fermarmi, di continuare. Aprì un po’ di più le gambe per quanto l’abitacolo della macchina consentiva, intanto io cercavo di spostare i suoi slip per farmi strada nella sua parte più intima. La mano continuava ad avanzare, come prima cosa incontrò una piccola foresta di peli ormai radi, finalmente arrivò alle sue labbra. Farsi strada tra loro non fu difficile perché erano talmente mosce da non opporre alcuna resistenza.
Poi raggiunsi il suo clitoride. Nello stesso istante in cui lo toccai lei sobbalzò sul sedile e dopo aver emesso un lungo gemito di piacere mi diss! e di continuare così e non fermarmi.
Io continuavo a stringere il suo clitoride con le dita e a tirarlo e lei continuava a mugolare di piacere fino a quando non venne, cosa evidenziata da un lungo gemito di piacere ed un suo rilassamento generale.
Dopo poco si fu ripresa, accese di nuovo il motore e subito di nuovo a correre sulla strada.
Mentre guidava, ancora rossa in volto per quel che era successo poco prima, si girò un secondo verso di me e, fissandomi negli occhi, disse:
-Grazie. Era da quando avevo quarantacinque anni che nessun uomo era più riuscito ad arrivare al mio scrigno segreto. Non ricordavo neppure più come potesse essere piacevole. –
Io avrei voluto fare una battuta del tipo “O Dio pensa allora quante ragnatele ci sono in quel buco”, invece mi limitai a sorridere e sfiorarle il collo con una mano.
Finalmente arrivammo a destinazione. La casa era bellissima, grandissima ed immersa in una gigantesca pineta.
Scendemmo dalla macchina e davanti la porta della casa.
-Perché non mi prendi in braccio e mi porti dentro come fanno tutti gli sposini? –
Io esaudii il suo desiderio, alzarla non fu difficile poiché pesava come una piuma e con un balzo fummo all’interno della casa. Io la tenevo con un braccio intorno la vita e l’altro sotto le gambe, mentre lei era stretta a me con le braccia avvinghiate intorno al mio collo e concentrata a baciare la mia orecchia. Una volta dentro la posai su un divano, ma lei non mollò la sua presa trascinandomi con lei. Eravamo entrambi sdraiati sul divano e lei non smetteva staccava un secondo la sua lingua da me, prima sul collo, poi in bocca, poi di nuovo sull’orecchia e così via, sembrava una gatta che lava i suoi cuccioli.
Finalmente si staccò un attimo da me, ma solo il tempo necessario per dire:
-Perché non continui quello che stavi facendo in macchina? Mi era piaciuto tanto. –
Io l’accontentai subito, le alzai la gonna, le sfilai gli slip ed iniziai a massaggiare il suo clitoride, le mie dita si muovevano all’interno della sua vagina alla ricerca del buco e, una volta trovato, dentro, sempre più dentro. Poi le mi chiese di baciarla. Io, senza farmi pregare due volte, scivolai su di lei ed in un attimo fui con il mio volto sul suo sesso. Lei , come un fiore che sboccia in primavera, aprì più che poteva le sue gambe, una finì sullo schienale del divano l’altra a terra.
Sinceramente l’odore che arrivava al mio naso non era proprio quello di un fiore, anzi assomigliava più a quello di qualcosa in putrefazione, tuttavia era inebriante, faceva venire la voglia di sentirlo di nuovo.
Ad ogni giro della mia lingua intorno al clitoride lei emetteva un urlo sempre più forte, fino a quando emise un urlo, simile a quello di una persona che stanno per sgozzare, e venne, lasciando tutto intorno alla mia bocca un liquido vischioso. Dopo poco si addormentò ed io ne approfittai per fare una doccia. Mi alzai lentamente per non svegliarla, mi diressi verso il bagno e, dopo essermi spogliato completamente, iniziai a lavarmi.
Finita la doccia mi asciugai ed indossando solo un asciugamano intorno alla vita, andai in cucina per prepararmi un caffè.
Mentre ero intento davanti ai fornelli, lei arrivò alle mie spalle e, senza dire una parola, prese la mia mano e mi trascinò in camera da letto. Arrivati davanti ad un antico letto tutto di ferro sbattuto, lei con una spinta mi ci fece sdraiare sopra, quindi si distese vicino a me.
Con un’abile mossa la sua mano tolse l’asciugamano che mi copriva e così io rimasi totalmente nudo davanti a lei. Lei iniziò a carezzare il mio petto e con una voce tremolante mi sussurrò:
-Voglio fare l’amore con te-
Finalmente era arrivato il momento, non aspettavo altro, e in quell’istante anche io ebbi la certezza che quella donna mi piaceva e l’amavo.
Iniziai a slacciare i bottoni che chiudevano il suo abito, che in breve tempo si aprì concedendo ai miei occhi la visione di lei totalmente nuda se non fosse per le calze che indossava. Con le mani, allora, allargai le sue gambe e, dopo essere salito sopra di lei, le dissi:
-Anche io ti amo. –
Quindi la baciai. Mentre le nostre lingue si muovevano freneticamente l’una nella bocca dell’altro, Lei afferrò con le sue mani il mio pene e lo guidò fino a puntarlo davanti alla sua vagina. Io iniziai a spingere delicatamente ed in breve lo introdussi tutto dentro di lei. Mentre io continuavo a muovere il mio membro dentro e fuori il suo buco, che ad ogni colpo si apriva sempre di più, lei inarcava la sua schiena e poi la distendeva accompagnando i miei movimenti come se cercasse di trattenermi al suo interno il più possibile. I nostri movimenti si facevano sempre più frenetici ed i nostri volti erano ormai coperti della saliva dell’altro. Poi alla fine esplosi in lei come un vulcano che erutta.
Venimmo in contemporanea e le sue uniche parole furono:
-è bellissimo sentire il tuo calore dentro di me. –
Ci addormentammo mentre ancora ci baciavamo.
La mattina fui svegliato da un suo bacio. Io aprii gli occhi e la vidi seduta sopra di me con un sorriso malizioso. Disse solo:
-voglio fare ancora l’amore con te. –
E subito dopo iniziò a cavalcarmi e a contorcersi come in preda a crisi epilettiche.
Quel giorno facemmo l’amore in tutti i modi ed in tutti i posti possibili. Purtroppo arrivò la sera e con lei il ritorno alla città.
Continuammo a vederci e a fare l’amore, ma questo forse ve lo racconterò un’altra volta.

A scanso di equivoci vorrei precisare che a me piacciono le ragazze della mia età, tuttavia questa mia esperienza è stata talmente strana, coinvolgente e devo dire bella, da riuscire a convincermi che L’AMORE NON HA ETà. FINE

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