Pomeriggi uggiosi (racconto lesbo)

All’inizio degli anni ’70 Elena e Katia, due amiche allora quarantenni, si vedevano spesso a casa ora dell’una ora dell’altra, per trascorrere il pomeriggio chiacchierando liberamente di tutto ciò che passava loro per la testa.
Sposate entrambi, con figli ormai ventenni, conducevano la vita normale e un po’ banale delle famiglie piccolo borghesi, occupate solo dai lavori domestici che sbrigavano durante la mattinata, passavano così i loro pomeriggi mentre i mariti erano al lavoro.
A volte uscivano a curiosare nelle vetrine dei negozi del centro ma la loro occupazione preferita, abitando nello stesso palazzo, restava quella di stare in casa a spettegolare sui vicini e a parlar male dei rispettivi mariti e congiunti.
Dopo anni di queste frequentazioni erano ormai abbastanza in confidenza da potersi raccontare anche le cose più intime che, in fin dei conti, si riducevano alla classica scopata del sabato sera, con la leggerezza e la mancanza di malizia che solo le donne riescono ad avere, quando parlano fra loro, nelle cose di sesso.
Fu così che, sempre lamentandosi della scarsa fantasia del marito e della monotonia della vita coniugale, un pomeriggio Elena confessò all’amica la sua avventura al mare dell’estate precedente.
««Enrico era come al solito uscito con i suoi amici per andare a vedere una partita di calcio, io non ne avevo nessuna voglia, così uscii per andare al bar a prendere un gelato. Seduto al tavolo c’era un ragazzo che avevo già visto in spiaggia. L’avevo notato perché mi guardava con una certa insistenza che, te lo dico francamente mi aveva fatto piacere. Uscita dal bar lui mi seguì e una volta accertatosi che ero sola attaccò discorso. Lo fece con tanta naturalezza che non ci vidi nulla di male. Parlando e scherzando arrivammo alla fine del corso illuminato, da lì inizia la spiaggia libera, lui allora invece di tornare indietro come mi aspettavo mi prese per mano e c’incamminammo sulla spiaggia. Ero confusa e turbata. Solo allora mi resi conto che mi stavo mettendo in una situazione sconveniente. Cercavo disperatamente una scusa per tornare indietro, anche se una parte di me era eccitata dalla situazione che si stava creando. Mentre mi sforzavo di trovare una via d’uscita lui mi strinse a se e mi baciò sulla bocca. I miei scrupoli si sciolsero come neve al sole e ricambiai con ardore il suo bacio, le sue mani cercarono i capezzoli che spingevano da sotto il vestito poi, s’infilarono nelle mie mutandine mentre io cercavo di afferrare il suo uccello da sopra i pantaloni. Dopo avermi sfilate le mutandine si sbottonò i pantaloni e tirò fuori l’uccello. Non potevo vederlo ma appena lo afferrai mi resi conto che era grosso come non ne avevo mai visto. Senza molti preliminari mi sdraiò sulla sabbia e iniziò a penetrarmi. Temevo che mi avrebbe sfondata invece la mia figa lo accolse tutto dentro senza problemi. Mi sentivo riempita al limite dell’impossibile, poi svuotata e riempita di nuovo. Non so quanto durò il tutto, poco penso, ma ebbi un orgasmo travolgente come non mi era mai capitato. Ci pulimmo alla meglio e ritornammo verso il corso. Non scambiammo molte parole e giunti davanti al bar ci salutammo e ritornai a casa»».
««Non l’hai più rivisto?»».
««No. Cioè l’ho rivisto per strada un paio di volte. Ero con Enrico e lui o non mi ha notato o ha fatto finta di niente per non mettermi in imbarazzo»».
««Ti sei mai pentita?»»
««Per niente. Non ho mai goduto tanto, sarà stata la situazione o le sue dimensioni ma ho goduto come una porca»».
««Beata te»» e scoppiarono a ridere tutte due ««Nessun rimorso per Enrico?»».
««No figurati. Il problema è un altro?»»
««Quale?»» ««Con Enrico non provo quasi più niente… non è che prima chissà cosa… ma dopo essere stata penetrata da quello stallone mi sono resa conto di quanto sia bello essere scopata da un uccello di quelle proporzioni. Così con Enrico fingo di godere ma, te lo dico solo a te che sei un’amica, ho ripreso a toccarmi, quando sono sola immaginando di essere presa da uccelli giganteschi…»» Elena era quasi pentita di aver confidato cose così intime alla sua amica ma Katia la rassicurò subito. ««Confidenza per confidenza anch’io mi tocco. L’ho sempre fatto. Poi da quando ho trovato le riviste porno che Alfredo tiene nascoste in fondo al cassetto è diventata una frequente e piacevole abitudine»». Le due donne si guardarono con reciproca malizia.
««Come sono queste riviste?»» ««Aspettami vado a prenderle»» Katia s’infilò nella stanza del figlio e tornò con un pacco di riviste. Era rossa in viso, si sedette sul divano vicino a Elena, sembrano due ragazzine sul punto di intraprendere una marachella.
Cominciarono a sfogliarle, dapprincipio Elena mostrò un certo imbarazzo poi quelle immagini la catturarono sempre di più. Katia notò il suo viso accesso e le domandò ««Allora ti piacciono? Non ti fanno venir voglia di allungare la mano sotto la gonna?»» ««Altroché se mi piacciono. Mi sento tutta scombussolata… ci credo che poi ti tocchi…»»
««Mi mettono una frenesia addosso che starei a toccarmi per ore…Anche adesso se non ci fossi tu… ««
««Non mi sembra il caso di farsi tanti scrupoli… fra amiche… e poi sai anch’io ne ho una voglia»»
Si guardarono per un attimo negli occhi poi Katia le sorrise ««Mettiamoci comode»»
Katia si slacciò il reggiseno e con un colpo solo si abbassò i pantaloni e le mutandine mentre Elena sbottonò la camicetta, non portava mai il reggiseno, e alzata la gonna si sfilò le mutandine.
Iniziarono timidamente a sfiorarsi la figa, un po’ imbarazzate dalla presenza l’una dell’altra ma la voglia che le aveva messo addosso la visione di quelle foto era così forte da superare qualsiasi imbarazzo.
Le loro gambe si sfiorarono e nessuna delle due fece il minimo accenno a ritrarsi.
Anzi Katia le sfiorò l’interno della coscia ««Che pelle liscia hai»» Elena apprezzò il complimento e sfiorando il seno dell’amica le disse ««Hai due tette fantastiche, invidio i tuoi capezzoli così grossi»» ««M piace quando me li mordono»»
Elena si fece coraggio e prese fra i denti il grosso capezzolo di Katia. ««Stringi forte, non aver paura di farmi male, mordi»». Elena non se lo fece ripetere due volte, spronata dall’amica cominciò a torturarle il capezzolo con denti strappandole gemiti di piacere. Intanto la mano di Katia era risalita fino alla figa dell’amica che, per facilitarne il compito, aveva spalancato le gambe.
I morsi di Elena stavano portando Katia al delirio, tanto che ad un certo punto si inginocchiò fra le sue gambe e dopo averle baciato e leccato la figa iniziò a penetrarla con le dita. La facilità con cui introduceva le dita la spinsero a penetrarla con tutta la mano, cosa che riuscì senza fatica stappando ad Elena gemiti di piacere ed incitamenti a continuare con più foga.
La mano di Katia era avviluppata da un guanto di carne caldo e pulsante, il corpo di Elena che si inarcava gemendo la spinsero ad uscire e rientrare con ritmo sempre più convulso fino all’orgasmo che si preannunciò con un tremito irrefrenabile delle game e l’inarcamento del corpo di Elena che dopo aver serrato le cosce si accasciò esausta sul divano.
Katia restò a guardare la sua amica che si riprendeva lentamente dal suo stato di beatitudine baciandole le cosce rigate dai suoi umori.
««Dio che bello…»» Sospirò Elena ««sei un’amante fantastica… Vieni, siediti qui»» le due amiche si scambiarono un lungo bacio, poi Elena si inginocchiò fra la gambe dell’amica e la ringraziò a suo modo del piacere ricevuto.

FINE

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