Grazie. Era stata una bella serata.
Mille paranoie all’inizio, ma poi era filata via liscia.
Non la conoscevo bene, ma in fondo era un tipo alla mano. Quando l’avevo vista la prima volta, nei corridoi dell’università, fasciata nel suo impermeabile nero, truccatissima, alta, mi era sembrata molto snob. Avevamo parlato di esami, mi era parsa molto in gamba, ma niente di più. Poi, improvvisamente…
< Cosa fai mercoledì sera? >
< Niente, perché? >
< Possiamo mangiare due bocconi insieme, andare da qualche parte… >
< Va bene. Passo io… dov’è che abiti? > ….
Non uscivo molto spesso in quel periodo. Avevamo mangiato messicano e bevuto abbastanza.
Forse lei più di me.
< Dai, sali da me che ti dò quegli appunti che ti servivano… > mi fr sul portone di casa.
< Stai da sola? > mi scappa detto.
< No, con mia sorella e una sua amica. Ma adesso non ci sono e chissà a che ora tornano… >
Entrati in casa, ci togliamo i cappotti e la osservo più attentamente. Capelli biondi, dritti, che le arrivano alle spalle. Un po’ “grossa” di fisico, ma nell’insieme bella. Due tette veramente grandi.
Lei rimane con un maglioncino aderente a maniche corte. Va in camera e torna con un blocco di fogli.
Ci sediamo su un divanetto a due posti, di fianco.
< Con questi risparmi un bel mucchio di tempo >
Me li fa vedere, ma il mio occhio indugia con più piacere sui suoi capezzoli, che puntano sotto il maglione.
Beviamo ancora, e parliamo. Ci rilassiamo e il discorso va sul personale. Lei lentamente si appoggia alla mia spalla e io le passo un braccio attorno al collo.
Mi avvicino. Ci baciamo.
La mano va subito sulle tette. Sono veramente sode. La infilo sotto il maglione e comincio a palparla con forza.
Il mio cazzo c durissimo. Sto per slacciarle i pantaloni ma vedo lei che allunga la mano e afferra il telefono.
< Vai avanti > , mi dice.
< Chi cavolo chiami ? >
< Non ti preoccupare >
Io non mollo la presa sulle tette e contemporaneamente le slaccio la cintura. Mi aiuta ad abbassarle i pantaloni.
Digita un numero sul telefono. Io le tolgo anche il maglione. Rimane solo con la biancheria intima, bianca ed elegante. Sotto le mutandine si vede un fitto pelo nero.
< Ciao Carlo, dove sei? > dice al telefono, senza la minima inflessione nella voce.
Io comincio a capire.
< No, io sono a casa. Bevo una tisana e me ne vado a letto. Domani ho lezione presto >
Mi indica di togliermi i pantaloni. Io lo faccio, mentre lei si scosta il reggiseno,
mostrandomi due fantastiche pere.
Io rimango in piedi e lei si sdraia sul divanetto. La sua voce non cambia assolutamente registro.
< Lo sai che l’altra sera mi sono proprio divertita? Dobbiamo rifarlo… >
Appoggia il telefono sulla spalla, e con la mano destra si scosta le mutandine e
comincia a toccarsi la fica. Con la sinistra mi afferra il cazzo.
< Se, mi eccito tutta a pensare a noi due che facciamo l’amore>
Adesso comincia a sospirare. Mi avvicino e le lecco le tette. Sono veramente sode.
Non ce la faccio. Mi metto su di lei e le infilo l’uccello in mezzo alle tette.
< Non resisto, mi sto toccando la patatina. Non sai cosa mi immagino… >
Io vado su e giù con la spagnola, e mentre sento l’altro parlare lei mi prende il cazzo in bocca, per pochi secondi.
< Lo so che sono una porcellina. Ma mi piace da impazzire. Immagino di farti un pompino… >
E mi riprende il cazzo in bocca, questa volta fino in fondo.
Dall’altra parte, silenzio.
< Adesso mi stai scopando… > urla gemendo.
Io ormai sono entrato nel gioco, le tolgo le mutande e le infilo il mio arnese.
Comincio a spingere, ma lei mi dice di fare in silenzio.
< Se, mi fai impazzire Carlo. Vai avanti, ancora… >
Lo sento ridere. Io sto godendo come un pazzo. Aumento il ritmo e le tette si muovono vorticosamente.
< Scopami, fammi venire, sborrami addosso… >
Io vado ancora più veloce e quasi all’orgasmo lo tiro fuori.
Vengo con una sborrata colossale. Gli schizzi le inondano le tette, il collo, finiscono sul telefono e sul divano.
< Sento la tua sborra calda su tutto il corpo. Ne bevo un po’. >
Se la mette su un dito e lo infila in bocca, succhiando.
< Ah, grazie. è stato fantastico. Sembrava vero. >
Mi fa l’occhiolino. FINE