Quando inizia la mia storia con Silvia, capii presto di trovarmi dinanzi ad una totale inesperienza in fatto di sesso, ma questo certamente non mi meravigliava.
La sua famiglia non avrebbe potuto determinare un processo di maturazione diverso.
Questo aspetto, però, non mi creava alcuna difficoltà: rappresentare una guida mi aveva sempre intrigato molto.
Spingere la fantasia, non solo mia, è un fatto a cui non potrei rinunciare e neanche Silvia può.
è diventata molto brava in questi anni e la via intrapresa sembra quella giusta.
Silvia ha due sorelle.
Questo avrebbe indotto chiunque ad immaginare che forse, almeno tra loro, si scambiassero esperienze, ma evidentemente il limite insuperabile del pudore insisteva anche sul piano della complicità che credevo ci fosse tra sorelle.
Gabriella ha 19 anni, Luisa 28. Silvia 26 ed io 27.
Una pioggia insistente accompagnava il nostro viaggio verso una rinomata località balneare sulla costa adriatica.
Io insieme alla famiglia di Silvia per la prima volta in vacanza.
Una sola settimana fortunatamente, con controlli rigorosi, riservati specialmente alla coppia ribelle: così amavano definirci, dopo che avevamo scherzato un po’ sulla assegnazione dei letti, nella piccola casa che avremmo occupato all’interno del residence.
Gabriellina ed io avremmo dormito in una delle tre camere da letto a disposizione.
La compagna di camera non mi fu casualmente assegnata dal capofamiglia, ma una attenta analisi della situazione e della planimetria pubblicitaria dei locali portò alla inappellabile decisione.
Separare la coppia ribelle nelle ore notturne fu cosa semplice e ovviamente prevedibile.
Due lettini separati da un piccolo comodino con luce incorporata determinarono una doverosa conta per le posizioni destra e sinistra tra me e Gabriella: dispari, dissi io, e la sinistra era conquistata.
Disponemmo i vestiti nell’armadio di fronte, erano le 12 e 30 circa.
Gabriellina salì sulla sedia per poggiare il borsone ormai vuoto sul ripiano più alto.
Le gambe si indurirono per recuperare i pochi centimetri necessari all’operazione.
Le gambe perfette e perfettamente nude apparvero lunghe davanti a me privo di obiettivi estranei a Silvia; i capelli biondi e castani insieme non lisci ma naturalmente mossi, non particolarmente curati ma originali, senza trucchi; un seno molto convinto, prosperoso quanto quello di Silvia ma decisamente diverso, più rotondo.
Tutto quello che vedevo lo avevo già evidentemente visto altre volte, ma non con il piacere con cui l’osservavo ora.
La gonna corta rimbalzava ai bordi ritmicamente e in sintonia con i movimenti oscillanti che Gabriella verso l’alto compiva.
La borsa era al suo posto.
In quella camera fino a poco prima vuota c’eravamo noi e ci saremmo ritornati solo per dormire.
La fila per il bagno era stata dura e mi era costata cara: Silvia,
Gabriella e Luisa erano troppo per i miei occhi e Silvia non si occupava di me, non poteva proprio.
Ebbi solo la possibilità, peggiorando il mio stato, di infilarle, furtivamente una mano tra le gambe per percepire la sua condizione: pessima.
L’umido visibile dei muri perimetrali avrebbe perduto ogni confronto: se avessi potuto, sarei andato via per tentare misure alternative dirette ad alleviare almeno il mio stato critico.
Gabriella era già nel letto quando entrai io in camera: già dormi, le dissi io; e lei più sveglia che mai rispose di no.
Non sarà facile addormentarsi, il cambio di letto e sempre traumatico per me, aggiunse.
Ti do fastidio se leggo?
No, assolutamente, dissi, leggo sempre anch’io prima di addormentarmi.
Udivamo chiaramente i suoni che provenivano dal Bar del residence: i musicisti erano ancora a lavoro.
Beati quelli che possono fare tardi, disse Gabriellina, domani sera ci proveremo anche noi, genitori permettendo.
Continuammo a leggere in silenzio.
Dopo alcuni minuti mi accorsi che Gabriella si era addormentata, poggiata alla scomoda spalliera del letto, con la testa reclinata da un lato ed il giornale poggiato sulle gambe coperte dal leggero lenzuolo bianco.
La guardai per un po’, qualche piccola fantasia attraversò i mie pensieri. Nulla di più.
D’altra parte ero reduce dall’incontro ravvicinato con Silvia che mi aveva lasciato l’amaro in bocca e non solo in bocca.
Sfrugolai per un momento la mia attrezzatura, con molta cautela, e con il timore di essere visto da Gabriellina, ma improvvisamente udii un rumore nel piccolo corridoio antistante la porta chiusa dalla mia camera: fermai le mani giusto in tempo per riprendere il giornale e vedere la porta aprirsi.
Era il padre di Silvia.
Buonanotte disse; buonanotte risposi io a bassissima voce per non svegliare Gabriella che nel frattempo si era distesa a pancia in giù con il viso rivolto verso il muro, alla sua destra.
La porta subito si richiuse: avevo scampato un bel pericolo.
Spensi la luce, mi girai a pancia in giù e mi girai ancora molte volte senza riuscire a prendere sonno, poi finalmente mi addormentai.
Non avevo dormito benissimo quella notte, ma il risveglio fu molto interessante.
Gabriella si era evidentemente svegliata da un po’, aveva già usato il bagno e stava di spalle, guardando nell’armadio, intenta a decidere come sostituire l’abbigliamento notturno con qualcosa che potesse accompagnarla fino alla vicina spiaggia.
Portava dei minuscoli pantaloncini, abbastanza larghi, ed una maglietta di cotone bianca, aveva già indossato il costume due pezzi giallo, comprato prima di partire insieme a me e Silvia, e che riuscivo, con gli occhi socchiusi, ad intravedere come trasparenza del bianco.
Mentre la guardavo ebbe inizio il consueto fenomeno mattutino che interessa molti soggetti maschi della nostra specie: l’erezione spontanea.
Sapevo bene di avere possibilità diverse per una posizione idonea a che Gabriella non mi vedesse; potevo anche tirare su il lenzuolo del quale durante la notte mi ero involontariamente liberato, ma volli scoprire la sua reazione tendendo conto di tutti gli elementi in campo: del mio abbigliamento notturno, un boxer elasticizzato grigio e t-shirt; e del fatto che lei credesse nel mio sonno pesante.
Dopo qualche secondo Gabriella si girò e guardò verso di me, riuscivo a vedere quasi tutto, anche se non bene, attraverso una lieve e impercettibile fessura che generavo con le palpebre, tenendole chiuse non completamente: il suo sguardo, come rapito, si diresse immediatamente verso il basso del mio corpo ed iniziò a fissare, forse timorosa di un mio improvviso risveglio, continuò ancora per qualche secondo, poi si girò di colpo forse sconvolta.
Anche io, un momento dopo, continuando a fingere, cambiai posizione per rendere il tutto più credibile.
Ma ebbi il tempo di notare un movimento strano del suo corpo, prodotto da una leggera flessione e da un visibile congiungimento delle ginocchia.
Sulla spiaggia trascorremmo una bella giornata.
Tutto bene anche con Silvia.
Gabriellina di tanto in tanto mi guardava, o forse guardava me e Silvia, ma non più di quanto facesse prima dell’episodio di quella mattina.
La sera riuscimmo ad avere il permesso per restare al Bar fino a tardi, ci divertimmo molto e ballammo molto, specialmente io e Silvia.
Gabriella amava molto i ritmi sostenuti e si sedeva puntualmente non appena l’orchestra lanciava in campo l’alternativo brano lento e romantico.
Io e Silvia approfittavamo di questi spazi per stringerci e per sentire un po’ di più i nostri corpi repressi al limite delle umane possibilità, esposti al controllo attento dei genitori durante il giorno e separati, durante la lunga notte, dalla distanza insuperabile delle nostre camere.
Durante uno di questi momenti di musica soft,
Silvia volle sedersi per bere qualcosa: al tavolo trovammo Gabriella e Luisa che ridevano non so di chi e per cosa.
Che fai Gabry ti accomodi durante i lenti, nessuno ti invita? Dissi io.
Perché non andiamo insieme, o sei stanco? Rispose di impatto lei.
Va bene andiamo, farò questo sacrificio.
Aveva un profumo delicato e presente di ambra e agrumi una meraviglia che mi conquistò profondamente in un secondo solo.
Aveva una gonna a pieghe, stretta sui fianchi e giù più larga, non corta, nemmeno lunga: alcuni centimetri al di sopra del ginocchio; una camicia sbottonata due o tre volte dall’alto, che lasciava in evidenza il solco tra i seni.
Era anche più alta di me, ma pochissimo, per via dei tacchi non comunque particolarmente pronunciati di quella sera.
Ci fermammo ad un lato della pista, portai una mano poco al di sotto del centro della schiena e con l’altra strinsi con leggerezza la sua.
Ruotammo due volte intorno ad un ipotetico asse e ci tranquillizzammo, ci guardammo intorno, ci scambiammo un accenno di sorriso.
Mossi la mia mano lungo il suo polso e cercando l’involontarietà risalii il braccio: volevo sentire il più possibile la sua pelle.
Complimenti per questa sera, dissi.
Perché? Rispose lei.
Perché sei bellissima.
Grazie, mi hanno aiutata Luisa e Silvia.
Ma no, non è merito loro, risposi, sei tu, semplicemente, ad essere insuperabile.
Mi sorrise, e restò in silenzio, forse era imbarazzata, chissà.
Tornammo a casa verso le 2 e un quarto, ci preparammo per la notte, salutai Silvia con un bacio ed entrai nella mia camera.
Dopo pochissimo arrivò Gabriella con il solito abbigliamento notturno e si buttò sfinita sul suo letto.
Stanca?
Moltissimo! Ci siamo divertiti però.
Si è vero, risposi io.
Grazie per il ballo di prima, sei stato molto galante.
è il minimo che potessi fare, Gabri. E poi è stato un piacere.
Lo è stato anche per me, rispose lei e aggiunse: ti posso fare una domanda imbarazzante?
Che tipo di domanda?
Imbarazzante, ribadì modificando tenuemente il tono della voce.
Ok, falla.
Questa mattina ho visto un sollevamento strano sotto il tuo boxer, anomalo direi. A cosa era dovuto?
Non me ne sono accorto, anzi scusami, forse stavo sognando.
Non sapevo cosa dire: non credevo che Gabriella potesse chiedermi una cosa del genere.
Tuttavia il solo fatto che mi avesse chiesto spiegazioni così particolari, forse sospettando della mia finta buona fede e della involontarietà dell’evento, ingenerò dentro di me una eccitazione mai sperimentata prima e non riuscii a trattenermi e sotto il boxer nero di quella sera qualcosa si muoveva.
Noto che accade anche ora la stessa cosa caro mio: allora, a cosa è dovuto?
Mi aveva, evidentemente, colto sul fatto. Cosa potevo fare?
Vuoi la verità, una mezza verità, o la bugia. Dissi io sdrammatizzando la situazione.
La verità. Chiarì sicura Gabri.
Non era un momento facile per me, infondo ero il ragazzo di sua sorella.
Ok, non nego di provare una certa attrazione per te. Risposi asettico.
Ma mi rendo conto di tutto, perciò, lasciamo perdere.
Gabriellina si distese sul fianco rivolta verso di me: io non l’ho mai visto. Disse con la voce un po’ rauca e dolce.
Mi cadde il soffitto in testa.
Il pene non sapeva più dove andare.
Cioè vorresti…..
Si mi piacerebbe, resterà tutto tra noi.
Cosa fare, pensai ancora una volta.
Era così bella; potevamo divertirci, sarebbe stato un gioco bellissimo, non mi sarebbe più capitato, forse.
Va bene, Gabriella. Giochiamo, dissi.
Vengo vicino a te oppure resto qui.
Resta li per ora.
Lentamente abbassai il boxer, il pene uscì fuori, teso oltre misura.
Lei lo guardo per qualche secondo, in assoluto silenzio e poi esclamò:
Mamma mia! . Che bello!
Ti piace, dissi io.
Molto, rispose lei e aggiunse: toccalo un po’.
Iniziai una lenta masturbazione davanti ai suoi occhi indescrivibili.
Gabri iniziò a strofinare l’interno delle cosce.
Vuoi che mi avvicino?
Si, va bene, disse lei sorridendo.
Mi sedetti sul bordo del suo letto, la guardavo fissa negli occ
hi. Non resistetti alla voglia che avevo di baciarla sulle labbra. La sua risposta fu delicata.
Non so perché, ma tornai a sedermi sul mio letto, continuando ad agitare il pene.
Fammi vedere anche tu qualcosa ora.
Cosa vorresti vedere?
Il seno adesso, dissi io.
Si sollevò e tolse la maglietta con un movimento perfetto: la tirò via prendendola dal basso.
Era splendente.
Ti piace, disse lei.
Non ho parole per dire quanto.
I capezzoli erano durissimi, dritti come una freccia che ha fatto centro tra le areole scure.
Gabri rimase li immobile affinchè io potessi guardarla bene. Istintivamente aggiunsi un po’ di ritmo al movimento che imprimevo al pene con la mano.
Chiudo la porta a chiave, Gabriella: in caso di controllo, dirò di averlo fatto involontariamente, per abitudine.
L’erezione rimase immutata: chiusi la porta a chiave. Gabri mi seguì con lo sguardo.
Tornato indietro, mi avvicinai al suo letto; lei guardava come nessuna aveva fatto mai.
Avevo il pene a pochi centimetri dal suo viso.
è stupendo: mi piacerebbe toccarlo. Disse.
Puoi farlo, risposi io.
Con la mano destra lo strinse forte alla base, tirò su la pelle verso di lei con un movimento lentissimo, fino a nascondere il glande, e poi giù, nuovamente.
è duro, ha un buon profumo. Posso continuare?
Le feci un sorriso e dissi: certo che puoi, come potrei dirti di no!
Continuò con quel movimento ancora per un po’.
Ero vicino alla follia.
Perché non ti togli tutto? Le chiesi.
E poi cosa succederà?
Nulla che tu non voglia, Gabriella.
Va bene, disse, e sollevando i fianchi tirò via prima il pantaloncino, poi gli slip bianchi.
Quello che vidi non lo dimenticherò mai, un mare di peli castani, organizzati perfettamente in modo tale da non venir fuori dal costume da bagno; notavo il taglio superiore del gioiello offerto al mio sguardo.
Stava seduta, poggiata alla spalliera del letto, con le gambe unite.
Mi piace il tuo cazzo, ad un certo punto udii.
Mi sconvolse il suo linguaggio improvvisamente spinto.
Mi stesi sul letto accanto a lei, avevo voglia di baciarla, di sentire il gusto di quella bocca amata.
La strinsi a me: potevo sentire il seno meraviglioso sul mio petto.
Spingendo il ginocchio contro le cosce unite, riuscii ad aprirle e con la mano scesi giù, finalmente oltre il seno, e la toccai.
Era veramente un mare agitato, un torrente in piena.
D’istinto, dolcemente, allontanai le mie labbra dalle sue: le abbandonai sfiorandole ancora per rendere il distacco meno difficile.
E scesi giù, seguendo l’immaginaria via che inevitabilmente mi avrebbe portato tra le sue gambe.
Quando arrivai, dilatai la passerina affinché fosse ben visibile il clitoride; infilai la lingua dentro: il liquido suo era dolcissimo e indefinibile.
Pensavo che nessuno, fino a quel momento, aveva visto quello che io vedevo, e sentito quello che io sentivo: e in tanti, certamente, avrebbero voluto.
La mordicchiavo all’interno delle cosce, poi leccavo nuovamente; ed ecco i primi gemiti non chiarissimi, leggeri e rauchi.
Spinse la mano tra i miei capelli per guidare il movimento della mia lingua.
Era meraviglioso comprendere, in tutta quella spontaneità, un momento di coscienza e di piacere consapevole.
è bellissimo, disse Gabriella.
è bellissimo Gabri, sei straordinaria.
Mi sollevai, lasciandole un bacio sull’ombelico e tra i seni, poi la baciai sulle labbra e sulla guancia,
è il mio sapore quello che avverto? Mi chiese Gabriella.
Si, risposi io, è fantastico.
La sua mano raggiunse il mio pene ed iniziò nuovamente il movimento.
Mi sollevai ancora, di modo che potesse vedere quello che faceva.
Gabri accelerò il ritmo.
Ti piace? Mi chiese. Succede se continuo?
Continua, risposi.
Guardava con gli occhi sbarrati.
Ad un certo punto vidi la lingua uscire dalle labbra e appuntita poggiare alla base del pene.
Lentamente risalì fino al prepuzio, ridiscese ancora; poi le labbra, finalmente, si chiusero attorno al glande e Gabriella, così, fece scivolare il pene in bocca, continuando il movimento con la mano destra.
Ero inginocchiato sul letto, allungai la mano verso la passera in fiamme, e cominciai a masturbarla.
Durò un solo momento, e capii che il suo orgasmo era vicino.
Un gemito più forte, rispetto a quelli così leggeri che avevo udito prima; ed una improvvisa interruzione in quello che stava facendo, mi fecero capire che aveva goduto.
Non seppi resistere alla visione e alle sensazioni che provenivano da quella situazione, e giusto un suo piccolo movimento, fu sufficiente a che lo sperma le cadesse sul viso e sulle labbra; e le cadesse sul seno meraviglioso; ed io cadessi accanto a lei un attimo dopo.
Rimanemmo distesi per un tempo che non riuscii a quantificare, e ancora oggi non so calcolare.
Rimanemmo distesi con le gambe intrecciate e il viso verso il soffitto.
La osservavo con attenzione per cogliere ancora la straordinaria bellezza del suo corpo nudo; anche lei mi guardava e sorrideva: aveva le tracce di sperma sul viso e sul seno: ora le vedevo benissimo.
è stato bellissimo, Gabri. Non ho parole per….
Non mi sono mai sentita così.
Rispose immediatamente lei.
Devo confessarti che neppure io riesco a spiegarmi la passione, il piacere, ed il trasporto che ho provato.
Che cosa ci è successo. Mi chiese.
Non so proprio dirlo Gabriella: con tua sorella è tutto molto bello, ma neanche la prima volta è stato così.
Gabri, io ti voglio così tanto.
Ti voglio completamente.
Lasciamo che le cose vadano avanti da sole, non corriamo troppo.
Anche per me è uguale, anche io provo quello che provi tu, ma non corriamo ti prego, non so se potrei resistere, disse Gabriella.
Così si tirò su, si alzò, prese i fazzoletti di carta che aveva nella borsa ed iniziò con attenzione a rimuovere lo sperma.
C’è l’ho dappertutto. Esclamò.
Dai anche a me un fazzoletto, per favore?
Si tieni, rispose lei.
Gabri aveva finito, si infilò le mutandine, il pantaloncino e la maglietta, e si sedette sul letto.
Io intanto mi ero rimesso il boxer.
Dobbiamo riaprire la porta, ho paura che venga qualcuno.
Non voglio che si possa sospettare qualcosa.
Disse Gabriella.
Certo, risposi io, ma non prima di….
Si abbassò, e senza che potessi continuare ad esprimere il mio desiderio, mi baciò con dolcezza ed una voglia senz’altro antagoniste tra loro.
La abbracciai forte.
Poi mi alzai e ritornai sul mio letto.
Dopo aver riaperto la porta. FINE