Quando ero appena diciottenne, Cristina, una mia compagna di classe (di lei vi parlerò in un prossimo racconto), visto il mio stato di degrado dovuto al fatto che non riuscivo ad avere una ragazza, decise di farmi conoscere Giovanna.
Giovanna era stata una sua compagna di classe delle medie e le due erano sempre rimaste molto amiche. Cristina mi avvertì dicendo che lei sarebbe stata la ragazza giusta per svezzarmi ma io non riuscii a capire al volo il senso di quella frase.
Arrivò il giorno che Cristina mi presentò Giovanna.
La tipa non era affatto male: alta circa 1. 65, occhi verdi, capelli castani, due tettine piccole ma molto invitanti e un culo che parlava da solo.
Dopo l’intera giornata passata insieme tra noi due c’era già un intesa perfetta.
La sera, la riaccompagnai a casa e ci scambiammo un profondissimo bacio.
Il pomeriggio seguente, sento squillare il telefono, vado a rispondere ed era Giovanna la quale mi diceva se potevo andare subito a casa sua.
Presi il motorino e mi fiondai a casa sua.
Suonai il campanello e la vedo che mi viene ad aprire lei vista solo con slip e reggiseno.
Io rimasi incantato sulla porta (era la prima volta che io vedevo una ragazza così vestita); fu lei che con uno strattone mi tirò dentro casa.
Io non riuscivo a dire parola alcuna e lei subito mi disse :
“Oggi i miei e mia sorella mancano per tutta la giornata così noi due possiamo fare tutte le porcherie di questo mondo”.
Io ero nello stupore totale (non avrei mai pensato che potessero esistere ragazze così disinibite).
Non avevo ancora afferrato cosa stesse succedendo che sento il mio cazzo entrare nella sua calda e sensuale bocca.
è la prima volta che mi fanno un pompino e la cosa mi piaceva alquanto.
Era divenuta talmente tanta l’eccitazione che non resistetti molto e le riversai in bocca una enorme quantità di sborra che, lei da esperta pompinara (chissà quanti cazzi aveva succhiato), non si fece scappare nemmeno una goccia e bevve tutto anzi mi strizzo anche l’uccello per fare uscire le ultime gocce. Dopo questa goduta ci spogliammo entrambi e ci trasferimmo nella sua cameretta.
Qui lei mi mise letteralmente la sua fighetta depilata in faccia in modo da leccargliela.
Io cominciai a masturbarla e a leccarla così avidamente come un cane lecca il suo osso.
Quel sapore era per me nuovo e dico la verità da allora non posso più farne a meno.
Provai ad infilarci dentro un dito e vidi che non trovò alcuna resistenza, inserii il secondo, poi il terzo.
Quella fessura doveva essere ben frequentata visto il punto di dilatazione raggiunto.
Quando anche il quarto dito fu dentro, infilai anche il dito medio dell’altra mano nel buchetto del suo bel culo.
La sentii trasalire e gemere e capii che la cosa le era gradita.
Il mio cazzo era tornato ad essere un palo di marmo e decisi di piantarglielo nella sua figa.
La sdraiai sul letto e gli piantai il membro dentro.
Dopo poche pompate lei urlo fortissimo.
Era venuta. Io sentivo che avevo ancora un buon margine di tempo e senza dire una parola, gli sfilai il cazzo dalla figa e sollevandogli il bacino gli piantai l’uccello nel suo bel culo.
Sentivo il suo ano avvolgermi e stringermi il cazzo e Giovanna godeva come un vacca.
Lei mi incitò di piantarglielo dentro tutto e che voleva sentirlo risalire fino in gola.
Di nuovo Giovanna lanciò un urlo disumano e venne ancora. Io subito a ruota gli riempii l’intestino di sborra e crollai sopra di lei.
Dopo esserci ripresi, Giovanna mi confessò di essere ammalata e la sua malattia consisteva dal fatto che lei non poteva fare a meno del cazzo e se non ne prende almeno uno al giorno in uno dei sui buchi, cadeva in profonda depressione.
Devo dire che Giovanna mi svezzò alla grande e dopo un mese (quando ci lasciammo perché la sorpresi a scopare con tre sui compagni di classe) ero diventato un grande scopatore. FINE
