Gita

Cinque anni di Liceo passano molto velocemente. Ricordo quando ero in prima quanto distante mi pareva la maturità, in quel periodo invece mancavano pochi mesi, e tutti i timori e i dubbi a cui nessuno aveva mai pensato perché era tutto così distante cominciavano a prendere consistenza.
La mia classe era un po’ sfigata. Eravamo solo in 15, e non c’erano rapporti particolarmente rosei tra di noi purtroppo. Neanche gli insegnanti avevano buoni rapporti con noi, e questo si rifletteva nel fatto che nei primi quattro anni di scuola eravamo riusciti a fare solo qualche gita di una giornata al massimo, mai niente di particolarmente interessante. E poi ogni anno capitava che quando iniziavamo cercare il prof accompagnatore, di solito ai primi di ottobre, questo era già impegnato perché qualcuno ci aveva già preceduto. Per la quinta invece ci eravamo superorganizzati.
Sapevamo già dove volevamo andare, bastava incastrare un paio di prof in tempo, giocando anche sul fatto che una quinta è una classe di maggiorenni e quindi la responsabilità di un accompagnatore diminuisce, e i prof gradiscono ciò. Fatto sta che, dopo innumerevoli peripezie, rimandi, ritardi, segretari imbestialiti, mancanza di informazione, incompetenze varie, riuscimmo a programmare una gita di cinque giorni a Londra. Su 15 persone eravamo andati in 6, grazie ai rosei rapporti di cui sopra, insieme ad altre 20 persone di un’altra classe. Alloggiavamo in un hotel turistico a pochi minuti dalla stazione della metro di Russel Square. Le stanze erano da due, e siccome eravamo in tre maschi (io, Piero e Carlo) e tre femmine (Giulia, Chiara e Anna), inevitabilmente un maschio doveva stare con una femmina. Toccò a Carlo e Chiara. Con tutte le inconvenienze del caso:
“Finché mi cambio io esci tu, finché ti cambi tu esco io, e guarda che ho bisogno del bagno per truccarmi e qua, e là, e su, e giù… “. Poi io dormivo con Piero, e Giulia dormiva con Anna. Nulla faceva presagire ciò che sarebbe accaduto le sere successive. La prima sera, dunque, stanchi per il viaggio, ci accontentammo di un giretto per Oxfort Street e Piccadilly Circus, e poi alle 11 eravamo già tutti a nanna. La seconda sera, visto che i prof erano contenti se non uscivamo, organizzammo un bell’incontro nella camera di Carlo e Chiara. Niente di speciale, il classico “due amici una chitarra e uno spinello”, senza chitarra e spinello ma con qualche pacchetto di sigarette, a chiacchierare del più e del meno. Non dico noiosa, per carità, però ad una certa ora cominciavamo già ad aver sonno, non era una cosa particolarmente eccitante. Fu Giulia a lanciare la proposta.
“Ho un’idea” disse. “Perché, visto l’andazzo che hanno queste serate, visto e considerato che anche per le prossime sere i prof non sembrano felici di lasciarci uscire, non facciamo qualcosa di diverso? “. Consenso generale, ma era scontata la domanda “Sì, ma cosa? “. E Giulia: “Ogni sera, anziché rimanere nelle nostre camere, ci scambiamo, in modo da essere un maschio e una femmina per ogni camera… “. Indovinate noi tre bei maschietti in che modo ci guardammo. Insomma, succo del discorso di Giulia: visto e considerato che per anni noi maschi ci eravamo chiesti come potessero essere quelle tre femmine a letto (proprio quelle tre, nessun’altra ragazza che era in classe nostra poteva ispirare queste domande… e fortunatamente erano venute a Londra quelle giuste), e dall’altra parte loro tre si erano chieste quale potesse essere la nostra “dotazione”, avevano deciso in comune accordo di dare una soluzione a questi quesiti di carattere sociologico-esistenziale.
Così, nelle successive tre sere avremmo fatto a turno con ciascuna delle tre ragazze. Io cominciai a fregarmi le mani: in passato avevo fatto un pensierino ad ognuna di quelle tre, ma avevo visto che con nessuna delle tre le cose prendevano la piega giusta, così avevo lasciato perdere. E ora mi si presentava una grande occasione. E poi c’era qualcos’altro: Anna. In molti anno avuto alle superiori un chiodo fisso. Io ce l’avevo per lei. Non mi era piaciuta da subito, anche se non posso dire che non l’avessi notata. Solo che all’inizio era poco più di una bambina, per quanto avesse già buone premesse. Aveva cominciato a piacermi seriamente dalla terza. Non aveva un viso particolarmente bello, ma nel complesso era una ragazza che ispirava non poco sesso. Alta circa un metro e 78, gambe lunghe e belle, tette grosse (terza abbondante), e una chioma di capelli castano chiari, lunghi e mossi che quando erano sciolti la rendevano irresistibilmente sexy. E non mi aveva mai minimamente cagato. Io una di quelle sere mi sarei trombato Anna.
Facemmo un piccolo sorteggio, e andò così: la prima sera io sarei andato con Giulia, la seconda con Chiara e la terza con Anna. Ma dovevamo cominciare quella sera stessa, altrimenti non avremmo avuto tempo di finire il giro. Così ci dividemmo, io andai nella mia camera con Giulia, Piero nella camera di Carlo con Chiara e Carlo nella camera di Giulia con Anna.
Quando fummo in camera, per prima cosa unimmo i due letti singoli. Poi ci sdraiammo uno di fianco all’altra. Cominciai a guardarla. Lei aveva un pigiamino azzurro, molto leggero. Si tolse la maglietta, e vidi che era senza reggiseno. Era una bella ragazza: aveva un viso molto bello, molto dolce. Di reggiseno portava una seconda, ma aveva un bel petto, ben fatto, rotondeggiante con i capezzoli un po’ all’insù. Non appena le vidi il seno, cominciai a leccarle in capezzoli e a mordicchiarglieli abbracciandola stretta a me, mentre lei mi carezzava dolcemente la testa. Aveva veramente le tette dure! Ad un certo punto mi fermò. Mi disse: “Lo sai qual è il mio motto quando faccio sesso con qualcuno? Spremerlo finché non si drizza più… “. Questa frase mi eccitò parecchio. Sarebbe stata una notte lunga, molto lunga… Iniziai a baciarla sulla bocca. Le sue labbra erano morbide, sapevo che la sua bocca era molto sexy, ma baciarla era tutta un’altra cosa.
Mi spogliai completamente, poi si spogliò anche lei. Ripresi a baciarla e a toccarla dappertutto. Dio, che sensazione di morbidezza che dava quella ragazza! Le misi una mano tra le cosce, era già bagnata. Le infilai due dita, e cominciai a masturbarla dolcemente. Lei gemeva e la sua lingua continuava a danzare con la mia. Alla fine si staccò da me, mi fece sdraiare sulla schiena, prese in mano il mio cazzo e si sedette a cavalcioni sulle mie gambe. Cominciò a guardarlo, con attenzione, come per studiarlo, e con la mano contemporaneamente aveva iniziato un lento movimento di masturbazione. “Non ce l’hai male, sai? Pensavo che uno come te ce l’avesse più piccolo… “. Già, devo dare una spiegazione all'”uno come te”. In effetti, io andavo bene a scuola, per cui agli altri piaceva farmi passare per secchione, anche se alla fin fine nessuno lo pensava veramente, né io lo ero: non studiavo eccessivamente, tuttavia riuscivo a tenere una media abbastanza buona. Comunque, mentre lo stava guardando, si passò la lingua sulle labbra. Poi mi chiese: “Hai un’idea di quante volte ti potrai ripetere? “. Io le risposi: “Beh… almeno tre di sicuro, per esperienza. Poi considera che sono con te, che per ora sei la ragazza più bella con cui sono stato… non saprei però dirti esattam… “. Non feci a tempo a finire la frase che lei se lo era già preso in bocca. Lanciai un gemito. Non c’è dubbio, la sua bocca non era solo bella e sexy, ma ci sapeva anche fare, e bene!! Me lo spompinò per circa un minuto, dentro la sua bocca la sua lingua guizzava da tutte le parti, e con la mano destra accompagnava il su e giù della bocca mentre con la sinistra mi accarezzava i testicoli. Sinceramente, mi facevo qualche scrupolo: non sapendo se avrebbe ingoiato o no (sarebbe stata la prima volta per me), la avvisai che ero sull’orlo dell’orgasmo.
Allora lei si fermò di colpo. Io, pensando che non volesse ingoiare, iniziai a masturbarmi, ma lei disse: “No, lascia stare… riprendi fiato un po’, poi ricomincio. ” E dopo neanche un minuto si rimise al lavoro sul mio pisello, che era rigido come non mai. Dopo trenta secondi le esplosi in bocca. Lei ingoiò tutto, e poi continuò a leccarmi dolcemente la cappella, come se fosse un gelato. “Sai, – mi disse – per me ingoiare non è solo un fatto di far piacere al mio partner. A me piace proprio il sapore dello sperma. ”
Questa frase mi eccitò, e il mio attrezzo ebbe un sussulto. E allora lei riprese a succhiarmelo come prima, con voracità, poi si interruppe, prese in bocca un testicolo, lo succhiò un po’, poi l’altro, e poi con la lingua li tormentò un po’, e infine riprese il suo pompino. Questa volta ci mise un po’ di più, ma dopo cinque minuti venni di nuovo. Lei ingoiò il primo schizzo, fece sì che gli altri due o tre seguenti le arrivassero in faccia.
La guardai: come ho detto prima, aveva un bel viso, e a vederlo pieno di liquido bianco sembrava proprio quello di una porca. Come del resto era. Mi leccò nuovamente la cappella, per pulirla bene dallo sperma, poi si pulì il viso con le dita e se le succhiò, in modo da poter gustarsi quel liquido che le piaceva tanto. Ora il mio uccello era un po’ moscio. Ti credo, dopo due pompini del genere… comunque, lei non aveva ancora goduto, e aveva voglia di scopare. Così se lo prese nuovamente in bocca, lo lavorò un po’ e infine iniziò a scoparmi stando a cavalcioni su di me. Impiegai un bel po’ a venire, avevo già dato parecchio per il tempo che era passato, così lei ebbe modo di divertirsi un bel po’. Io la guardavo, aveva proprio la faccia di un’assatanata. Dio, quanto era bella! Non me ne ero mai accorto! Ma forse era per il fatto che stavo facendo sesso con lei, che avevo scoperto com’era in intimità, e questo mi piaceva, che mi pareva più bella del solito. Lei venne due volte, prima di far venire me di nuovo. Subito dopo essere venuto mi sentivo stanco, ma anche molto rilassato. Lei si spostò, si sdraiò di fianco a me, mi diede un bacio, e mi sussurrò in un orecchio: “Hai ancora qualche colpo in canna? “. Io scoppiai a ridere, per come l’aveva detto, lei mi fulminò con lo sguardo. Le diedi un altro bacio, e le dissi sorridendo
“La mia canna è un po’ dolorante, ma se le dai un paio di minuti sicuramente si ricaricherà. ” Anche lei mi sorrise maliziosa, e mi rispose: “Vediamo se riusciamo a ridurre un po’ i tempi… ” Si sedette a cavalcioni sulla mia faccia, e ricominciò a succhiarmelo. Il suo pompamento, combinato con la vista di quello che mi ritrovavo davanti, mi ricaricò un po’. Mentre lei succhiava, anch’io succhiavo. Le leccai il clitoride in lungo e in largo, mentre con le mani le palpavo le cosce e le natiche, la feci venire, e mi spruzzò con i suoi umori. Io continuai a leccare, e anche lei continuò. Mi fece un pompino di un quarto d’ora, tanto ci misi a venirle, di nuovo, in bocca, e di nuovo lei ingoiò tutto. Doveva proprio piacerle succhiare i cazzi, perché quando finì le faceva un male cane alla mascella. Però ci si era messa con tanto impegno, un lavoro non si lascia mai a metà, così questo lavoro compromise in parte le sue prestazioni orali nelle serate successive con i miei amici. Dopo aver bevuto tutto, si girò verso di me, e biascicò:
“Ahhh…. “. Non gli uscì nient’altro che questo gemito di dolore. Poverina… certo, l’aveva fatto per sé, perché piaceva a lei, ma aveva fatto un grande piacere anche a me. Non potevo non cercare almeno di ricompensarla. Così, quando fu stesa sul letto, mi misi sopra di lei, e cominciai a strofinare il mio cazzo sulla sua figa bagnata, sperando di ottenere una rianimazione. Che non tardò ad arrivare: dopo un paio di minuti era già su bello duro, non proprio in forma come all’inizio ma era ad un buon livello. La feci alzare, la feci sedere sulla scrivania che c’era in fondo ai letti, le aprii le cosce. Lei me lo prese e se lo infilò dentro.
Cominciai a pomparla. Lei si strinse a me più che potè, e si avvinghiò attorno ai miei fianchi con le gambe. Seguiva il mio movimento con il bacino, per quanto poteva, e teneva la testa appoggiata sulla mia spalla.
Io, mentre la trombavo, le baciavo il collo. Questa situazione durò abbastanza a lungo. Lei venne altre due volte, e mentre stava cercando di raggiungere un terzo orgasmo, venni io, compromettendo così la sua intenzione. Mi staccai da lei e, mentre rimaneva seduta sul mobile, cominciai a leccarla. Succhiai il suo clitoride immerso tra gli umori: un misto di sudore, sperma e secrezioni sue e mie. Dopo alcuni minuti, venne.
Mi rialzai. Lei mi sorrise, mi diede un casto bacio sulle labbra, e ci mettemmo a dormire, nudi, abbracciati l’uno all’altra. “Finché non si drizza più” aveva detto. Ci era quasi riuscita, perché dopo un paio d’ore che dormivamo mi svegliai, e ce l’avevo in semi-erezione. Cercai nuovamente il sonno: avevo altri due serate di sesso, avevo già fatto troppo. Anzi, Giulia mi aveva già fatto troppo. Cavolo, mai più vista una pompinara come lei. Ne ho trovate di altrettanto brave, ma nessuna altrettanto vogliosa di succhiare e di ingoiare. E infatti, la sera successiva ero con Chiara, e scoprii che era altrettanto brava. E sotto un certo punto di vista era anche più porca di Giulia, e tra le altre cose per tutta la serata non spiccicammo una parola. Chiara forse era la meno bella delle mie tre compagne di classe: il suo viso non era proprio bellissimo, per quanto fosse comunque molto carina, e poi era un po’ più larga delle sue amiche. Ad alcuni poteva non piacere questo, ma l’altro lato della medaglia era la sua quarta abbondante, due tette belle sode che stavano su senza problemi anche senza reggiseno, e che più di una volta mi era venuta voglia di toccare. Scoprii poi che non erano dure come quelle di Giulia, forse perché di solito via via che si sale con la taglia si scende con la durezza. Per iniziare la serata, lei mi spinse sul suo letto, mi aprì i pantaloni e cominciò la sua opera di suzione. Un’altra professionista del pompino. Me lo leccò a lungo, come se fosse un gelato, su tutta l’asta, sulla cappella, faceva dei fantastici ghirigori con la lingua, sempre guardandomi negli occhi con aria maliziosa, come se mi stesse prendendo in giro. Poi lo prese con una mano, e iniziò a spompinare, muovendosi su e giù prima abbastanza lentamente, poi sempre più veloce sempre accompagnando il movimento con la mano e con una forsennata danza della lingua. Poi rallentò nuovamente, e provò una gola profonda (cosa che Giulia non aveva fatto. Mi spiegò in seguito che ci aveva provato, ma probabilmente la sua gola non era adatta a farlo, perché non ci era mai riuscita). Veramente una goduria! Ma da un altro punto di vista poteva fare quasi impressione, vedere scomparire completamente il mio pisello dentro la sua bocca. Poi riprese a spompinare, portandoselo ad ogni colpo tutto in bocca. Quando le dissi che stavo per venire smise di cacciarselo in gola, e continuò a spompinarmi normalmente. Venni, lei ingoiò tutto e mi leccò la cappella. Continuò a leccarlo un altro po’, finché non tornò su bello dritto, poi se lo prese tra le tette, dure che a vederle si sarebbe detto
che ci si poteva spaccare le noci in mezzo, e cominciò a lavorarselo ben bene, spingendosi i seni in su e in giù con il mio pisello in mezzo. Penso che il mio cazzo si sentisse perso in quell’abbondanza, ma lei doveva avere una lunga esperienza, perché mi faceva godere parecchio. Finché non venni.
Il primo schizzo la sorprese in faccia, poi quelli seguenti, via via più corti, la bagnarono sul collo e sui seni. Cominciò a spalmarsi il liquido sulle tette, e non si pulì quello che aveva in faccia. Mi pulì la cappella dallo sperma che rimaneva e senza mandar giù mi abbracciò e cominciò a baciarmi cacciandomi la lingua in profondità (veramente in profondità: tanto che mi sorpresi di quanto fosse lunga quella lingua. Me ne ero accorto mentre me lo leccava, però non ci avevo fatto troppo caso… ora invece me ne rendevo conto pienamente). Così mi ritrovai il mio sperma in bocca, e mi accorsi di essere tutto appiccicaticcio anche sul petto. Quando ci staccammo, dei sottili fili bianchi si staccavano dalle sue tette e raggiungevano il mio petto. Comunque, mentre mi stava baciando sdraiata sopra di me, mi aveva infilato una mano tra le gambe, e aveva cominciato a lavorarsi il mio cazzo, che in breve fu nuovamente bello dritto. A quel punto si spostò, si sdraiò, aprì le gambe e mi guardò con aria invitante. Io sorrisi, e mi infilai tra le sue cosce. Iniziammo a scopare con furia. Ed ecco che scoprii in che modo era più porca di Giulia: Chiara non avrebbe mai smesso di scopare! Dopo un po’ cambiammo posizione. Io mi sedetti sull’orlo del letto, e lei si mise a cavalcioni su di me. Continuammo a scopare così, mentre io le succhiavo i capezzoli intrisi del mio sperma e di sudore e lei mi teneva la testa schiacciata al suo petto, continuando a muoversi su e giù. Lei venne, e nel sentire i suoi gemiti di godimento venni anch’io. Io mi sarei fermato un paio di minuti, ma lei voleva continuare. Così non se lo sfilò, e cominciò a roteare con il bacino così che dopo un po’ ce l’avevo di nuovo rigido. A questo punto lei si mise carponi sul letto, e mi porse la sua figa da quella posizione. Cominciai a scoparla così, tenendole le mani sulle tette e facendole vibrare le natiche ad ogni colpo che le davo con il bacino. Lei venne di nuovo, e poco dopo venni anch’io. Ero venuto per la quarta volta quella sera. Io ormai ero sazio, ma lei no. Mentre lei era ancora carponi, con la testa sprofondata nel cuscino nei postumi dell’orgasmo, io mi sdraiai sulla schiena accanto a lei. Tempo dieci secondi, se lo prese in bocca per farlo rivivere di nuovo. Rimasi parecchio stupito, e le dissi: “Senti, non so se ce la farò ancora… comincia a farmi un po’ male… lasciamo stare, magari più tardi… “. Lei per tutta risposta mi guardò come faceva di solito, come se volesse prendermi in giro, e continuò a succhiare. Dopo un po’ il mio pisello si irrigidì di nuovo. Io però me lo sentivo bollente, e non avevo troppa voglia di scopare ancora, ma visto che faceva tutto lei io non mi opposi. Si mise a cavalcioni e mi scopò così, frullandomelo con i muscoletti vaginali. Lei venne, e contemporaneamente venni anch’io. Fu un bell’orgasmo, però mi fece anche male. La spinsi di fianco e corsi in bagno facendo salti alti due metri.
Entrai nella doccia e aprii l’acqua fredda. Dopo un po’ stavo meglio, però mi bruciava ancora. Entrò anche lei in bagno, e mi rivolse la parola per la prima volta nella serata. “Ti fa tanto male? ” chiese. Io risposi: “Eh, fai un po’ te… ma non preoccuparti, sta passando. Però basta per stasera, sennò veramente mi scoppia! “. Poco dopo andammo a dormire, come avevo fatto anche la sera prima, nudi, e abbracciati l’uno all’altra. Solo che quella sera il mio uccello non accennava a rinvenire. Ci pensò lei. Si svegliò di notte che aveva voglia di scopare. Me lo prese in bocca, se lo lavorò un po’. Poi svegliò anche me, mi disse solo: “Ho voglia! “. Guardai l’ora, erano le quattro di mattina. Ero ancora abbioccato, ma mi girai sulla schiena, pisello all’aria, lei si mise a cavalcioni su di me, e cominciò a scoparmi.
Non capisco perché volesse farmi venire per forza. Lei venne due volte prima di riuscirci, perché ero parecchio spompato. Quando le chiesi il perché, mi rispose: “Se non vieni tu, è sesso solo per metà. ” Non faceva una grinza, il ragionamento. Logica ferrea. Poco male, anzi bene. Nonostante i numeri della sera prima, fu un bell’orgasmo, e subito dopo fortunatamente tornammo a dormire (dico fortunatamente perché avevo ancora la terza serata davanti, la più importante, e avevo già dato parecchio). La mattina dopo sembravamo sei zombie. I prof si chiedevano il perché, visto che eravamo gli unici ad essere rimasti in albergo. Senza perdere tempo nei particolari della giornata, di sera mi ritrovai finalmente da solo in camera con Anna. Me la volevo godere tutta quell’occasione! Entrammo, le dissi: “Io non te l’ho mai detto, ma sai bene di piacermi parecchio. ” Lei per tutta risposta mi guardò, inespressiva. “Voglio guardarti – dissi – voglio vedere come sei fatta. ” Mi avvicinai a lei e iniziai a spogliarla. Era senz’altro stata un’ottima idea.
Aveva veramente un fisico stupendo. Anche se non aveva le tette che aveva Chiara, la sua terza abbondante non è che mi facesse schifo, anzi, e poi erano le più sode che avessi sentito, addirittura più sode di quelle di Giulia. Tanto che in seguito le avrei chiesto se se le fosse rifatte, al che mi rispose con uno sguardo del tipo “Preferisci una morte lunga e dolorosa tra un mese oppure una breve e indolore subito? “. Poi aveva due gambe che erano la fine del mondo. Fece un giro su se stessa, e vidi che aveva anche un gran bel culo. Oddio. Tremavo, credo che avrei potuto svenire se non avessi potuto avere tutto quello al più presto. Mi spogliai anch’io, andai da lei, la abbracciai e la baciai, mettendole una mano tra i bei capelli. Mi disse: “So che hai fatto molto per me, perché ti piaccio. Qualche volta mi sento in colpa perché mi rendo conto che un po’ a volte me ne approfitto. ”
Avevo fatto anche troppo. “Questa sera – continuò – vedrò di accontentarti in tutto. Dimmi cosa vuoi e vedremo di farlo. ” Un invito a nozze per me!
“Beh, – cominciai – “a me piacciono i pompini con ingoio, e anche le spagnole. Però la cosa più importante è che ti voglio a disposizione ogni volta che mi viene voglia, per tutta questa notte. Sai, non voglio farmi sfuggire una simile occasione… ” Lei sorrise, e disse: “Come vuoi, piccolo! “. Piccolo! Mi aveva chiamato piccolo! Mi spinse, e io caddi di traverso sui due letti uniti. Mi si stese sopra e iniziò a baciarmi e a masturbarmi. Io la toccavo dappertutto, cercando di godermi quel corpo più che potevo. Poi si fermò, mi appoggiò le labbra sul collo, e scese tenendole appoggiate su di me fino ad incontrare il mio pisello. Lo prese in bocca.
Così scoprii di avere in classe un’altra pompinara che avrebbe potuto farlo per lavoro (e magari lo faceva anche, chissà… ). Iniziò a succhiare.
Succhiò, e succhiò, e succhiò ancora. Poi se lo prese in bocca fino alla radice, facendosi scivolare la cappella in gola. Dopo poco dopo venni, con un abbondante getto di sperma nella sua bocca. Penso per il fatto che si trattava di lei, venni come non ero mai venuto nelle sere precedenti. Lei dovette ingoiare in quattro o cinque sorsi. Prima di pulirmi per bene la cappella, si staccò, mi guardò e mi disse: “Ammazza quanta roba… “. Mi si era un po’ ammosciato dopo questo pompino, lei voleva riprenderselo in bocca per irrigidirlo, invece si tirò su per mettersi a posto i capelli. A quel punto, io la potevo vedere inginocchiata a gambe aperte, vidi le sue bellissime tette, con i capelli che quasi le toccavano i seni. Non ebbe più bisogno di succhiare per farlo tornare su. Le chiesi: “Mi fai una spagnola ora? “. Lei sorrise, e se lo prese tra le tette. Anche lei doveva avere lunga esperienza in questo. Il mio pisello stava a suo agio tra quelle rotondità stupende. Quando stavo per venire, cominciai a gemere, lei intuì il mio stato, lo prese in mano, e masturbandomi diresse gli schizzi sul suo petto, dopodiché si spalmò come di crema. Mentre lo faceva io la guardavo. Di nuovo non ebbe bisogno di far niente per farmelo tornar su. Mi era bastato vedere le sue sinuosità per raddrizzarmelo, lei se ne accorse e si impalò, cominciando a scoparmi. Cominciò a cavalcarmi molto velocemente (aveva un fisico atletico, giocava a pallavolo da parecchio tempo), trattandomelo ben bene con i suoi muscoletti interni. Non resistetti a lungo e venni, ma il cazzo non mi si ammosciò. Lei si era fermata sentendomi venire, ma io la pregai di continuare, finché non le avrei detto di fermarsi. E lei continuò.
Cambiammo posizione diverse volte. Mi scopò a cavalcioni, poi di nuovo a cavalcioni mentre io ero seduto sull’orlo del letto (era la mia posizione preferita, perché lei mi stava sopra e contemporaneamente mi era vicina così
me la potevo gustare e coccolare come volevo), poi si sdraiò e mi infilai tra le sue gambe, e poi ancora si mise a carponi e io la scopai strizzandole le tette. Venni quattro volte, senza che mai mi si ammosciasse il pisello.
Alla quarta volta però mi fece male. Decisi di smettere, mi sdraiai esausto sul letto. Ma lei non era del tutto soddisfatta. Alla fin fine, aveva fatto qualcosa per me, ma certo a lei non era dispiaciuto, anzi. Si strusciò un po’ sul mio cazzo, e io le dissi: “No, per favore… basta… mi farà parecchio male, mi è già successo ieri sera… “. Lei per tutta risposta se lo impalò, si appoggiò con le sue braccia sulle mie con tutto il suo peso, così da bloccarmele (io non ero certo, né sono adesso, un super palestrato, anzi… non avevo molti muscoli, per quanto per impostazione fisica me la cavassi non male nell’atletica). Io non riuscivo a muovere le braccia, e per quanto avrei potuto “disarcionarla”, non lo feci, perché la situazione di inferiorità in fondo mi eccitava, per quanto sapessi che sarebbe finita male per me. Devo dire che in questa scopata lei ci si mise con tutte le energie che aveva, e riuscì a farmi venire in breve sebbene la resistenza del mio pisello fosse stata messa duramente alla prova in quei giorni. Venni nel dolore. Il dolore mi diede nuova energia, e stavolta la disarcionai. Il resto della scena era la fotocopia della sera precedente: mi fiondai in bagno e mi infilai sotto la doccia. Lei mi seguì, mi guardò sorridendo e disse: “Tutto qua quello che riesci a fare? ” La guadai implorante pietà, lei sorrise e disse “Ma dai, che ti sto prendendo per il culo… come va piuttosto, ti fa tanto male? ” Io le risposi: “Esci, perché me lo stai facendo salire, e questo mi fa TANTO male!!! ” Lei obbedì. Io, per non rischiare altri inconvenienti simili, rimasi in bagno seduto dentro il box doccia per una mezz’oretta. Quando andai di là, lei si era addormentata. Era bellissima. Non so se ci fossimo messi insieme se avrebbe potuto funzionare, anzi io credo di no. Però a vederla così, in quel momento, sembrava un angelo addormentato, avrei voluto averla per sempre con me. Lei era sdraiata di fianco, io mi misi alle sue spalle e la cinsi con un braccio. In breve mi addormentai. La mattina dopo mi svegliai per primo. Fu una sveglia piacevole, perché la prima cosa che vidi quando aprii gli occhi erano le sue tette. Andai in bagno, aprii l’acqua della doccia, e la svegliai. Le dissi:
“Non mi fa più male, anzi… ha bisogno di uno sfogo… vieni con me. ” La accompagnai sotto la doccia. Mi inginocchiai davanti a lei, e iniziai a leccargliela. Era bellissimo, anche perché mi trovavo tra due gambe che solo a vederle mi facevano venire la pelle d’oca per non dire qualcos’altro. In breve lei si bagnò, e poi venne. Mi alzai in piedi, lei mi chiese: “Me lo metti nel culo? ” Non l’avevo mai fatto, ed ero contento che la prima volta fosse con lei. Annuii, lei allora se lo prese in bocca e lo succhiò un po’.
Poi con le dita prese gli umori della sua vagina e se li portò nell’ano, quindi si appoggiò al muro e mi porse il suo culetto. Quando entrai, trovai una strada ben spianata. Doveva essere molto pratica di ciò. Così me la inculai per un po’, poi mi disse: “Senti, sono stanca di farmi le dita, infilamelo nella figa! “. Io lo tirai fuori dal suo ano, e glielo infilai nell’altro buco. Non era stato male l’anale, ma preferivo le scopate classiche. Dopo neanche un minuto venni, ma continuai finché non venne anche lei. A quel punto ci fermammo, e ci lavammo a vicenda.
Più tardi quando avevamo già fatto le valigie ed eravamo quasi pronti per partire per l’aeroporto, ci trovammo tutti e sei nella stessa stanza. Ci promettemmo che non avremmo raccontato a nessuno di questo, per una questione di immagine disse Giulia. Nessuno ebbe nulla da obiettare, anche perché Piero aveva la ragazza, che non sarebbe stata affatto contenta di essere stata cornificata. Quando tutti si furono allontanati, rimasi da solo con Anna. Le chiesi:
“Senti, pensi che in futuro io e te potremo di nuovo… sì insomma… ecco… perché sai, mi pare che anche tu ti sia divertita…. ”
Un secco “Scordatelo! ” mi lasciò di sasso. Osai chiederle:
“Allora… per favore… visto che non potrò più averti… vorrei avere un ultimo ricordo di ieri notte… ” Lei mi guardò, sorridendo. Sinceramente non capii cosa pensò in quel momento ma ho il sospetto di averle fatto tenerezza. Spero di non averle fatto pena, perché mi è venuto anche questo dubbio. Comunque, finse di aver lasciato una cosa nella sua stanza, prese le chiavi, salì, e io la seguii. Quando fummo da lei, mi fece sedere sul letto.
Si inginocchiò per terra, mi aprì i pantaloni, disse:
“Facciamo una cosa rapida, ci stanno aspettando… ” Lo prese in bocca, e cominciò il suo movimento in su e in giù molto velocemente, roteando con la lingua come se fosse un frullatore. Poi se lo prese per due o tre colpi fino in gola, e alla fine venni, in abbondanza come la sera prima. Lei ingoiò tutto quanto, e se lo tenne in bocca per dargli delle dolci leccate per un altro paio di minuti. Poi si alzò, mi diede un bacio, e scendemmo. In ascensore mi disse:
“Prima quando ti ho detto che non l’avremmo più fatto… beh, stavo scherzando… se ti va qualche volta ci possiamo incontrare ancora per divertirci un po’… “. Bene, pensai. Aveva un gran senso dell’umorismo.
Meglio così comunque. Adesso lei va a scuola a Udine, quindi ci vediamo raramente, ma per un certo periodo ci siamo fatti delle gran belle scopate. FINE

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