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Il padre di Fulvio

Irene e Sabrina erano andate via dallo studio del dentista un’ora dopo esservi arrivate. Appena entrate avevano perso quel poco di sicurezza che le aveva accompagnate da quando avevano lasciato casa d’Irene. Era stato il dottore a rompere il ghiaccio. Si era presentato col suo nome, Emanuele, facendole accomodare nella sua stanza. Uno studio molto ampio, per essere quello di un dentista, con una scrivania ad angolo, una poltrona dirigenziale, una libreria a giorno e due divanetti poggiati alle pareti libere. Lui si era diretto alla poltrona, indicando alle giovani i divani.

“Solo un attimo. Telefono a mia moglie, non vorrei che…..” Lo avevano visto prendere la cornetta del telefono e comporre un numero,

“Ciao, cara. Mi fermo un po’ più a lungo. No, tesoro, ricordo perfettamente che questa sera siamo a cena fuori. Alle otto e trenta passo a prenderti. Si, io vengo, vestito così…. Giusto il tempo di esaminare dei nuovi prodotti e arrivo. Un bacio. …” – le aveva guardate –

“E’ questa è andata! Allora, Sabrina … ma che bella sorpresa. Con Diego eravamo scettici nel rivederti ed invece…. Guarda un po’ che combini” – guardava Irene con bramosia –

“Irene, posso chiederti come mai questa decisione?” La ragazza era diventata di fuoco per la vergogna.

“Oh! Scusami, non volevo offenderti.” Sabrina lo aveva visto lasciare la poltrona per correre al fianco dell’amica, sedendosi accanto; e prenderle le mani fra le sue, mentre aveva iniziato a parlarle talmente sottovoce da non farle capire cosa stesse dicendo. Poi, dopo avere accarezzato delicatamente il viso d’Irene, l’aveva baciata. Sabrina era rimasta a guardarli, squadrando con maggiore attenzione l’uomo. Doveva avere superato i quarantacinque anni. Abbastanza alto, con un fisico ancora asciutto; un po’ di pancia. Lo aveva visto abbracciare Irene mentre l’altra mano scendeva sulla coscia nuda. Continuava a parlare intanto che le dita sparivano sotto il tessuto della minigonna. L’amica aveva iniziato ad ansimare.

“Sabrina, ti spiace dedicarti a me?” Era stata svegliata di soprassalto. Cos’è che voleva? Ci voleva poco a capirlo. Si era alzata dal suo posto, inginocchiandosi ai piedi dell’uomo. Le mani erano corse alla cintura dei pantaloni, sfibbiandola. Poi era stato il turno della zip, mentre Irene incominciava a scuotersi sui cuscini. Via gli slip! Il cazzo era lì, pronto, eretto e già lucido. Sabrina non si era fatta dire più nulla. Ci aveva appoggiato sopra la lingua, iniziando a leccarlo dalla punta verso la base. Quando Irene era stata colta dall’orgasmo anche lei si era sentita invadere da un’eccitazione maggiore. Aveva lasciato l’asta per prendere in bocca uno dei testicoli, incominciando a succhiare voracemente, e stava ancora succhiando quando l’uomo l’aveva interrotta. Si era alzato ed aveva chiesto alle due giovani di rimanere entrambe ai suoi lati, ritte sulle ginocchia. Una volta in quella posizione, le aveva invitate ad alternarsi nel prenderglielo in bocca, e loro avevano eseguito. Avrebbe voluto provarle tutte con loro, ma il suo cazzo non la pensava così. Mancava poco all’esplosione finale.

“Irene, per piacere togliti i vestiti. Sbrigati, cara…..” – la ragazza non poteva che accontentarlo –

“distenditi sul tappeto, da brava. ….” Le era salito sopra e, così com’era accaduto il giorno prima con Sabrina, aveva cavalcato tra i suoi seni sino a schizzarle una buona quantità di seme nel solco, sino al mento. Si era staccato quasi subito, rivolgendosi a Sabrina, rimasta in disparte, un po’ delusa.

“Sabrina, mentre mi dedico a te mi piacerebbe vederti ripulire Irene…”

“Scusi, dottore?”

“Ma dai! Chiamami Emanuele…”

“Mi… mi viene difficile..”

“Va bene, se lo preferisci…. Vorrei che giocassi con la tua lingua sul seno d’Irene, se non ti spiace. Io, intanto, gradirei farti godere.”

“Dot… dottore mi … mi spiace… Io penso che mi faccia schifo quella cosa lì…”

“Per piacere, ragazza. Prova!! … Distenditi qui, accanto a lei, … brava… Ora lascia che faccia io… Poi, prova…” Erano uno accanto all’altra. Emanuele, Sabrina alla sua sinistra ed Irene subito dopo. In una posizione tale che la prima sovrastava di poco l’altra. Il dottore era sceso con le dita in mezzo alle gambe di Sabrina e, appena l’aveva vista presa dall’eccitazione, le aveva spinto la testa sul seno dell’amica, sino a che non aveva visto la lingua leccare il suo seme. Non aveva saputo reggere oltre. Aveva chiesto ad Irene di impugnargli il cazzo e di masturbarlo intanto che, con la mano libera, andava a cercare il cespuglio della giovane. Gli orgasmi si erano susseguiti uno dopo l’altro. Prima Sabrina, poi il medico ed infine Irene. Erano passati dieci minuti abbondanti prima che si riprendessero e si rivestissero. IL dottore era andato in cerca del portafogli, estraendone tre banconote da cento euro per consegnarli a Sabrina. L’aveva vista perplessa.

“Cosa c’è, ragazza.”

“Non mi sembra giusto prendere questi soldi. Mi sembra una cosa sporca.”

“No, li dovete prendere. Non siete alla stregua delle prostitute, ma gli accordi sono accordi. Anzi…” Avevano preso i soldi ed erano andate via, titubanti.. Il medico aveva chiesto loro di alternarsi.

“Dato che Sabrina non è più sola, potreste incontraci più spesso. Mentre lei è da me, ad esempio tu, Irene, potresti andare da un altro. Si può fare anche da domani, se volete.”

“Io non posso” aveva risposto Sabrina, “domani esco col mio ragazzo.”

“Posso farlo io, dottore.”

“Bene. Entrate un attimo. Telefono ad Andrea.. Sabrina, tu lo hai già conosciuto. E’ stato il primo ad arrivare ieri, dopo che Diego ci aveva chiamati.” Lo avevano osservato mentre si recava al bancone della segreteria, prendere il telefono e parlare con grande entusiasmo della “novità” Irene. Poi, aveva riattaccato.

“Irene, allora domani qui da me alle 18. Io non ci sarò.”

“Si, certo. Grazie dottore, arrivederci.” Giunte in strada, avevano percorso buona parte del tragitto nel più assoluto silenzio. Era stata Irene a rompere il ghiaccio.

“Sabri, secondo te abbiamo sbagliato ad andarci?” L’amica aveva smesso di camminare.

“Non lo so. Sinceramente non lo so…. e che …uffa!!”

“Hai provato la stessa cosa che è successa a me?”

“Cosa?”

“A me è piaciuto. Con Fulvio è diverso, anche se lo amo.”

“Si. … ed è una cosa che mi fa incazzare. Io l’ho fatto per aiutare Antonio, non per tradirlo.”

“Beh! E’ un ragionamento che non può valere per oggi.”

“Si! Hai ragione…. Che cazzo!! Ci siamo incasinate….” Intanto avevano ripreso a camminare, giungendo alla fermata dove Irene avrebbe atteso il bus per tornare a casa.

“Boh!.. Com’è questo signore? Tu lo hai già visto.”

“Gentile, sicuramente. Poi, te lo già detto, sono tutti molto per bene. Ehi! Arriva il tuo autobus.”

“Dici di andarci?… Magari per l’ultima volta…” Erano scoppiate tutte e due in una risata liberatoria.

“Ma si! Così mi dici che ne pensi…. E poi, se continuiamo con questi prezzi ci facciamo una vacanza indimenticabile.” La mattina successiva era trascorsa abbastanza tranquillamente. Durante le lezioni, le due ragazze erano riuscite a celare la loro tensione, evitando di riprendere il discorso in presenza delle loro amiche, e solo uscendo da scuola n’avevano parlato.

“Irene, allora ci vai?”

“Si. Penso di si.”

“Ma se stai scoppiando dalla voglia!!”

“Stupida!”

“Ascolta. Ho pensato che se siamo socie e giusto dividere tutto…. ho in tasca la metà di quello che mi è rimasto l’altro ieri… è tuo.”

“Ok! Ci sto. Ma se una decide di smettere, l’altra non insiste.”

“Per me va bene. …. Ah! Posso darti un consiglio?”

“Certo, socia.”

“Io di pomeriggio esco con Antonio. Al posto tuo cercherei di trovare un minuto per Fulvio.” Dette queste parole, si era allontanata. La ragazza era salita sulla macchina, riflettendo su quanto le era stato detto.

“Ciao amore.” Baciandolo, aveva posato la mano all’interno della coscia, sfiorandogli il pene.

“…se non hai fretta … potremmo fare un giro più lungo, prima di arrivare a casa mia. A Fulvio non era sembrato vero. Avviato il motore, aveva svoltato subito a sinistra, dirigendosi velocemente verso la periferia. Lì era entrato in un’aerea riservata agli autotreni ed ai rimorchi, e, fatto un centinaio di metri, aveva posteggiato tra due bestioni. L’uomo, disteso sulla brandina posta in alto, nella cabina del TIR, era stato disturbato dal rumore dell’auto ed aveva allungato il collo per capire chi lo stesse scocciando. Quando aveva visto i due giovani era rimasto felicemente sorpreso; un simpatico imprevisto per rompere la monotonia del giorno! La ragazza si era accucciata subito tra le braccia del maschio, iniziando a baciarlo. Per quel che vedeva, non avevano più di diciotto/diciannove anni e lei era particolarmente bella; peccato che indossasse jeans e non una gonna corta. In quel mentre, lei si era rialzata, lasciando che il giovane armeggiasse con gli schienali dei sedili. Poi, li aveva osservati, col cazzo che gli doleva contro i pantaloni, mentre si toglievano i jeans, rimanendo in mutande. Li aveva visti distendersi uno accanto all’altro, tornando a baciarsi, mentre le mani scendevano lungo le gambe dell’altro. La giovane era stata la prima a prendere l’iniziativa, infilando le dita sotto gli slip, impugnando il cazzo duro e portandolo alla luce del sole. Il ragazzo l’aveva seguita a ruota, scostandole le mutandine. Si stavano masturbando a vicenda. Cazzo!! Che spettacolo!! Erano aggrovigliati, impegnati a darsi piacere un con l’altra e, mai e poi mai, avrebbero sospettato che c’era qualcuno ad osservarli. Sicuro di non essere visto, l’uomo si era sfilato i pantaloni, liberando il pene. Avrebbe pagato per essere al posto del ragazzo, ma non si poteva avere tutto, e la mano era corsa ad appagare i suoi bisogni. Quelli, intanto, continuavano a giocare con le mani sui loro organi, sino a quando non si erano staccati, incominciando a spostarsi dentro l’abitacolo. Vincendo ogni legge gravitazionale, il ragazzo si era disteso con la testa rivolta al volante ed i piedi a lambire il lunotto, e, in quella posizione – che doveva essere oltremodo scomoda – aveva avvicinato il viso alle gambe della giovane. Lei aveva ricambiato, impugnando il pene turgido per portarselo alle lebbra. Il sessantanove li aveva tenuti impegnati per un buon quarto d’ora, sino a quando non erano esplosi quasi contemporaneamente nei loro orgasmi (e con loro l’autista guardone), poi si erano rivestiti ed erano andati via. Irene aveva il libro di filosofia aperto davanti a sé quando gli occhi le erano caduti sulla radiosveglia: le cinque e dieci. Era tempo di prepararsi. Dieci minuti dopo salutava la madre,

“Ma’, io ho finito di studiare. Vado.”

“Va bene, cara. Non tardare, però. Lo sai che papà vuole cenare presto questa sera. Dopo ha il poker con il padre di Fulvio e gli altri.”

“Non preoccuparti. Alle otto sarò a casa.” Aveva trascorso buona parte del pomeriggio ripesando a quel che era accaduto il giorno prima. La storia era tutta sbagliata, immorale, ma la faceva sentire enormemente importante. Lei, una giovane qualunque, chiamata ad appagare le voglie insoddisfatte di quattro uomini sposati in cambio di una barca di soldi. Riflettendoci, non si sentiva una prostituta come quelle, squallide, che incontrava per la strada ma si trattava solo di un accordo, così come aveva detto il dentista. Al momento di decidere cosa indossare, aveva scelto di non fare nulla di strabiliante. Probabilmente, quei signori volevano, in lei e in Sabrina, delle giovani acqua e sapone, perché non accontentarli. Così, aveva infilato un abitino rosso, per nulla attillato e appena più lungo sotto il ginocchio. Mancavano cinque minuti alle diciotto quando aveva citofonato allo studio del dentista.

“Signorina, salga pure.” Strano! Le aveva risposto il dentista. Eppure aveva detto che non ci sarebbe stato. Era stato lui ad aprirle.

“Ciao Irene, ben arrivata. Ho preferito attenderti, non si sa mai – poteva salire il portiere o chissà chi – … ma entra, per piacere …. Andrea è nella mia stanza, vieni … te lo presento e vi lascio.” La ragazza lo aveva seguito rimanendo zitta, quell’uomo aveva la capacità di intimorirla. Lo aveva visto entrare nel suo ufficio ed era entrata dietro di lui. BANG!!

“Andrea ecco Irene, ti dicev….. ma che c’è?” L’aveva vista correre in corridoio ed era riuscito a stento a bloccarla per un braccio,

“Irene?!! Che succede?”

“voglio andare a casa”

“perché?”

“perché?”

“sì perché?”

“perché, ecco, cioè…” annaspava a caccia delle parole giuste. La voce di Andrea, ferma e tranquilla, li aveva interrotti.

“Perché Irene ed io ci conosciamo.” Era lì, insieme a loro nel corridoio. La ragazza ne percepiva lo sguardo su di sé, ma non poteva alzare gli occhi da terra. Non avrebbe retto al confronto. Cazzo!! Era stata scoperta!!!

“Andrea, spiegami. Cosa vuol dire che vi conoscete?”

“facile a dirsi. No, Irene?”

“Io …io… mi faccia andare via….”

“ma io devo sapere! Siete da me, dopo tutto.” Era stato Andrea a rispondere.

“Irene è la ragazza di mio figlio. Tutto qui.”

“Oh! … Capisco…..” Il dentista aveva riflettuto a lungo prima di continuare.

“beh! Niente scandali, sono cose che possono succedere. Non dimenticatevi che siete tutti e due in una posizione scomoda. Io credo che sia giusto lasciarvi soli per poterla risolvere tra voi…. Andrea, quando finite basta che chiudi la porta dietro di te. Ciao …. ” poi, rivolto alla ragazza,

“Ciao Irene…. Mi dirà Andrea …” e li aveva lasciati muti come dei pesci lì nel corridoio. Era stato il padre di Fulvio a spezzare il silenzio.

“Vieni Irene, andiamo a sederci.” Lo aveva seguito con la coda tra le gambe – non riusciva a pepensare nulla. Lui si era seduto su uno dei due divani e lei aveva preso posto accanto.

“Allora? Perché lo fai?” Dalla sua bocca era uscito un fiume di parole sconclusionate.

“Calma…. Calma… fammi capire..” Lentamente aveva raccontato di Sabrina e del giorno prima. Non sapeva nemmeno lei il perché. L’uomo la lasciava parlare, osservandola attentamente. Era seduta al bordo opposto del divano e, senza rendersene conto, si era tolta le scarpe, raccogliendo le gambe sotto di sé , sul cuscino. Doveva essere un modo di stare a casa sua.

“Non preoccuparti, Irene. Non sarò io a giudicarti male. Come potrei?”

“ma … ma non è seccato…. ”

“Io? Ma se ti sto vedendo vuol dire che anch’io sono qui e… e non mi sembra corretto nei confronti di mia moglie. Non credi?” Era vero! Talmente presa dall’essere stata scoperta, non aveva riflettuto su quest’aspetto. Lei tradiva da un giorno Fulvio, e lo faceva per denaro, almeno questo era l’aspetto apparente. Quell’uomo, invece, era già stato con Sabrina e chissà con quante altre donne.

“…e …. E perché lo fa?”

“lui l’aveva guardata con un sorriso strano disegnato sul viso

“non lo so. Ho iniziato e continuo… è un modo per sfogare i miei bisogni… mentali.. Con mia moglie non capita.”

“Non ..non fate più sesso?”

“Oh sì. Ma è mia moglie… non so come spiegartelo, cara. Ma tu, invece, con… con Fulvio?”

“Fulvio?”

“Avete rapporti?.. C’è sintonia o qualcosa non va?”

“Oh no! Va tutto bene.”

“Però sei qui.. e non mi dire che sono i soldi che ti servono..”

“Questo no! I soldi… boh!”

“Lascia perdere. Visto che sei qui, raccontami di te e Fulvio.”

“Co.. cosa?”

“Beh! Sei salita per fare sesso e… e poi hai trovato me. In ogni caso di te mi ha parlato Emanuele … ehi! Non devi diventare rossa…. Voglio solo sapere se con mio figlio fai le stesse cose, oppure se è un imbranato e non sa quale fiore ha a disposizione.” Le aveva strappato un sorriso.

“Grazie!..”

“Di nulla, ma se è vero quello che dice Emanuele, sotto quel vestito c’è da far invidiare parecchie donne… e non vorrei che Fulvio non lo sapesse.” Questa volta aveva sghignazzato. Si sentiva decisamente più rilassata.

“Lo sa … lo sa. Grazie.”

“E con lui fa le stesse cose che hai fatto ieri qui?”

“Più o meno.” Le stava piacendo parlare con quell’uomo di quelle cose. Non le era mai capitato, se non confidandosi con le coetanee, e quell’atmosfera la stava intrigando.

“più o meno? Sii più chiara.” Lo aveva visto poggiare un gomito sulla spalliera del divano e sistemarsi come uno che deve stare ore ed ore ad ascoltare.

“Abb… mi vergogno.”

“di me? Perché? .. Ti aiuto. Ovviamente vi siete gia visti nudi..” lei aveva calato la testa, sorridendo.

“.. e tu …tu hai conosciuto il suo ….”

“cazzo!” ma come le era uscito dalla bocca?”

“si, brava, cazzo! Chissà perché non ricordavo come si chiamasse..Allora sai ridere..? E cosa ci fai col suo… uhmmm… cazzo..?” Un cenno con la mano, a pugno chiuso…

“birbante! Così mi fai invidiare Fulvio!”

“per così poco?” Le piaceva quel signore. Prima di allora lo aveva visto sempre e solo a casa di Fulvio, affaccendato con lavoro che si portava a casa o preso dai telegiornali. Lo considerava quasi odioso. A quel punto, invece, gli dispiaceva non andare oltre.

“glielo prendi pure in bocca??”

“Si! … del resto non lo avrei mai fatto con altri, se non fosse già successo con lui…”

“e cos’altro devono sentire le mie orecchie..” Lei aveva scrollato le spalle.

“Tutto qui.”

“Niente rapporti completi?”

“Lui vorrebbe. Io ho paura.”

“Stupida. Fallo che ti piacerà.” Era rimasto in silenzio, poi,

” e domani ricominci?”

“scusi?”

“con i miei amici. Pensi di andarci?”

“No!…. non lo so… mi scusi, ma sono confusa… mi spiace.”

“Ti .. ti posso chiedere un piac.. piacere?” per la prima volta l’uomo non mostrava più alcuna sicurezza.

“certo”

“se vuoi non ti tocco ma…. Ma potresti farmi il piacere di farti vedere nuda…. Invidio troppo Emanuele… se puoi, ovviamente..” Irene lo aveva guardato a fondo negli occhi, rimanendo zitta. Quasi le faceva tenerezza. Aveva calato la testa sul suo grembo, lasciando che le dita scendessero sui bottoni che le chiudevano il vestito. L’uomo aveva assistito in rigoroso silenzio. L’aveva vista iniziare a sfilarsi il vestito dalle spalle. Non portava reggiseno e prima la scollatura, poi le forme delle mammelle ed, infine, i capezzoli erano stati causa di sbandamenti dell’uomo, obbligato ad ingoiare saliva ogni volta che veniva alla luce qualcosa di nuovo. Aveva il vestito alla cintola.

“Vuole che continui?”

“Si, cara… si…” e lei aveva alzato le gambe davanti a sé, rannicchiandole. In quella posizione le era stato facile sfilarsi lentamente le mutandine, lasciandole scorrere lungo una gamba sino al piede, per poi farle cadere a terra.

“Va bene così?” L’uomo aveva davanti a sé le gambe nude della ragazza con la peluria nera che risaltava e lo richiamava fortemente…. Non poteva resistere.

“puoi… puoi metterti in ginocchio sul divano… Pog.. poggia pure le braccia sulla spalliera. Così! Sei stupenda.” Irene era lì, in balia della vista bramosa di quell’individuo. Volutamente, quando aveva preso la posizione richiesta, aveva lasciato l’orlo del vestito sulla schiena in modo che lui potesse godere di tutto il suo splendore. Lo aveva sentito avvicinarsi e, come se fosse la cosa più naturale del mondo, era stata felice quando aveva sentito le sue mani posarsi sulle sue natiche e la lingua scorrerle dentro. Era stato un miscelarsi di saliva e di umori. Irene aveva bisogno di sfogarsi e quell’attività era il giusto rimedio. Lo sapevano tutti e due. Andrea non si era risparmiato. L’aveva portata ad un primo orgasmo repentino, liberatorio, violento. Poi, aveva continuato, in quella posizione, ad accarezzarla e a baciarla alternando mani, dita, labbra e lingua, vuoi sulle gambe, vuoi sulle natiche, soffermandosi lungo il solco, vuoi sulla giovane fica. Sembrava quasi che esistesse solo la metà del corpo della ragazza, e quel modo di operare era proseguito, lentamente, sino a quando non l’aveva sentita esplodere per la terza volta. Aveva lasciato che si riprendesse. Quando, finalmente, Irene si era girata lo aveva trovato, in piedi, già nudo dalla cintola in giù. Si era seduta comodamente e lo aveva impugnato saggiandone la consistenza.

“Ti… ti piace?” le stava domandando cosa? Se era bello quel modo di fare sesso? Se era bello il sesso che teneva tra le mani? …

“… è … è un bel cazzo. Ora so da chi ha preso Fulvio.” Era stato il suo turno di farlo ridere.

“Stronzetta!! Fammi vedere se Emanuele è un bugiardo.” Il pompino che ne era seguito (forse il migliore che Irene aveva fatto nella sua vita. Almeno secondo il suo personale giudizio) era stato una delizia per Andrea. Glielo aveva baciato, succhiato e leccato come poche erano riuscite prima di allora e, ancor più, lo aveva strabiliato quando le era esploso in gola. Aveva continuato a succhiare, ingoiando goccia dopo goccia e non si era fermata. Con l’aiuto delle mani lo aveva mantenuto rigido – forse semirigido per un po’ – poi aveva ripreso a succhiare avidamente. La nuova eiaculazione l’aveva lasciata soddisfatta. Si era ritirata, guardandolo raggiante.

“Le è piaciuto?”

“Perché mi dai del lei?… Sei magnifica!”

“Non riesco a darvi del tu. Siete troppo grandi…”

“Contenta tu… Irene?”

“Si?”

“No… non ti rivestire… Sono le sette meno cinque. Hai fretta? … Ti aspetta Fulvio?”

“No!… poi… poi vado a casa…” aveva posato le mutandine che stava per infilare in una gamba.

“..devo essere a cena presto…” era diventata rossa..

“.. avete il poker.” Intanto, le mani dell’uomo erano tornate ad accarezzarla dandole la sensazione di essere sfiorata da una piuma.

“Il poker, sì. .. Ma prima voglio conoscere meglio queste deliziose pere…” con la mano aveva sollevato una mammella, avvicinando le labbra al capezzolo. Si era risollevato come se avesse bevuto dalla sorgente della vita. “meravigliosa!” Per la prima volta, dopo avere fatto sesso da un’ora circa, l’aveva baciata. Era stato un bacio lungo ed intenso. Irene aveva sentito la lingua scavarle in bocca, tentando di raggiungere chissà quali meandri. Poi, era scivolata fuori, bagnandole le palpebre, le guance, sino alle orecchie. Una mano era scesa a cercarla nuovamente.

“Sei fradicia.” L’aveva imbarazzata sentirsi dire quelle parole. Era stato come se l’avesse spogliata una seconda volta.

“voglio scoparti…”

“No….no! Per piacere….” Le dita scorrevano veloci sulla peluria. Irene le sentiva entrare ed uscire repentinamente, strofinarle la clitoride. Avrebbe urlato per lo stordimento erotico da cui era invasa.

“bast… bastaaaa…” L’uomo era ovunque. Una mano scivolava lungo la schiena, raggiungeva il culo, violando appena il foro posteriore, per risalire sino al collo. Le labbra e i denti giocavano con la sua lingua, i suoi capezzoli, tormentandoli e dandole eccitazione su eccitazione, l’altra mano sembrava non volesse fermarsi mai.

“Stringilo…. ” solo per un attimo la mano si era staccata dalla sua natica per aiutarla ad abbrancare il cazzo, nuovamente in erezione. Istintivamente, la ragazza aveva iniziato a masturbarlo. Erano tutti e due in piedi, ad un passo dal divano, con le mani intrecciate a darsi piacere reciproco e le labbra incollate quando Emanuele aveva fatto il suo ingresso. Irene era saltata in aria e avrebbe voluto staccarsi, ma Andrea l’aveva tenuta saldamente a sé.

“Scusate! Non credevo che foste ancora qui… io…”

“Stai tranquillo, Emanuele…. e che…è difficile smettere quando si ha Irene d’avanti” Andrea aveva risposto, mentre – incurante delle tenui proteste della ragazza – aveva ripreso a spingerle un dito dentro.

“Sono contento che abbiate chiarito il vostro malinteso…. Vi … vi spiace… posso approfittare?” Si stava rivolgendo a lei, ne era certa. Avrebbe dovuto mandarlo al diavolo, invece gli aveva fatto un cenno di assenso con la testa. Quello non si era fatto attendere più di tanto e, un attimo dopo, la ragazza si era ritrovata, sempre in piedi, in mezzo ai due uomini – con i loro cazzi stretti nelle mani – impegnati a farla godere al più presto. L’orgasmo l’aveva sconvolta. Urlava, si dimenava, le mancava il respiro … e i due non si fermavano, costringendola ad un nuovo orgasmo.

“basta…. Basta……” Se non fosse stato per l’ultimo arrivato, il padre di Fulvio non le avrebbe dato tregua. Quello, invece, doveva scaricare la sua eccitazione e non aveva trovato di meglio che distendersi a terra facendola posizionare a quattro zampe in modo che potesse imboccare il suo membro. Era stato a quel punto – mentre era alle prese col cazzo del dentista in bocca – che si era sentita qualcosa premerle dietro solo per un attimo e subito un bruciore l’aveva assalita. Si era scossa ma Emanuele le aveva poggiato le mani sulla nuca,

“vedrai che è bello, Irene. Chi meglio di Andrea….” Era vero! Passato il primo momento, quel corpo al suo interno le stava dando sensazioni mai provate prima. Era travolgente! Si muoveva quasi con grazia, ma ogni volta che spingeva erano mille spilli che le entravano nel cervello.

“segui il suo intercalare. Irene….. succhiami, insieme ai suoi movimenti… ecco brava… bravissima…” Andrea l’aveva scopata per chissà quanto tempo ancora, dopo che il dentista le aveva imbrattato la gola, e lei ne era più che felice. Era venuta ancora una, due volte. Poi l’uomo aveva sfilato il suo membro posandolo tra le natiche. Lo aveva sentito scorrere su e giù poche volte prima che lo sperma le imbrattasse il fondoschiena. Gli uomini si erano ricomposti, mentre lei era ancora alle prese con il loro seme, togliendolo accuratamente dal proprio corpo con l’aiuto di alcune salviette di carta, imbevute, datele dal dentista.

“Irene… posso chiederti come ti sei trovata?”

“Io… sono confusa…”

“Lo immagino… ma pensi che sia stata una cosa fatta bene? Lo sai… in noi trovi persone per bene… poi… Andrea è…”

“Si… si… per piacere, non me lo dica più dottore .. è che…”

“cosa, Irene.”

“Ho fatto l’amore con lui. Ora…. Con Fulvio….. se lo capisce…. Io…”

“E’ solo questo che ti preoccupa? Pensi che se fai l’amore con il tuo ragazzo, lui scopre che non sei più … insomma, che lo hai già fatto con un altro?”

“Si.”

“Ma no…. Ti organizziamo tutto noi. No, Andrea?”

“Certo, Emanuela. Cara ragazza, non vorrai non fare felice – e farti felice – Fulvio, rinunciando a provare con lui quello che hai provato con me?”

“No …. Io…. Posso dormirci sopra?”

“Certo, ma….ritornerai?”

“Io… io credo di sì. E che sono confusa…Mi è piaciuto…. e tanto.”

“Benissimo.”

“Irene?” Era stato il padre di Fulvio a richiamare la sua attenzione. Lei, intanto che lo ascoltava si rivestiva.

“C’è un accordo ben preciso tra te, la tua amica e noi quattro e…. – so che ti darà fastidio – ma devi accettare questi….” Teneva in mano delle banconote ed un assegno, probabilmente compilato mentre Emanuele le parlava.

“Io … io non posso.”

“Tu devi! Non sei sola e non sono solo. Le regole valgono per tutti. … Sono duecento euro per … come posso definirla, la seduta normale, e l’assegno l’ho fatto come quello che Diego ha dato Sabrina. Tu, però, lo puoi scambiare. Se hai problemi in banca vado io.”

“Io…. grazie.”

“Grazie a te … e di cuore.” FINE

About A luci rosse

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