Il silenzio

Una doccia corroborante, rilassante. Mi sciacquo a fondo l’interno della vagina e del culo(mi è rimasto molto aperto). Il logico bruciore si attenua. Mi massaggio con cura e piacere tutto il corpo con una piacevolissima crema emolliente.
Mi metto a contare i soldi, mi danno una sensazione appagante e di potere.
Con quelli dei giorni scorsi sono più di due milioni.
Sono le nove di sera, potrei sentirmi più che appagata, rilassarmi davanti alla TV. Ma perchè? Mio marito è via, ho addosso un senso di libertà e di potere, energie da vendere. Voglio uscire di nuovo, non necessariamente con fini particolari, ma vedere gente, magari sentire musica. Però mi vesto nel modo più arrapante che posso, mi piace. Una mini elastica ed aderente che mette molto in risalto il mio sedere grosso, niente slip così faccio respirare bene le parti intime; una camicia bianca chiusa solo con un nodo sull’ombelico e niente reggiseno. Cosi i miei capezzoli grossi si induriscono bene al contatto con la stoffa.
Ho voglia di musica, di ballare. Sarò troppo vecchia a 34 anni? . Ma no, credo che non sfigurerò in una discoteca. Una volta ne ho intravista una dalle parti di Corso Buenos Aires. Vi entro verso le 11, non vi è ancora molta gente, ma dei giovani stanno già ballando sulla pista al suono assordante, è tutto un turbinio di luci, bello. Con la musica moderna il bello è che ti puoi buttare nel mucchio senza che nessuno faccia caso se sei da sola. Dopo poco sono sulla pista che mi dimeno come una forsennata tra ragazzi giovani che mi fanno spazio in mezzo a loro. Ci si muove tutti insieme, guardandosi, sorridendo. Intravedo gli sguardi sulle mie tette che ballonzolano spuderatamente senza vergogna, dimeno il sedere come meglio so fare. C’è un ragazzo moro che balla vicino a me girandomi intorno senza mai distogliere gli occhi dal mio corpo, mi fa sentire apprezzata. Poi comincia a fissarmi negli occhi, profondamente, insistentemente. Dopo un po’ sono sfinita, vado a sedermi in una poltroncina a bere qualcosa. Sono sudata fradicia, ho il fiatone.
Me lo ritrovo seduto davanti che di nuovo mi fissa negli occhi. Ricambio il suo sguardo fisso, ci mangiamo con gli occhi. D’altronde non c’è possibilità di parlare, col frastuono della musica, ma non ne abbiamo bisogno. Lui mi fissa, passandosi la lingua sulla labbra, inequivocabilmente. Io, quasi inconsciamente, lo fisso mordicchiandomi il labbro inferiore. è come una scossa elettrica, di scatto viene a sedersi accanto a me, mi passa una mano sulla spalla e con l’altra mi gira il viso verso di lui: ci baciamo, dolcemente, a lungo, le due lingue si intrecciano, sento la sua saliva nella mia bocca, è buona.
è bello, alto, giovane. Ho voglia di lui, è molto dolce, ci baciamo per un tempo interminabile. Mi stacco solo quando comincia a farmi male la lingua. Ci fissiamo nuovamente negli occhi, scambiandoci mute promesse.
Si alza, mi prende per mano, leggo sulle sue labbra la parola “vieni”. Usciamo per strada abbracciati, senza una parola. Passeggiamo tra la gente, arriviamo vicino ed una Tipo, apre e saliamo. Parte, sempre in silenzio, mi sfiora con la mano destra le coscie.
Io sto abbarbicata a lui e gli sfioro il gonfiore dei pantaloni mentre allargo le gambe per permettergli di risalire tra le mie coscie fino a toccarmi la figa umida di umori caldi. Sento il suo gonfiore aumentare, pulsare, mentre si destreggia tra il traffico.
Si dirige verso la periferia, verso l’idroscalo. Sa benissimo dove vuole andare, ci fermiamo in una stradina sterrata e deserta. è un attimo: ci ritroviamo sui sedili reclinati, le lingue intrecciate a frugarci i corpi a vicenda. Lui mi apre la camicietta facendo esplodere il mio seno mentre con una mano mi accarezza la vulva fradicia, io gli abbasso la cerniera e gli estraggo un cazzo duro già come il sasso. Ci tocchiamo, ci masturbiamo, ci baciamo in bocca senza posa. Sempre in silenzio, mi piego su di lui e comincio ad assaggiarlo con la lingua, ha delle gocce sulla punta, le lecco e poi mi infilo la cappella tra le labbra. è grossa, pulsante, saporita. Una sua mano mi scava da dietro tra le chiappe, sento le sue dita che mi stantuffano tra le grandi labbra, mentre l’altra mano sulla nuca accompagnano il pompino che gli sto facendo. Con la cappella in bocca riesco ancora ad impugnare l’asta con due mani, tanto è lungo, lo massaggio lentamente, senza fretta.
Lui invece accelera il movimento delle dita (non so quante) dentro di me, mi stantuffa a fondo. Ho voglia del suo uccello grosso e duro dentro di me, mi giro voltandogli la schiena. Capisce subito, scavalca il cambio, e si appoggia al mio culo: Alzo una gamba, infilo una mano ad afferrargli il cazzo e lo appoggio con la punta alle figa. Spingiamo insieme, lentamente, fino a che non me lo infila tutto, fino alle palle. Poi comincia a chiavare, colpi lenti ma profondi, una grande sensazione di riempimento. Il suo cazzo si muove con grandi rumori dovuto agli umori che mi allagano la figa, mi tiene per i fianchi per spingere meglio e più a fondo. Sto scoppiando, ho bisogno di raggiungere l’orgasmo al più presto, vado incontro ai suoi colpi per accelerarli. Capisce subito, comincia a martellarmi con forza, lo sento forte, duro, immenso dentro di me, sento le sue palle che sbattono tra le mie coscie, sento la punta che cresce, si ingrossa. Non voglio rompere l’incantesimo, non parlo; però gemo, sempre più, gli faccio capire che sto per godere, voglio che mi sbatta ancora più forte. Chiava come un dio, ad ogni colpo, sempre più veloce, lo estrae completamente e poi lo affonda senza pietà fino a toccarmi l’utero. Ora urlo, senza ritegno, sto godendo, la figa in fiamme. Capisce di doversi fermare, lo lascia dentro di me fiano a quando il mio respiro non torna normale, poi lo sfila e si risdraia sul suo sedile. Il suo cazzo è dritto e svettante, grosso e lungo come pochi che ho visto, anche se penso di avere una buona esperienza. Lo riprendo tra le mani massaggiandolo su e giù lentamente. Ora è lui che vuole che faccia più in fretta, mi prende le mani come a fare una sega a quattro mani finchè mi dà il ritmo desiderato. è stupendo fare una sega a quel cazzone immenso, vibrante.
Appoggio le tette sulle sue palle continuando a fargli la segona a pochi centimetri dal mio viso. Ecco, lo so, lo sento, comincia a pulsare, la sborra sta risalendo lungo quel cazzone cercando lo sfogo, pronta a schizzare fuori. Mugola, anche lui continuando il gioco del silenzio, però mi afferra la nuca infilando le dita tra i miei capelli: capisco subito che vuole sborrarmi in bocca.
Sento tra le mani l’inconfondibile pulsazione: stra arrivando il primo schizzo, apro la bocca e appoggio le labbra sulla punta. Non è uno schizzo, è un getto di miele molto pastoso, denso, lungo. Lo tengo in bocca, gustandomi il sapore, aspettando i getti successivi. Arrivano, tre, quattro, uno dopo l’altro, copiosi. Solo alla fine bevo tutto insieme, dopo avergli fatto appoggiare una mano sulla mia gola per fargli sentire l’ingoio: lo arrapa talmente che mi dà un ultimo schizzo. Restiamo così, lui accarezzandomi teneramente la nuca, io con la bocca sul suo cazzo buono.
Prima di rivestirci ci baciamo ancora dolcemente in bocca accarezzandoci. Dandomi un’ultima carezza tra le gambe gli si infila un dito nel mio culo. Mi guarda in modo interrogativo, lo ha trovato spalancato. Io annuisco come dire: si ce l’ho sfondato, prendo i cazzi nel culo e vorrei anche il tuo cazzone enorme.
Poi mi rivesto dicendo le uniche parole di questa stupenda e magica serata.
“Forse domani. Se lo vuoi…… FINE

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