Era un sabato, uno di quei sabati che non vedi l’ora che ti suoni la campanella per scappare fuori da scuola.
Fuori il sole primaverile riscaldava l’aria e la finestra, lì al mio fianco, sembrava una cornice attorno ad una tela dipinta d’azzurro.
La spiaggia, ecco qual era il mio pensiero ossessivo in quel momento: le onde del mare e tanti, bellissimi, ragazzi con i quali lucidarmi gli occhi.
– Di Benedetto stai seguendo la lezione o cos’altro! – La prof d’italiano, quella spaccaballe.. .
– No professoressa riflettevo solamente su quello che lei stava spiegando. – – Bene, allora prova a ripetere come i concetti alla base dei futuristi.. . – Fortunatamente venne in mio aiuto la campanella, non esitai a fare la linguaccia a quella vecchia zitella inacidita.
Cosa ne poteva sapere lei della vita all’aria aperta. Di divertirsi, dei ragazzi.
Quella, da giovane, i ragazzi neanche in foto li avrà visti.
Un’altra ora, un’altra maledettissima ora di matematica con la professoressa Danelutti poi, finalmente, la libertà.
La porta si spalancò ed entrò un ragazzo, gradevole d’aspetto, anche se un po’ impacciato.
– Buongiorno ragazze, è la IV C questa? – Un coro di voci femminili intonarono un si.
Era più che passabile, venticinque anni probabilmente, un bel fisico.
Lineamenti forti che davano al viso un tono deciso e virile, anche se dietro gli occhiali apparivano due occhi un po’ smarriti.
Probabilmente era la prima volta che insegnava ad una classe e non riusciva a trattenere l’amozione, anche perché, dall’aria, sembrava un tipo timido e riservato.
– Sono il supplente di matematica. Sostituirò la vostra professoressa per i prossimi due mesi. – A volte essere nell’ultimo banco era un vantaggio. Lì, in quella zona di nessuno, avevi la possibilità di distrarti, leggerti qualche rivista, chiacchierare. Tutto questo senza che i professori se ne accorgessero più di tanto; tuttavia, adesso, era un bel svantaggio.
Quel professorino, tolti gli occhiali e vestito in maniera meno seria, non doveva essere malaccio, anzi, tuttaltro.
Di sicuro faceva palestra, aveva due spalle! – Arianna che ne pensi del supplente? Non è carino? – – Si, io me lo farei! – – Capirai tu ti faresti tutti i maschi che ci sono sulla terra, troia come sei! – – Stronza! – – Ti sei offesa? Dicevo per scherzo. Permalosa? – – No è che tu, con quell’aria da santerellina.. . – – Cosa vorresti dire? – – Niente, non sono mica io che vado in giro a mostrare le mie mutande indossando minigonne da panico! – – Sei una serpe! – – Se per questo anche tu! – Arianna era proprio un’amica, mi divertivo un sacco a scherzare con lei. Per noi stuzzicarci era un gioco. Il più bel complimento che ci potevamo fare era appunto troia e, forse, un po’ lo eravamo. per lo meno a entrambi piacevano molto i ragazzi, ma non solo guardarli, forse, a differenza delle altre, noi ammettevamo di fare anche i fatte, mentre le altre sotto, sotto facevano pure di peggio! – Allora, mi presento sono il professor. Andrea Savelli, spero di imparare presto i vostri nomi e di guadagnarmi la vostra fiducia. Vedo che siete quasi tutte oltre la sufficienza. tutti salvo lei signorina.. . Arianna, anche se mi è stato detto che la vicinanza con la signorina.. . – – Marianna, mi chiamo Marianna professore. – – Appunto, mi si dice che la sua vicinanza costituisce una turbativa, per cui, se nessuna di voi ha qualcosa in contrario, vi sposterei di posto. Lei signorina Silvana vada al posto della signorina Marianna. E lei venga qui in prima fila, vicino alla cattedra. Vedremo se i voti della signorina Arianna miglioreranno.. . – – Ciao Arianna, vado in prima linea, la patria mi chiama. Tu, mi raccomando, fai come dice il professore, prendi i voti.. . e fatti suora! – – Serpe! – – Troia! – – Che fortuna, in prima fila, così me lo mangio con gli occhi! – – Marianna? – – Si.. . – – Troia! – Lascia Arianna sbattendole in faccia il mio migliore sorriso, tanto sapevo che stava morendo d’invidia. – Il professore cominciò a spiegarci qualcosa che ben non ricordo, la mia fantasia ben presto partì per altri lidi.
Che bel sederino sodo ed alto, chissà forse va a correre oppure va in bici. In costume non dev’essere male.. . poi in costume avrei potuto vedere se aveva anche altri doti nascoste, si fa per dire.
La campanella suonò, anche quella settimana di supplizio era finita! Però che peccato, era finita proprio sul più bello.. .
Il pomeriggio l’avrei dovuto passare sui libri, ma il sole che brillava fuori e la telefonata di Arianna, con la proposta di andare a fare un giro, cambiarono ben presto i miei programmi.
Il corso era pieno di bei ragazzi, c’era da lustrarsi gli occhi e non solo. Arianna fu fermata da uno del liceo.
– Marianna, mi ha chiesto se questa sera andiamo in discoteca, porta anche un amico! – – Si dillo così, sembra quasi che se non ci fossi tu, io di ragazzi non ne vedrei neanche l’ombra, bell’amica che sei! – – Scusa non ti volevo offendere e che.. . – – Ma almeno è carino? – – Siiii, è Alessandro, sai quello biondo che studia all’università, quello col Mercedes cabrio! – – Aaaaaaaaa! Dimmi che è vero.. . – – Si è proprio lui. – Caspita che colpo di culo, uno dei ragazzi più ambiti della città, bello da far morire e ricco da far spavento.
Quella sera optai per una maglietta aderente blu notte e una mini in jeans, calze autoreggenti e scarpe basse in vernice, lui non era bassino e preferivo non risultare troppo più alta di statura di lui, se mi avesse baciato sarebbe potuta essere una cosa disagevole.
Avrei corrotto anche un santo, si ero orgogliosa di me stessa. La maglietta metteva in bella evidenza il seno e la mini faceva trasparire a sufficienza.
Alessandro fu un po’ una delusione. Quella mano, piazzata subito sul sedere, era darmi della troia bella e buona. Non mi sono mai concessa facilmente, non che fossi una santerellina, ma prima di mollarla volevo che un po’ se la sudassero (se mia madre mi avesse sentito dire queste cose! ! Lei mi credeva ancora vergine.. . ), insomma un po’ di corteggiamento lo avevo sempre preteso anch’io, ma forse ormai dovevo veramente avere una pessima nomea.
Potevo ammettere che si fosse sparsa la voce delle cose che facevo e con quanri le avessi fatte, ma quel modo strafottente e l’idea che sarei stata sua, mi dava proprio fastidio.
Appena seduti sul divano aveva già cominciato a provarci. Che classe.. . pensai.
I discorsi poi.. .. La macchina del papi, la villa del papi, la barca del papi. Ecco, magari facevi venire il papi al posto tuo, che era meglio! – Hei guarda lì che tronco di fica che passa! Quella si che me la scoperi subito! – Si, tu ti scoperesti anche tua madre, pur di scopare.. . pensai; ma voltandomi dovetti rimangiarmi quanto avevo supposto. Una ragazza veramente bella, di quelle che di solito si vedono solo sulle riviste: una top model.
Dio avrei dato dieci anni della mia vita solo per avvicinarmi ad essere come quella.
Cazzo il prof di matematica! Il professore era insieme a quella stupenda ragazza. Certo che anche lui con il gel sui capelli, le lenti a contatto e vestito in modo molto giovanile, non le era da meno. A stento avrei pensato potesse avere vent’anni. , altro che il professorino timido che era entrato in classe.
– Marianna, , hai visto che fico il prof? – Furono le parole di Arianna. La camicia, sbottonata per il caldo della sala, rivelava due pettorali muscolosi. Non potei concentrarmi troppo su quella visione, Alessando mi aveva preso la mano e se la stava strofinando sulla patta dei pantaloni.
– Ti piace? Adesso usciamo un attimo, prendiamo il Mercedes e ti libero la belva. – – Senti, bel pirla, chi credi d’essere, va col tuo Mercedes a pagarti una puttana! Ma insomma, per chi o cosa mi hai preso? – – Senti, ma chi vuoi prendere in giro con la storia della santarellina. Guarda che a te ti conosco, anzi ti conosce tutta la città. Cos’è la novità adesso? Che bisogna pagare? – Me l’aveva detto la mamma che, a sembrare leggera, dopo ti prendono per una ragazza facile e nessuno ti porta più un po’ di rispetto. Come ci esci una sera, pensano subito che gliela dai, ma qui era peggio, m’aveva dato della puttana impunemente e questo non lo potevo tollerare.
Alessandro mi afferrava forte il polso.
– Mi stai facendo male. – – Dai che ti faccio sentire come è eccitata la bestia! – M’infilò la mano dentro i suoi pantaloni. La sensazione di appiccicaticcio che ebbi, al contatto con la sua carne calda, mi provocò un senso di disgusto. Non perché fosse la prima volta. Di cazzi ne avevo già presi in bocca più di qualcuno, figuriamoci cosa voleva dire prenderlo in mano. Era il modo. Non ero mai stata trattata così in precedenza.
Arianna venne in mia difesa.
– Senti tu è meglio che vai fuori a prendere un po’ d’aria.. . così ti schiarisci le idee. Intanto lascia la mano di Marianna! – – Senti, la tua amica.. . mi sa che siete due lesbichete.. . si siete due lesbiche adesso capisco.. . a te non ti piacciono gli uomini, a te piacciono le donne vero? Ma guarda che al troione della tua amica prendere il cazzo gli piace più che farsi leccare la fica! – La scena stava attirando l’attenzione della gente intorno, fra questi anche il prof.
In faccia dovevo essere rossa come un peperone. Tutta la gente intorno e io con quella mano trattenuta dentro i pantaloni di Alessandro e lui che diceva quelle cose oscene sul mio conto.
Quando vidi arrivare il professore, volevo sprofondare sottoterra, anzi di più: morire.
– Senti giovanotto, che ne diresti di mollare la mano della signorina? – – Altrimenti che fai.. . il bel pirlone azzurro? – Mi ricordo ancora il sorriso ebete stampato sul volto di Alessandro, fu l’ultima espressione che gli vidi. Un deciso pugno, sferrato dal professore, lo aveva steso esanime a terra, con ancora l’espressione ebete in volto.
– Marianna.. . la maglietta. – Era la voce di Arianna che mi riportava alla realtà.
Alessandro, afferrato alla maglietta, me l’aveva strappata, cadendo a terra, ed adesso ero lì, in mezzo alla sala, con il seno scoperto e gli sguardi da imbecille dei ragazzi tutt’intorno. Mi colpì però l’espressione imbarazzata del professore.
– Tenga si copra! – Fu un attimo quello che impiegò a togliersi la camicia per ricoprire le mie nudità.
Per quanto la mattina avessi sognato ed immaginato, la realtà era superiore alle aspettative. Il torace sembrava quello di un’atleta, il torso villoso era rasato ed evidenziava tutti i muscoli, il plesso solare sembrava una griglia su cui giocare a tria e le braccia erano un fasciame di muscoli.
Il professore si voltò verso quella che, presumibilmente, doveva essere la sua ragazza, esibendo una schiena stupenda, le spalle larghe arano ben tornite dai muscoli e il punto vita stretto esaltava l’apertura dei muscoli dorsali.
Era ovvio che, con un fisico così, avesse steso al primo pugno Alessandro, che adesso mi faceva un po’ di pena.. . pensando al treno che doveva aver ricevuto in faccia. Però, alla fin dei conti, gli stava bene a quel presuntuoso, arrogante e stronzo (questo si e soprattutto) figlio di papaà e di quella gran puttana della madre che l’aveva partorito! – Se vuole la accompagno a casa. – – No, non vorrei le fosse troppo disturbo. – – Si figuri signorina Di Benedetto, per una mia allieva poi.. . – Con addosso la sua camicia di seta, uscimmo dalla discoteca. Lo vidi dare un bacio alla sua ragazza e mostrare l’orologio, quasi a significare, torno tra poco, aspettami qui.
Mi accompagnò fuori, fino alla sua macchina, un’utilitaria.
Al che gli dissi – Non posso tornare a casa così, mia madre mi ammazza! – – Ha ragione, passiamo prima per casa mia, le do una maglietta della mia ragazza. – A bene.. aveva anche i vestiti della ragazza a casa, convivevano? Comunque erano molto sull’intimo.
Senza volerlo, in macchina mi ero rilassata e la camicia, stretta in vita con un nodo, lasciava molto scoperto il petto, anzi probabilmente dalla sua posizione il professore poteva vedere il mio seno destro nella sua completezza. Infatti, quando si voltava a parlarmi, era in evidente imbarazzo, combattuto tra il desiderio di sbirciare e quello di non far notare che ero con una tetta in bella vista.
La cosa, a dire il vero, mi eccitava.
Dopo poco fummo sotto casa sua, dovevo memorizzare il posto, quello sarebbe dovuto divenire per me un punto di passaggio diciamo casuale.. .
– Mi aspetti in macchina, le vado a prendere la maglietta e torno.. .
ma lei ha la mano piena di lividi.. . guardi salga anche lei, le metto un po’ di crema. – Era una bella casa, dal modo di parlare io avevo ritenuto fosse da fuori, ma forse l’aver studiato via gli aveva fatto sparire l’accento tipico delle nostre parti. Inoltre dovevo rifarmi completamente dell’idea che avevo dei professori, in effeti fino a poco prima lui doveva essere uno studente universitario e non credo che l’insegnamento fosse quello a cui professionalmente ambiva.
Tornò con una maglietta su un braccio ed un tubetto di crema in mano.
S’era seduto di fronte a me e, mentre era intento ad aprire il tubetto, gli presi di mano la maglietta.
– Ecco, l’ho aper.. . o pardon, non m’ero accorto che si stesse cambiando – Lo avevo fatto apposta, avevo tolto la camicetta e i miei seni erano puntati proprio contro la sua faccia, quando l’aveva rialzata.
– Guardi mi volto, lei si rivesta pura. – La situazione era ridicola, quell’uomo muscoloso, che chissà quante volte aveva scopato in quella stanza con la sua ragazza, imbarazzato alla vista del mio seno.
La mia fantasia, peraltro, sempre molto fervida, s’era liberata in un susseguirsi di immagini da far invidia ad un film a luci rosse.
Mi fantasticavo il professore con il cazzo duro che inseguiva la sua ragazza, le succhiava il seno, adesso lo immaginavo mentre se lo faceva prendere in bocca, oppure la scopava sul tavolo, chissà forse a lui piaceva metterlo nel sedere? A me tanti ragazzi lo avevano chiesto e io, ebbene si, avevo più di qualche volta acettato.
Nel frattempo, nella realtà, mi stava spalmando la crema sulla mano.
– Lei signorina ha proprio delle belle mani. – – Grazie, lei invece professore ha un bel fisico, deve fare molto sport. – Dicendo questo gli carezzai il torace, aumentando il suo imbarazzo.
– In effetti faccio molta attività fisica.. . mens sana in corpore sano.. . non è mica un obbligo che chi studia non faccia anche dello sport, doveva vedermi alla sua età.. . – Era eccitato, i pantaloni leggeri che indossava stavano manifestando in maniera inequivocabile che era eccitato. Questo mi rendeva orgogliosa, sia perché riuscivo ad attrarre un uomo molto più grande di me, sia perché quest’uomo era abituato a quel gran pezzo di figliola della sua ragazza.
– Ma professore, non mi dia del lei, mi chiami pure Marianna! – – Guardi, signorina Di Benedetto, sarò magari all’antica, ma preferisco mantenere le distanze con le mie allieve. Poi il preside si è raccomandato, sa alle magistrali, tutte ragazze o quasi, giovani e facili ad innamorarsi, poi un professore giovane, meglio non dar filo o destare illusioni. Se mi sentissero chiamare una ragazza per nome o darle del tu, lei s’immagina che scandalo! – Mentre lui diceva questo, io m’ero avvicinata. Il mio seno sinistro premeva ormai contro il suo torace e la coscia era ormai a contatto con il suo sesso. Mi dondolavo leggermente come fanno i bambini, facendogli così percepire il mio capezzolo, irrigidito dall’eccitazione.
Dai, datti una mossa, pensai, ma lui niente. Un vero gentiluomo. Che serata! Uno che ci aveva provato come fossi una troia e questo che vorrei ci provasse, invece niente! Il professore si rimise la camicia, quindi scendemmo. Mi riaccompagnò a casa.
– Dorma bene signorina Di Benedetto e faccia sogni d’oro.. . – In effetti feci dei bei sogni: eravamo io e lui a casa sua, lui alzava gli occhi e vedeva il mio seno nudo, quindi, invece di spalmare la crema sulla mano, me la spalmava sul seno. Dio come spalmava bene, poi afferrava con la bocca un capezzolo, cominciava a mordicchiarlo, leccarlo, succhiarlo. Le sue mani intanto scendevano sui miei fianchi, sotto la gonna. Sentivo le mutande scivolare verso il basso e fermarsi alle ginocchia. Quindi la sua mano salire.. . poi la sveglia! -Ma chi ha scordato la sveglia puntata alle sette! ! ! – – Tu amore. Ecco cosa succede a rincasare tardi. – – Si è vero, scusa mamma, ma stavo facendo un bel sogno.. . – – Vorrei sapere che tipo di sogni fai tu.. . visto che parli nel sonno.. . e quel che dici non mi piace.. . – – Ma mamma almeno in sogno.. . – – Lo sai cosa dice la canzone.. . i sogni son desideri. – – Ma non mi dici sempre che un bacio non ha mai ucciso nessuno. – – Si, ma da quel che capisco, nei tuoi sogni, si va ben più in là.
Ricordati hai solo 17 anni e ti ho spiegato come rischi di essere trattata, se non ti comporti da ragazzina seria! – – Uffa che barba! Guarda, piuttosto che sentire questi discorsi, faccio colazione e vado a farmi un giro in bici! – Presi la bici e andai di corsa nel viale dove abitava il professore, non ricordo quante volte percorsi quella strada avanti ed indietro, ma finalmente ottenni quel che desideravo.
Lui uscì. Caspita era a torace nudo! Che bello! Stava seduto sul corrimano del davanzale, con la schiena poggiata al muro, intento a leggere un libro.
Solo avesse guardato verso il basso, mi avrebbe visto, io gli avrei sorriso, lui mi avrebbe salutato e certamente invitato di sopra.
Sogni, soltanto sogni, nella realtà, invece, uscì nel davanzale la ragazza della sera prima, una vestaglia corta molto trasparente, secondo me pure troppo trasparente. Gli si avvicinò, i due si baciarono, lui stava carezzandole il seno con una mano.
Stupida che sono! Presi la bici e corsi a casa. Ero furiosa e gelosa.
Furiosa con me stessa e le illusioni che m’ero fatta , ma anche gelosa di quella donna. certo che lui non doveva essere poi quel santarellino della sera prima da come smanettava su quella.. . su quella.. . troia! ! ! Si mi andava di dirlo e così sfogare la rabbia che avevo dentro.
Cosa aveva quella più di me? Forse era meglio evitare la risposta.. . tutto, era una donna ed io una ragazzina, poi era bella da morire, magari era pure intelligente e simpatica, certamente lei lo capiva, poi sapeva cucinare come nessuna altra.
Bhé adesso stavo esagerando dal lato opposto, qualche difetto l’avrà avuto pure lei! Passai la domenica a casa, neanche la telefonata di Arianna mi convinse ad uscire.
Drinn! Accidenti la sveglia! Era già lunedì, ci sarebbe voluta un’altra intera settimana per arrivare a sabato.
Nell’autobus i soliti brutti musi, il solito cazzo duro puntato contro il sedere di qualche deficiente che approfittava della calca, le solite mani morte.
Che vita noiosa, non vedevo l’ora di finire l’adolescenza.
Oggi prime due ore.. . matematica. Mi sentii il cuore battere forte in gola.
Come entrai in classe, mi misi bene in ordine, controllai il trucco, sollevai la gonna per scoprire il più possibile delle cosce, sbottonai la camicetta a rivelare l’attaccatura del seno e tolsi il reggiseno in modo da evidenziare i due rialzi dei capezzoli.
Adesso a noi due professore! – Buongiorno ragazze, allora qualcuna ha dei dubbi sugli argomenti esposti sabato scorso? – La mia mano si alzò per prima.
– Va bene signorina Di Benedetto, venga alla lavagna, faremo un esercizio insieme, così anche il resto della classe potrà capire. – Arianna mi guardava con due occhi sgranati, scandendomi con la bocca le parole: sei pazza.
In effetti ero oscena, mezzo sedere fuori della minigonna, le tette che mi ballavano ad ogni movimento, ero un po’ sull’eccessivo, ma come si dice: in guerra ed in amore tutto è concesso.
Il professore non era insensibile a tutto questo, s’era incespicato su una parentesi tettetonda ed un elevato al cul.. bo.
In classe s’erano sentiti chiari i risolini e il professore s’era avvicinando sussurrandomi all’orecchio: – Signorina Di Benedetto, non potrebbe coprirsi un po’ di più, sa sono fatto di carne.. . mica di legno. – A dire il vero, una parte sembrava essere diventata di legno. Doveva non indossare gli intimi oppure utilizzare i boxer, perché lo stato di erezione era molto evidente. Per fortuna sua solo io vedevo cosa stava sotto la cattedra.
Tornata al mio banco, trovai un biglietto, la calligrafia era di Arianna: – Che gran troia che sei.. . tu che hai visto, ce lo aveva duro? – Mi voltai e sorrisi maliziosa verso Arianna facendo di si con la testa. Lessi sulle sue labbra la parola: puttana. Le risposi: mai quanto te, che lo fai gratis, troia.
Andrea, si, adesso nei miei pensieri lo avrei chiamato così, per quanto tentasse di mantenere il controllo sul suo istinto, ormai passava lo sguardo dal mio interno coscia alla mia scollatura. Questo per tutta il tempo di lezione che rimaneva.
Furono per lui due ore di tormento e di estasi, in particolare quando.. . inavvedutamente, mi grattai il pube, con il risultato, sempre chiaramente involontario, di spostare le mutande, facendo fuoriuscire metà del mio sesso al di fuori. Al suono dell’intervallo Andrea fuggì dalla classe quasi fosse scoppiato un incendio, ma forse l’incendio lui ce lo aveva sul serio! Arianna mi si avvicino.
– Sei proprio una figura porca. Ma cosa stavi facendo lì davanti che grondava sudore dalla fronte! – – Niente gli ho mostrato semplicemente la fica, niente di particolare.. . – – Che gran troia, ma non dirai mica sul serio? – – Certo che dico e faccio sul serio! – Andai in corridoio, dove s’era cacciato? Eccolo, lo vidi fuoriuscire dal bagno dei professori, volto e capelli bagnati. S’era rinfrescato! Lo inseguii. Stava per salire sull’ascensore ed io mi infilai all’interno all’ultimo momento.
Come mi vide entrare, si sistemò il colletto, quasi avesse avuto la cravatta, era evidentissimo l’imbarazzo.
– Signorina lo sa che l’ascensore è riservato solo al personale docente. – – Professor Savelli non sia così drastico! – Mi voltai, la prof d’italiano, una volta tanto non era una spaccaballe.
– Grazie professoressa. – Non c’era molta calca, ma comunque mi spalmai addosso ad Andrea per fargli sentire il mio corpo. Lui mi stava palpando, ma non era una sensazione sgradevole, come poche ore prima in autobus.
Puntai verso la palestra decisa, lui stava invece andando nell’aula insegnanti, prima di girare l’angolo mi voltai.
Trovai ad aspettarmi il suo sguardo.
Aspettai venti minuti, ma lui non venne.
Mi sentivo incredibilmente frustrata.
Come ti eri eccitato all’inverosimile, mi avevi palpato e adesso non mi seguivi in palestra! Stavo per uscire, sguardo basso verso il pavimento, quando tump! Un torace, che sia lui? Alzai lo sguardo. Era quel porco del preside, quello si che ci provava con tutte noi.
Arianna mi aveva raccontato che, quando la Danielutti l’aveva mandata da lui con un nota d’espulsione, lui le aveva proposto di fargli un pompino in cambio dei tre giorni di espulsione. – Che porco e tu cosa gli hai risposto? – – Di si, a casa mia, se porto un’altra espulsione, mi ammazzano! ! – Abbassai lo sguardo per non incrociare quello del preside.
– Signorina cosa fa qui? La ricreazione è finita! Lo sa che potrei metterle una nota, a meno che.. – A meno che tu non mi metta qualcos’altro in qualche parte del mio corpo, vecchio porco? – C’erano tutti i bagni occupati e sono scesa per utilizzare questi, me la stavo facendo addosso, ho il permesso della professoressa. – In fantasia avrei di sicuro avuto dieci e lode! – Bene, brava, vada pure allora.. . – E non potette esimersi dal palparmi il sedere. Non un tocco leggero, ma la forza di dieci braccia: pastamatic! Vecchio, disgustoso e lurido porco, ma come sarà riuscita Arianna a prendertelo in bocca, sarà un cazzo vecchio e rugoso.
Immaginavo Arianna vestita da ninfa ed il preside, un vecchio e bavoso fauno che la inseguiva. No un vecchio e rugoso cazzo? Piuttosto.. .
ecco! Una nerchia enorme, disumana e nera. Ricoperta di peli e sporca di sperma.
Ecco, di nuovo le mie fantasie stavano portandomi altrove.
Era meglio prendere l’ascensore. Stavo entrando quando sentii la voce di Andrea.
– Signorina Di Benedetto, può venire un attimo qui in aula insegnanti.
– Forse stavo sognando. Mi diedi un pizzicotto. Accidenti che dolore! No, non era fantasia, era realtà, stava accadendo! – Signorina, io.. . ecco mi è un po’ difficile trovare le parole, ma lei.. . – Ti dai una mossa si o no! Uffa, mi son stufata, prendo io l’iniziativa! Gli afferrai il volto e posai delicatamente le mie labbra sulle sue.
– Ecco signorina è proprio questo che non va, lei non si rende conto che.. . – Tu non ti rendi conto che, posai nuovamente le mie labbra sulle sue e feci uscire la lingua. Trovai un’altra lingua ad aspettarmi.
– Aspetti un attimo signorina Di Benedetto! – Che palle con questa signorina Di Benedetto, ma che, mi chiami così anche adesso! Lo vidi dirigersi verso la porta, controllare fuori, quindi chiuderla a chiave.
Mi sollevò sul tavolo, quindi iniziò a baciarmi in bocca sul collo, poi a scendere verso l’insenatura del seno. Sbottonò gli ultimi tre bottoni facendo fuoriuscire le due sfere, avventandosi sulle mie tette, quasi non ne avesse mai viste altre prima.
– Sei vergine? – Figuriamoci! Ma risposi semplicemente – No. – Lo vidi aprirsi la patta dei pantaloni, mettersi precipitosamente un preservativo e rialzare lo sguardo verso di me.
– Marianna abbiamo solo venti minuti. – Mi aveva chiamato Marianna, finalmente mi aveva chiamato Marianna.
Non ero più la signorina Di Benedetto.
Rispetto a quanto visto due giorni prima, il ventre piatto e muscolato, dal pelo rasato, proseguiva ora verso il pube e lì cominciava ad inerpicarsi un sesso dalle dimensioni notevoli, non tanto per lunghezza, ma per larghezza.
Ebbi un attimo di paura al pensiero che quel coso, così grande, sarebbe entrato in me, ma poi la razionalità mi fece ricordare che, in quanto a dimensioni, avrei potuto accogliere anche cose ben più grosse.
Andrea era un amante eccezionale, forse per un’abilità sua o forse perché era il primo uomo nella mia vita, dopo tanti ragazzini, inesperti e bramosi di arrivare al dunque senza tutte quelle premure ed attenzioni verso ciò che avrei potuto e dovuto provare anch’io.
Quel giorno scoprii cos’era un orgasmo, in realtà fino a prima era solo eccitazione, stato d’ansia, ma mai un vero orgasmo.
Andrea ed io ormai da diversi mesi siamo amanti, all’esame di maturità non ho preso sessanta, ma con Andrea abbiamo fatto diversi sessantanove.. . FINE
