La riparazione

Scrash! Il sibilo della frenata e il botto dell’urto fecero un tutt’uno nella strada intasata di traffico. Io mi sentii rammollire le gambe.
Non per essermi infortunato fisicamente, ma piuttosto perché immaginai il danno subito dalla mia alfa145 nuova fiammante, appena uscita dal concessionario.
Mi accostai lungo il marciapiedi e uscii a controllare, adirato con chi m’era piombato addosso tamponandomi sul retro
Da una mercedes bianca vidi scendere una ragazzina.
Ridimensionai il mio impeto e sforzandomi di rimanere calmo le chiesi conto della sua manovra azzardata: mi spiegò farfugliando che andava di fretta, perché doveva riportare l’automobile a casa sua prima del rientro dei genitori.
Pretesi subito il disbrigo delle pratiche d’assicurazione, per farmi risarcire del danno, ad occhio e croce mezzo milione: sicuramente avrei dovuto sostituire l’intero paraurti posteriore; per la stronzetta spraticona, invece, neanche un graffio… Ilenia – questo il suo nome – mi confessò di non avere la patente e che perciò non avrebbe potuto fare niente in ordine all’assicurazione: aveva compiuto 18 anni da appena una settimana e non s’era ancora iscritta all’autoscuola; intanto però, in assenza del padre, prendeva la macchina della madre per andarsene in giro a cazzeggiare con le amiche.
Mi mise in mano la sua carta d’identità e il numero del suo cellulare, implorandomi di chiamarla più tardi senza contattare i suoi: mi avrebbe risarcito la spesa in contanti.
Quando la chiamai, mi fissò appuntamento per quella sera stessa in un bar del centro.
Mi fu facile riconoscerla: alta e snella, ma con un culetto disegnato da curve a mandolino e un seno troppo vistoso per la sua giovanissima età; il viso, incorniciato da un caschetto di capelli fulvi; gli occhi, poi, erano ancora pieni di paura per l’incidente.
Dichiarò impacciata di volermi risarcire, ma che non poteva farlo perché non aveva tutti i soldi necessari per la riparazione della mia automobile; quindi tante scuse e arrivederci.
La rabbia tornò a disegnarsi sul mio volto. Lei se ne accorse e mi propose un risarcimento in natura.
Non riuscivo a capire ancora a cosa alludesse e tornai a minacciarla di dire tutto al padre, per ottenere quanto mi spettava.
Ilenia fu allora più esplicita: si sarebbe lasciata scopare da me tutte le volte che avrei voluto e come avrei voluto.
La proposta mi sembrò così stramba che preferii andarmene all’improvviso, lasciandola nell’incertezza.
L’indomani raccontai tutto a Marco e a Stefano, due miei amici, quarantenni single come me, i quali, a mente più fredda della mia, mi convinsero della fortuna che m’era capitata tra le mani.
Avrei potuto fottermi la troia a mio piacimento per tutta la vita! Cominciai allora ad apprezzare la proposta di Ilenia.
La contattai e accettai il suo “risarcimento”: la puledrina, per inesperienza, si era legata con un impegno che, in realtà, era eccessivo rispetto al danno che doveva pur riparare.
La incontrai dopo una settimana: la feci salire sulla mia macchina e la portai a casa mia. Avevo una voglia matta di vendicarmi con lei: senza alcun preliminare cordiale la denudai integralmente (non c’era granché da toglierle, oltre la minigonna e la maglietta) e subito le indirizzai alle labbra il mio cazzo.
Volevo che si sentisse una bagascia.
Lei sapeva di dovermi soddisfare in tutto e remissivamente assecondò i miei desideri.
Cominciò a slapparmi l’asta e le palle, con una perizia che certamente non le proveniva dalla pratica ma dalla congenita troiaggine.
Sentii la minchia ingigantirsi lentamente dentro la sua bocca, mentre le guance le si rigonfiavano come quando ci si sta abbuffando.
Lei era come in trance: con le palpebre socchiuse si lasciava manipolare docilmente, senza protestare, limitandosi a mugolare e a sospirare, mentre le mie mani la palpavano freneticamente.
Ilenia si applicava devotamente al pompino, impegnandosi come se volesse succhiarmi l’anima.
Io, frattanto, esploravo eccitato le fessure più intime del suo corpo: la fica bagnata e contornata da una peluria rossiccia ben curata, potata come un’aiuola; l’ano stretto e però piacevolmente elastico, a giudicare da come accoglieva il mio medio prima e poi anche il pollice.
Pregustai la scopata che mi accingevo a fare.
La feci stendere sul divano, le alzai le gambe poggiando le sua caviglie sulle mie spalle, attorno al mio collo, e le affondai il cazzo nella fregna.
Fu allora che la troia iniziò a proferire con un filo di voce roca qualche monosillabo: sì, sì, dai, oh, oh.
La cavallina stava già godendo!
Questo mi infoiava, ma mi faceva anche arrabbiare: volevo farle pagare caro il paraurti!
La pompai con foga selvaggia, con l’intento di farle male; ma lei riusciva ad ammortizzare tutti i miei affondi.
Allora la feci girare e le puntai la cappella sullo sfintere: appena diedi il primo colpo la zoccola si rese conto di ciò che l’aspettava e mi supplicò di fare piano.
Avevo finalmente trovato la “via stretta” della vendetta: infierii non curante dei suoi lamenti, violandole il bel culetto da adolescente cresciutella.
La chiavai con estrema soddisfazione: vedevo entrare e uscire il mio bastone di carne da quel buco stretto che ogni volta si apriva e si chiudeva come una voragine.
Aveva il retto pulitissimo, e questo aumentò la mia soddisfazione.
Con le mani le tenevo afferrati i fianchi, costringendola a dimenarsi e ad adeguarsi al ritmo della chiavata.
Quando le tiravo i capelli, lei inarcava superbamente la lunga schiena contorcendosi per il dolore e voltandosi a guardarmi con uno sguardo carico di odio ma sottomesso: in quel caso esponeva a mezz’aria le grosse tette e le mie dita si affrettavano a strizzarle i capezzoli turgidi, mentre una smorfia di dolore frammisto all’eccitazione le trasfigurava il viso.
Poi tornai a scoparla nella fichetta ancora acerba: la feci mettere a cavalcioni su di me e le ordinai di cavalcarmi: lei si scatenò andando su giù lungo il mio cazzo, mentre affondava le unghie nei miei pettorali.
Percepii presto i suoi fremiti e sentii le sue cosce serrarsi nella morsa causata dall’orgasmo che le esplodeva dentro.
Anch’io non mi trattenni più e sborrai urlando animalescamente.
Sono già tre mesi che mi scopo la diciottenne rossa, che intanto s’è già regolarmente munita di patente di guida.
Ma rimane davvero una spericolata… ! FINE

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