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La scelta di Anna

Anna Laura quel giorno era incazzata, molto incazzata. Tutta la commissione d’esame l’aveva scrutata ben bene e a fondo. Avevano passato al setaccio ogni millimetro esposto della sua pelle, pure i consigli di Gianna doveva ascoltare “tirati un pochetto dai… male non fa di certo, vedrai… “. Pareva che a quel maledetto barone non fregasse proprio nulla di sentire se sapeva e che sapeva, gli bastava infilare gli occhi nella sua scollatura; quello stronzo l’aveva fregata per la seconda volta. Anna Laura non avrebbe mai nominato invano la parola del signore, ma in quel preciso istante si sentì vicinissima a farlo.

Cazzo, cazzo… non è giusto, ero pronta a qualsiasi domanda e lui mi frega su quella stronzata delle norme comunitarie. Così, per pura cattiveria. Maledetto barone di merda, vecchio porco. Beh, il professor Carlo Mazzarighi tanto vecchio poi non era ancora, avrà avuto una cinquantina d’anni, forse qualcuno in meno. Niente a confronto di certe salme che circolavano per l’università; chissà grazie a quale miracolo poi, chissà che cosa le tiene insieme. Mi sa tanto che qualcuna di queste la mettono sopra ad un carrello e la trascinano fra i viali, mezza nascosta da cespugli, al solo scopo di ingannare la gente e beccarsi lo stipendio della mummia. Suo malgrado sorrise al pensiero, nonostante la rabbia. Il suo naturale buonumore tentava di stemperare l’ingiustizia subita, ma invano.

La ragazza prima di lei però non aveva subito il suo stesso trattamento. Beh, l’avrebbe appellata in altro modo se per quello; le domande fatte a lei erano leggermente diverse, meno tendenziose forse. Il viso del professore era più disteso, perchè mai?

Strane voci circolavano per l’ateneo e lei si sentiva disposta a dar loro credito in quel momento: storie di miracolate che passavano esami senza quasi studiare. Mai avrebbe fatto cose del genere lei… che si azzardassero a proporglielo e vedremo.

Non voglio prendere subito il treno, devo svagarmi un poco. Un’ora e mezza di treno ti fa pensare troppo e tornerei sicuramente su questo stramaledetto argomento. Possibile che non ci sia un modo per passare Diritto internazionale?

Il piccolo baretto era pieno di gente con zaini colmi di libri, molti fumavano e l’aria del locale era pesta, quasi irrespirabile. Anna Laura faticò un po’ ad acclimatarsi in quell’ambiente fumoso. C’era Matteo laggiù in fondo. Attraversò la saletta facendo attenzione agli innumerevoli ingombri a terra, borse e zaini sparpagliati dappertutto, e si sedette senza salutare.

– andata malaccio a quanto vedo. Ti è arrivato qualcosa da dietro Anna? Su dai non farne un dramma, ricordati di De Filippo: gli esami non finiscono mai. – glielo disse sorridendo nel tentativo di rasserenarla un poco.

– non mi frega proprio niente di De Filippo – sbottò lei – e poi mi sono rotta, sapevo i libri a memoria e mi ha fregato lo stesso, mi ha voluto fregare. L’ha fatto apposta ne sono sicura, cosa dovevo fare di più –

Matteo sorrise divertito, mentre la guardava; sembrava stesse per aggiungere qualcosa ma la sua attenzione venne distratta dalla porta del bar che si apriva in quel momento.

– Toh, guarda chi è entrata ora, fiuuu, ragà… oggi è meglio del solito la nostra Elena, guarda un po’ com’è tirata… chissà che esame aveva da fare oggi, che pezzo… –

Anna girò la testa verso l’entrata e dovette ammettere che quella Elena, aveva il corpo giusto per portare quei vestitini inguainanti: due gambe magre e lunghe, un culo giusto e proporzionato. E poi quel vedo non vedo era micidiale pensava Anna Laura osservandola. Un po’ di fastidio quelle tipe lì glielo davano però. E non certo per invidia questo; lei con i suoi 173 centimetri, i suoi capelli lunghi e lisci e il suo fisichetto asciutto e atletico le avrebbe dato la polvere, questo è sicuro. Solo che a lei non interessava che il mondo se ne stesse lì a rimirarla. Voglio essere bella solo per chi voglio io… non come quella troia.

Matteo rise rumorosamente e di gusto. Non si era accorta che quell’ultima frase s’era tramutata in parola da pensiero qual era stato in origine. Un sorriso imbarazzatissimo apparve fra due guance rosso fuoco mentre guardava il viso quasi ghignante di Matteo. Cacchio ma quel giorno non gliene andava bene una? Pure la figura della zitella inacidita doveva fare.

– Beh, può fare quello che vuole per me… io dicevo solo che… –

– Non preoccuparti Anna, lascia perdere, sei stata chiarissima… quasi lapidaria direi. L’invidia t’è uscita di botto. Capita sai; a volte la lingua trova il modo di uscirsene fuori e non si ferma di fronte a nulla e poi tu sei meravigliosa i questo senso-

Voleva rispondergli a tono ed iniziare una di quelle furibonde liti da amici che ogni tanto faceva con Matteo ma capì che aveva già perso la schermaglia, la stava prendendo bellamente in giro e se si fosse inalberata gli avrebbe dato ancor più soddisfazione.

– Perchè non chiedi a lei come si fa a passare diritto internazionale? – aggiunse con fare sornione Matteo – Nell’ultima sessione d’esame è uscita con un bel 30.

– Che vuoi dire –

– Io? Io non dico nulla ma nemmeno sto zitto- continuava a divertirsi in quella situazione evidentemente – Le donne hanno, purtroppo per noi maschietti impauriti, un arma in più, lei la usa al meglio ed io non posso che inchinarmi alla sua bravura e alla sua coerenza. –

Nel dirle questo a bassa voce Matteo alzò il braccio chiamando Elena che rispose con un sorriso e si diresse verso di loro. Notò il disappunto di Anna mentre la invitava a sedersi con loro e intimamente ne sorrise. Poi saluto le ragazze con la scusa di dover cercare un professore per la tesi che andava preparando.

Ora Anna si trovava con questa Elena che conosceva appena e non sapeva come districarsi in quella conversazione e cosi accenno al suo esame chiedendole consigli.

– Beh… a volte è necessario agire trasversalmente sai? Vai a parlare con Mazzapicchi, è una persona molto accomodante se lo sai pigliare per il verso giusto. Sicuramente non sarà sordo alle tue richieste d’aiuto. – concluse sorridendo.

Anna Laura passeggiava per la facoltà , era molto più calma ora, Matteo riusciva sempre a rasserenarla in qualche modo anche se era un po’ troppo imprevedibile nei suoi comportamenti. Aveva un buon feeling con lui, molto meglio di quello che aveva mai avuto con molte sue amiche. Lo conosceva da almeno tre anni e avevano studiato insieme per un paio d’esami. L’aveva pure convinta ad inserire nel suo piano di studi “Filosofia del diritto” ed all’epoca l’aveva seguito senza capire la sua insistenza. Solo quando ci provò seriamente con lei ne capi il motivo, Matteo la voleva, era partito di brutto. Pur rimanendone molto lusingata Anna, mai e poi mai avrebbe lasciato il suo uomo di sempre. An – to -ne – llo – lo chiamava Matteo, scandendo le sillabe, “non potrei chiamare mio figlio con un nome del genere, piuttosto lo chiamo Pancrazio oppure Sigismondo che è pure carino”. Si erano evitati per un po’ ma alla fine lui si era rifatto timidamente vedere. Questo a lei andava bene e non erano più ritornati sulle vicende passate sicché Anna Laura aveva abbandonato ogni timore per un eventuale riaccendersi di incendi, anche se in cuor suo sapeva che forse egli non aveva ancora ben digerito la cosa.

Presa da questi pensieri che si intersecavano col suo ultimo problema scolastico camminava senza rendersi conto per i corridoi della facoltà, il treno delle sette era ancora lontano nel tempo. “Professore ordinario di diritto Carlo Mazzarighi”. La scritta sulla targhetta svettava lucida ed Anna Laura ebbe come un soprassalto; com’era finita li davanti?

Se ne stette sulla soglia indecisa. Voleva voltarsi ed andarsene ma esitava, non aveva certo deciso di andare a parlare al professore seguendo i consigli di Elena ma per qualche strano motivo si era trovata davanti a quella porta.

Le tornò alla mente la battutaccia di Matteo: “Le donne hanno purtroppo un arma in più rispetto a noi maschietti, lei la usa al meglio di molte altre. ”

Già ma mica si chiamava Elena lei, lei sapeva di valere e non aveva bisogno di simili mezzucci, avrebbe rifatto l’esame e lo avrebbe passato. Già! Studiando tutta l’estate dopo che era stata ingiustamente bocciata, con Anto che se ne andava via i quindici giorni d’agosto e lei a studiare in un bagno di sudore e magari con le mezze frasi di papà avvocato a punzecchiarla.

Sarebbe entrata a chiedere spiegazioni. Ne aveva tutto il diritto no, l’avrebbe inchiodato e costretto a rifarle fare l’esame. Curiosamente le torno in mente una battuta di Matteo, una cosa tra il detto popolare e la battuta sagace: ” se i te ciava a machina te te incorsi de sicuro, ma se invesse i te ciava a mujer, no. Cossa xe mejo? “. Le spiego che nel suo dialetto “ciavar” voleva dire sia scopare che rubare. Suo malgrado aveva dovuto dargli ragione, era meglio la seconda ipotesi.

Ora che stava seduta in quel piccolo buggigattolo che fungeva da anticamera, le gambe le erano diventate un po’ molli e le mani si cercavano giocherellando fra loro nel tentativo di far calare il nervosismo. Che gli avrebbe detto?

Un’altra ragazza aspettava prima di lei e questo la rincuorava non poco; avrebbe potuto vedere il professore mentre la porta si apriva e decidere se era il caso di tentare l’impresa o se non fosse un’idea migliore quella di abbandonare il campo ignominiosamente. D’un tratto la porta s’aprì ma la moretta seduta prima di lei, invece d’entrare segui la bionda amica che usciva dallo studio del professore. Una specie di panico la prese e la blocco sulla sedia mentre il professor veniva alla porta e la invitava ad entrare. Segui l’uomo nel suo studio cercano di riordinare l’attacco.

– Signorina… Bernini vero? Lei ha fatto un ottimo esame stamane. –

ma… ma, che stava dicendo quel pezzo di merda? Se l’aveva fregata. Quell’uscita l’aveva spiazzata in partenza.

– Perchè? – riuscì a chiedere lei

– Perchè non ha passato l’esame? Vede signorina Bernini, lei avrebbe pure potuto farcela sa. Il fatto è che eravate in molti questa mattina ed io sono costretto a ridurre, forse artificiosamente e a mio insindacabile giudizio, il numero di chi passa le prove orali. Questo si rende necessario allo scopo di mantenere il buon nome della nostra facolta.

Aveva forse sbagliato pianeta? Si sentiva un po’ confusa. Questo stronzo le stava proprio dicendo che aveva titolo per essere promossa ma che, visto che visto l’alto numero degli studenti qualcuno doveva rifare l’esame ed era toccato a lei. Questo per il buon nome della facoltà s’intende. Pazzesco!

– Magari questo non le parrà giusto, ma come lei saprà senz’altro, la giustizia ha strane regole.

Anna Laura era esterrefatta per quella candida affermazione del professore ma ancor più lo fu per i sottintesi della frase successiva.

– Anche la splendida biondina che ha visto uscire poc’anzi ha avuto alcuni problemi simili ai suoi; le ho spiegato la cosa e lei ha afferrato al volo la situazione rendendosi subito molto disponibile. A tutto c’è un rimedio signorina, quella ragazza ha deciso di collaborare pienamente con me affinché io la aiuti a prepararsi alla prossima prova. Avrà modo di fare delle prove… ehm… orali, privatamente, a casa mia. In questo modo… sono sicuro che ella non avrà problemi per la prossima sessione d’esame.

Aveva accompagnato le parole con un sorriso untuoso ed era arrivato a calcare il tono sulla parola “orali”, come se non avesse capito a cosa stava alludendo. Voleva che glielo succhiasse? Ma non ci sono problemi professore, sbottoni la patta che glielo stronco con un morso. Anna Laura si senti avvampare ma si morse la lingua, la rabbia si stava miscelando con l’opportunismo in un mortale abbraccio.

– come potrei fare? – si sorprese a chiedere.

Collabori con me attivamente – le disse il professore – lei è molto bella, e sono sicuro anche molto intelligente. Sono certo che imparerà’ prestissimo.

Usci dalla stanza in uno stato confusionale: ma dove cazzo erano finiti tutti quei sani principi che l’avevano sempre ispirata? Tutto quello che aveva imparato in parrocchia? Aveva accettato l’invito di passare a casa di quel porco subito dopo cena per la lezione “orale”. Aveva pure sorriso mentre gli diceva: – verrò senz’altro professore, ci conti – che razza di troia che sei, si disse, io vado a casa invece, il treno parte fra venti minuti. Poi telefonò ad Antonello ” questa settimana resto qui per preparare un esame amore, ti chiamo io domani sera”, e sua madre. Beh… speriamo voglia farmi solo l’esame orale almeno.

– sciolga i capelli la prego- Anna lo fece, si diede intimamente della puttana ma si sciolse i capelli riuscendo persino a sorridere. Era arrivata da meno di dieci minuti, nemmeno il tempo di finire la bibita che le aveva offerto. Lentamente, sotto alla scrivania del suo studio, il professore stava armeggiando con la cintura dei pantaloni.

Si metta al centro della stanza, Anna, e si spogli lentamente la prego.

Anna eseguì, incredula del suo stesso comportamento. Perché lo stava assecondando in quel modo? Avrebbe almeno potuto rendergli le cose difficili, avrebbe potuto farlo sudare un po’, mostrare più ritrosia nell’eseguire i suoi ordini.

Il professore era visibilmente accaldato, aveva allentato la cravatta, la giacca scusa era scomposta e gli occhi parevano schizzargli fuori dalle orbite. Anna era arrivata all’ultimo bottone della camicetta e il reggiseno bianco era ormai ben esposto, sembrava risaltare alla luce della lampada alogena puntata contro di lei. Il professore aveva preparato il set, non c’è che dire: un tappeto grande sopra cui stava un divanetto, un tavolino lucido e due poltrone.

– brava, continui così, ora la gonna, ma lentamente la prego, piano – stava quasi sussurrando – si metta sul divano e mi faccia vedere il suo giovane fiore… lo tocchi, mi dica cosa sente –

Cazzo, pure parlare le toccava, che gli doveva dire a questo pervertito? Meno male che non mi ha ancora messo le mani addosso. Suo malgrado si stava eccitando, era una cosa stranissima: l’imbarazzo che si tramuta in eccitazione. Il viso del professore era nascosto dalla luce, riusciva ad intravedere appena le forme, notava piccoli movimenti ma gli era impossibile vedere altro, la luce dell’alogena le faceva male agli occhi e li abbasso sul suo sesso aperto. Inizio a toccarsi seguendo gli ordini sussurrati, non dovette nemmeno fingere il tremito nella voce, era sempre più eccitata e le parve di essere una di quelle pornostar che fanno gli spettacolini nei privè.

– infili tre dita Anna – iniziò a gemere Anna Laura, muovendo la mano lentamente, raccontando le sue sensazioni al buio. Allargò ancor più le gambe inclinando all’indietro il busto. Con l’altra mano strizzava i capezzoli inturgiditi e gemeva accompagnata da suoni rochi oltre la luce.

Perse la sensazione del tempo, quasi non ricordava dove stesse ne perchè avesse iniziato a masturbarsi, ma non era importante ormai, era preda dell’orgasmo. Venne in un eterno attimo pulsante, abbandonandosi nuda e prostrata su quel divano sconosciuto. La mano ancora appoggiata sul suo sesso pulsante e denso d’umori.

Aveva gli occhi chiusi e non voleva riaprirli, almeno non subito. Una mano le accarezzo i lunghi capelli neri facendola sobbalzare – non si muova Anna, stia ferma e non apra gli occhi – Obbedì.

Una mano correva sul suo corpo strappandole piccoli brividi, due dita entravano ed uscivano da lei. Gemette a quel ruvido contatto, e si mosse. I suoi seni riempirono le mani del professore e sentì l’alito di lui lievemente alcolico a pochi centimetri dalla faccia. Anche ad occhi chiusi percepiva le forme vicinissime dell’uomo; il silenzio intorno a loro era totale.

Qualcosa di umido tocco le sue labbra ed Anna Laura sorrise, era arrivato il momento dell’orale. Aprì la bocca ingoiando quell’uccello teso ed iniziò a succhiare cercando di sollevare un po’ la testa. Il ritmo del respiro del professore aumento immediatamente facendosi irregolare. Anna sentiva l’asta entrare ed uscire dalla sua bocca, sentiva quei movimenti scomposti, sentiva il sangue premere attraverso la sottile pelle del pene. Dimenticò ancora una volta la situazione tuffandosi nel mare delle sensazioni che provava.

Un grido d’estasi fu contemporaneo al fiotto di sperma che la invase. Tento di liberarsene in qualche modo. – Ingoialo – fu l’ordine del professore – tutto.

– Ha fatto un esame meraviglioso signorina, un trenta non glielo leverà nessuno.

Non era ancora mezzanotte ed Anna Laura quella sera doveva pensare. Il venticello estivo le dava un piacere insolito. – beh troia, il tuo trenta c’è l’avrai a quanto pare, se quel figlio di puttana non fa scherzi – si disse – Si troia, è allora? La gente cambia no, ed io forse non posso? Ma che vuol dire troia in fondo. Ha ragione Matteo, non se ne accorge nessuno se ti fottono la moglie e non sono certo la prima che l’ha capito.

In fondo la situazione l’aveva pure divertita ed eccitata. Perchè una non può godere del suo corpo? Perchè bisogna sempre agire nella morale? Che cazzo è questa morale che indica nell’uso del corpo la rovina del mondo. Era stata intrisa in quella morale per ventidue anni. Ora basta però. Che l’aspettassero pure la settimana successiva e anche quella dopo, voleva pensare, trovare la giusta misura fra le esigenze del corpo e quelle della mente. Ma soprattutto quella sera voleva di più.

Andò la dove si aspettava di trovarlo, gli fece un cenno e lo chiamo dalla vetrina del locale.

– Matteo… ti piacciono le ragazze un po’ troie? –

– Beh – rispose lui interrogativamente – solo se sono oneste –

Anna Laura ripose gli occhi in quelli di lui, si avvicinò lentamente e si getto sulla sua bocca.

Matteo non capiva – chi sei? Un clone di Anna? E domani cosa facciamo?

– l’ha già detto qualcun altro un po’ di tempo fa, ma domani… domani è un altro giorno Matteo. FINE

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