Lizzy (5 di 7)

Il giorno dopo era domenica. Lizzy si svegliò alle dieci con le membra doloranti. Era rimasta tutta la notte allacciata lui nel minuscolo spazio del lettino ad una piazza. Si alzò piano, stando attenta a non svegliare Sean che dormiva profondamente. Lui si mosse appena, aprì un occhio, o richiuse, e si girò dall’altra parte.
Andò in bagno, si fece una doccia ed infilò l’accappatoio. Quindi tornò in camera. Sean dormiva ancora. No voleva fare colazione da sola, pertanto si acciambellò sul divano del soggiorno con un libro. A mezzogiorno aveva un mal di testa feroce ed una fame nera.
Tornò in camera con l’intento di svegliarlo. Gli diede un bacio sulla fronte e scostò le lenzuola. Lui non diede segni di vita . Lo scrollò e Sean si girò un poco verso di lei continuando a dormire. Era nudo. Il pene rilassato curvava a sinistra, verso la coscia. Una goccia di sperma cristallizzata faceva da contrappunto al neo, appena un po’ più giù del glande. Lizzy si sentì umida.
Gli toccò le cosce muscolose, i fianchi magri, indugiò un attimo, e sfiorò il pene con le dita.
– Buongiorno – disse Sean.
– Ciao – rispose lei, ritirando la mano.
– Perché non continui? E’ un bel modo di cominciare la giornata.
In quel momento squillò il telefono. Era una collega che le chiedeva se era disponibile a tenere dei corsi di recupero.
Lizzy la liquidò dicendo che ci avrebbe pensato e andò in cucina dove Sean stava facendo il caffè. Nella mezz’ora che seguì ricevette altre tre telefonate. Dopo la quarta Sean si spazientì e staccò la suoneria.
– Ecco fatto – disse. – Adesso nessuno c romperà più le palle.
Le andò vicino, le aprì l’accappatoio e l’afferrò per la vita.
– Voglio averti tutta per me – sussurrò, cominciando ad accarezzarla.
– E’ solo mezzogiorno, abbiamo tutto il tempo. Prima devo preparare il pranzo.
Sean la guardò divertito dicendo che il pranzo poteva aspettare. Poi le chiese se aveva già fatto il bagno, Lizzy disse di sì, ma lui a trascinò ugualmente verso la stanza da bagno, riempì la vasca, e la fece entrare. La insaponò piano piano, passando la spugna sui seni, sulla schiena, sulle cosce, sui glutei. Poi entrò a sua volta e continuò a lavarla lentamente, con movimenti rotatori. Strusciò ogni centimetro del suo corpo con la spugna morbida, e quando le aprì le gambe lei era tutta eccitata, il corpo teso nell’attesa. Sean strofinò piano la clitoride facendola fremere, poi le mise in mano la spugna e la invitò a fare altrettanto. Lizzy obbedì, ma quando fu alle prese con il pene si fermò. Era troppo tempo che non faceva simili giochetti, e temeva di essere goffa.
– Tira giù la pelle e lavalo – fece lui.
Lizzy eseguì, insaponando il pene con la spugna piena di schiuma.
– Sembra un cannolo con la panna – osservò Sean. – Ti piace la panna? – chiese, dirigendo la testa di lei sul suo pene.
Lizzy leccò esitante, ed il bagnoschiuma scivolò subito via scoprendo il glande roseo.
– Prendilo in bocca.
Sean era steso molto comodamente, la schiena appoggiata alle pareti, e le braccia conserte dietro alla testa. Lei era accucciata nella vasca: i piedi sotto ai glutei ed i seni a pelo d’acqua, come de grandi palloni galleggianti. Aprì la bocca e vi accolse il pene turgido dal sapore di Pino Silvestre.
– Dai, succhia – fece lui, tenendole ferma la testa.
Lizzy succhiò, con gli occhi fissi sul neo che sembrava spostarsi su e giù, mentre lei gemeva come un cucciolo affamato. Voleva farlo felice, voleva saziarlo e saziarsi del suo godimento. Ad un certo punto il corpo di lui si tese come una corda. Lizzy fece scendere la pelle fino ai testicoli e prese a leccare il glande che sembrava sul punto di scoppiare. Sean sussultò ed ansimò. Allora lei afferrò nuovamente il pene con le labbra, riprendendo il ritmo interrotto. Nel momento in cui il fiotto le riempì la bocca, lo inghiottì come fosse nettare. Poi leccò via ogni goccia di quel miele dal sapore agrodolce mentre Sean le infilava le dita fra i capelli.
Uscirono dalla vasca gocciolanti e lui le si avventò addosso succhiandole i seni e palpandole la vagina con frenesia. La fece stendere per terra, sul marmo nudo, le allargò le gambe, e passò la lingua esperta all’interno delle cosce, sul pelo pubico, e sulle grandi labbra. Sfiorò appena il grilletto con la punta della lingua, facendolo vibrare. Poi lo lasciò e ripeté il movimento. Lo rifece una, due, tre volte, staccandosi quando sentiva la tensione di lei arrivare al massimo. Lizzy ansimava e si contorceva.
– Cerca di resistere – sussurrò lui. – Il piacere sarà più intenso.
Lei vide i suoi occhi scintillare come due zaffiri.
– Ti prego – implorò.
– Dimmi cosa vuoi – mormorò Sean, avvicinando il viso al suo.
– Voglio che tu mi prenda.
Ora gli occhi di Sean sprizzavano divertimento.
– Uhmmm. Non ho capito bene cosa intendi. Devi spiegarti meglio.
Lizzy, malgrado a lussuria crescente, si sentiva a disagio. Non era abituata a pronunciare certe parole, se non in casi eccezionali, e non le piaceva l’uso indiscriminato che i giovani, sua figlia compresa, ne facevano.
– Allora? – insisté Sean
Lizzy ormai lo conosceva abbastanza per capire che lui non aveva alcuna intenzione di mollare. Era un monello: dispettoso, cocciuto, e testardo.
– Fottimi – farfugliò.
– Come hai detto? – chiese lui. – Non ho sentito bene.
– Fottimi – disse Lizzy, più forte.
– Vuoi forse dire che vorresti il mio grosso e magnifico cazzo dentro di te?
Lizzy annuì sentendosi liquida. Sean la baciò piano, solleticando la clitoride con dita leggere. Poi accostò il pene al sesso di lei, lo strusciò contro la protuberanza e mormorò:
– Voglio sentirtelo dire.
Lei iniziò la frase. Quando pronunciò le parole "grosso e magnifico cazzo" si sentì

penetrare da una sorta di palo d’acciaio. Le mancò un attimo il fiato ed aprì la bocca per lo stupore. Fino a quel momento non si era resa conto del potenziale fisico che c’era in lui.
Sean si avventò su di lei come un ariete infuriato, e Lizzy accolse con tutta se stessa quel ragazzo forte come un uomo, capace di passare da un’erezione all’altra con estrema rapidità.
Sollevò le gambe e le allacciò attorno ai fianchi di lui, mentre con le mani tastava i suoi muscoli tesi e guizzanti. Gli toccò i glutei contratti, quindi gli accarezzò lievemente la spina dorsale, infilando le dita nelle sue terga. Lui fu colto da un fremito che gli attraversò il corpo e confluì nei lombi formando un nocciolo duro, sul punto di esplodere.
Ma non accadde nulla. Lizzy si accorse che Sean tentava di ritardare l’esplosione. Aveva un’espressione contratta, e stava rallentando il ritmo. Continuò a stuzzicarlo, premendogli le dita fra le natiche e sfiorando delicatamente i testicoli. Il corpo di lui era ormai percorso da brividi. Sudava freddo, ma si opponeva con tutte le forze al calore sublime che lei gli offriva. Anche Lizzy si sentiva estremamente vicina al punto di non ritorno: le vibrazioni di lui torturavano i suoi nervi tesi allo spasimo, ed il desiderio di lasciarsi andare si stava facendo sempre più irresistibile.
Ormai stavano combattendo una battaglia all’ultimo sangue, da cui uno solo sarebbe uscito vincitore. I corpi elettrizzati, umidi d’acqua e di sudore, lottarono, sussultarono, tremarono, e fu solo per una frazione di secondo che Lizzy realizzò il proprio trionfo. Ne seguì una reazione a catena, e a quel punto, poco importava chi aveva innescato la miccia.

I giorni successivi furono un’interminabile orgia d’amore, interrotta solo nei brevi momenti in cui Lizzy usciva a fare la spesa o cucinava qualcosa da mangiare.
Sean l’aiutava, apparecchiando il tavolo, lavando i piatti, rifacendo i letti. Per il resto del tempo si occupava strettamente di lei, come un angelo custode dalle molteplici funzioni.
La pettinava, la lavava, la truccava: giocava con tutte le sue fantasie di ragazzo.
Fecero l’amore sul tavolo della cucina, sul terrazzo, ed in ogni angolo della casa. Una sera che erano già andati a letto, Sean la costrinse ad alzarsi e le disse di vestirsi.
Lizzy iniziò ad infilare le mutandine, ma lui gliele strappò di mano e le porse un abitino di cotone che aveva prelevato dall’armadio. Era un prendisole che si abbottonava sul davanti.
L’aiutò a chiudere solo alcuni bottoni, e senza lasciarle il tempo di replicare, la trascinò verso la porta.
– Non posso uscire in piena notte con indosso questo straccetto – si lamentò lei.
– Non preoccuparti, tanto non andiamo lontano.
Una volta usciti sul pianerottolo, Sean chiamò l’ascensore e ve la spinse dentro. Schiacciò il pulsante e la cabina iniziò a muoversi lentamente. Poi pigiò il dito sul bottone dell’alt, bloccandola, fra un piano e l’altro.
– Sei impazzito? – fece lei.
Sean la sospinse contro la parete e le sollevò il vestito stretto e corto, aperto sul davanti. Tirò giù la lampo dei jeans, la prese per i glutei e la sollevò, infilando l’uccello eretto fra le sue morbide carni. Lei lo cinse con le gambe, ed i pochi bottoni che tenevano assieme i due lembi di stoffa saltarono, rotolando per terra con un rumore che riecheggiò nel silenzio assoluto del palazzo. Lizzy li guardò correre e fermarsi ai lati, fra il pavimento e la parete, ed ebbe l’impulso di staccarsi da Sean per andarli a raccogliere. Ma lui le afferrò i seni e prese a muoversi dentro di lei, dapprima piano, poi sempre più forte.
L’ascensore, un modello vecchio tipo, scorreva nella tromba delle scale ed aveva una porta a vetri. Malgrado fosse bloccato, la luce interna era rimasta accesa, illuminando impietosamente l’abitacolo ed i suoi occupanti. Chiunque avesse salito o disceso le scale, avrebbe potuto vedere ciò che stava accadendo dentro. Lizzy, terrorizzata da quell’eventualità, pensò che per togliersi da quell’impiccio, doveva fare in modo da concludere la faccenda il più presto possibile.
Si aggrappò a lui ed assecondò i suoi urti, stringendo, ad ogni assalto, i muscoli della vagina. L’ascensore iniziò ad ondeggiare e le corde cigolarono. Lizzy pensò che avrebbero anche potuto schiantarsi al suolo, e le preoccupazioni di poco prima svanirono. Tutto sommato non le sarebbe dispiaciuto morire così, infilzata per sempre da quel magnifico cazzo. Intanto i coli si stavano facendo sempre più martellanti e lui sembrava allo stremo.
Quando Lizzy capì che era arrivato il momento, come una pianta carnivora divorò la sua preda bagnandola con la sua linfa. Immediatamente sentì i suoi umori fondersi con il fiotto bollente di lui, e dopo un po’ Sean scivolò fuori da lei. Un rivolo di sperma le colò lungo le cosce, e lei strinse le gambe nel tentativo di fermarlo.
Sean però era già inginocchiato davanti a lei e stava bevendo quanto restava del suo succo.
Lizzy allargò le gambe e lasciò che lui si dissetasse, mentre il rivolo continuava a scendere. La testa appoggiata alla parete, il corpo nudo che emergeva dal vestito come un frutto sbucciato a metà, la testa di lui fra le cosce, piegò leggermente le gambe fino a quando tutti i suoi muscoli cominciarono a vibrare.
Improvvisamente le scale si illuminarono, ed una voce, proveniente dal piano di sotto, urlò qualcosa che Lizzy non comprese. Rimase per un attimo immobile, non sapendo che fare. Sean, con tempismo eccezionale, schiacciò il bottone e l’ascensore iniziò

a salire. Uscirono sul pianerottolo dell’ultimo piano a passi felpati. Lei tentava invano di chiudersi il vestito e Sean armeggiava con la chiusura lampo dei jeans. Attesero che l’inquilino impaziente richiamasse l’ascensore, e quando il palazzo ripiombò nel silenzio, discesero silenziosamente le scale.
Entrarono in casa ridendo come de ragazzi di ritorno da un gioco molto divertente. Un gioco che sembrava non dover finire mai, perché il giorno scivolava nella notte e cambiava solo lo scenario. Lizzy si trovò proiettata in un mondo parallelo al suo, dove il tempo era un curioso susseguirsi di attimi brevi ed intensi o di momenti dilatati all’infinito, e persino gli ambienti di casa sua sembravano diversi. Forse nel vecchio appartamento, triste e vuoto, abitava ancora Elisabetta che si vergognava delle sue tette ed aveva paura del proprio corpo.
Lizzy, invece, era orgogliosa dei propri seni perché Sean li amava e giocava con loro con una sorta di infantile innocenza.
Un giorno arrivò a casa tutto euforico, con una busta sottobraccio. Tirò fuori due cache sex da mare ed un bustino rosso vivo. Era uno di quei bustini con giarrettiere e reggiseno incorporati. Lui volle che lo indossasse subito, e Lizzy armeggiò per un bel pezzo prima di rendersi conto che il reggiseno era fatto apposta per scoprire ed esaltare anziché coprire e reprimere. L’effetto era notevole. Le sue carni bianche, appena circondate dal pizzo rosso del busto, si ergevano rigogliose come colline di neve in mezzo ad un incendio. Il pelo ramato, più scuro del pizzo, sembrava la pennellata di un pittore impressionista.
Si infilò le calze, appoggiando una gamba sul letto, con movimenti lenti e studiati, tenendo d’occhio Sean il cui sguardo si faceva sempre più febbrile. Quando ebbe finito, lui le andò vicino, e come un abile prestigiatore fece saltare fuori un rossetto cremisi. Le dipinse prima le labbra, poi allungò la mano verso i capezzoli.
– Cosa fai? – chiese Lizzy.
– Voglio dipingere i capezzoli – rispose lui, cominciando a passare il rossetto.
Soddisfatto ammirò poi la sua opera: sembravano il cratere di un vulcano in eruzione. Tutto quel rosso lo eccitava, come un toro davanti al sangue. La rovesciò bocconi sul letto, le alzò il bacino, e la penetrò furiosamente. Lizzy, che non si aspettava un assalto di quel genere, si aggrappò alla testiera del letto di ottone e chiuse gli occhi.
Sean ritirò il pene dalla vagina e lo strusciò sull’ano ben esposto. Lei si girò e lo fissò. Lui sorrise come un bambino colto con le mani nella marmellata.
Lizzy sentì i suoi orifizi pulsare in un unico battito.
– Coraggio, Sean, fallo – mormorò.
E lui lo fece. Dapprima piano, per aprirsi un varco, poi sempre più forte, fino a che il cerchio che gli impediva di passare si allentò. Lizzy urlò e lui si sentì avvolto in una spirale di fuoco che partiva dai lombi e gli si avvitava attorno al pene. Quando la pressione si fece insopportabile, dirotto il membro nella vagina, procurando ad entrambi un attimo di sollievo.
La sfida al piacere estremo fu però più forte di ogni dolore. Allora ricomincio daccapo: un colpo nell’ano, un colpo nella vagina, in un’alternanza perfetta di piacere e dolore. Lizzy gemeva e si contorceva, tanto che lui non riusciva più a seguire il ritmo del suo desiderio.
Ogniqualvolta introduceva la verga dolorante nella vagina, la sentiva più bollente, e la voglia di riempirla con il proprio seme si faceva urgente. Ma resisteva. Voleva dimostrarle di essere il più forte, di essere un uomo capace di soddisfare la propria donna. Ritirò il pene dal rifugio caldo ed accogliente e lo infilò nel pertugio stretto e impervio, aggrappandosi ai seni di lei. Capì immediatamente che non ce l’avrebbe fatta a trattenersi un secondo di più.
Venne tumultuosamente, in preda ad una convulsione, mentre l’ano si stringeva intorno a lui come una morsa. Poi si abbandonò, esausto, sopra il corpo morbido e caldo di Lizzy con il viso nei sui capelli ed il pene ancora prigioniero delle sue terga. FINE

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