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Lizzy (6 di 7)

Il suono acuto del campanello svegliò Lizzy da un sonno profondo. Guardò l’orologio e realizzo con stupore che erano le nove di mattina. Ricordava gli avvenimenti della sera prima con chiarezza, ma non riusciva a capire com’erano scivolati dall’amore al sonno, senza aver cenato. Si infilò l’accappatoio sopra il bustino ed andò ad aprire. Era il postino che gli consegnava un telegramma. Chi mai poteva mandarle un telegramma? Il cuore accelerò i battiti, ed il suo pensiero corse immediatamente alla figlia. Stracciò la busta con dita nervose e lesse il contenuto.
"Mamma, cos’è accaduto al tuo telefono? Sono cinque giorni che tento invano di telefonarti. Sono preoccupata. Chiamami. Sonia".
Si accasciò sulla sedia con il cuore che sembrava schizzarle fuori dal petto. Come aveva potuto dimenticarsi di riattaccare il telefono? Come aveva potuto cancellare completamene sua figlia ed il mondo che la circondava. Sonia avrebbe potuto avere bisogno di lei, come pure sua madre, che anche se non chiamava quasi mai, era pur sempre una donna anziana.
Ciò ce aveva fatto non aveva alcuna giustificazione, se non che aveva perso completamente la testa.
Afferrò il telefono e compose il numero. Le rispose la madre di Sean. La donna era contenta di sentirla perché la preoccupazione di Sonia aveva coinvolto tutta la famiglia, sebbene nessuno di loro avesse dato troppo peso alla faccenda. Lizzy spiegò che aveva avuto un guasto al telefono, ma che ora era tutto a posto, e chiese di parlare con Sonia.
Sonia fece un po’ la sostenuta, ma poi iniziò a parlare della città e della famiglia che la ospitava, con entusiasmo crescente. Non si era mai divertita così tanto in vita sua e sperava che per Sean fosse altrettanto. Quindi chiese di parlare con lui.
Lizzy si precipitò in camera da letto, svegliò Sean, e gli spiegò brevemente ogni cosa. Lui sollevò l’apparecchio posto accanto al letto; parlò con Sonia e poi con la madre, ridendo e scherzando con entrambe. Sean riattaccò il telefono e guardò Lizzy sorridendo.
– Ecco fatto. Le signore sono tranquille.
– Fai tutto semplice, tu – disse Lizzy.
– Be’, non è successo nulla, no?
– No, ma poteva succedere.
Sean le andò vicino e le aprì l’accappatoio.
– Cinque giorni di "total immersion" nel sesso valevano questo rischio.
Lizzy fu colta da un impeto di rabbia.
– Ragioni così perché sei solo un ragazzino incosciente ed io…
– Tu non sei altro che una borghesuccia ipocrita. Oh, non guardarmi così, so già a cosa stai pensando: a mia madre, a tua figlia, o a quel signore, non so chi sia, a cui avevi immolato a tua sensualità.
– Cosa vuoi saperne tu… – ribatté Lizzy, chiudendosi l’accappatoio.
– Scommetto che era una di quelle persone ammodo, magari un insigne professore, colto ed affascinante. Quello che comunemente viene definito un gentiluomo.
– Come lo sai?
– E’ un classico. Ci sono donne che hanno bisogno di un tipo del genere per giustificare la propria sensualità. Si convincono di amarli, e quando si accorgono dell’errore è già troppo tardi.
Lizzy non gli rispose nemmeno. Andò in bagno sbattendo la porta, si tolse il bustino, aprì il rubinetto della doccia e lavò via tutte le tracce di rossetto che ancora le imbrattavano i seni.
La giornata era serena e calda. Dopo cinque giorni vissuti nella penombra di casa, i colori intensi dell’estate ferivano gli occhi. Il sole picchiava impietoso sui corpi seminudi sdraiati sulla spiaggia. Fortunatamente una leggera brezza proveniente dal mare rendeva il caldo abbastanza sopportabile.
– Mi scotterò – disse Lizzy.
– Niente paura, ti metterò un po’ di crema.
Sean cominciò a spalmarle la crema sulla schiena. Massaggiò fino a quando la sostanza fu assorbita, poi passò alle natiche. Lizzy era praticamente nuda, tranne che per la striscia sottile di tessuto che le circondava i fianchi e spariva tra i glutei.
Si abbandonò alla piacevole sensazione di essere accarezzata contemporaneamente dalle mani di Sean e dai raggi del sole, ed avvertì l’ormai famigliare fremito al basso ventre. Era, in assoluto, la sensazione più esaltante che avesse mai provato.
Ripensò alle parole di Sean ed a quanto era accaduto dopo. La discussione l’aveva messa di malumore perché sapeva che lui aveva ragione. Sean aveva stemperato subito la tensione, proponendole di andare in spiaggia. Lizzy, sulle prime, non si era dimostrata molto entusiasta. Non era ancora pronta a farsi vedere in pubblico con lui, e forse, non lo sarebbe mai stata. Ricordava ancora gli sguardi morbosi della gente la sera della festa, quando, mano nella mano, si erano allontanati verso la macchina. La relazione fra una donna matura ed un ragazzo giovane, era inaccettabile per la morale comune, e lei non era così anticonformista da infischiarsi della morale comune.
– Siamo stati chiusi in casa anche troppo. E’ arrivato il momento di uscire alla luce del sole – aveva insistito lui.
Lì per lì, Lizzy aveva inventato una scusa.
– Ho mal di testa, e temo che il sole mi faccia male.
Sean però non l’aveva bevuta.
– Ti vergogni di farti vedere con me? – aveva domandato, come se le avesse letto nel pensiero.
Lizzy cominciava a non poterne più della perspicacia di Sean. Era troppo furbo per i suoi gusti, o più semplicemente, era lei ad essere troppo trasparente. In ogni caso non avrebbe sopportato che lui le rinfacciasse la sua vigliaccheria ancora una volta. E così aveva accettato.
Sean aveva proposto una località fuori mano, a trenta chilometri dalla città, con gran sollievo di Lizzy, che temeva di dover incontrare colleghi e conoscenti, che frequentavano lo stabilimento a pagamento. Ma il suo sollievo era durato poco. Lui aveva portato con sé i tanga acquistati alcuni giorni prima assieme al bustino, ed aveva insistito affinché lei ne indossasse uno. Lizzy si era rifiutata categoricamente di metterli, ma Sean non si era lasciato dissuadere. Alla fine erano arrivati ad un compromesso: lei avrebbe indossato il tanga a patto che fingessero di essere turisti, e parlassero solo ed esclusivamente inglese.
Quando era uscita dalla cabina, con il minuscolo costume, le era sembrato che tutti gli occhi dei bagnanti fossero puntati su di lei. Eppure non era l’unica donna ad indossare un costume del genere. C’erano altre ragazze che sculettavano di qua e di là con i glutei al vento. Però, come aveva notato Sean, nessuna poteva gareggiare con lei, con il suo sedere sodo e perfetto, con i suoi seni strepitosi, con le sue cosce ben tornite.
L’aveva presa per mano e condotta in riva al mare, dove avevano steso gli asciugamani.
Le mani di Sean stavano divenendo sempre più insinuanti. Ora spalmava la crema fra le natiche, procurandole un urgente desiderio di essere penetrata. Si guardò attorno: c’erano alcune coppiette disseminate sulla spiaggia, ed alcuni ragazzi che giocavano a pallone un po’ più in là. Allontanò la mano di Sean e si girò sulla schiena. Il volto di lui, contro sole, era vicinissimo. Le labbra e le narici fremevano. Gli occhi luccicavano. L’attirò a sé e la baciò.
– C’è gente – disse lei.
– Che t’importa? Lascia che guardino – fece lui, gonfio d’orgoglio.
Iniziò a passare la crema sui seni con gesti ostentati, quasi volesse richiamare l’attenzione della gente su di loro. Lizzy chiuse gli occhi e lasciò che le ungesse le mammelle. Aveva le mani morbide e delicate, ma quando i polpastrelli le sfiorarono i capezzoli, sussultò: erano bollenti come tizzoni ardenti. Trattenne l’ansito che le usciva dalla gola, perché si era accorta che i ragazzini avevano smesso di giocare a pallone e li stavano guardando. Sean, sentendosi osservato, aumentò la pressione delle dita ed ansimò.
Lizzy capì che la situazione lo stava eccitando. Gli piaceva esibirsi ed esibirla davanti a quei ragazzini che erano quasi suoi coetanei.
– Andiamo a fare il bagno – disse, trascinandolo verso l’acqua.
Corsero in mare sotto gli sguardi fissi della combriccola, e s’immersero nell’acqua calda di mezzogiorno. Nuotarono per un po’ poi rimasero nei pressi della riva, toccando il fondo con i piedi. Improvvisamente Sean l’afferrò per le natiche, attirandola a sé.. Scostò la minuscola striscia di tessuto che le copriva il sesso, ed infilò il pene dentro di lei.
Lizzy sobbalzò.
– Smettila. Non vedi che c’è gente?
Un uomo stava nuotando verso di loro. Sean, per tutta risposta, la strinse ancora di più a sé, strappandole un gemito. L’uomo alzò la testa, li guardò, strizzò l’occhio a Sean, e riprese a nuotare nella direzione opposta.
– Ci a visti – disse Lizzy.
– Ma no, che non ci ha visti.
– Ti dico di sì – insisté lei, circondandolo con le gambe.
– Se ti ha fatto questo effetto, quasi quasi lo chiamo – disse Sean, portandosi una mano alla bocca per fischiare.

Lizzy gli tappò la bocca e scivolò fuori da lui. Sean, colto di sorpresa, perse l’equilibrio, e lei lo spinse sott’acqua. Il mare si chiuse sopra di lui formando cerchi concentrici. Lizzy attese invano che lui riemergesse. Il mare sembrava aver cancellato la sa presenza. Si guardò attorno spaventata. Ciò che vedeva era solo una distesa azzurra e piatta. Dov’era finito Sean? Presa dal panico cominciò a nuotare, cercando di guardare sott’acqua.
D’un tratto udì uno sciabordio, un’onda sott’acqua che le lambiva le gambe. Subito dopo una mano le strappò il tanga ed emerse, assieme al suo proprietario, agitando il trofeo, come una bandiera conquistata.
– Sean! Mi hai fatta morire di spavento.
– Ti sta bene, così impari a fare certi scherzi.
– Dammi le mutandine.
– Nemmeno per sogno. Per punizione uscirai dall’acqua come mamma ti ha fatta.
– Non fare lo scemo.
Sean fece sparire il tanga dentro il suo costume e cominciò a nuotare verso riva. Uscì dall’acqua e l’attese. Lizzy nuotò fino a quando non ci fu più acqua a coprirla, poi puntò i gomiti sulla sabbia e rimase, a pancia in giù, con il sedere esposto, ed i seni schiacciati dal peso del corpo.
– Su, Sean, passami le mutandine – implorò.
I ragazzi, stanchi di giocare a pallone, si erano seduti vicino ai loro asciugamani, ed assistevano alla scena come spettatori in prima fila.
– Ci devo pensare – disse lui, con fare esasperante.
– Guarda che quelli sono solo dei bambini. Non vorrai turbarli?
– Mica tanto, bambini. Ad occhio e croce avranno quindici o sedici anni.
– C’è anche altra gente, e questa non è una spiaggia nudista.
Lizzy era quasi isterica: Sean stava oltrepassando i limiti. Come faceva a non capire che uno scherzo era bello se durava poco? Come poteva essere così uomo, e nello stesso tempo, così bambino?
– D’accordo – disse lui, avvicinandosi. – Eccoti il tuo straccetto.
Lei si rimise il tanga, armeggiando a pelo d’acqua, ed uscì piuttosto irritata.
– Vieni, ti offro da bere – fece lui.
La prese per mano e la condusse al piccolo chiosco di bibite della spiaggia. Lizzy, che tremava ancora interiormente, si sentì paradossalmente protetta da quel triangolino che le copriva il pube. Ma le bastarono un paio di sguardi per rendersi conto che non era proprio così. Si fece scudo del suo inglese, chiacchierando con Sean, il quale ordinò le bibite gesticolando, per farsi capire.
Il cameriere, per poco, non fece traboccare il bicchiere versando l’aranciata, ed il proprietario, dopo essersi umettato le labbra, esclamò: – Che gran pezzo di fica!
Alcuni uomini, che consumavano le loro birre un po’ più in là, come se una regia superiore avesse dato un ordine, si voltarono tutti assieme.
– Hai capito il ragazzino? Si cura tutto da solo quel ben di Dio – commentò uno di loro.
– Non è giusto.
Sean regalò a tutti un sorriso innocente. Circondò Lizzy con le braccia, con fare protettivo, per togliere a quel pubblico curioso ogni dubbio, se mai ce ne fosse stato bisogno.
Lizzy, malgrado il disagio provato nel sentirsi esaminata e sezionata da quegli sguardi vogliosi, cominciava a prendere coscienza del proprio corpo e della sua bellezza. L’idea di sfidare tutti i suoi tabù, e di esibire ciò di cui si era sempre vergognata, le appariva sempre più allettante. La sua euforia durò soltanto il breve tragitto che li separava dalla spiaggia. Si trasformò in angoscia quando si trovò faccia a faccia con Federica, la ragazzina senza seno ed il culetto "favoloso", di cui conosceva le movenze ed i sussulti.
Non era sola, ma in compagnia degli amici di Sean. Erano sbucati all’improvviso da chissà dove e chissà perché. Probabilmente per rovinarle la giornata. Erano tre ragazze e due ragazzi: gli stessi che aveva visto assieme a lui su un’altra spiaggia, un mese prima.
Sean la presentò agli amici, visibilmente compiaciuto, come se lei fosse stata una cosa di sua proprietà, una conquista di cui andava molto fiero. Federica le puntò addosso due occhietti inviperiti che si fissarono sui suoi seni. Lizzy notò pure che i due ragazzi, sebbene in maniera velata, non potevano fare a meno di guardarli. Le sembrò di avere due fanali al posto delle tette, e che improvvisamente fosse scesa la notte. Istintivamente si rannicchiò su se stessa posando lo sguardo sui piccoli capezzoli di Federica.
– Allora vieni con noi? – disse uno dei ragazzi.
– Quando partite? – chiese Sean.
– Dopodomani. E’ tutto organizzato.
– Vi farò sapere – disse Sean.
– Non puoi tirarti indietro proprio ora – insisté Federica. – Abbiamo prenotato anche per te.
Sean guardò verso Lizzy in cerca d’aiuto. Lei gli sorrise.
– D’accordo. Vengo – disse lui.
I ragazzi gli diedero delle pacche sulle spalle e Federica sorrise soddisfatta. Si salutarono, ed il gruppetto si allontanò. Lizzy li guardò andare via, gli occhi fissi sul culetto a mandolino della ragazza, sulla sua schiena magra e muscolosa, su cui scendevano i capelli biondi. Federica si voltò un attimo ed incrociò il suo sguardo.
– Mi dispiace – disse Sean. – Avevamo programmato questo viaggio un mese fa.
– Dove andate?
– Firenze.
Firenze? La città che amava più di ogni altra per la sua atmosfera e la sua architettura, ma soprattutto perché era stata testimone dei quindici giorni più belli della sua vita.
C’era andata con Edoardo; lui doveva fare alcune ricerche storiche e l’aveva invitata ad accompagnarlo. Avevano alloggiato in un piccolo, raffinato albergo sulla riva sinistra dell’Arno e si erano amati ogni notte. Di giorno, mentre Edoardo lavorava, aveva scorrazzato per le strade della città, incantata dai monumenti, dai musei, e dai piccoli negozi d’antiquariato. Si incontravano solo alle cinque di sera, quando il tramonto colorava i tetti di rosso. L’Arno sembrava un nastro dorato, e la magia avvolgeva la città.
– E’ una bellissima città – disse, pensando a come le sarebbe apparsa dopo tanti anni.
Sean annuì, serio. Rimase un attimo in silenzio, con la fronte corrugata, fissandola negli occhi.
– Non fare quella faccia, Sean.
– Non sei arrabbiata?
Lizzy gli arruffò i capelli.
– Ma no. E ‘naturale che tu voglia stare assieme ai tuoi amici.
Lui sorrise come se si fosse tolto un grosso peso di dosso, le sfiorò le labbra, e le mordicchiò un orecchio sussurrando: – Questa notte farò di tutto per farmi perdonare.

Sean era partito da due giorni soltanto, ma a Lizzy sembravano un’ eternità. Vagava per casa come un automa, passando da una stanza all’altra senza pace, perché non c’era un angolo che non le ricordasse Sean e le loro scopate selvagge. Il letto, che in un solo mese aveva visto più battaglie di quante avrebbe potuto sopportare in un vita, era solo un posto gelido che la notte la faceva rabbrividire. Non ce la faceva a prendere sonno tra lenzuola che odoravano ancora di sesso.
L’ultima notte che avevano passato assieme era stata all’altezza delle promesse di lui: l’aveva scopata come se fosse stata l’unica donna della terra.
Ad un certo punto la fece alzare dal letto, esortandola a guardarsi allo specchio, non con i propri occhi, ma con quelli di lui e di tutti i maschi che, quel giorno, alla spiaggia, avevano avuto la fortuna di ammirarla.
Il suo corpo era un richiamo alla sessualità più sfrenata, era la quintessenza della femminilità. Lei era la "donna" in senso biblico, colei che scatenava gli istinti primordiali. Tutti gli uomini, almeno una volta nella vita, avrebbero dovuto congiungersi con lei, e lui sarebbe stato fiero di dividere con gli altri quel grande privilegio.
Lizzy, eccitata da quei discorsi, lo fece stendere sul letto ed accarezzò il suo corpo nudo con i seni. Arrivata all’altezza dei testicoli li sfiorò con i capezzoli, quindi avvolse il pene fra le grandi, morbide tette, muovendosi sinuosamente. Sean chiuse gli occhi e si abbandonò a quel magnifico massaggio. Dopo un po’ lei prese in bocca il pene gonfio e teso, e lo succhiò, mentre muoveva la pelle su e giù.
Sean ansimava e la incitava a continuare, spingendo il membro nella sua gola sino quasi a soffocarla. Lizzy, con le lacrime agli occhi, succhiò fino a quando non sentì l’energia di lui defluire nella sua gola. Inghiottì ed attese che il muscolo si rilassasse dentro la sua bocca, accarezzando con dita leggere lo scroto. Sean si lasciò scappare un ultimo gemito, dopodiché i suoi muscoli si rilassarono.
Lizzy, esaltata dall’orgasmo di lui, provò un desiderio immenso del suo corpo levigato e muscoloso, e cominciò a baciarlo piano piano, soffermandosi sul torace dove la leggera peluria luccicava di sudore. Proseguì verso il ventre teso, leccando ed annusando il pelo del pube, per tornare verso i morbidi testicoli e o scroto. Poi lo rigirò sullo stomaco e gli solleticò i glutei con i seni, aprendogli le natiche e strofinando il dito sull’ano.
A quel punto lui emerse dalla sua estasi, pronto a ricominciare. L’immobilizzò sotto di sé e la chiavò brutalmente, con colpi secchi e potenti. Lizzy iniziò a contorcersi, avvinchiandolo con le gambe, perché voleva imprigionare dentro di sé quella forza che a stupiva ogni volta di più. Sean però si liberò sgusciando come un’anguilla dal mare caldo e tempestoso del suo ventre, sebbene lei lo implorasse di non smettere. Infilò la testa fra le sue cosce e leccò la clitoride, gonfia come una prugna matura, con esasperante lentezza. Lo faceva apposta. Rientrava nelle regole mai espresse della loro guerra personale togliere l’oggetto della sua brama nel momento cruciale, e farla godere in altro modo. Era il suo modo di vendicarsi per l’unica volta in cui Lizzy aveva avuto la meglio su di lui. Lei si irrigidì, tentando di ritardare l’orgasmo, ma la pressione della lingua si stava facendo intollerabile. Cercò di divincolarsi, ma lui le immobilizzò e cosce con forza continuando a leccare!
la protuberanza infiammata. Lizzy cominciò ad avvertire i segnali dell’orgasmo, e con sua enorme sorpresa, lo sentì allontanarsi da lei. Rimase per un attimo con i sensi in equilibrio, come su un filo sospeso dal quale voleva, e nello stesso tempo temeva, di cadere. Non ebbe il tempo di afferrare le proprie emozioni perché Sean la girò, sollevandole il bacino.

Le passò la lingua su entrambi gli orifizi, e lei si riappropriò di una parte di quel piacere che le era stato sottratto. Tuttavia era stata sospinta a metà della scala, e forse aveva ancora una possibilità di raggiungere la cima nel modo in cui piaceva a lei.
Sean indugiò con la lingua sull’ano e Lizzy sentì che si stava aprendo come una rosa in un mattino di primavera.
Lui la infilzò in un impeto che sembrava voler lacerare le sue carni. Benché la via fosse già stata aperta, provò una fitta lancinante, come se una spada affilata stesse straziando le sue viscere. Rimase immobile perché sapeva che se si fosse mossa, il dolore l’avrebbe sopraffatta. Ad un certo punto la parte si anestetizzò ed il corpo estraneo si amalgamò con il suo retto, e piano piano cominciò a muoversi, assecondando le stoccate. Dal dolore sorse un nuovo piacere, diverso da tutto ciò che aveva provato fino a quel momento. Un godimento intenso che la scosse in profondità, in un punto del suo corpo di cui non aveva mai avuto coscienza.
Ora, però, doveva fare i conti con una nuova esigenza, un bisogno, una fame che non era facile saziare.
L’ironia del destino voleva che proprio nel momento in cui il ciclo del suo risveglio si era compiuto, Sean l’avesse abbandonata. In ogni caso quello era appena un assaggio di quanto avrebbe dovuto affrontare nell’immediato futuro. Sean, prima o poi, sarebbe partito definitivamente, e comunque la loro storia non era destinata a durare.

– Troverai qualche altro – disse Cecilia.
– Come se fosse facile. Temo di essere diventata molto esigente.
Lizzy, per non impazzire, s’era decisa ad uscire di casa, ed era andata da Cecilia.
L’anziana amica aveva ascoltato il suo sfogo, fumano il solito sigaretto scuro. Ora la guardava con un lieve sorriso sulle labbra.
– Il ragazzino deve essere in gamba per farti questo effetto – commentò Cecilia.
Lizzy si passo la lingua sulle labbra turgide, dipinte di rosso.
– Sei cambiata. Non ti ho mai vista leccarti le labbra a quel modo, e nemmeno camminare come cammini ora. Sei un richiamo sessuale, nessun uomo ti resisterà.
– E’ questo il punto. Io non voglio uomini qualsiasi, io…
– Tu vuoi ragazzini, vero?
– Be’, si.
– Non vedo il problema.
– Non è detto che io faccia lo stesso effetto a tutti i ragazzi, e poi non vorrei
trovarmi in qualche spiacevole situazione.
– Uhmmm… comunque non occorre che tu vada con i giovanissimi.
– D’accordo… ma dove lo trovo un ragazzo? A scuola, nemmeno a parlarne. Dovrei cominciare a frequentare le discoteche, ma temo d rendermi ridicola.
– Sei proprio priva di iniziativa. Ma guardati un po’ attorno. Le strade e le spiagge sono piene di ragazzi.

Lizzy si chiuse nella piccola cabina della spiaggia e cominciò a spogliarsi. Tolse il copricostume di cotone corto, sotto al quale non portava reggiseno e rimase in slip. Rovistò nella borsa alla ricerca del suo solito costume nero e vide il tanga che aveva indossato l’ultima volta che era stata in spiaggia con Sean. Lo prese in mano e lo guardò. Pareva ancora più piccolo di quanto non ricordasse. Rimase un attimo a contemplarlo, indecisa se indossarlo o meno. Ricordava ancora gli sguardi famelici degli uomini che quel giorno l’avevano sezionata, malgrado fosse in compagna di Sean. Chissà se, vedendola da sola, qualcuno avrebbe osato qualcosa di più di uno sguardo?
Poi le venne in mente l’incontro con gli amici di lui, lo stupore nei loro occhi mentre guardavano i suoi seni, e specialmente lo sguardo di sufficienza che le aveva lanciato Federica. Quella sgualdrinella! Probabilmente si stava scopando Sean. L’immagine del suo culetto impertinente penetrato dal pene di Sean le procurò una sorta di gelosia mista a rabbia. Si tolse le mutandine ed infilò il tanga.
D’un tratto sentì un rumore. Guardò la porta: era chiusa a chiave. Esplorò con gli occhi le pareti della cabina e vide un piccolo foro, all’altezza del proprio sedere. Qualcuno, dalla cabina attigua, la stava spiando. Istintivamente si coprì il sedere con l’asciugamano, non sapendo che fare. Rimase ferma ad ascoltare, ma non sentì più niente. Pensò di essersi sbagliata e lasciò cadere l’asciugamano.
Il sospiro le giunse forte e chiaro. Dimenò un po’ il sedere in direzione del buco ed il sospiro, al di là della parete, si trasformò in rantolo. L’idea di quell’occhio misterioso iniziava ad eccitarla.
Si girò, ed abbassandosi un poco, cominciò ad accarezzarsi i seni. Si pizzicò i capezzoli che divennero immediatamente duri. Agitò i seni in direzione del buco, mentre gli ansiti, al di là della parete, si facevano sempre più frequenti. Si accarezzò il ventre ed infilò una mano dentro il tanga.
– Toglilo – disse una voce rauca.
Lizzy si sfilò il tanga con un movimento sinuoso ed avvicinò la vagina al buco.
– Fammela vedere bene – esortò la voce, ruvida come carta vetrata.
Lizzy si aprì le grandi labbra ed esibì la clitoride già rossa e turgida.
– Toccati – continuò la voce.
Lizzy cominciò ad accarezzarsi la passera già bagnata ed odorosa del suo umore, titillando la clitoride con un dito.
– Non vedo bene. Devi aprire di più le gambe – sussurrò la voce.
Lei prese la piccola panca che costituiva tutto l’arredamento della cabina e l’accostò alla parete. Quindi sedette, alzò le gambe, e puntò i piedi sulla panca.
– Magnifico – disse la voce.
Lizzy era tutta sudata. L’aria calda della cabina stava diventando irrespirabile. Aveva i capelli bagnati e gocce di sudore scendevano dal collo e si insinuavano nel solco fra i seni. Ma riprese a toccarsi, eccitata e febbrile, tormentando la clitoride ed infilando due dita nella vagina.
– Ti morderei quella ciliegia rossa – fece la voce.
A Lizzy parve di sentire un lieve morso, come una piccola carezza di denti, ed un’ondata calda le attraversò il corpo. Cominciò a gemere forte, e i suoi gemiti si unirono a quelli dello sconosciuto. Si passò la lingua sulle labbra aride, continuando a dimenarsi, con le gambe che ormai tremavano.
Un fremito totale la colse al momento dell’orgasmo. Si morse la lingua e si strinse i seni con le mani, abbassando le gambe. Le giunse un suono gutturale, come un rantolo soffocato, e capì che anche lo sconosciuto aveva raggiunto il suo piacere.
Rimase per un attimo abbandonata sulla panca, ascoltando il silenzio assoluto. Nessun rumore proveniva più dalla cabina confinante: era come se quella presenza sconosciuta ed inquietante fosse stata una fantasia della sua mente.
L’unica prova tangibile di ciò che era avvenuto era quel foro nella parete di legno che continuava a fissarla con il suo occhio cieco. Il caldo stava aumentando in maniera insopportabile come se qualcuno, dall’esterno, avesse appiccato il fuoco alla piccola costruzione di legno. Lizzy era tutta sudata e faticava a respirare. Indossò il tanga, prese la borsa, ed aprì la porta senza riflettere. Solo dopo aver respirato avidamente una boccata d’aria salmastra si rese conto di aver compiuto un gesto avventato.. Lo sconosciuto, infatti, poteva essere appostato nei paraggi, magari in attesa del momento favorevole per saltarle addosso. Si guardò intorno. Nell’area circostante le cabine non c’era nessuno, ma a soli pochi metri più in là, dove cominciava la spiaggia, c’era un’andirivieni di gente allegra e chiassosa. Lizzy si convinse che non c’era motivo di aver paura, e si incamminò confondendosi fra la gente. Dopo aver appoggiato borsa ed asciugamano si diresse verso il mare, camminando lentamente.
Molti si girarono a guardarla, ma lei avanzò a testa alta, ondeggiando in maniera sensuale.
Mise i piedi nell’acqua, e dopo aver camminato un po’, si lasciò cullare dalle onde. L’acqua fresca fu come un balsamo per il suo corpo ancora bollente. Galleggiò pigramente, poi sguazzò con voluttà, alla fine nuotò fino a quando le dita delle mani e dei piedi iniziarono a raggrinzirsi. Uscì, e durante il percorso fino all’asciugamano sbirciò ogni uomo che si trovava sulla sua strada, tentando di dare un volto allo sconosciuto con cui aveva diviso un’esperienza così intrigante.
Ora, alla luce del sole e con tanta gente attorno, non provava più paura né vergogna, solo un’ardente curiosità. Se lo figurava sulla trentina, non bello, ma interessante. Magari con pochi capelli e gli occhi azzurri penetranti, come il tipo seduto sulla sdraio a qualche metro da lei, che un attimo prima l’aveva squadrata da capo a piedi, con sfacciataggine.
Si distese languidamente sull’asciugamano ed offrì al suo sguardo i grossi seni che si alzavano ed abbassavano al ritmo del suo respiro. Lo sguardo di lui era come una carezza bruciante che dai seni si spostava al ventre e si insinuava fra le sue cosce. Le aprì un poco, rivelando le carni morbide e perfettamente rasate. Sospirò e si aggiustò il cordoncino del tanga. Rimase in quella posizione d abbandono per parecchio tempo, sotto lo sguardo voglioso dell’uomo che non si era mosso di un millimetro.
Ad un tratto una voce femminile concitata. Si girò pigramente e vide una donna discutere animatamente con l’uomo dagli occhi azzurri. Lui aveva una voce bassa ed un po’ cavernosa, vagamente somigliante a quella dello sconosciuto della cabina.
Lei sembrava isterica, ed anche se Lizzy non riuscì a seguire tutto il discorso, capì di essere la causa del loro litigio. La donna gli stava dando del "maniaco sessuale" e lo copriva di insulti. Lui, dopo un primo tentativo di difesa, si lasciava strapazzare, opponendo solo un imbarazzante silenzio. Alla fine se ne andarono. Lizzy li guardò allontanarsi: lei era piccola e grassottella con il sedere e le cosce troppo abbondanti; lui era asciutto, ma per niente atletico. La schiena era magra e le gambe, che uscivano dai calzoncini troppo larghi, sembravano di legno. FINE

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