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Lizzy (7 di 7)

Sean scivolò fuori con cautela dal sacco a pelo. La piccola canadese era immersa nell’oscurità, tranne che per un tenue bagliore che si insinuava attraverso l’apertura della tenda.
Arrotolò il sacco a pelo e lo fissò alle cinghie dello zaino, poi uscì dalla piccola tenda e se lo caricò sulle spalle. Si sentì colto in flagrante e si guardò attorno con circospezione, ma a quell’ora di notte il campeggio era addormentato ed i viali che intersecavano l’enorme spazio verde erano deserti. Guardò un attimo in direzione della tenda dove dormivano Federica e Roberta e si incamminò con passo deciso lungo il sentiero che portava verso
l’uscita. Due minuti dopo era sulla provinciale poco trafficata.
Cominciò a camminare di buon passo, seguendo il ciglio della strada, perché le poche macchine di passaggio sfrecciavano come bolidi. Pensò che forse non era stata una buona idea quella di abbandonare il campeggio nel cuore della notte, ma almeno così non aveva dovuto dare spiegazioni. Anche ora, a mente fredda, e con i piedi che iniziavano a dolergli, non riusciva a trovare una ragione valida per cui avrebbe dovuto rimanere.
Erano partiti in sei: tre ragazzi e tre ragazze che facevano copia fissa. Lui e Federica, Roberta e Riccardo, Marina e Fabio. Quella era una vacanza nata all’insegna del divertimento e della libertà, invece era andato tutto storto.
Federica si rifiutò, fin dal primo giorno, di fare l’amore con lui, dicendo di avere le sue cose, ma Sean sapeva benissimo che la ragazza lo stava tenendo sulle spine per fargli scontare il fatto di averle preferito Lizzy.
Roberta e Riccardo non avevano fatto altro che litigare a causa della gelosia di lui che la soffocava.
Marina e Fabio erano sempre appiccicati e sempre estranei alla compagnia.
Uno stridio di gomme lo fece sobbalzare, fece un passo indietro e per poco non andò a finire nel fosso.
– Fuck off – urlò in direzione della macchina che si era fermata ad un centimetro dal suo piede.
– Questa è musica per le mie orecchie – disse l’autista con uno spiccato accento americano, aprendo la portiera.
– Sei americano? – chiese Sean.
– L’hai detto. Serve un passaggio?
– Magari – rispose Sean salendo in macchina.
L’americano disse di chiamarsi Peter e di essere californiano.
– Tu non sei inglese – osservò, dopo che Sean si fu presentato.
– Sono irlandese – precisò Sean.
Entrambi non avevano una meta precisa e decisero di fermarsi al primo autogrill lungo l’autostrada ce nel frattempo Peter aveva imboccato. Davanti a due bicchieri di whisky cominciarono a chiacchierare come vecchi amici.
Peter raccontò a Sean di essere venuto in Italia con una ragazza che doveva fare un provino da modella. Lui le aveva pagato il viaggio ed all’inizio era latte e miele, poi, dopo il provino, lei aveva iniziato ad uscire con quelli dell’ambiente della moda e si era dimenticata di lui. Lui l’aveva mollata senza salutare.
– Non voglio più vederla quella stronza – disse alla fine. –
Anzi, sai cosa ti dico? Tutte le donne sono stronze.
Mandò giù il terzo whisky mentre Sean era ancora al secondo.
– Non tutte – disse Sean.
– Sarebbe a dire? – fece Peter incuriosito.
– Be’, io conosco una donna vera. E’ più vecchia di me, ma non ha nessuna importanza. E’ bella, sexy, ed ha sempre voglia d fare l’amore.
– Mi sa che hai bevuto un bicchiere di troppo – disse Peter. –
Donne così esistono solo nei sogni.
Sean non rispose e bevve un sorso di whisky. Si sentiva euforico, pieno d’energia, ed aveva una voglia matta di correre da Lizzy.
– E come l’hai conosciuto questo fenomeno – chiese Peter dopo un po’.
Sean gli raccontò di Lizzy, di com’era quando l’aveva conosciuta, e della sua trasformazione.
– E tu, con una donna del genere per le mani, te ne sei andato in vacanza da solo?
– Non ero solo, ma con degli amici, e c’era Federica.
Gli raccontò di Federica, e mentre parlava, si rese conto che non lo aveva mai eccitato quanto Lizzy.
– E’ una squinzia – concluse. – L’unica cosa che mi attirava di lei era il suo culetto favoloso.
Sean guardò l’orologio: erano le tre del mattino.
– Che ne diresti di cercare una stanza per quel che resta della notte? – propose Sean.
A pochi chilometri dall’uscita dell’autostrada trovarono un motel ed una sola stanza libera. Peter si buttò sul letto vestito, e complice il whisky, si addormentò di colpo. Sean si addormentò invece alle prime luci dell’alba e sognò i seni di Lizzy, grandi e morbidi, che gli facevano da guanciale.

– Ti accompagno a casa poi proseguo per Milano – disse Peter, quando ripartirono a pomeriggio inoltrato. – Se non sapessi che hai di meglio da fare ti inviterei ad un concerto. Dovevo andarci con quella stronza.
– Quand’è il concerto? – chiese Sean.
– Fra due giorni.
– E nel frattempo cosa farai?
– Mi romperò le balle – disse Peter.
– Potresti venire con me – propose Sean.
Peter gli lanciò uno sguardo di soppiatto, cambiò marcia, e sorpassò un Tir.
– E’ una bella città di mare. Potresti fare qualche nuotata – continuò Sean.
– Scusa, ma non capisco. E la tua donna?
– Be’, possiamo telefonarle… forse ti ospita.

Lizzy uscì dalla doccia, si avvolse l’asciugamano attorno ai fianchi e tese l’orecchio in direzione del corridoio. Era proprio il telefono. Corse all’apparecchio e sollevò la cornetta.
– Hallo – disse una voce allegra.
– Sean, sei tu?
– Chi altro ti telefona?
– Dove sei?
– In città.
Lizzy rimase un attimo interdetta. Erano passati appena quattro giorni dalla sua partenza.
– Come mai? – chiese.
– Ti dispiace se sono tornato?
Lizzy si sentì avvolgere da una famigliare ondata di calore.
– Oh, no.
– Senti, c’è un amico qui con me. E’ tardi per trovargli una sistemazione, puoi ospitarlo per questa notte?
– Ma certo. Non c’è problema – disse Lizzy, pentendosi quasi subito.
– D’accordo. Saremo lì al più presto.
Lizzy riattaccò. Era delusa. Quella che, in un primo momento, le era sembrata una lieta sorpresa, si stava trasformando in una seccatura. Non aveva voglia di intrattenere gli amici di Sean, né di ospitare qualcuno che non conosceva, ma ormai era fatta. Si vestì in fretta e scese a comperare qualcosa da mangiare.
Tornata a casa si mise ai fornelli. Quando suonarono alla porta era ancora in cucina. Non aveva avuto il tempo né di truccarsi né di cambiarsi. Si passò un velo di rossetto sulle labbra e si tolse il grembiule. Sotto indossava un paio di fuseaux neri ed una canottiera scollata, pure nera.
– Salve – disse Sean. – Questo è Peter.
Peter le sorrise dall’alto del suo metro ed ottantacinque di muscoli ben piazzati. Aveva denti bianchissimi, capelli biondo sabbia, ed un’abbronzatura da attore hollywoodiano. Lei gli porse la mano ed incontrò per un attimo i suoi occhi nocciola.
– Molto lieto di conoscerti – disse Peter, scivolando con lo sguardo sul suo seno.
Lizzy, con movimento sensuale, si aggiustò la canotta che le aderiva perfettamente sottolineando le curve generose, ed intercettò lo sguardo di approvazione che Peter lanciò a Sean. Si sentì come una studentessa che avesse appena superato un esame.
Mentre i ragazzi sistemavano le loro cose e si davano una rinfrescata, Lizzy apparecchiò il tavolo e buttò la pasta. Quando Sean e Peter entrarono in cucina era tutto pronto. Peter fischiò la sua approvazione davanti al piatto di spaghetti con pomodoro fresco che Lizzy gli mise davanti, ed affrontò con molta serietà l’impresa, per lui difficilissima, di arrotolarli sulla forchetta.
Per quanto si impegnasse non gli riusciva di formare un boccone decente. Sean, che era già un iniziato, si divertì un mondo a sfoggiare la sua abilità ed a sfottere l’amico, sempre più imbarazzato.
Lizzy intervenne spiegando a Peter la tecnica. Inforcò gli spaghetti, fece girare la forchetta su se stessa e formò una piccola matassa, che poi portò alla bocca. Qualcosa però, all’ultimo momento, non funzionò. La matassa si srotolò, e Lizzy dovette succhiare la pasta che stava ricadendo nel piatto. Cercò di non fare rumore, atteggiando la bocca a cuore, fino a quando l’ultimo spaghetto non fu scomparso, quindi si leccò le labbra macchiate di salsa rossa. I ragazzi si misero a ridere.
– Mi è piaciuto molto – disse Peter. – Quasi ti chiederei di rifarlo.
Lizzy fece per rispondere, ma Sean la precedette.
– La signora non ripete. Vero, Lizzy?
– Smettetela – rispose lei bruscamente.
Peter però si accorse che quando lei si alzò per servire i secondi stava sorridendo. La cena proseguì in un’atmosfera che si fece via via più allegra. Le bistecche erano ottime, il contorno di stagione appetitoso, ed il vino andava giù che era una meraviglia. Al gelato, erano tutti e tre su di giri.
Peter monopolizzava la conversazione raccontando aneddoti divertenti sull’università (frequentava l’ultimo anno di legge all’università di Berkeley), sul suo sport preferito (il surf), e sulle ragazze californiane.
– Conoscevo una – raccontò, – che era una salutista convinta.
Praticava il body-building e mangiava solo roba biologica. Niente carne, niente alcol, niente sigarette. Fumava solo ed esclusivamente erba.
Sean e Lizzy si guardarono.
– Ma va’- disse Sean. – Non raccontare balle.
– Ti giuro. Se la coltivava in giardino. Roba finissima, di prima qualità. La spacciava a tutta la spiaggia di Malibù.
– Dev’essere bella la spiaggia di Malibù – disse Lizzy.
– Be’, per fare il surf e rimorchiare è il massimo. Là girano le più belle fiche d’America – fece Peter, guardando la scollatura di Lizzy. – Però, nemmeno qui mancano le belle donne – soggiunse, fissandola seriamente.
Lizzy sostenne il suo sguardo e sorrise. Più di una volta, durante la cena, si era accorta che lui la guardava in modo strano, quasi si aspettasse qualcosa da lei: un semplice segno od un invito. Lui ricambiò il sorriso.
Si trasferirono in salotto ed improvvisamente Sean l’abbracciò e la baciò sulla bocca. Lei rimase per un attimo rigida, consapevole di quegli occhi nocciola che li stavano fissando.
– Si è fatto tardi – disse Peter. – Io vado a dormire.
– Okey – fece Sean, stringendo Lizzy ancora più a sé.
– Domani, se vuoi, andiamo alla spiaggia. So che noleggiano dei surf.
– Ottima idea. Buonanotte – salutò Peter.
Sean le saltò praticamente addosso, senza curarsi di spegnere la luce. Le tolse la maglietta, sotto la quale non portava niente, e si avventò sui suoi seni, come chi non vede cibo da diversi giorni.
– Quanto mi sono mancati – mormorò, succhiandoli avidamente.
Le tolse i fuseaux e le mutandine e la penetrò in piedi, afferrandole le natiche con le mani. Lizzy cercò di soffocare i gemiti ed i sospiri, perché il pensiero di Peter nella stanza accanto la metteva a disagio. Però, malgrado ciò, o forse proprio per quello, era molto eccitata, come quando si era masturbata davanti all’occhio sconosciuto.
Sean la spinse contro il muro e continuò a fotterla in piedi, con tanta foga che Lizzy ebbe l’impressione che lui volesse spaccarla in due. Sean colpiva con violenza, ma il pene andava su e giù come un meccanismo perfetto e ben oliato. La sua pelle profumava di buono, le sue mani erano calde e forti, e lei era aperta e liquida come un mare generoso, pronto a ricevere il fiume in piena. Sean la fece stendere sul divano ed affondò negli abissi del suo mare.
Lizzy serrò le gambe attorno ai suoi fianchi e tenne testa agli assalti che si facevano via via più potenti. Lui le afferrò i seni ed iniziò a stuzzicarli. A Lizzy accadde allora una cosa strana: le parve di sentire su di sé gli occhi nocciola di Peter. Girò lo sguardo, ma ovviamente era stata solo una sua impressione, tuttavia ebbe la sensazione che il mare del suo ventre si trasformasse in un oceano tempestoso che esigeva l’acqua di molti fiumi.
Quando Sean spruzzò l’ondata calda dentro di lei, l’accolse ugualmente con gratitudine, pensando a cosa avrebbe provato ad essere riempita contemporaneamente da due affluenti. Sean si lasciò cadere su di lei, e lei guardò verso la porta perché le era parso di sentire un rumore. Un’ombra danzò nel riquadro della porta e poi scomparve. Rimase immobile accarezzando i morbidi capelli di Sean, la cui testa affondava nel suo seno, chiedendosi se l’aveva vista veramente, o se era stato solo il frutto della sua immaginazione.

– Me lo sono sognato, oppure ieri sera hai proposto a Peter una giornata sulla spiagga? – chiese Sean, appena aperti gli occhi.
– Sì – rispose Lizzy, ancora assonnata.
– Non ti dispiace allora se si ferma un paio di giorni?
– No, mi fa piacere.

Sean, felice come un bambino, balzò dal letto, si infilò le mutande, ed andò a svegliare l’amico. Un’ora dopo erano in viaggio.
La giornata non era delle migliori, ma in compenso soffiava un vento abbastanza forte.
– L’ideale per fare surf – commentò Peter, non appena vide le grosse onde spumeggianti.
Lizzy si spogliò con calma mentre i ragazzi noleggiavano due tavole da surf. Quando si stese sulla sabbia, vestita solo del triangolino di stoffa, Sean e Peter erano già in mare a sfidare i cavalloni ed il vento. Peter manovrava la sua tavola con sicurezza, cavalcando il ricciolo dell’onda. Sean cercava di imitare l’amico, ma con scarso successo: cadeva, sommerso dagli spruzzi, si rialzava, e ci riprovava. Dopo un po’, Peter si decise ad insegnagli a tecnica. A Lizzy piaceva guardarli: erano belli, giovani, e sani.
Peter era più alto di Sean, e più ben piantato. Aveva un fisico da modello, con quell’abbronzatura dorata, i muscoli gonfi, ma non esagerati, il sedere piccolo e sodo. La spiaggia era quasi deserta a causa del vento, e Lizzy fantasticò di trovarsi su un’isola deserta, unica donna fra due uomini.
– E’ un impedito – disse Peter, sedendo accanto a lei.
Lizzy si alzò a sedere e lo guardò. Era tutto bagnato e goccioline colorate luccicavano fra i peli biondi e ricci. Lizzy pensò che le sarebbe piaciuto leccarle via una ad una. Peter la fissò a sua volta, concentrando lo sguardo sui seni.
– Be’, io ho altre cose da fare che passare le mie giornate a fare surf – disse Sean.
Nessuno dei due rispose.
– Ehi, dico a voi! – urlò Sean.
– Abbiamo sentito – rispose Peter, come in trance.
– In compenso, io so controllarmi meglio – continuò Sean. – Lo so che non è facile restare indifferenti davanti a Lizzy, ma… che cavolo.
Peter si riscosse e si portò la mano al pube.
– Scusami Lizzy, ma questo bastardo ha deciso di fare di testa sua.
– Non importa – sorrise lei allungandosi sull’asciugamano, – anzi, ne sono lusingata.
I ragazzi si scambiarono uno sguardo d’intesa, poi si stesero accanto a lei, e quando Peter si offrì di spalmarle la crema, le parve naturale lasciarlo fare. Il ragazzo esplorò con le mani ogni centimetro della sua pelle: toccò, massaggiò, palpò come un cieco che si avvale del tatto per conoscere e vedere. Lei si abbandonò totalmente a quelle mani sapienti e sconosciute, pervasa da un languore che le toglieva le forze. Quando però le dita di Peter
sfiorarono i capezzoli turgidi, con la delicatezza di un suonatore d’arpa, sentì la vagina pulsare ed il sangue circolare impetuoso nelle vene. Incontrò gli occhi di Sean chini su di lei e gli offrì la bocca avida e tremante.
Sean la baciò, mentre Peter passava il taglio della mano sulla sua fessura bagnata, protetta solo da un lembo di stoffa. La sensazione che provò fu quanto di più eccitante le fosse mai capitato. La mano di Peter, delicata, si insinuò tra il pelo morbido e trovò il punto esatto in cui si concentrava il suo desiderio. Lo pizzicò leggermente facendola sussultare. Poi lo sfiorò con movimenti circolari, penetrando l’orifizio bagnato con due dita. Intanto Sean continuava a baciarla, ora con tenerezza, sfiorandole appena le labbra, ora con passione, introducendo la lingua quasi fino in gola.
Lizzy aveva le lacrime agli occhi e sentiva un fuoco inarrestabile salire dal pube alla testa. Avrebbe voluto arrendersi completamente a quelle mani ed a quella bocca, ma qualcosa la tratteneva. Non era né la vergogna né il timore di essere guardata da occhi indiscreti, ma la consapevolezza che avrebbero potuto passare guai seri se solo fosse capitato da quelle parti un tutore dell’ordine. Bloccò la mano di Peter e si divincolò dalla bocca di Sean.
– Basta – disse.
I due si guardarono e la fissarono con espressione interrogativa.
Lizzy si alzò con l’intenzione di dire loro che avrebbero potuto continuare a casa, in santa pace, quel gioco così eccitante, ma non disse nulla perché aveva in mente un piano.

Peter parcheggiò l’auto sotto casa un attimo prima che si scatenasse il finimondo. Grosse nubi si addensavano minacciose, attraversate qua e là da guizzi di luce. Una scarica assordante seguita da un getto d’acqua impetuoso li accompagnò fino al portone.
Lungo il tragitto i macchina, Sean e Peter non avevano nascosto il loro disappunto per il balzo d’umore di Lizzy, e si erano chiusi in un ostinato mutismo, interrotto solo da un qualche cenno d’assenso quando lei aveva proposto una cena a base di pesce.
Entrarono in casa bagnati fradici, con i vestiti appiccicati addosso.
– Toglietevi subito quella roba di dosso – disse Lizzy.
– Agli ordini, signora – rispose Sean. Poi si rivolse all’amico
– Vieni Peter, andiamo a renderci presentabili.
Nell’ora che seguì ci fu un trambusto notevole dentro e fuori dal bagno e dalle camere. Peter e Sean cercarono di non intralciare il via vai di Lizzy fra la cucina e le altre stanze. Non volevano irritarla ulteriormente.
– Vuole avere la situazione in mano, ma credo che sia cotta a puntino – disse Sean.
– Non so. Tu la conosci meglio di me – disse Peter scrollando la testa.
– Fidati – assicurò Sean, tranquillo.

Alle otto in punto entrarono nel soggiorno. La tavola era apparecchiata e dalla cucina giungevano rumori ed un profumo che solleticava le narici, Lo stereo diffondeva una musica soft e le luci erano abbassate. Sean offrì a Peter un whisky e sedettero entrambi sul divano, in attesa. Un’attesa che si fece via via più impaziente. Dopo un quarto d’ora Sean si alzò.
– Vado a vedere cosa sta facendo.
Per poco non inciampò nel tappeto. Lizzy stava facendo il suo ingresso nella stanza. Indossava un body nero di pizzo che velava il suo corpo laddove non ce ne sarebbe stato bisogno. I seni ed il pube erano deliziosamente scoperti, messi in risalto da sapienti buchi nel tessuto, per il resto era completamente fasciata dall’impalpabile velo. Peter deglutì a vuoto al cospetto di quel seno che già conosceva, ma che il malizioso abbigliamento sottolineava sfacciatamente. Non riuscì a distogliere lo sguardo da quelle tette grandi e generose, da quei capezzoli larghi, e rosa come fiori. Avrebbe voluto essere un’ape e nutrirsi solo del miele che contenevano.
Sedette di fronte a Sean che, come lui, non aveva detto una parola. Il silenzio fu rotto dalla voce calda e bassa di Lizzy.
– C’è qualcosa che non va?
Gli occhi di Peter scrutarono prima quelli di Sean, poi quelli di lei, e vi lesse un moto di trionfo. Aveva voluto stupirli e c’era riuscita.
– Va tutto magnificamente – sorrise Sean.
– Bene. E’ subito pronto.
Lizzy ondeggiò sui sandali dai tacchi alti e si girò offrendo lo spettacolo del suo sedere carnoso e sodo nel cui solco si raccoglieva il tessuto del body.
– Non credo che riuscirò a mangiare – commentò Peter, con voce strozzata.
Ed invece mangiò gli scampi, schiacciando le chele con le apposite pinze e succhiando, come Lizzy gli aveva insegnato. Non parlarono quasi, troppo impegnati a leccare e gustare la carne bianca e morbida dei crostacei. Si guardavano l’un l’altro: gli occhi accesi per il troppo vino, le lingue che passavano sulle labbra sporche di rosso. Fuori, la natura si stava scatenando, ma nella stanza, gli unici rumori che si sentivano erano il risucchio costante delle bocche ed il tintinnio dei bicchieri.
Quando Sean e Peter ebbero finito di mangiare, si accorsero di avere le magliette macchiate di sugo.
– Siete proprio due bambini – sorrise Lizzy.
– Andiamo un attimo a cambiarci – disse Sean.
Lizzy intanto servì il dolce. Tagliò una fetta di torta gelato e la mise nel piatto. In quel momento si sentì un fracasso tremendo che fece vibrare i vetri delle finestre, e subito dopo la stanza piombò nel buio.

Lizzy urlò spaventata e sentì dei passi felpati alle sue spalle.
Il buio era totale, poiché la luce era mancata anche nella strada sottostante. Avvertì il contatto di mani calde e avide, e fece un balzo all’indietro.
– Non aver paura – mormorò Sean. – Ora ci siamo noi.
Si sentì pressata da due corpi forti e muscolosi: uno davanti e l’altro dietro che strusciavano i membri eretti contro il suo pube e le sue natiche. Rimase immobile e lasciò che le due verghe familiarizzassero con il suo corpo, muovendo però il bacino come in una danza. Ascoltò il respiro affannoso di Peter (o era Sean?) nell’orecchio, e sentì una bocca posarsi sulla sua. Dal sapore del bacio capì subito che si trattava di Peter. Conosceva a memoria la bocca di Sean, il suo alito dolce e fresco, la sua lingua che frugava in lei come se cercasse qualcosa. Quella di Peter si muoveva molto più lentamente, come di chi non ha fretta di arrivare a una meta, ma assapora attimo per attimo il percorso.
Peter e Sean si staccarono da lei quasi contemporaneamente e Lizzy barcollò per un attimo, perdendo il senso dell’orientamento.
Percepiva i loro ansiti e lievi fruscii che muovevano appena l’aria troppo calda e stagnante, ma non riusciva a localizzarli. Le sue mani annasparono nel tentativo di afferrare qualcosa di concreto.
– Dove siete? – chiese, già sapendo che non avrebbe ottenuto risposta.
Mani salde e decise l’afferrarono per le spalle e la costrinsero a stendersi sul tappeto, poi cominciarono a percorrerle il corpo, palpandole i seni, sfiorando e tormentando i capezzoli. Quindi si insinuarono fra il velo impalpabile, nella fessura vibrante di desiderio. Lizzy emise un gemito e cercò un contatto con il proprietario delle dita che ora titillavano la clitoride come se fosse la corda di uno strumento. Altre mani le immobilizzarono i polsi e la costrinsero a rimanere supina, prigioniera di due catene di carne ed ossa. A quel punto le carezze si fecero più pressanti, quasi violente. Si sentì stringere i capezzoli in una morsa, e subito dopo la tenaglia allargò le maglie del tessuto ed afferrò il
turgido bottone di carne fra le sue cosce.
Lizzy urlò, ma le parve che il suono della sua voce si frantumasse contro l’oscurità. La consapevolezza di essere schiava di quelle mani che si materializzavano dal nulla, accrebbe la sua eccitazione. Cercò di lottare, non per sottrarsi a quelle carezze crudeli, ma solo per dare un sapore più intenso al suo supplizio.
Quando fu costretta a girarsi bocconi sul pavimento, ruotò su se stessa senza opporre resistenza. Ora aveva i seni schiacciati sotto il peso del corpo, il sesso che premeva contro il tappeto, e le braccia tese, quasi ad invocare pietà.
Le sue natiche vennero aperte con violenza ed il sottile tessuto del body si lacerò come un urlo nella notte. Un dito esplorò le sue terga, dapprima con circospezione, poi sempre più deciso. Affondò poi nel suo buchino fremente ed iniziò a scavare sempre più a fondo. Lizzy sollevò il bacino per assecondarne il movimento, e sentì le catene che la imprigionavano allentarsi, e poi lasciare liberi i suoi polsi. Abbandonò le mani sul pavimento ed alzò la testa per cercare di percepire cosa stesse facendo la presenza davanti a lei, ma le arrivava solo un lieve, rassicurante respiro.
Al dito si era sostituita una lingua calda e morbida che solleticava le pieghe della sua carne e le sembrava di navigare in un mare oscuro, una sorta di grembo materno liquido ed avvolgente, dove rumori e sensazioni giungevano come echi lontani. Poi qualcosa di caldo e duro le forzò le labbra, e Lizzy accolse in bocca il nutrimento di cui aveva bisogno. Vi si attaccò avidamente e succhiò. Con le mani ormai libere accarezzò i testicoli morbidi ed accompagnò la pelle che si restringeva e si allungava sotto le sue dita: la mente e la parte superiore del corpo tese e concentrate in ciò che stava facendo. Nel contempo i suoi orifizi venivano sollecitati, manipolati, frugati, e come se il suo corpo fosse diviso a metà, provò una sensazione di sdoppiamento, godendo all’unisono di piaceri diversi.
Nel momento in cui avvertì un acuto dolore alle terga, aprì sia le natiche che le labbra, e succhiò con foga il pene che aveva in bocca. Lo sentì crescere e diventare più grosso e più duro, come la verga che la stava pompando da dietro. Per un attimo pensò che i due membri fossero legati da un unico filo, e che lei avesse il potere di manovrarlo. Pensò di cercare con le dita quel segno inconfondibile che marchiava il pene di Sean, il neo che la faceva impazzire, ma poi preferì non sapere. L’identificazione avrebbe tolto il sapore al mistero. Si portò le mani alle natiche e le allargò per dare modo al palo di penetrare in lei in tutta la sua lunghezza. In quello stesso istante anche il pene che teneva in bocca affondò in lei fino quasi a soffocarla. Lizzy ritrasse la bocca e leccò il glande con piccoli colpi di lingua, poi lo avvolse nuovamente fra le mucose calde e umide, e questi ritrovò

il ritmo che era stato bruscamente interrotto.
Pure l’altro sembrò adeguarsi allo stesso movimento, e dopo un po’ pomparono all’unisono. Ad un tratto, quello che la forzava da dietro si impennò, vibrò, e riversò in lei il frutto del proprio piacere. Lizzy sentì le sue viscere contrarsi, ma il gemito roco che le saliva in gola fu soffocato dal liquido vischioso che le riempì la bocca. Si abbandonò sul pavimento, il viso contro il tappeto, le gambe e le braccia larghe come in un’ultima, estrema preghiera.
Improvvisamente la stanza si illuminò. Sbatté le palpebre e si guardò attorno, stupita di trovarsi in quell’ambiente così famigliare. Le ombre erano scomparse ed al loro posto c’erano solo due corpi nudi stesi accanto a lei. Richiuse gli occhi nel tentativo di ricreare dentro di sé il mondo oscuro ed ovattato di poco prima, ed ecco che il fruscio stava tornando e le mani riprendevano possesso del suo corpo stremato, ma ancora inappagato.
Si posarono sui seni e giocarono con i suoi capezzoli, e lei avvertì un brivido percorrerle la schiena mentre la luce si smorzava e diventava appena un lieve chiarore. Lizzy si allungò ed aprì le cosce per permettere loro di esplorare l’orifizio palpitante di desiderio. Due dita entrarono in lei ed iniziarono ad andare su e giù. Si aprì ancora di più. Sentì i polpastrelli sfiorare la piccola protuberanza e poi titillarla. Si abbandonò, sempre con gli occhi chiusi, alle manipolazioni di quelle dita che stuzzicavano, pizzicavano, tormentavano. Quando una lingua guizzante iniziò a lappare il bottone di carne, si sentì sommergere da ondate gigantesche di piacere. Afferrò la testa tuffata fra le sue cosce, e realizzò che era quella di Peter.
Affondò le dita nei suoi capelli mentre le leccate si facevano più pressanti, ma nello stesso tempo più lente.
Venne come se fosse stata investita da una scarica elettrica: una, due, tre volte, poi perse il conto. Nel momento in cui il piacere si fece insopportabile si liberò con forza di quella lingua che tormentava il suo grembo infiammato, provando un enorme sollievo.
Ma Peter, afferratala per le spalle, la inchiodò nuovamente sul pavimento e penetrò in lei con un colpo secco. Cominciò a fotterla lentamente, affondando il pene in profondità, come se volesse raggiungere un punto inesplorato. Lizzy serrò le gambe attorno ai suoi fianchi e sentì le lacrime salirle agli occhi.
Spalancò gli occhi ed incontrò quelli di Sean carichi di desiderio. Era seduto accanto a lei, nudo, a gambe incrociate, con il pene eretto, e sembrava godersi lo spettacolo. Lizzy pensò che prima o poi si sarebbe unito a loro, e gli fece un cenno con lo sguardo. Sean però non si mosse: continuò a guardare i due corpi che si contorcevano, accarezzandosi il pene. Lizzy, completamente in balia degli assalti di Peter, gemette e si avvinghiò a lui ancora di più, gli occhi fissi in quelli di Sean. Peter, dopo aver sferrato un ultimo e decisivo assalto, inarcò la schiena e la inondò con il suo seme. Lei tremò e sussultò, senza però smettere di guardare Sean. Peter rotolò via da lei ed allora Sean le fu sopra. Afferrò i suoi seni, li strinse l’uno all’altro e vi tuffò la verga tesa e dolorante, e Lizzy alzò il capo e leccò la carne tumescente. Sean gemette ed iniziò a muovere il pene su e giù, allontanandosi ed avvicinandosi alla punta della lingua di lei.
Teneva gli occhi chiusi e la testa rovesciata all’indietro.
Quando Lizzy vide le sue narici fremere capì che era pronto. Diede un ultimo, studiato colpo di frusta al glande ed appoggiò la testa sul pavimento, un attimo prima che lo spruzzo le imbrattasse le mammelle e ciò che restava del body. Poi si abbandonò sul tappeto pervasa da un dolce languore, un senso di appagamento totale, incurante dei rivoli di sperma che le colavano fra i seni e lungo le cosce.
Sentì i passi felpati di Sean e Peter che si muovevano nella stanza, il rumore di una porta che si chiudeva, lo scroscio della doccia. Poi nuovamente i passi. Alzò la testa e loro erano entrambi accanto a lei, magnifici nella loro nudità.
Sean iniziò a strapparle la ragnatela di velo, rotta in più punti, e quando fu nuda Peter le passò una spugna calda su tutto il corpo.
Poi la presero per mano e l’accompagnarono nella sua stanza. Lizzy si distese fra le lenzuola fresche e li invitò a fare altrettanto. Si girò su un fianco, Sean si volse verso di lei ed attaccò la bocca ad un seno; Peter, da dietro, le scostò i capelli dalla nuca e sfiorò con la lingua il collo, poi la spina dorsale. Lizzy si inarcò, mugolando di piacere. Le due bocche scesero e si insinuarono fra le pieghe della sua carne, leccando contemporaneamente l’escrescenza fra le cosce e l’avvallamento fra le natiche. Lizzy sollevò una gamba, per meglio agevolare quelle lingue bollenti e vellutate. Cominciò a sentire freddo e caldo, poi, quando le leccate cessarono, solo freddo. S’aggrappò al corpo caldo di Sean, e anche quello di Peter aderì alla sua schiena. Il contatto con i muscoli e la pelle levigata dei due ragazzi le procurò un attimo di smarrimento, acuito dalle carezze delle due verghe che solleticavano i suoi orifizi. Ma quando le due verghe penetrarono in lei, quasi all’unisono, rientrò immediatamente in sé. La presenza dei due membri nelle sue viscere fu una sorta di choc che le tolse momentaneamente il respiro. Spalancò la bocca e subito Sean la riempì con la sua lingua, e nel contempo iniziò a muoversi dentro di lei. Lizzy cercò di adeguarsi al suo ritmo, ma il palo che la trafiggeva da dietro la teneva inchiodata al corpo di Peter.
Capì che doveva rimanere inerme e lasciar fare a loro. Come una schiava, si arrese alla forza ed alla volontà dei suoi padroni.
Sean le baciò la gola e Peter le morse delicatamente il collo. Ora le due verghe erano immobili dentro di lei, ma Lizzy ne avvertiva le pulsazioni e le vibrazioni. Fremevano, come gli strumenti prima dell’inizio di un concerto. Il movimento iniziò piano, poi acquistò vigore, e la musica esplose dentro di lei con suoni acuti e prorompenti, che elettrizzavano i suoi sensi e le sue viscere.
Si sentì sollevare verso un punto estremo, e mentre raggiungeva l’orgasmo, provò una sensazione di invincibilità e di vittoria. Da schiava si trasformò in regina ai cui piedi era stato deposto un nuovo mondo.
Si abbandonò sul letto esausta, mentre i ragazzi si staccavano da lei. Trasse a sé i due corpi che l’avevano resa così felice e Peter e Sean posarono la testa sui suoi seni. Lei accarezzò i loro capelli ed entrambi si attaccarono ad un capezzolo. Lizzy notò che i membri erano ancora eretti ed infiammati: nell’incoscienza seguita all’orgasmo, non si era accorta che loro avevano trattenuto il piacere per prolungare il suo godimento.
Sentì il suo grembo sciogliersi e diventare come un mare generoso che anelava di essere riempito dalla giovane energia dei due affluenti. Scostò delicatamente i capezzoli dalle due bocche avide e si pose a cavalcioni sopra Peter. Prese in mano il pene pulsante e lo introdusse nella fessura calda e fremente. Peter gemette e le afferrò i seni, strizzandole leggermente i capezzoli. Lizzy si mosse sinuosamente in senso circolare, senza fretta. Sean era ancora steso vicino a loro, la guardò e sorrise.
– Su, Lizzy, prova a fare un otto – disse.
Lizzy ondeggiò il sedere davanti agli occhi di Sean che si facevano via via più appannati.
– E’ fantastico – mugolò Peter.
– Sì! – sospirò Lizzy, con gli occhi fissi in quelli di Sean. – E’ uno sballo.
Sean allora scivolò dietro a Lizzy, l’afferrò per i fianchi e la infilò con un colpo perfetto. Lei strinse le labbra per non urlare, poi, mentre gli urti si facevano più forti, si morse la lingua.
Peter intanto colpiva le pareti del suo grembo, ed ora entrambi i membri la stavano lavorando in perfetta sincronia. Scavavano dentro di lei, come se cercassero di arrivare entrambi nello stesso punto: quel punto di cui Lizzy non aveva avuto coscienza prima di conoscere Sean.
Ormai era questione di poco. Si abbandonò sul corpo di Peter e le sembrò che il pene di lui affondasse in lei ancora di più. Sean aderì alla sua schiena e le due verghe assunsero l’assetto perfetto proprio in quell’area occulta, sede di tutti i piaceri e di tutte le emozioni.
Sentì una forte vibrazione a cui seguì un piacere intenso, un’estasi che mai aveva provato. Immediatamente i fiotti caldi proruppero in lei e continuarono a scorrere fino a quando cessò di contorcersi e tremare.

Lizzy uscì dall’aeroporto e si diresse al parcheggio. Camminava lentamente ondeggiando il sedere fasciato da un paio di jeans neri elasticizzati. Più di un uomo si girò a guardare quella "rossa dal corpo strepitoso" e dalle tette "atomiche" che sussultavano sotto la maglietta trasparente. Procedeva a passi sicuri ed a testa alta, consapevole, e visibilmente compiaciuta di quegli sguardi non proprio innocenti. Prima di salire in macchina si tolse gli occhiali da sole e sorrise al ragazzo del posteggio che le porgeva la ricevuta. Il ragazzo balbettò un qualcosa di incomprensibile e rimase a fissarla con espressione cretina mentre lei saliva in macchina.
Si guardò nello specchietto retrovisore, si aggiustò i capelli e si passò il rossetto sulle labbra. In quel momento udì un rombo proveniente dal cielo. Alzò gli occhi e vide l’aereo sfrecciare fra le nuvole. Un attimo dopo era sparito.
Mise in moto la macchina e si diresse lentamente verso l’uscita.
Malgrado si fosse preparata a quel momento, si sentì depressa. La partenza di qualcuno le metteva sempre un po’ di malinconia, e negli ultimi giorni aveva dovuto dire addio a ben due persone. Sia Peter che Sean avevano promesso di rifarsi vivi l’estate successiva, ma lei non ci contava molto. Le frasi di circostanza, in questi casi, erano quasi d’obbligo, comunque non si poteva mai sapere…
Si immise sulla strada principale, molto trafficata in quell’ora di punta, pensando che fra due giorni sarebbe stata di nuovo lì ad aspettare Sonia. D’un tratto vide un braccio teso che le sbarrava la strada. Frenò di colpo.
– Ma sei scemo? – urlò, sporgendosi dal finestrino.
Un sorriso a trentadue denti bianchi balenò nel piccolo abitacolo.
– Scusami, ma se non facevo così, rischiavo di aspettare fino a notte.
– Dove sei diretto?
– In città.
– Sali – disse Lizzy.
Il ragazzo non se lo fece ripetere. Prese posto accanto a lei continuando a sorridere. Lizzy notò che aveva proprio un bel sorriso, e che anche il resto non era male: carnagione olivastra, capelli scuri e lunghi raccolti in un codino, occhi chiari.
-Ti aspetta qualcuno? – chiese Lizzy.
Il ragazzo non rispose subito, ma si girò verso di lei e Lizzy si sentì il suo sguardo addosso. Raddrizzò la schiena e spinse il seno in fuori.
– No, nessuno – rispose il ragazzo.
– Perfetto – disse Lizzy, e schizzò come un bolide sulla strada arroventata dal sole. FINE

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