Chi l’avrebbe detto che Marzia, la mia segretaria, vent’anni appena compiuti, mora da far paura, alta, bella e con uno sguardo accattivante, dovesse giocare con me come se fossi un novellino, a dispetto dei miei quarant’anni. Di certo, l’altra sera in discoteca, è stata lei ha decidere tutto quello che sarebbe successo, facendomi dapprima ballare – cosa che non faccio mai – e portandomi subito dopo in un angolo buio, dove mi ha spompato sino all’ultima goccia.
In ufficio, poi, il giorno dopo ha mostrato una sicurezza da donna vissuta, senza che lasciasse trapelare alcunché di quanto accaduto, continuando a darmi del lei (cosa che, peraltro, ha fatto pure mentre mi cavalcava) e mantenendo il suo modo di fare professionale che sempre la contraddistinta.
L’unica novità è stata nel suo modo di vestire: all’improvviso, sembra che il suo guardaroba sia fatto solo di gonne. Gonne corte, lunghe, ampie, aderenti, ma comunque solo ed esclusivamente gonne, tutte che le cadono addosso perfettamente e che le esaltano il corpo, dalle caviglie ai glutei. E dire che sino al giorno prima si vedeva solo in pantaloni!
Ovviamente, se lei è stata perfetta nel non mostrare alcuna emozione, io mi sono ritrovato esattamente all’opposto, rischiando un collasso ogni volta che l’ho vista entrare nella mia stanza o quando l’ho incrociata per l’ufficio. Anche ieri no ho fatto eccezione. Alle nove, puntuale come ogni giorno, ho sentito infilare la chiave nella toppa della porta di ingresso e, poco dopo, l’ho vista entrare in stanza per salutare me e Cinzia.
“Buongiorno dottore, Buongiorno Signora”
“Ciao Marzia” ed ho ingoiato la saliva, cercando di nascondere il mio imbarazzo. Scarpe nere che lasciavano il piede completamente scoperto, ad eccezione di una fascetta orizzontale all’altezza delle dita e della cinghietta intorno le caviglie, con un tacco di dodici centimetri buoni, la slanciavano in tutta la sua bellezza, completata da un vestitino corto, nero, tenuto su da due bretelline sottilissime e trasparenti, leggermente lento in basso e aderente al seno.
“Dottore, le ricordo che oggi abbiamo l’appuntamento dal Cavaliere Leoni, quando vuole andiamo”.
“Ah si! Grazie, Marzia. Appena sono pronto la chiamo io”. Ma di quale appuntamento stava parlando? Chi era questo Cavaliere Leoni?
So solo che due ore dopo eravamo nella mia macchina, imboscati nel parco cittadino come due giovincelli, con lei che si stava ripulendo le labbra con un fazzolettino tempo dopo avermi regalato una pompa da sballo.
“Tutto bene, dottore? ” mentre continuava a trafficare con specchietto e trucchi, mi aveva sorpreso con questa domanda.
“Scusa, Marzia? ” avevo appena finito di ricompormi e, mani sul volante, attendevo il suo benestare per avviare il motore e tornare in ufficio. Non credevo che volesse fermarsi ancora, né che avesse intenzione di parlare di quel che era successo tra di noi; almeno, non in quel modo.
“Tutto bene, cosa? ”
“Le è piaciuto? Sono brava? ” Completamente girata dal mio lato, mi stava offrendo un sorriso smagliante.
“Oh, si! Sei bravissima.. certo, certo.. ”
“ma me lo dice solo per lasciarmi contenta? ” ha finito la domanda è si è messa a fare boccuccia. Dal suo viso è trasparsa una malizia che il mio pene,
appena soggetto alle sue cure, si è irrigidito immediatamente sotto le mutande.
“Oh no! Sei veramente brava. Ne ho conosciute ….. ” sono diventato rosso per l’imbarazzo, ma sono riuscito a concludere la frase, “… ma tu sei tra le più in gamba. Complimenti. Li fai impazzire gli uomini col tuo corpo e le tue capacità… ”
Nemmeno le avessi regalato un gioiello o le avessi promesso un aumento di stipendio, ha iniziato a battere le mani e emettere gridolini di soddisfazione, poi:
“no, non vada dottore. Rimaniamo ancora un po’. Non vuole sapere come sono diventata così brava? ”
“Cer.. certo, Marzia. Certo. ” La sua mano era già sul mio gonfiore e stava provvedendo a sfibbiare una cintura appena sistemata da me.
“Avevo quattordici anni, ma già ne mostravo molti di più. Più o meno ero come sono adesso. ” Le mani agganciano i pantaloni, dai lati, e li fanno scivolare sino al fondo della macchina. “Lei sa che ho dei fratelli più grandi. Giulio allora faceva l’ultimo anno e si stava preparando agli esami di maturità. I miei genitori andavano a lavorare ed io, spesso, rimanevo a casa a fare i miei compiti mentre lui continuava a impazzire con le sue materie e nemmeno si accorgeva se c’ero o non c’ero. Insomma, avevo l’età in cui la curiosità mi mangiava viva. ” Anche le mutande hanno fatto la stessa fine dei pantaloni, ed io mi sono ritrovato nuovamente nudo dalla cintola in giù. Le sue mani sono corse sul mio palo. “Insomma, mentre Giulio studiava, io stavo
chiusa nel bagno ha scrutare le riviste porno che compravano lui e l’altro mio fratello e che avevo sgrafignato di nascosto dai loro cassetti. ”
“Ed hai imparato così, dalle foto? ” intanto, le sue mani mi stanno accarezzando lentamente, dalla cima alla base.
“No. Quel giorno ho avuto paura, ma poi mi sono divertita anch’io. Un pomeriggio ero in bagno ha leggere una di quelle storielle porno, con tanto di fotografie, quando all’improvviso la porta si è aperta. Credevo di averla chiusa a chiave ma, sicuramente, presa dalla fretta di entrare lo avevo dimenticato. ”
“Ed era tuo fratello? ” Non mi ha risposto subito, preferendo regalarmi due bacini e due succhiatine.
“No. Era Pietro, il suo compagno. Io sono saltata in aria, mi sono alzata ma, per l’imbarazzo e la paura sono rimasta com’ero, con le mutandine alle caviglie. E lui non mi ha aiutato. è stato brusco, sgarbato. – Ma che diavolo! Che combini! – mi ha urlato. ” Si è interrotta per ridiscendere sul mio bastone. Oh, cazzo! Era una ventosa, un vero portento.
“Io ero rimasta ferma in un angolo del bagno e lui si è chinato a prendere da terra li rivista – ma cosa stavi leggendo? ma guarda un po’ questa sbarbatella! Ti sembrano cose da fare alla tua età? –
Volevo piangere, scappare via, ma lui me lo ha impedito. – Siediti! – e per la paura che chiamasse mio fratello, ho fatto quello che mi aveva chiesto” mi ha lasciato per un attimo. L’ho vista armeggiare con il suo vestito, mettendo le mani sotto per vederle ricomparire insieme alle sue mutandine.
Intanto avevo abbassato lo schienale della mia poltrona per stare più comodo, ma lei lo aveva interpretato come un invito ad avvicinarsi e, un attimo dopo, ero disteso con lei di sopra. La mano era corsa a cercare il mio cazzo per indirizzarlo verso la sua vagina e, subito, aveva iniziato una lenta cavalcata. Mi stava scopando e continuava a parlarmi.
“Dottore, ci pensa? Io che potevo fare? Tenendo la rivista aperta su delle foto dove una ragazza stava facendo di tutto ad un uomo, mi ha chiesto se avevo visto mai un cazzo dal vivo. Io ho scosso la testa – bene! Allora abbassami la cerniera, così vedrai il primo – ” Mi ha baciato a lungo prima di continuare, mulinando la sua lingua dentro la mia bocca, mentre le sue cosce sembravano due morse. “Ho fatto quello che mi ha chiesto e poco dopo avevo davanti a me un cosone grande e grosso. Avevo paura che me lo volesse infilare dentro o di dietro. Una compagna che lo aveva fatto, mi aveva detto di avere provato tanto dolore ed io non volevo fare la stessa fine. ” Con la mano si era denudata il seno, invitandomi a baciarglielo. Come potevo non accontentarla? “Quando mi ha chiesto di succhiarglielo io non ho capito cosa dovessi fare ed allora mi ha preso una foto indicandomela. – devi fare come lei, vedi. Prima lo succhi e poi mi fai venire dentro. Se non ti piace, sputi a terra – ed avevo succhiato sino a sentire male in bocca.. ” ha iniziato a gemere per effetto della scopata, aumentando leggermente il ritmo “è … è venuto … per quel giorno è finita così, ma poi abbiamo fatto coppia fissa per quattro mesi, sino ai loro esami, e .. ed è stato il mio maestro.. ” a quel punto a incominciato a galoppare come un cavallo imbizzarrito, godendo una, due, tre volte senza fermarsi mai. Poi, così come era saltata su di me, si è disarcionata buttandosi dal suo lato e invitandomi a salire in mezzo alle sue mammelle. Abbiamo concluso la mattinata così, con una spagnola da mozzafiato ed il mio sperma ovunque, dal sedile ai suoi capelli. FINE