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Mia sorella Sabrina

E’ notte inoltrata: sono da poco passate le due.

Ho appena spento il mio portatile, delusa. Ila non si è fatta viva.
Da quasi un mese ci troviamo quasi ogni sera su una chat per lesbiche.
Ho cominciato per gioco, provando il nuovo giocattolo che mi sono regalata a Natale.
Con questo portatile collegato ad Internet riesco a parlare (parlare?) con chi voglio, nel più completo anonimato.
Il desiderio di vivere in libertà la mia omosessualità mi ha fatto collegare a quella chat particolare, ed è stata come una scossa, un brivido intenso nella mia vita di ottima e morigerata studentessa universitaria.

Dopo qualche collegamento volutamente forzato, “sopra le righe”, finalmente una sera ho incontrato lei: Ila.
Il suo modo di porsi, la sua genuinità, la sua freschezza, mi hanno subito conquistata.
Non credevo si potesse parlare (parlare?) così con qualcuna, o almeno non credevo sarei riuscita a farlo io! Ila mi ha subito conquistata con la sua sensualità, così forte eppure così dolce, come avrei voluto poter esprimere la mia.
Giorno dopo giorno, collegamento dopo collegamento, ho sentito crescere in me una forte attrazione per lei.
Ci siamo masturbate insieme più e più volte, ed io ho provato degli orgasmi sconosciuti, intensi, quasi violenti.
E’ diventata una droga per me, Ila, e, seppure con la massima prudenza, sto considerando di incontrarla davvero.

Sono da poco passate le due ed ho spento il mio portatile.

La delusione genera un groppo in gola, vorrei piangere, gridare, sfogare la mia rabbia.
Non lo posso fare, però.
Mia sorella Sabrina, 19 anni, di tre anni più giovane di me, dorme nel letto di fronte al mio.
Ormai si è abituata alle mie notti spese sul portatile; non sa esattamente cosa faccio, forse pensa che studi, che stia scrivendo le mie tesine di Psicologia.
Siamo molto unite ma anche indipendenti: c’è una sorta di tacito accordo tra noi per cui una non s’impiccia degli affari dell’altra se non dietro precisa richiesta di consigli.

Sabrina dorme.
Posso sentire il suo respiro regolare.
Il silenzio riempie di sé questa stanza, ovattando tutto, come in un sogno.
Dalla finestra filtra la luce della luna piena.
Dormiamo sempre con gli scuri aperti, un’abitudine ormai.
La luce bianca, fredda, irrompe nella stanza scivolando sulla mia scrivania, sulla biblioteca, dove gioca con il dorso multicolore dei libri; si posa dolcemente sulle coperte di Sabri, spingendosi sino a baciare i suoi capelli biondi.

Chiudo gli occhi e penso ad Ila.

La sua immagine, o meglio, quella che ho costruito nella mia mente, si affaccia davanti a me.
E’ bella!
Lo sguardo birichino, gli zigomi alti, un sorriso coinvolgente, i capelli che le incorniciano il viso.
Mi sta parlando, ma non riesco ad udire le sue parole.
Con uno sforzo leggo il movimento delle sue labbra, dice:
“Ti amo”, e mi sembra lo dica dolcemente, come una musica soft alle mie orecchie.
Sorrido. Sorride.
Il mio sguardo scende sulla sua immagine, lentamente, molto lentamente.
Ho come l’impressione che sia una immagine scaricata dal Web: appare lentamente, millimetro dopo millimetro verso il basso, si completa.
Le labbra tumide. Il mento sfuggente.
Il collo lungo, aristocratico.
Le spalle nude, soavi.
L’attaccatura superiore del seno.
E poi giù ,giù.
Ad un certo punto sento una scossa partire dal cervello, rapida, violenta.
Ha i seni nudi.
Belli. Pieni. Sodi.
Le areole appena più scure, ben delineate.
Con le dita si stuzzica i capezzoli.
Sono turgidi, rosei, lunghi. !
Li rotola tra le dita allungandoli ancora, mentre si lecca le labbra sensualmente con la lingua umida.

La scossa parte dal mio cervello.
Riesco a seguirla nel suo veloce percorso: passa dai miei capezzoli, inturgidendoli, e scende verso la pancia, poi più giù, percorre le labbra della mia figa e termina con uno schiocco sul clitoride.

Mi sfugge un gemito.

L’immagine di Ila diventa sempre più definita davanti a me.
La sua espressione sempre più carica di lussuria, i suoi movimenti sempre più libidinosi.
Le mie gambe si aprono impercettibilmente, costrette dal pigiama, mentre la mano destra sfiora il seno sopra il tessuto: è duro, sensibile.
Strizzo gli occhi con forza come a scacciare quella immagine, ma il risultato è di renderla maggiormente definita.
Ora è a figura intera, seduta nella poltrona davanti al mio letto, le gambe oscenamente spalancate ed appoggiate sui braccioli, scosta con due dita gli slip e mi mostra le labbra tumide, gonfie, rosse ed aperte, sulle quali si intravede qualche goccia d’umore che la luce della luna rende argentea e luccicante.

Il mio respiro aumenta la sua frequenza, uno strano calore mi pervade.
Per scrupolo volgo lo sguardo verso mia sorella.
Dorme. Serena.
Profondamente.

Come guidate da una forza esterna le mie mani scostano le coperte.
Le dita, guidate da un istinto primordiale, si infilano sotto la giubba del pigiama, avvertendo il bruciore della pelle.
Il caldo si fa insopportabile.
Il respiro sempre più affannoso, mentre Ila, sempre davanti a me in quella posa così oscena eppure così dolce per me, si sditalina lentamente, mandando strani bagliori argentei dalle dita ormai impregnate di umori.
Mentre la fisso estasiata, le mie mani, con movimenti autonomi e decisi, sfilano la giacca del pigiama ed abbassano i pantaloni oltre le ginocchia.

Un refolo fresco mi dà un attimo di sollievo, generando una sensuale pelle d’oca lungo tutto il mio corpo.
I capezzoli si inturgidiscono oltre ogni dire, sono assetati di carezze.
Le mie mani percorrono febbrili il mio corpo, mentre lo sguardo non riesce a staccarsi da quello di Ila.
Sotto le dita sento la curva dei seni, piccoli, sodi, i capezzoli duri come chiodi, la pancia levigata, bollente, le cosce tenere, sensibili.
Le mani percorrono avide il mio corpo saltando volutamente il centro del piacere.
Lunghi brividi lo percorrono.
Mordo le labbra con i denti per non urlare.
Spalanco le cosce ed il cavallo degli slip, ormai zuppo, si infila tra le labbra aperte procurandomi un’altra, violenta, sensazione di piacere.
Ora abbasso le mani verso gli slip, guardando Ila fissa negli occhi, in un gesto di sfida.
Il suo sguardo segue il percorso delle mie mani, mentre le sue dita entrano ed escono sempre più velocemente dalla sua grotta del piacere.

Abbasso lentamente gli slip verso le ginocchia, disvelando il mio pube ben curato e, più sotto, le rosse labbra aperte.
Unisco i piedi, legati dal pigiama ed ora anche dagli slip, ed allargo le ginocchia più che posso, mentre le labbra della mia figa si aprono con uno schiocco osceno.
Mi inarco, sempre fissando Ila negli occhi, mi inarco e mi offro.
La mano sinistra si posa sul seno sinistro.
Lo soppesa.
Lo preme.
Lo massaggia.
Gioca con il capezzolo.
Lo tira, lo torce, lo allunga, lo pizzica con leggera violenza.
La mano destra accarezza l’interno cosce.
Anche qui pizzica, palpa, scende e risale in uno sfrontato gioco di offerta.

“Mi vuoi?” chiedo ad Ila,
“vuoi il mio corpo?” e mi accorgo che la mia voce trema di eccitazione.

“Siiiiiii …” riesce solo a gemere Ila mentre si tortura un capezzolo,
“Siiiiiii ….”

Le mie dita ora sfiorano le labbra della figa.
Sono turgide, gonfie di sangue, umide di umori.
Le sfioro dolcemente per tutta la loro lunghezza, aprendole, penetrando solo per qualche millimetro.
Una goccia di liquido denso si raccoglie in fondo ad essa e, dopo qualche secondo, scivola lentamente verso il perineo finendo sul lenzuolo.

“Ti piace guardarmi?” ed anche la mia voce si è fatta roca per il piacere
“Ti piace quello che vedi? Ti eccita? … Ti stai bagnando come una porca, vero? … Lo vedo dalle tue dita, la capisco dal tuo respiro affannato, lo sento nell’aria … sei eccitata … vero?”

“Oddio, si! Ti prego … ti prego … di più … di più … mi fai morire così … lo sai … ti pregooo …” e mentre ansima, geme e si scuote tutta, noto che il suo capezzolo destro è rosso infiammato, anormale tanto è lungo ed indurito, deve farle male, ma deve provare un piacere molto intenso, insopportabile.

“Cosa di più … ? cosa vuoi di più …? Dimmelo! … Dimmelo!! … Su … dimmi cosa vuoi ancora … cosa sta partorendo la tua mente perversa … dimmelo …” e la mia voce tradisce un malcelato senso di dominio, mi sembra di averla in mio potere, e questo mi eccita tantissimo, mi arrapa da morire, ma non incremento volutamente il ritmo della mia masturbazione proprio per poter godere appieno di questo momento, quasi per centellinarlo.

“Lo sai … dai che lo sai … lo sai amore come farmi partire … lo sai cosa mi fa impazzire di te … del tuo corpo … ti prego … fammi venire … fammi godere … ti pregoooo …” ed i suoi gemiti riempiono la stanza.
Anche lei cola umori lungo il perineo, le labbra turgide della sua figa sono aperte, oblunghe, arrossate, e colano oscenamente il viscido liquido dell’amore o, meglio, del sesso, mentre le dita lo raccolgono, per poi spanderlo sulle cosce ormai tutte umide.

“No che non lo so … devi dirmelo … non so cosa ti piace, troia, dimmi cosa vuoi vedere, dimmi cosa mi devo fare, … vuoi che mi apra la figa per te? … vuoi che mi lecchi le dita colme della mia sborra? … vuoi che mi sputi sulle tette indolenzite dal piacere? … dimmelo … chiedilo … se vuoi venire … dillo!!” e mi sento già sull’orlo del baratro; mi inarco sempre di più, mi offro, e sento che sto per venire, che ci sono quasi; e mentre parlo faccio le cose che dico, ben sapendo che non è questo che desidera: mi sputo sulle tette ed il suono dello sputo è osceno, mi slabbro la figa aprendola più che posso, in un crescendo parossistico di libidine e di piacere, sempre fissandola negli occhi.

Anche Ila è sull’orlo dell’orgasmo.
La conosco bene.
Durante le nostre masturbazioni notturne l’ho sempre immaginata così, ed ora so quando sta per venire.
So che le manca una cosa, una sola cosa per far scoppiare il suo piacere in modo folle.
E voglio che me lo chieda.
Voglio sentire la sua voce pronunciare quelle parole.
E’ al limite ormai, come me.
Un rivolo di saliva le scende dall’angolo destro della bocca, scende sul collo, osceno filamento che testimonia la sua perdita di controllo, rivolo argenteo e tremolante che vorrei leccare, succhiare, spandere sul suo corpo con la mia lingua.

Ila, il corpo tutto un tremito, il respiro affannoso di chi sta per annegare, si solleva un po’ dalla poltrona mostrandomi il perineo ed il suo buco del culo.
E’ roseo, appena velato da una leggera peluria, spingendo forte lei lo fa pulsare, calamita il mio sguardo, lo vedo: si apre e si chiude come una boccuccia.
E’ un messaggio il suo.
Mi offre il suo buco del culo per farmi capire cosa vuole da me.
Ma io, sadicamente, faccio finta di non capire.
La guardo ancora fissa negli occhi mentre sento la mia figa colare come un ruscello, mentre anche io mi torturo un capezzolo al limite del dolore, ed anche oltre.

“Ti prego … ti prego amore …. lo sai … non ce la faccio più … ti scongiuro … finiscimi … finiscimi … fammi vedere … dai … ti pregoooo …” e mentre parla spinge come non mai, quasi dovesse cagare, spinge e soffia ed il suo viso diventa rosso, paonazzo sotto lo sforzo.
Vedo il buco del suo culo che si apre, offre la mucosa rosea, si richiude un attimo per aprirsi di nuovo, ancora di più, spalancato, emettendo oscene scoregge che mi trafiggono il cervello come spilli.

Sto per venire.
Questo spettacolo di libidine estrema sta per farmi scoppiare.
Spero lo dica.
Voglio sentire le sue parole. Il solo suono roco della sua voce mi scatenerà l’orgasmo.
Lo sento.
E’ vicino. E’ qui.
Ma ho bisogno di quel quid in più, la voglio sentire implorare.
Siii, me lo deve chiedere, siiii deve farlo, e so che lo farà … ora … adesso … lo fa.

“Troia! … troia, puttana, lesbica! … Fammi vedere il tuo culo … ti prego … fammi vedere il BUCO DEL TUO CULOOOOOO ….”.

Ecco la scossa!
La lama incandescente.
La sento.
Mi penetra la carne.
Martella il mio cervello.
Si. Si.
La sua voce ansimante, arrocchita dal piacere, implorante, il suo desiderio osceno finalmente espresso mi colpisce come una stilettata.
La vibrazione della sua voce mi strizza il clitoride, rimbomba nel mio cervello, mi trafigge dolorosamente i capezzoli, al limite della sopportazione.
Stringo ancora di più le labbra tra i denti e sento il caldo, dolce sapore del sangue.

Succede tutto in un istante.
E dura un minuto, forse più. In un solo gesto mi libero di pantaloni e slip, alzo le cosce sino a toccare le spalle con le ginocchia, tenendole ben aperte per poter comunque vedere lo spettacolo che Ila mi offre.
Sono tutta offerta.
Ora può vedere tutto di me. Abbandono il seno destro e, mentre la mano destra infila due dita profondamente in figa, massaggiando il clitoride con il pollice, la sinistra infila indice e medio profondamente nel mio culo, masturbandolo in modo parossistico.

La scena si svolge come al rallentatore.
Anche Ila si sta inculando.
Vedo il suo dito entrare ed uscire dal rosso pertugio, con violenza, mentre la sua saliva cola abbondante sui seni.
Le dita diventano due e, mentre escono, al bagliore della luna, vedo le secrezioni marroncine che le ricoprono, e questa è la scossa estrema, la goccia necessaria, il catalizzatore dell’orgasmo.
La mia figa è piena, il culo anche, osceni rumori escono dai miei e dai suoi buchi.
L’onda sale, sale, sale impetuosa e deborda alfine, facendomi spalancare la bocca in un grido gutturale, mostrando in un estremo, sensuale gesto di offerta il labbro gonfio e coperto di sangue.

“Siiii” grido “siiii vengooooooo amore …. Vengo per teeeeee …. Con teeee …. Godooooo …. Guardami … sono tua … tutta tua … godooooooooo … vengoooooooo …”

Ed in un attimo la sua immagine sparisce.
Buio. Silenzio. Solo il mio respiro ed un bruciante odore di sesso riempono la stanza.

Mi rendo conto di aver urlato davvero quelle parole.
Il buio caro e conosciuto della stanza mi riporta alla realtà, mentre il mio corpo è ancora scosso dal piacere, si inarca, trema, vibra tutto.

Non faccio in tempo a togliere le dita dai miei pertugi che, nel silenzio rotto solo dal mio ansimare odo, distinto, un grido appena soffocato:
“Vengooooooo … siiiii … anch’io … vengoooooooo …”.

Sabrina.

Mi ero scordata di lei.
Ero così presa dalla mia turpe fantasia che mi sono scordata di lei.
Giro il viso dalla sua parte e ciò che vedo, come una stilettata, mi procura un altro immediato, violento orgasmo.

Sabrina è nella mia stessa posizione.
Due dita in figa e due in culo.
Anche lei offerta, oscenamente esposta.
Si sditalina con violenza inaudita gridando il suo piacere, scossa dai fremiti.
Il secondo orgasmo è, se possibile, più violento ed istantaneo del primo.
Il piacere di mia sorella, la sua voce, l’oscenità dell’incesto, mi portano in cima ad una montagna da cui precipito giù in un istante, con un piacere immenso, indescrivibile, totale.

Non ci parliamo.
Non diciamo nulla.

I nostri corpi si scuotono all’unisono per lunghi, interminabili secondi.
Poi la pace.
Il sudore che brilla sulla pelle.
Le membra abbandonate in un estremo gesto di arrendevole offerta.
Lunghi minuti di silenzio.
Poi ciascuna si infila sotto le proprie coperte, con i propri fantasmi ed i propri odori.
Domani, forse, ne parleremo.

Domani.

Forse. FINE

About A luci rosse

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