Il luogo ci era ormai familiare. Era la stessa stanza dove, quasi sei mesi prima, Patrizia mi aveva donato la sua verginità. Una delle dodici camere, disposte su tre piani, che venivano affittate in quell’albergo per coppie che io e Patrizia chiamavamo “la Casina”. Una volta o l’altra, le avevamo provate tutte e dodici.
Avevamo cominciato a frequentare la Casina subito dopo le vacanze dell’estate precedente, durante le quali tanto io quanto Patrizia avevamo allargato gli orizzonti delle nostre esperienze sessuali, sperimentando non solo il gusto della reciproca infedeltà, ma anche il sottile, perverso piacere che si prova tanto a raccontare le proprie avventure al partner, quanto a sentirsele raccontare dall’altro.
Questa esperienza aveva reso il nostro legame più saldo e l’amore che ci univa più profondo. è difficile da capire, e ancora di più da spiegare. Ma quando una persona con il proprio partner riesce ad essere così aperta e sincera, fino a condividere la voglia di trasgressione che ognuno ha dentro di se, i propri desideri più proibiti, e arriva addirittura a vivere queste trasgressioni e questi desideri con la complicità dell’altro, vuol dire che il rapporto è basato su qualcosa di molto solido e molto potente.
Ce ne siamo entrambi resi conto appena ci siamo riabbracciati al ritorno delle vacanze. Se la nostra storia prima era poco più di un flirt tra adolescenti, ora si era tramutata in qualcosa di importante per tutti e due. E avevamo una voglia pazza l’uno dell’altra.
Eppure non fu così semplice riprendere la nostra vita intima. Dopo le esperienze che avevamo fatto entrambi in vacanza, ricominciare la nostra usuale squallida routine di infrattamenti in 126, succhiamelo che dopo te la lecco (o viceversa), era assolutamente impensabile. Ognuno dei due voleva dare il meglio di sè all’altro, voleva ripercorrere i limiti estremi delle proprie esperienze con l’altro, e se possibile superarli.
E poi, parliamoci chiaro, io Patrizia me la volevo scopare. I tempi erano ormai maturi. L’idea di continuare a far passare mese dopo mese in attesa dell’occasione giusta per deflorarla non mi stuzzicava proprio. Per cui, mi sono informato attraverso il tam-tam dei colleghi universitari, tutti alle prese con problemi analoghi (a Medicina lo definiscono un problema di endoscopia, alla romana, col punto interrogativo: “E ‘ndo scopia? “). Scoprii così l’esistenza di questa anonima palazzina della periferia romana dove sia giovani coppie alle prese col problema di “endoscopia”, sia coppie meno giovani in cerca di clandestinità, celebravano i loro incontri amorosi.
Era lì, alla Casina, che in quel momento stavamo scopando.
Sì. Mi rendo conto che un albergo per coppie non è il massimo della poesia. Però era sufficientemente pulito, e il prezzo era abbordabile. Per un paio di volte al mese, di media, avevamo così la possibilità di fare degli incontri di sesso infuocatissimi, che compensavano il sesso mordi e fuggi cui l’angusto abitacolo dell’utilitaria ci costringeva nelle altre occasioni.
In quel momento Patrizia mi stava sopra a cavalcioni. Faceva tutto lei. Io mi limitavo a starmene supino. Le piaceva molto questa posizione (in sei mesi le abbiamo provate praticamente tutte… almeno quelle principali). Oltre a mantenere il controllo della situazione, messa così riusciva a contrarre i muscoletti interni della vagina e l’effetto combinato del pompamento interno e del suo cavalcare su e giù o avanti e indietro erano una vera delizia per il mio cazzo. Patrizia sapeva dosare magistralmente gli stimoli per tenermi in eterno col cazzo durissimo e sull’orlo dell’orgasmo, e nel frattempo riusciva a procurarsi per lei tutto il godimento che voleva. Si divertiva a tenermi in sospeso finchè quasi la imploravo di farmi venire.
Eravamo proprio in un momento di questi, quando se ne uscì dicendo “Lo sai che mi sono sentita con Piero al telefono? ” Studiava attentamente le mie reazioni, mentre continuava a roteare il bacino regalandomi un massaggio delizioso con la figa.
Non era la prima volta che Piero veniva chiamato in causa, in quelle stanze. Capitava spesso che Patrizia rievocasse le sue esperienze estive, a volte su mia precisa richiesta. Venivo così a conoscenza di nuovi ed inediti particolari. Ogni volta, a risentire le sue peripezie erotiche, mi eccitavo come un maiale, così come si eccitava lei a ricordarle. Ne venivano fuori dei momenti caldissimi. Non era difficile capire che era ancora molto attratta da Piero. Tra l’altro lei lo confessava candidamente. Mi diceva sempre che le sarebbe piaciuto tantissimo farsi scopare da lui, e riusciva sempre a strapparmi la promessa che se fosse capitata l’occasione non mi sarei opposto.
Continuò a parlare.
“Finalmente l’ho convinto. Verrà a trovarci, la settimana prossima. Resterà un paio di giorni a Roma. Sei contento? ”
Era abbastanza chiaro quello che avrebbe significato questa visita. Io non risposi, ma il mio cazzo ebbe un sussulto d’eccitazione. Patrizia se ne accorse e non riuscì a nascondere un sorriso mentre continuava a cavalcarmi e a fissarmi negli occhi. Il suo tono era sempre più sensuale e provocante
“Lo sai, Fabio, che io voglio scopare con lui, vero? …. E non solo scopare… voglio fare tutto… voglio fargli tutto quello che vuole e farmi fare tutto quello che vuole… voglio chiudermi in una stanza da sola con Piero per un intero pomeriggio a fare la troia con lui… tu non hai niente in contrario, vero amore? ”
Io non ce la facevo a rispondere. Ero talmente eccitato che riuscivo solo a gemere rumorosamente. Ero a un millimetro dall’orgasmo. E Patrizia mi diede il colpo di grazia. Si chinò in avanti, con la bocca a un centimetro dalla mia, e mi sussurrò, continuando a pomparmelo con la fica,
“E poi… il giorno dopo… voglio fare una cosa in tre… con te e lui insieme… non è un idea eccitante? ”
Fu un orgasmo di un’intensità paurosa. Per tutti e due, visto che anche Patrizia era riuscita, con grandissima abilità, a manovrare le cose in modo di venire anche lei, in contemporanea.
Cinque minuti dopo, mentre eravamo stesi ancora ansimanti, abbracciati, Patrizia riprese il discorso.
“Fabio, sei sicuro che non ti scoccia? Non vorrei approfittarmene troppo a chiederti certe cose in… certi momenti. Sei sicuro che non ti scoccia se mi faccio scopare da Piero? ”
Aveva parlato con voce molto dolce e affettuosa. Le carezzai i capelli e le risposi.
“Sinceramente un po’ mi secca perdere l’esclusiva sulla tua fighetta. Ma non è un grosso problema. Ormai lo so che o Piero ti piace, e so che hai voglia di divertirti con lui. Dopo quello che è successo quest’estate non vedo che ragione avrei a tirare fuori obiezioni. Anzi, sono contento per te. ”
“Oh Fabio! Ti amo! Ti amo pazzamente! ” Mi abbracciò e mi baciò commossa.
Passò ancora qualche minuto, e mi chiese, stavolta con voce maliziosetta:
“E… l’idea di me che scopo con Piero… ti eccita? “. Nel frattempo aveva fatto scivolare le mani verso il basso e aveva cominciato a toccarmi.
Provavo le stesse sensazioni dell’estate passata. Quella specie di farfalla impazzita che si agitava nello stomaco, e quell’incredibile, inspiegabile, irrazionale arrapamento. Confessai, d’un fiato:
“Sì. Mi eccita. ”
Patrizia mi sorrise, con lo sguardo che diceva “me l’aspettavo” e si chinò con la testa verso il mio cazzo. Cominciando a darmi succhiatine e leccatine disse “E allora pensaci… fai mente locale… immaginati la scena…. lui che mi monta sopra… il suo cazzo enorme e durissimo… la mia passera aperta e bagnata che lo aspetta… lui che entra … che si fa strada dentro di me… sempre più in fondo… che mi allarga… mi apre… che pompa su e giù selvaggiamente… per ore e ore… facendomi impazzire di piacere… e che alla fine mi schizza dentro… “.
Il lavoro della sua bocca, sia nel darmi piacere, sia nell’evocare quegli scenari, fece presto effetto. Nel giro di qualche minuto avevo il cazzo di nuovo in splendida erezione, e Patrizia lo stava ammirando soddisfatta.
“Sono proprio contenta che tu non faccia storie per Piero. Voglio darti un premio. Ti va di incularmi, amore? Credo proprio che te lo meriti… ”
Naturalmente non avevo niente da obiettare. Ma non era poi un regalo così speciale. Da quando era tornata dalla vacanza Patrizia mi aveva concesso il culo con una certa regolarità, e tanto lei quanto io avevamo acquisito l’esperienza necessaria per trarne il massimo del piacere. Ho l’impressione che Patrizia fosse convinta dell’opportunità di mantenere il suo buchino in costante allenamento. Non faceva mai passare troppe settimane tra una visita e l’altra al suo culetto. E io sono sempre stato ben lieto di darle tutto “l’allenamento” che desiderava.
La stavo inculando di gran carriera. Lei era stesa a pancia sotto, gambe spalancate, con un cuscino che la teneva appena sollevata all’altezza del bacino, in modo da rendere il suo buco più accessibile. Si stava visibilmente godendo l’inculata. Ad un certo punto mi appoggiai su di lei con tutto il peso del corpo, rallentendo ma non interrompendo il ritmo dei miei colpi. Avvicinai la mia bocca al suo orecchio sinistro, e le sussurrai, con un pizzico di ironia. “Amore, io sto apprezzando con gusto il tuo premio. Il tuo culetto è sempre un sogno. Ma è sicuro che tu non voglia in realtà preparare il tuo delizioso buchino a ricevere come si deve un ospite la settimana prossima? “.
Gemette di piacere al pensiero. “è vero… mmmhhh… non ci avevo pensato… e allora datti da fare amore mio… allargami per bene… rendi il mio culetto accogliente… che forse presto avrò un ospite… un ospite importante… un ospite molto molto grosso… “. Non mi feci pregare.
***
Quando il martedì mattina successivo Piero uscì dagli arrivi nazionali di Fiumicino, lo riconobbi subito, prima ancora che Patrizia lo chiamasse con entusiasmo. Era un gran bel ragazzo. Non so perchè, ma la cosa mi rallegrò. Forse ci sarei rimasto male se Patrizia avesse dedicato tutte quelle attenzioni ad un ragazzo qualunque. La cosa che mi colpì di più furono i suoi occhioni azzurri e l’espressione tranquilla ed innocente, una via di mezzo fra Kim Rossi Stuart e Niccolò Fabi.
Abbracciò Patrizia, che gli era corsa incontro, sorridendo e baciandola su entrambe le guance. Poi si rivolse verso me, che nell’imbarazzo del momento, mi ero limitato a porgergli la mano. “Fabio! ” disse entusiasta “Finalmente ti conosco di persona! “. Ignorò la mia mano tesa e mi abbracciò commosso, baciando anche me su entrambe le guancie. Come un caro amico, un fratello, che si rivede dopo tanto tempo.
Rimasi annichilito da tanta dimostrazione di affetto. Ma la cosa che più mi lasciò sorpreso e che non trovai traccia, nel suo sguardo o nei suoi modi nei miei confronti, di qualsiasi messaggio tra le righe del tipo “Amico, mi sono già goduto la tua ragazza questa estate e ora sono venuto a scoparmela alla grande”. Non so se io stesso al posto suo mi sarei trattenuto.
Lo accompagnammo insieme al suo albergo, il Forte Agip sull’Aurelia, appena dentro l’Anulare, e fissammo l’appuntamento per le due e mezza del pomeriggio. Saremmo andati a prenderlo insieme, io e Patrizia, e poi io li avrei accompagnati entrambi a scopare, salvo tornare a prenderli alle otto. Poi tutti e tre a cena fuori insieme. Bel programmino.
Un programmino che mi ero organizzato per condire con un paio di piccole sorprese. Ammetto che fu infantile da parte mia, ma non tolleravo di subire passivamente il programma stabilito da loro due. Volevo in qualche modo esserne partecipe. Era lo stesso istinto che mi mosse l’estate prima, quando Patrizia mi telefonò per annunciarmi la sua prima infedeltà e io insistetti per parlare con Piero e dargli dei consigli.
La prima sorpresina fu la Mercedes. La Mercedes bianca fiammante di cui mio padre è follemente geloso. è la macchina dell’azienda e lui la usa solo per rappresentanza. Ma tra me e mio padre c’è un bellissimo rapporto basato sulla stima e la fiducia reciproca. Se io gli chiedo la Mercedes in prestito, lui me la da. è pacifico. Non sta lì a chiedermi, ma perchè? A che ti serve? (“Devo accompagnare Patrizia a scopare con un altro… ” sai che scena? ). No. Lui ha fiducia in me. Se gliel’ho chiesta, vuol dire che mi serve. E lui me la presta. Punto.
Ero talmente sicuro di questo, che nemmeno gliel’ho chiesta. Perchè fargli perdere tempo, con tutto quello che ha da fare, pover’uomo? Ho preso le seconde chiavi, quelle che lui tiene nascoste nel secondo cassetto del comodino, insieme ai calzini. E sono andato così a prendere Patrizia in Mercedes.
Che senso aveva tutto ciò? Non lo so spiegare. Mi sembrava più dignitoso da parte mia. Volevo dimostrare che… boh, non lo so. Volevo dimostrare qualcosa. Non riesco a esprimerlo meglio.
Quel pomeriggio il cielo era carico di nuvole nere e pioveva a dirotto. Patrizia entrò nella Mercedes chiudendo l’ombrellino con un gesto aggraziato. “Ehi, Fabio, che lusso! ” La Mercedes aveva fatto colpo. Ma nemmeno un centesimo di quanto mi stava facendo colpo lei. Era bellissima. Dolorosamente bellissima, date le circostanze. Sotto l’impermeabile lucido nero indossava un vestito rosso bordeaux appena sopra il ginocchio. Portava delle calze velate nere. Era truccata divinamente e sfoggiava due eleganti orecchini sotto i capelli raccolti. Una collana di perle le adornava il collo perfetto.
Ero rimasto incantato. Patrizia se ne accorse e mi sorrise. “Come mi trovi? Pensi che piacerò a Piero? Pensi che avrà voglia di scopare con me? ”
Non attese la mia risposta. Disse “Guarda qua… ” e cominciò a far scorrere l’orlo del vestito sulle cosce. Portava il reggicalze. Mio dio, mi girava la testa. “Che te ne pare, Fabio? Mi trovi abbastanza sexy? “. Non trovavo le parole. Lei continuava a scoprirsi. Notai che i ganci del reggicalze passavano sotto le mutandine. Si era sistemata in modo da potersele togliere rapidamente e rimanere a farsi scopare in calze e reggicalze. Questa sola idea mi faceva mancare il fiato. La sua fighetta… la vedevo in trasparenza sotto le mutandine. Si vedevano le labbra sporgere tra i peli e c’era un lieve alone di umidità sulla stoffa.
“Sei… eccitata? ” Riuscii a chiederle con la voce strozzata.
“Molto eccitata… si vede? Questa situazione è estremamente arrapante… il mio ragazzo che mi accompagna in Mercedes a scopare con un altro… per tutto il pomeriggio… Fabio, non vedo l’ora. Ti giuro, non vedo l’ora… ”
Mentre lei si risistemava il vestito, io, d’impulso, aprii il finestrino e tirai fuori la testa, col viso verso l’alto, sotto la pioggia battente. Quando la rimisi dentro, completamente fradicia, Patrizia mi sorrideva ironica. “è bello sapere di fare un certo effetto al proprio ragazzo… ”
“Mi fai impazzire… ”
“… E il trucco come ti sembra? Sto bene? ”
“Sei perfetta… forse hai appena esagerato col rossetto… ”
Fece un risolino. “è vero! è un’idea che ho avuto all’ultimo momento… Sai che ho pensato? è la prima cosa che voglio fare a Piero appena siamo soli. Mi inginocchio, glielo tiro fuori e gli dò un tenero bacio sul cazzo. Voglio lasciargli l’impronta delle mie labbra. ”
Mi sentivo svenire. “… e poi? ”
“…. mmmh… mi metto a leccarlo e a succhiarlo. Voglio fargli subito capire che intenzioni ho. Voglio che capisca subito che io sono lì per essere la sua troia, e voglio che lui mi consideri la sua troia. Dio… non vedo l’ora… Dai Fabio, andiamo. Metti in moto. Non possiamo restare tutto il pomeriggio qui. ”
Misi in moto e partii, con le mani che mi tremavano e la testa che mi girava. Patrizia continuava a parlare.
“Sai, Fabio? Sono giunta alla conclusione che una donna non potrà mai essere completamente troia con il proprio uomo. Può farlo solo con un amante… ”
“Bella sfiga… ” commentai con un filo di voce.
“Perchè mai? Anche tu potrai avere delle donne per le quali sei un amante. Mica ti faccio problemi. Il mondo è pieno di donne pronte a fare follie per te, ne sono certa”.
Sicuro. Pieno di grandi bellissime gnocche pronte a fare le troie per me. Ma di Patrizia, cazzo, ce n’è una sola.
Mormorai un bestemmione rabbioso. Il cielo mi rispose con violento tuono. Io mormorai un altro bestemmione. Se credeva di spaventarmi così…
Contuinuai a parlare con Patrizia. “E… dopo che glielo succhi… ? ”
“Mah… non lo so. Non ho preparato una scaletta dettagliata. Quello che viene, viene. Dipende anche da quello che vuole fare lui. ”
“Hai intenzione di dargli anche… il culetto? ”
Le si accesero gli occhi. “Perchè no? L’estate scorsa al mare è stato meraviglioso farmi inculare da Piero… ancora mi bagno se ci ripenso… e comunque mi sono attrezzata per ogni evenienza… “. Armeggiò dentro la borsetta e ne trasse il tubetto di cremina lubrificante, mostrandomelo orgogliosa.
Non era il caso di approfondire oltre.
Piero ci aspettava davanti al suo hotel. Non sembrò particolarmente impressionato dal macchinone, evidentemente era abituato alle auto di lusso. Si sedette sul sedile dietro, allegro e cordiale come al solito, e sparò un commento sul tempo. “Come piove! Non è certo la giornata ideale per andarsene in giro… “.
“Per niente. ” Risposi. “In giornate come queste è meglio andarsi a chiudere da qualche parte al coperto… ”
“è proprio quello che stiamo per fare io e Piero… ”
La mia era la tipica risposta luogo comune. Tipo “non ci sono più le mezze stagioni… “. Patrizia mi aveva riportato brutalmente al presente.
Proseguimmo il viaggio in silenzio. Finchè Patrizia mi chiese. “Ehi Fabio, ma sei sicuro che questa è la strada giusta? ”
“Fidati di me, tesoro… ”
Non era per niente convinta. Mi guardava con malcelato sospetto mentre guidavo. Piero intanto osservava incuriosito dai finestrini le strade di una città che non conosceva.
“Fabio, qui siamo all’EUR, la Casina è dall’alt… ”
“Patrizia, ti prego. Ho detto: fidati”
Era sempre più sospettosa, stava veramente cominciando a pensare che avevo cambiato idea e le avrei fatto saltare il suo pomeriggio di sesso con Piero. Quando mi fermai al parcheggio di fronte all’entrata dello Sheraton Hotel, Patrizia sbottò. “Allora, Fabio. Cosa stai combinando? “.
Era in arrivo la seconda sorpresina.
Tirai fuori una specie di piccolo depliant. Al suo interno, in una tasca ricavata nel cartoncino, c’era un oggetto a metà tra una carta di credito e una scheda telefonica. Era una delle chiavi magnetiche con le quali la maggior parte degli alberghi di lusso ha sostituito le vecchie chiavi metalliche. La consegnai a Piero.
“Stanza 311. Terzo piano. E buon divertimento. ” Sorridevo mentre loro due mi guardavano increduli. Era il mio momento. Concessi qualche ulteriore spiegazione.
“Mi sono permesso di prendervi una stanza. Cerca di capire, Piero, ho proprio pensato che una ragazza della classe di Patrizia meritasse uno scenario più adeguato di uno squallido albergo per coppie, per la prima volta che si fa scopare da un altro. Non sei d’accordo? ”
L’imperturbabile Piero era allibito. Riuscì appena ad annuire.
Continuai. “Naturalmente ho già provveduto a saldare il conto. Non c’è neanche bisogno che passiate a restituire la chiave. Sono usa e getta… Beh, che aspettate? Andate a divertirvi. Ci vediamo qui alle otto. ”
Patrizia mi guardava commossa. “Fabio… ” mormorò, incapace di continuare. Piero invece disse “Fabio, sei un mito! Hai veramente classe! ”
Mi salutarono con calore e scesero dalla macchina, stretti sotto l’ombrellino di Patrizia. Prima di scomparire dalla vista, Patrizia si girò di nuovo verso di me, mi sorrise affettuosa e mi mandò un bacio con la mano. Mi amava. E io l’amavo. Questo era importante. Quel pomeriggio se la sarebbe scopata Piero. ‘Sti cazzi! Io me l’ero già scopata tante altre volte e avrei continuato a farlo per tutta la vita. “Divertiti, Patrizia, amore mio! “, mormorai tra me mentre loro, abbracciati teneramente, entravano nell’hotel.
Quello scherzo dello Sheraton mi era costato svariati bigliettoni. Attraverso il cugino di un mio amico, che lavorava allo Sheraton, ero riuscito ad accroccare tutto, dicendo che volevo fare una sorpresa alla mia ragazza (lasciando intendere, ovviamente, che sarei stato io a scoparmela nell’ambiente di lusso). Pare che non fossi il primo ad avere un’idea del genere, e che il personale riusciva a sistemare la cosa di nascosto dai capi ad un prezzo abbordabile, a patto di lasciare la stanza per le otto. Per fortuna, quel tizio non era di turno dopo pranzo, e nessuno sarebbe riuscito a ricostruire il fatto che in camera con Patrizia non ci sarei stato io, bensì Piero.
Passai un tremendo pomeriggio. Le otto non arrivavano mai. La soddisfazione per averli sorpresi con lo Sheraton si rivelò abbastanza fatua. Appena dieci minuti dopo, infatti, mi sembrò una cosa ridicola e inutilmente dispendiosa, mentre cominciarono a volarmi nella mente immagini di quello che Patrizia e Piero probabilmente stavano facendo in quel momento, sul letto di quella camera lussuosa che tanto generosamente io stesso avevo loro offerto. Il vecchio amico pipistrello, che avevo conosciuto l’estate precedente, torno ad agitarsi nel mio stomaco. E il cazzo, ogni volta che pensavo loro due, era dritto o duro.
Vagai senza meta sotto la pioggia, bruciando mezzo serbatoio della Mercedes. Verso le sette smise di piovere e il vento girò a tramontana, sgombrando il cielo dalle nubi. Alle sette e mezza ero al parcheggio dello Sheraton, ad aspettarli.
Alle otto uscirono puntualmente dall’albergo. Patrizia aveva un sorriso radioso e soddisfatto. Piero era altrettanto sorridente, ma sembrava un po’ provato e barcollante.
Mi salutarono entrambi con calore appena salirono in macchina, Patrizia a fianco a me e Piero di dietro. Cercai di rompere subito l’imbarazzo, forse più il mio che il loro.
“Cosa mi dite? Come era la stanza? ”
“Era perfetta, Fabio” rispose Piero.
“C’era anche un bel televisore” aggiunse Patrizia “ma sinceramente non ne abbiamo avuto bisogno… ”
“Vi siete divertiti, allora… ”
“Tantissimo” rispose Patrizia con un sospiro, e aggiunse miagolando “Piero è stato eccezionale… veramente super… “. Non lo mettevo in dubbio. Ma era evidente che Patrizia stava calcando i toni per provocarmi.
“E Patrizia come è stata? ” chiesi a Piero.
Piero mi strizzò vistosamente l’occhio dallo specchietto e poi rispose, serio “Beh… insomma… “. Quella titubanza fece spalancare gli occhi a Patrizia per la sorpresa. Io stetti al gioco.
“Non è questo granchè vero? … ”
“Che dirti, Fabio… ” Piero simulava divinamente un certo imbarazzo “non è neanche così malvagia… si vede che fa del suo meglio… però alla fine… stringi stringi… ”
“Non sai quanto mi dispiace… ma ti capisco benissimo… sai, è la mia ragazza, io le voglio bene, e me la tengo così… però… ”
“Per te è un altro discorso. Tu te la ritrovi sotto casa. Ma io ci sono venuto da Milano… l’aereo, l’albergo…. ”
“Non ne è valsa la pena, vero Piero? ”
“Insomma… ma dimmi Fabio, non è che hai sottomano un paio di tipe come si deve? Magari dopo cena accompagnamo lei a casa e ci andiamo a divertire un po’… ”
“Chissà? … Qualche numero di telefono interessante devo ancora avercelo da qualche parte… ”
Eravamo riusciti a restare perfettamente seri per tutto il dialogo. Patrizia non riusciva a spiccicare parola e continuava a girare la testa di scatto da me a Piero e viceversa, sempre più incredula ad ogni parola che ascoltava.
Alla fine sillabò gelida “Fatemi subito scendere da questa macchina. ”
Io e Piero scoppiammo a ridere all’unisono. Patrizia incalzò “Siete due vermi. Non vi voglio più vedere. Non voglio più sapere nemmeno che voi due esistete. Andate a fare in culo. ”
“Ma dai, Patrizia… era chiaro che stavamo scherzando… ”
“Vi odio. Scomparite per sempre dalla mia vita. ”
Ci volle tutto il tragitto fino al ristorante per placarla. Io e Piero passammo quei minuti a farle i complimenti più adulatori che una donna abbia ricevuto dai tempi della dea Venere. Ogni parte del suo corpo fu debitamente incensata, dall’unghia del mignolo del piede alla punta dell’ultimo capello. Il suo fascino, il suo sex appeal e le sue abilità sessuali ricevettero un panegirico immortale. Lei ci ascoltava indifferente continuando a dimostrarci sommo disprezzo.
Quando arrivammo al ristorante, ci interruppe secca. “Ora piantatela. Andiamo a mangiare. Ho fame. ” E, senza riuscire a trattenere un sorrisino, aggiunse “… E non vi azzardate a farlo più. Sono stata chiara? ” Io e Piero la rassicurammo e lei, alfine, ci perdonò. “Che scemi… ” sussurrò ridacchiando.
Avevamo prenotato da Checchino a Testaccio. La scelta, basata su mia proposta, era dovuta a due considerazioni. La prima era che giustamente volevamo fare assaggiare a Piero qualche piatto della cucina tradizionale romana. E, secondo me, è difficile trovare di meglio quanto a questo. La seconda invece derivava dal fatto che era Piero a offrire la cena (e ci mancava pure… ). Capite, da Checchino si mangia una favola, ma al momento del conto arrivano delle mazzate notevoli.
Per buona parte della serata la conversazione fu incentrata sull’eterna querelle sugli “Spaghetti alla Gricia”, che da sempre divide me e Patrizia. Io infatti sostengo, con pacatezza e ragionevalezza, che trattasi di una Carbonara senza uovo. Patrizia invece, con il puntiglio e lo spirito di contraddizione che tutti ben conosciamo, propugna inspiegabilmente la tesi insensata per cui trattasi di una Amatriciana senza pomodoro.
Piero si divertiva da matti a vederci discutere, anche se non capiva il senso della discussione. Non lo capivo nemmeno io, a dire la verità. Comunque gli Spaghetti alla Gricia erano come sempre la fine del mondo.
Verso la fine della cena, mentre “amazzavamo” il caffè con l’amaro “Roma” (squisito, ormai praticamente introvabile), fu Piero a portare un nuovo argomento di discussione. Portò una mano in tasca e ne estrasse una bustina contenente alcune foto. Le porse a Patrizia. “Vedi se ti ricordano qualcosa… ”
Patrizia le afferrò incuriosita e cominciò a sfogliarle. Saranno state cinque o sei. Si interruppe subito. Arrossì e mormorò un “Oohhh! ” a metà tra l’imbarazzo e la sorpresa. Studiò le foto con gli occhi spalancati e le restituì in silenzio a Piero. Ero incuriosito. Tesi la mano verso Piero e lui mi porse le foto. Patrizia sembrava preoccupata.
Osservai la prima foto. Una ragazza nuda, carponi su un letto, inquadrata da dietro, che con le mani si allargava le chiappe, esponendo oscenamente i suoi buchi. Un bel culo. Lo conoscevo bene quel culo. Era il culo di Patrizia.
Mi ricordai vagamente che Patrizia mi aveva raccontato di quella famosa notte dell’estate scorsa, quella in cui ebbe rapporti di vario tipo con tre amici di Piero prima di offrire il suo culetto semi-vergine alla penetrazione del suo grosso cazzo. Aveva accennato al fatto che in quell’occasione Piero aveva scattato alcune fotografie. Erano quelle che avevo in mano. Nel momento immortalato, Patrizia stava offrendosi. Le sue mani, che divaricavano le chiappe, sembrava dicessero “Piero, inculami. ”
Avevo più volte immaginato, anche eccitandomi, quello che successe quella sera in quella stanza d’albergo. Ma in qualche modo, nella mia mente, era rimasta una cosa così, quasi una fantasia. La prova visiva, l’evidenza, la concretezza reale di quel letto, di quelle mura, di quella stanza, mi colpì come un pugno allo stomaco.
La seconda foto inquadrava Patrizia più da vicino. La terza era un primo piano dei suoi buchi. Si vedeva benissimo la fighetta. Era schiusa, bagnata. Eccitata. Stava offrendo il culo a Piero ed era eccitata come una cagna in calore.
Ma furono le tre foto successive a torcermi veramente le budella. Quelle, ormai lo ricordavo, prese dopo. Dopo che era stata lungamente inculata da Piero, e poi anche dal suo amico Giorgio. La quarta era la corrispondente della prima, versione “dopo la cura”. Il letto era sfatto. I capelli di Patrizia (il viso era nascosto) in disordine. In un angolo della foto si vedeva la coscia pelosa di un uomo, Giorgio presumo, seduto sul letto. Irrazionalmente, fu il particolare che mi diede più fastidio. Quel tizio che se ne stava là, tranquillamente seduto, dopo essersi svuotato le palle nel culo della mia Patrizia (e poco prima quella stessa sera aveva fatto lo stesso nella sua bocca), mi dava una rabbia incontrollabile.
Le altre due foto erano uno zoom sul buco martoriato di Patrizia. Soprattutto l’ultima era da infarto. Non era la prima volta che vedevo il buco del culo di Patrizia dopo una ricca inculata. Ma ero sempre stato io a provocare quello stato e ne ero sempre stato perversamente orgoglioso. Stavolta no. Stavolta non erano mie le tracce di sperma perlaceo che si intravedevano in fondo all’orifizio, così slargato che dava l’impressione di poter accogliere una moneta da cento lire, di piatto, senza alcun problema.
E, sotto, la fica. Sapevo che, mentre Giorgio la sodomizzava, Piero gliela aveva leccata fino a portarla all’orgasmo. Anche la fica era aperta, bagnata, esposta. Nessuno avrebbe creduto che si trattasse di una figa vergine. Sembrava il figone slabbrato di una troia navigata. Il pipistrello nello stomaco si agitava di gran lena.
Alzai gli occhi e fissai Patrizia. Lei abbassò lo sguardo e arrossì di imbarazzo e di pudore. Pochissime volte le avevo visto quell’espressione. Restituii le foto a Piero e bevvi una lunga sorsata di amaro.
“Roba forte, eh? ” disse Piero. “Vi confesso che mi sono masturbato decine di volte con queste foto”
“Eppure” risposi fingendo noncuranza “probabilmente hai assistito allo stesso spettacolo appena qualche ora fa… ”
Piero e Patrizia si guardarono istintivamente, con complicità. Se avevo qualche dubbio, ormai era fugato. Quel pomeriggio Piero l’aveva anche inculata. Me l’aspettavo, ma il pipistrello ebbe comunque un sussulto.
“Chi altro ha visto quelle foto, Piero? ” indagò Patrizia.
“Praticamente nessuno… le ho mostrate a Giorgio, ma tanto lui era presente… e poi le ho fatte vedere a Luigi e a Luca. Non volevano credere a quello che era successo. Quando hanno saputo che eri disposta a farti inculare anche da loro, ma che erano così sbronzi da non reggersi in piedi, sono impazziti. Volevano tornare indietro. ”
“Dici davvero? ” Patrizia era lusingata. L’imbarazzo stava rapidamente svanendo.
“Come no. A proposito! Ti porto i saluti di tutti e tre. I saluti e un invito. Giorgio ha una casetta in montagna, verso il Tonale. Vogliono sapere che ne diresti di venire a passare un weekend con noi quattro… ”
A Patrizia brillarono gli occhi. L’idea di passare quarantotto ore a farsi scopare e chissà che altro da quei quattro non le dispiaceva per niente. Rispose “Mah… non so… potrebbe essere complicato da organizzare” e guardava me con la coda dell’occhio.
“Per nulla” sostenne Piero. Si rivolse a me. “Col treno o con la macchina potete essere a Milano in tarda mattinata. Poi noi partiamo. Per domenica pomeriggio ti riporto Patrizia e la sera siete di nuovo a casa. Che ne dici, Fabio? ”
“E io, che cazzo resto a fare due giorni a Milano? ” chiesi, un po’ irritato.
“Resti con la mia ragazza Vanessa. Anche lei ha un appartamentino sul lago di Como. Gli ho parlato di te già dopo questa estate. E anche prima, al telefono. Si è messa in testa che ti si vuole fare a tutti i costi. Non è tipa da cambiare idea facilmente. è una gran figa sai? ” e tirò fuori dal portafogli una foto. Una bionda mozzafiato che prendeva il sole in topless. Anche il pezzo sotto del costume era così succinto che… come se non ci fosse. Sugli occhi portava un paio di rayban scuri che le davano un aria vagamente snob.
Quella bionda mi si voleva scopare a tutti i costi. Cazzo! Non era un pensiero che mi rattristava. All’idea di Patrizia per un intero week-end nelle mani dei quattro bonazzi milanesi il pipistrello continuava a svolazzarmi nello stomaco. Ma anche un altro volatile, appena un palmo più sotto, stava maestosamente decollando.
“Allora? Che ne pensi? ” volle sapere Patrizia.
“Mica è così giusto, però… tu quattro maschioni, io una ragazza sola… ”
“Dammi retta, Fabio” intervenne Piero. “Vanessa da sola in un weeekend è in grado di ridurti una larva. Lo dico per esperienza. Se insisti, Vanessa è in grado anche di coinvolgere in un attimo due o tre amiche. Ma te lo sconsiglio vivamente. Conosco le sue amiche… tutte grandi fighe, per carità… ma quando sono insieme e hanno un maschietto per le mani si divertono a ricorrere a dei giochini particolari… non sempre piacevoli, se uno non ci è abituato… Credimi, Vanessa basta e avanza… ”
Patrizia attendeva il mio responso. La guardai serio. “Vuoi veramente tornare a farti ridurre in quello stato? ” e accennai alla bustina con le foto che giaceva sul tavolo.
“Anche peggio, se è per questo” rispose decisa. “In fondo lì erano solo in due… e in un buchino solo. Ora sarebbero in quattro… ed in entrambi i buchi… ”
Intervenne Piero. “Potremo fare altre foto. Anzi, posso portare il camcorder. In un weekend giriamo tre o quattro videocassette senza alcun problema… ”
“Stupendo! ” Patrizia era entusiasta. “Poi ce le rivediamo insieme! Non è eccitante, Fabio? Scommetto che moriresti di libidine a vedermi all’opera con tre ragazzi contemporaneamente. ”
“Quattro… ” la corressi distrattamente.
“Tre! ” Insistette puntigliosa “uno deve tenere la telecamera… ”
Mi arresi. “E va bene. Ci sto. Verremo a scoparci tutta la cazzo di Padania! ” Piero e Patrizia accolsero la mia uscita con un sorriso.
Finita la cena, portammo Piero a fare una passeggiata per il centro storico. Fontana di Trevi, il Corso, il Pantheon, sosta obbligatoria per il caffè al Sant’Eustachio, piazza Navona. Malgrado il freddo polare, la tagliente tramontana e le strade ancora bagnate della pioggia del pomeriggio, c’era parecchia gente che circolava, passando da un locale all’altro.
Notai con piacere che Piero era colpito dalle bellezze e dalla atmosfera della Roma by night. Sentii un impeto d’orgoglio per la mia città.
Durante tutta la passeggiata, Patrizia restò al mio fianco, sottobraccio. Si comportò spontaneamente come ci si aspetta che si comporti la ragazza di qualcuno, sempre vicina, affettuosa, tutte quelle piccole cose, insomma. Non so se lo fece apposta per rassicurarmi o se fu spontaneo da parte sua, ma in entrambi i casi la cosa mi fece molto piacere. Nè mi sembrò che Piero fosse particolarmente infastidito dal fatto di apparire, per qualsiasi osservatore esterno, il reggimoccolo della situazione.
Presto il freddo ci indusse a interromper la passeggiata a piedi. Ripiegammo così su un tour in auto. Feci tappa prima sul Gianicolo, poi salimmo verso Monte Mario, sulla famosa terrazza dello “Zodiaco” dove parcheggiammo e scendemmo tutti e tre ad ammirare dall’alto le luci di Roma in quella fredda e umida, ma limpida, serata primaverile. Il vento di tramontana ci scompigliava i capelli.
Mentre Piero ammirava rapito il panorama, Patrizia mi si affiancò e mi chiese sottovoce: “Quanto ci vuole da qui all’albergo di Piero? ”
“Una decina di minuti… ” risposi.
“Puoi fare un giro più largo e metterci una mezzoretta? ”
“Certo… ma perchè? ”
“Voglio mettermi dietro con lui” rispose. Come se questo spiegasse tutto.
Quando tornammo al parcheggio e montammo in macchina Piero fu sorpreso di trovarsi Patrizia al fianco sul sedile posteriore. Ma non sembrò dispiaciuto.
Non avevo ancora messo in moto e già potevo vederli, dallo specchietto, che stavano pomiciando appassionatamente lingua in bocca. Patrizia sembrava scatenata. Si intuiva che stavano entrambi dandosi da fare con le mani, ma non riuscivo a vedere i dettagli. Non era difficile immaginare.
Qualcuno ci guardò incuriosito. Che avete da guardare? Non avete mai visto due che pomiciano in macchina? E io… io sono l’autista… sono un tassista… che volete? E poi, fatevi un po’ i cazzi vostri, ogni tanto.
Appena fuori dal parcheggio, i piani di Patrizia furono più chiari. Armeggiò con la cinta e la chiusura dei pantaloni di Piero. Poi si chinò e la sua testa sparì dalla mia visuale attraverso lo specchietto. Un attimo dopo sentii la sua voce mormorare sospirando “Vai piano, Fabio… non c’è fretta… non c’è nessuna fretta… “.
Incrociai dallo specchietto lo sguardo di Piero. Gli strizzai un occhio. Lui mi rispose strizzando il suo. Poi li chiuse entrambi, concentrandosi sui numeri che la bocca di Patrizia stava eseguendo sul suo cazzo.
Non ero così indifferente come volevo sembrare. Mi sconvolgeva l’idea che a un metro da me Patrizia si stesse sbocchinando giuliva il cazzo di Piero. Anche con molto gusto, almeno a sentire l’ormai familiare sinfonia di mugolii, sospiri e risucchi che arrivava da dietro. Non cedetti mai all’istinto di girarmi a guardare, ma ogni tanto sbirciavo dallo specchietto. Non che riuscissi a vedere qualcosa. Saltuariamente apparivano i capelli neri della nuca di Patrizia. Calcolai che Piero doveva effettivamente avercelo bello lungo, se Patrizia, con la testa all’altezza del torace di lui, Riusciva ancora con la bocca le labbra e la lingua ad essere a contatto con la sua cappella, come i rumorini di sottofondo testimoniavano incontrovertibilmente. Poi la nuca di Patrizia spariva decisa verso il basso e io sapevo che in quei momenti la mia ragazza aveva la bocca piena di cazzo. Del cazzo di un altro. Del cazzo di Piero.
Decisi di fare un giro lunghissimo, uscendo da Roma dalla Flaminia e percorrendo in senso antiorario un quarto d’Anulare per rientrare dall’Aurelia. Questo tragitto si conciliava perfettamente con i tempi che mi aveva richiesto Patrizia e con l’esigenza di ridurre al minimo il rischio che Patrizia potesse avere spettatori indesiderati al suo show da qualche altra macchina che si fosse affiancata in una strada trafficata o ad un semaforo.
Quel pompino sembrava durare un eternità. Capivo che avrebbe richiesto tempo portare Piero all’ennesimo orgasmo della giornata. I minuti passavano lentamente e mentre maturava il piacere di Piero, anche Patrizia sembrava metterci sempre maggiore entusiasmo. Complice anche la mano di Piero. Non potevo esserne certo, ma la posizione della spalla si intuiva che Piero la stava toccando da dietro. E Patrizia sembrava gradire.
Non ce la facevo più. Dovevo distrarmi, pensare a qualcos’altro. Gli spaghetti alla Gricia. Forse Patrizia non aveva tutti i torti. La chiave del suo ragionamento era il guanciale. Nella Gricia e nella Amatriciana va il guanciale. Nella Carbonara va la pancetta. Ma dove sta scritto? Chi mi impedisce di fare una Carbonara con il guanciale? Ed era vero che l’Amatriciana originale non prevedesse il pomodoro? Così i conti tornerebbero. Ma come si colloca in tutto questo discorso il parere di alcuni eretici che sostengono che le origini del piatto risalgano non ad Amatrice, nel reatino, ma a Matrice, nel frusinate, e che la dizione corretta sia appunto Matriciana, come riportano alcuni vecchi menù? Certo che gli spaghetti alla Gricia fanno venire l’acquolina in bocca.
L’acquolina in bocca. Nooo! Perchè avevo pensato questa frase?
Un gorgogliante rumore di risucchio dai sedili posteriori mi riportò al presente. Patrizia gemette forte. Era venuta? Forse. Dio mio. Meno male che eravamo quasi arrivati.
Parcheggiai in un angolo buio vicino all’hotel di Piero. Spensi il motore. Tutti i rumorini erano estremamente più distinti. Aspettai assolutamente immobile. Avrei voluto girarmi a guardare e al tempo stesso non me la sentivo. Non mancava molto. Piero ansimava rumorosamente.
Passarono un paio di lunghissimi minuti e Piero venne con un gemito liberatorio. Patrizia ingoiò i suoi schizzi con tre sonori “gulp”, poi si staccò e sorridendo gli baciò una guancia, come per complimentarsi. Anche Patrizia aveva il fiatone. Passarono altri minuti, con me immobile davanti e Piero e Patrizia che si riprendevano. Poi Piero si richiuse i pantaloni, ci salutò cordialmente e, barcollando vistosamente, se ne entrò nel suo albergo.
Patrizia scese dalla macchina e tornò a sedersi davanti. Mi guardò sorridendo. Aveva la faccia… la faccia di una che ha appena fatto un bocchino. I capelli spettinati, le labbra gonfie e sbaffate… nella penombra queste caratteristiche sembravano addirittura amplificate.
“Ce n’era proprio bisogno? ” le chiesi. Riuscii a mantenere un tono distaccato.
“Oh, Fabio! Non ci crederesti quanto è stato eccitante… più di oggi pomeriggio… tu davanti che guidavi e io che alle tue spalle lo prendevo in bocca a Piero… non riesco ad immaginare niente di più arrapante. Sono venuta due volte mentre lo succhiavo… ”
“Complimenti! ”
“La prima volta mi stava massaggiando il clitoride… ma la seconda non mi stava toccando davanti… mi aveva messo due dita nel culo… non so se sono state le sue dita, o il suo cazzo duro nella bocca, o la situazione… forse tutte e tre le cose insieme… ma è stato un orgasmo da impazzire… ”
Io mi ero arrapato di brutto a sentirla raccontare con tanto entusiasmo. “E… non te la sentiresti di fare qualcosa per me, adesso… ? ”
“Ti prego, Fabio! Non chiedermelo… sono veramente distrutta… ” Non aveva mai funzionato con Patrizia chiederle le cose direttamente. Non funzionò nemmeno allora, anche se aveva un certo imbarazzo a dirmi di no. Per questo si inventò un argomento assurdo.
“… e poi ti voglio in perfetta forma per domani! ”
“Con Piero questo discorso non contava? Pure lui dovrebbe partecipare domani, mi sbaglio? ”
“Beh, non sei contento? Tanto voi ragazzi alla fine la mettete sempre sul piano competitivo… può darsi che in questo modo riesci a sparare qualche colpo in più di Piero… fai una figura migliore, no? ”
“Lasciamo perdere… ”
All’improvviso mi si avvicinò. “Fabio, baciami! ” Era impazzita? Piero le era appena venuto nella bocca! Cercavo le parole per esprimere educatamente la mia perplessità ma lei si fece più vicino. “Fabio… amore mio… ti prego… ho voglia di baciarti… “. Che cazzo!
La baciai. Sapevo che aspettarmi. Mi era capitato di baciarla dopo che aveva spompinato me. Non era così diverso. Un minimo di fastidio, certo, ma sparì in sottofondo quando mi feci prendere dalla passione della pomiciata. Ci baciammo a lungo.
“Ora portami a casa, amore. E niente pippe stanotte, mi raccomando… ”
Niente pippe. Promesso. Non sarà facile.
Tutta la notte in zogno me venite. FINE