Sonia

“Non chiedermi niente, Angelo. Voglio solo piangere”.
Come al solito.
Conosco bene la ragazza a cui avevo aperto la porta.
Sonia, la mia migliore amica.
Ventinove anni come me, abitiamo da sempre nello stesso palazzo.
Ci divide un piano. Lei al quarto, io al quinto.
Siamo nati qui tutti e due, ad una settimana di distanza, prima lei, poi io.
Siamo stati compagni di giochi, di banco, di prima comunione, al mare, inseparabili.
Abbiamo condiviso tutto, tranne le scuole superiori, le vacanze di lei in montagna ad agosto e il militare, visto che io sono stato costretto a farlo e lei, per fortuna, no.
Abbiamo sempre festeggiato insieme i compleanni, con tutti i nostri amici comuni.
Dopo la separazione dei miei genitori e la morte di mia madre, da quattro anni in quell’appartamento al quinto piano vivo solo io. Sonia vive con i suoi e le due sorelle.
Ma quando è in crisi viene sempre qui. Io non ho segreti per lei, e neppure lei per me.
Abbiamo un rapporto molto bello.
Quella sera sapevo bene cos’era successo.
Sonia è una ragazza possessiva e odia, per di più, le mezze misure.
Quando conosce uno, vuole tutto di lui, il suo amore, le sue attenzioni, tutto.
Se ne lamenta sempre con me, dice di dolersi di questo suo atteggiamento, ma non può farne a meno:
“Devo sapere che mi ama, per poterlo amare con tutta me stessa. Non riuscirei mai ad amare uno a mezzo servizio… “.
Chiede molto, ma dà molto in cambio.
Spesso viene da me senza parlare: le serve un posto dove rifugiarsi, ma mi ha sempre dato amicizia sincera, e mi è sempre stata vicina, nei momenti brutti della mia vita: la separazione dei miei, la morte di mia madre, una bella storia finita male con una ragazza che credevo solo mia… e invece era pure di qualcun altro.
Mi ha sostenuto in maniera impagabile.
Quella sera era fradicia di pioggia.
Presumibilmente aveva litigato furiosamente, com’è nel suo carattere.
Il vestito le si era appiccicato addosso, e vidi le sue belle forme sensuali. I bei capelli neri, corti, erano spettinati.

Nonostante la pioggia, su Roma c’era una cappa di calore e di umidità pazzesca.
Era quasi mezzanotte e io non avevo alcuna voglia di dormire.
Al momento in cui Sonia aveva suonato avevo soltanto indosso un paio di jeans e stavo fumando l’ennesima di una lunga serie di sigarette di quella serata balorda.
Non le chiesi nulla. Entrò, si sfilò il vestito bagnato, che raccolsi da terra dietro di lei e sistemai alla bell’e meglio, aperto, sullo schienale di una sedia per farlo asciugare, fece volare le scarpe per la stanza ed entrò in bagno.
Recuperai anche le sue scarpe. Sentii la doccia aprirsi.
La sentii piangere senza alcun freno, e battere i pugni al muro della doccia.
è questo il suo modo di sfogarsi. Dopo, possiamo discutere.
Sospirai. Finii la sigaretta e la spensi in un posacenere prossimo al traboccare.
Lo presi e lo portai in cucina, dove lo vuotai nel secchio della spazzatura.
Poi presi dalla dispensa due bicchieri da long-drink e preparai due Coca Cola con il rhum.
è il nostro drink preferito. Misi il ghiaccio nei bicchieri e li portai in salone.
Un fulmine cadde poco distante, così pensai, perché il tuono che ne derivò fu quasi immediato e fragoroso.
“Cazzo, che serata… “, pensai tra me e me.
Sonia uscì, dieci minuti dopo.
Era calma. Aveva preso in prestito il mio accappatoio, come al solito.
Oramai è un’abitudine, quindi ne tengo sempre uno in più in bagno. I capelli erano ancora bagnati.
Entrò nel salone a piedi nudi.
Prese una sigaretta dal mio pacchetto, se la accese, prese il long-drink e mi disse
“Grazie. Non avessi te… “.
Andò sul divano e si sedette lì, ripiegando le gambe sotto di sé.
L’accappatoio si era aperto e lasciava scoperto parte del suo seno, ma non ci feci caso, come al solito.
Neppure a lei interessava coprirsi. Ci conosciamo da sempre.
Le chiesi:
“Vittorio, vero? “.
“Non voglio più vederlo! “, mi rispose drastica.
Conoscendola, ci credetti.
“Ma questa volta cos’è? “.
“Cos’è? Dopo due anni che stiamo insieme, e non siamo ragazzini, io ho quasi trent’anni, vado a chiedergli cosa dobbiamo fare del nostro futuro e lui sai cosa trova da dire? “.
“No, non lo so. Ma ormai mi aspetto di tutto. In due anni ne avete fatte di tutti i colori… “.
Non passava mese che non litigassero, ma mi sembrava una coppia stabile. Vittorio, trentaquattro anni, un rappresentante, stava fuori per lunghi periodi, e questo faceva soffrire Sonia, la quale, gelosa com’è, non sopportava questi distacchi, ma non sarebbe stato neppure quello il problema.
Se ne stava facendo una ragione.
Sonia voleva bene a Vittorio, lo amava.
Ripeto, Sonia è una ragazza che si dà con tutta sé stessa solo a chi l’ama completamente e incondizionatamente.
Anch’io avevo avuto alcune storie finite male e alla fine ci consolavamo piangendo l’uno sulla spalla dell’altro e viceversa.
Sonia riprese:
“Il signorino ha bisogno del suo ‘spazio vitalè, che significa, in pratica, che il legarsi troppo per lui gli negherebbe quei suoi spazi d’autonomia che invece una relazione da separati gli permette.
Ha detto:
“Ma lo faccio anche per te, perché tu non ti senta oppressà… Hai capito? Eh, no, con me non attacca. Chi si crede di prendere per il culo, quello? ”
“Pensi abbia un’altra? “, le dissi, ma non ne ero convinto neanch’io. Non era il tipo, amava Sonia, a modo suo.
“No, figurati. Poi può darsi di sì, è chiaro, ma non lo credo. è sempre stato corretto, devo essere sincera. Però è il suo ragionamento che non mi va. è troppo comodo avere una relazione e poi non assumersene la responsabilità. Viaggi, hai i tuoi scampoli d’autonomia, vieni a fare il gallo nel pollaio e scopi quando ti va – quando voglio anch’io perché mi conosci, sai bene come sono – e poi ‘Amore, amorè… Amore un cazzo! Se vuoi stare con me devi essere mio sempre, non ad ore… E allora arrivederci e ognuno per la sua strada. “.
“Sì, però tu, scusa, a parte Vittorio, che mi pare un caso eclatante, non vieni incontro parecchio alla gente, lasciatelo dire… “.
‘Lasciatelo dirè era una forma di cortesia. Io lo dicevo e basta: con quel caratterino, Sonia accettava critiche solo da me.
“Ma quale venire incontro? ” sbottò Sonia.
“Alfredo, devo ricordartelo? “.
No, ti prego. Bravo ragazzo, Alfredo, ma troppo fesso.
Mentre stava con Sonia riceveva continuamente telefonate dalla sua ex, che era depressa, si sentiva male, e patapim e patapam, come direbbe Alex Drastico.
Lui, dal canto suo, si confidava con la sua ex, che Sonia era dura, esigente e via lamentandosi.
Morale, siccome era fesso, come detto, e aveva la sindrome del buon samaritano (che è una bellissima cosa, non dico di no, ma in amore è devastante), per consolare l’ex ci finì di nuovo a letto.
Siccome lo conoscevo bene, gli diedi del coglione, ma non per malanimo, bensì per indurlo a svegliarsi.
Insomma, per farla breve, la brava Sonia, che non sopp! ortava un calo d’interesse, figuriamoci il tradimento, mollò il giovanotto, con rabbia e lacrime, perché anche a lui voleva bene.
“Ciononostante, fosti troppo dura con lui. Comunque era troppo buono per stare con te, su quello hai ragione. La sua attenzione si disperdeva in mille cose. Ancora adesso credo che non ti abbia tradito, nel senso vero del termine, ma pensasse di fare un favore ad un’amica… “.
“M’importa nulla. Se era così sollecito a capire i problemi degli altri, perché non lo è stato altrettanto nel capire i miei? “.
Nel frattempo mi ero seduto sul divano.
I suoi occhi blu mi guardavano.
“Ma forse si sentiva in colpa verso la sua ex, e voleva rimanergli amico… “.
“Peggio. Se lasci una persona e ti tieni i sensi di colpa, risolvi i tuoi problemi, prima di coinvolgere qualcun altro nella tua vita… “.
Non potevo darle torto. Ineccepibile… Riprese:
“Ed Enrico? Buono, quello. Aaah, poi Flavio, che era gay e gli servivo perché sarei stata la sua faccia rispettabile? ! “.
“Beh, quello aveva i soldi, ti avrebbe sposata e tu avresti fatto il comodo tuo, era nei patti… “.
“No. A me non mi usa nessuno. E non mi si compra con i soldi. Io mi do solo per amore, ma ne pretendo tanto quanto ne do. Non voglio altro. “.
Mi prese la mano, come facevamo da bambini quando passeggiavamo.
“La verità è che posso contare solo su di te, che non mi hai mai tradito… “.
“Non lo farò mai, Sonia. Sei più di una sorella, per me. “, le dissi.
Si fece seria.
“Guardami”, disse, abbassandosi l’accappatoio dalle spalle e mostrandomi il suo bel seno.
“Guardami, mi trovi bella? Mi hai mai vista? ”
Domanda retorica.
“Sonia, perché mi fai questa domanda? Conosci benissimo la risposta. Siamo cresciuti insieme, da bambini facevamo la doccia insieme, giocavamo al dottore quando eravamo da soli, non ti sei mai vergognata di apparire nuda davanti a me, come neppure mi vergogno io. Entri in casa mia con le chiavi anche quando sono sotto la doccia, a tredici anni ho visto il tuo corpo formarsi, ti ho visto diventare donna. A scuola avevamo il privilegio di essere gli unici a conoscere dal vivo il corpo di qualcuno dell’altro sesso. Ti ricordi le lezioni di scienze? I miei primi sogni erotici li ho fatti su di te, a quattordici anni. Non sapevi come si baciasse e neppure io, ci siamo dati il nostro primo bacio per curiosità… “.
“Sì, ma mi trovi bella? Cosa non ho che altre hanno? “, insistette.
“Sonia, nulla. Tu hai tutto, non hai nulla da invidiare a nessuna. Sei bella, molto bella, e… “.
“Forse perché non faccio la cretina e non passo sopra agli sgarbi? Perché non mi metto a ridere come una deficiente parlando di moda e non chiudo gli occhi sul fatto che magari il mio ragazzo si sta scopando un’altra? Perchè non faccio come Simona, che due giorni prima del matrimonio ha scoperto Gianni a letto con la sua collega d’ufficio e se l’è sposato ugualmente perchè ormai tutto era pronto, e adesso ha le corna che le toccano il soffitto perchè quello stronzo continua a portarsi la collega a letto e Simona viene a piangere da me? Bella deficiente che sei, le ho detto. Un anno fa eri in tempo per liberartene… Tu mi conosci, sai bene, al posto di Simona, il casino che gli avrei armato… fosse dipeso da me, all’altare ci poteva anche andare con quella mignotta, Gianni. “.
Sorrisi. Mi ricordavo ancora quell’episodio.
“E che vuoi, che non lo sappia? Ne saresti stata capace, ci credo…
Ma vedi, è perché… non prendertela… tu sei la ragazza che si ama alla follia o si odia.
Ma per amare te ci vuole molta… molta pazienza”, le dissi io.
“La stessa pazienza che hai tu? “.
“Ma per me è diverso, io sono tuo amico, nessuno ti conosce come me… “.
Si tolse l’accappatoio.
Strisciò su di me e giunse con la sua bocca vicino alla mia.
“Io non ti tradirei mai, lo sai”, mi disse.
“E so che tu non mi tradiresti”.
Le sue mani iniziarono a correre lungo il mio corpo.
“Non devi fare nient’altro che prendermi, cosa aspetti? “.
Oddio, Sonia, ma cosa fai?
Dovevo rimanere lucido, ma il profumo della sua pelle era inebriante.
In più ero sotto shock dalla sorpresa. Il suo tocco era di velluto, non lo ricordavo più dai tempi in cui lei faceva la dottoressa ed io il paziente…
Le sue labbra scesero lungo il mio corpo.
“Non avrei altri che te. Sai che sarei solo tua… ”
“Sonia, ti prego, non vale… “.
“Perché non vale? Non dirmi che non mi hai mai desiderato…. “.
Aveva slacciato i jeans.
Stava baciandomi il pube e mi provocava scariche in tutto il corpo…
“Non dico di no, ma non è quello che voglio da te… “.
Una parte di me si dava del cretino. Fallo, diceva.
Ma l’altra parte mi diceva che sarebbe stato solo l’impulso di un momento, ma poi?
“E cosa, allora? Pensa, potresti avermi tutte le volte che vuoi, ti sarò sempre fedele… so fare l’amore, lo sai? So soddisfare un uomo, e tutto quello che ho imparato… lo userò per il tuo piacere… devi solo prendermi… “.
Era ritornata su.
La sua lingua indugiava sul mio collo e scendeva giù sul mio petto, poi tornava su…
“Nessuna ti si è mai offerta così, vero? Sai perché lo faccio? Perché sei l’unico di cui mi fidi… Perché so che tra le tue braccia sarei sicura… perché ti amerei senza riserve… perché ti farei un amore travolgente, che non ti farebbe più desiderare nessun’altra. “.
La sua mano indugiava nei pressi del pube.
Se avessi fatto un solo gesto, uno solo, avrei potuto averla tutta per me, quella notte, la conosco bene.
Sarebbe andata avanti fino all’alba a fare l’amore, e sapevo che sarebbe stata una delle notti d’amore più belle della mia vita.
Continuava ad offrirmisi, sentivo il suo corpo caldo, il suo respiro.
“Proprio non mi vuoi? “, mi disse.
“Non vado bene neppure a te? “.
“Cosa devo fare di più? “, continuò, con due lacrime agli occhi.
“Ti offrirei tutta me stessa in cambio del tuo amore, ma tu non lo vuoi… sai che lo farei… ho sempre cercato negli altri uno come te, e invece ce l’avevo vicino, tu mi conosci meglio di tutti, sarei tua per sempre, la donna dei tuoi sogni… So come tenere un uomo legato a me, so toccarlo fino al cuore, so farlo impazzire… “.
Stavo ormai per cedere, e feci per tirarla a me, perché la mia bocca baciasse la sua e lei potesse mantenere tutte le promesse che mi aveva fatto, e sapevo che le avrebbe mantenute.
“Cosa aspetti? Prendimi e fammi tua… fà che non desideri più altri che te… “.
Ma la parte razionale ebbe il sopravvento. In quel momento dovevo essere lucido per due, per me e per lei.
Le nostre bocche erano ormai ad un centimetro.
“No”, le dissi deciso.
Lei mi guardò con sguardo interrogativo.
“Perché? “.
“Sei bella, molto bella… e desiderabile. Sono sicuro che far l’amore con te sarebbe bellissimo, la cosa più bella che potrei mai provare. Ma non sarebbe giusto. Non sarebbe bello. Non con te. Sarebbe approfittare di una tua debolezza. E io non voglio. Voglio che noi due restiamo gli amici che siamo sempre stati. Tu devi vivere i tuoi amori e io i miei, tanto so che poi ci ritroviamo sempre a piangerci addosso. Ma non roviniamo tutto. Ti voglio bene, e lo sai quanto. Farei tutto per te. Ma non chiedermi questo, ti prego. Non saremmo più gli stessi. Non posso lasciarmi andare, lo sai bene… “.
Iniziò a capire.
Mi guardò per un lungo minuto, poi si lasciò andare sul mio petto e pianse silenziosamente.
“Perdonami”, mi disse.
La abbracciai e lasciai che le lacrime uscissero dai suoi begli occhi e mi bagnassero.
Guardai il suo corpo.
è sempre stata bella, Sonia.
Aveva ragione, non potevo restare indifferente, era una donna per la quale uno poteva anche scappare di casa e lasciare la famiglia, moglie e figli.
Faceva perdere la testa agli uomini.
Ma io la vedevo con altri occhi.
Per me era la migliore amica, io la conoscevo anche dentro, potevo parlare con lei di cose che neppure al suo amante più intimo avrebbe confidato.
Conoscevo le sue debolezze. I suoi lati nascosti.
Lei conosceva i miei.
Non ci sarebbe stato neppure quel po’ di mistero che accompagna ogni relazione amorosa.
E se poi non avesse funzionato?
Avremmo rotto un’amicizia per una breve passione?
No, quell’amicizia non l’avrei mai persa, avrei fatto di tutto per salvarla.
“Cosa stavamo per fare? “, mi chiese poi Sonia, quando smise di piangere, con aria spaventata.
“Niente, stavi scherzando, vero? “, le risposi.
“Volevi vedere se fossi veramente un amico… lo sai che non ti tradirei, lo dici sempre”.
“Scusa, come al solito sono una cretina… combino sempre i casini”.
“No, Sonia, non sei una cretina. Sei la mia migliore amica, e se sfoghi come questi non li hai con me, con chi li hai? “.
Era ancora nuda.
“Vuoi rivestirti? “.
“No, lasciami così. Mica ti vergogni? “.
Figurarsi se mi vergogno di lei…
Si girò. Appoggiò la sua schiena sul mio petto e si lasciò andare su di me perché la abbracciassi.
“Quante volte abbiamo dormito insieme? “.
“E chi le conta più? “, le dissi.
“Te la ricordi la prima volta? “, mi chiese poi.
“Come no, avevamo dodici o tredici anni, casa al mare. Pioveva, fulmini e tuoni che squassavano la notte. Tu avevi paura e venisti nel mio letto. Dormimmo abbracciati tutta la notte… Ti ricordi, ci trovò mia madre, che andò a chiamare i tuoi… le risate che si fecero.. “.
Accesi una sigaretta.
Sonia me la prese per tirare un paio di boccate, poi me la restituì.
“Poi sono cresciuta, e ho vinto la paura dei tuoni. Ma serate con temporali come questi mi fanno ancora un po’ impressione… Mi fai dormire abbracciata a te? Stai tranquillo, che non ti provocherò più… “.
“Tu puoi fare tutto quello che vuoi, Sonia. Sai che qui ci sono io… “.
Si accoccolò su di me.
“Sai, mi sembra di essere tornata come quella notte… “.
“Un po’ il nostro spirito è rimasto quello, credo”, le dissi mentre le tirai su i capelli e le diedi un bacio sulla fronte.
“Ti voglio bene. Sei un angelo, di nome e di fatto… Ancora adesso mi sento sicura solo con te. “, disse Sonia.
“Buonanotte”, le feci. Ma già! dormiva sul mio petto.
Poco dopo mi addormentai anch’io, felice.
La parte di me che continuava a darmi del cretino finalmente si zittì. La nostra bella amicizia non sarebbe finita. FINE

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