Un pomeriggio pieno di sole.
Nella sua stanza, sul suo letto, entra quel calore e quella luce. Lei è lì, distesa e guarda fuori, a cercare il mare.
Chiude gli occhi e ripensa alla notte, la notte appena trascorsa, con lui, in quel letto.
è stato bello.
Lui era pieno di desiderio, e la sua pelle era liscia.
Lei dopo non riusciva a dormire, sentiva ogni dolore possibile, come se ogni parte del suo corpo si fosse mossa,
contemporaneamente, per scalare una montagna, per nuotare in un’oceano, per attraversare ogni strada più sconosciuta di una grande città.
Chiude gli occhi ora, e le sale quel calore che conosce bene.
Nei suoi pensieri quel corpo di uomo, vicino al suo, su di lei, dentro di lei. I vestiti di lui che cadono in terra.
Le mani di lei che lo cercano, lo avvicinano a sè.
E l’amore. I baci umidi. I lamenti.
E mentre si tocca, sogna, sogna e sogna ancora.
E lì sul suo letto pieno di sole, il piacere le attraversa il corpo, e le scoppia in testa. Meraviglia.
E la sera arriverà, e si vedranno ancora, staranno insieme.
Lui le parlerà della sua giornata, lei le dirà di sè,
andranno per bar, ascolteranno musica, si guarderanno, entreranno in fretta in un bagno di qualche locale per toccarsi, ritarderanno il ritorno a casa il più possibile, faranno impazzire il loro desiderio, e poi si spoglieranno sù per le scale, e non faranno in tempo ad arrivare nel loro meraviglioso letto, nella loro meravigliosa stanza, della loro meravigliosa casa.
” Ciao. Che si fa ? ”
” Vuoi bere qualcosa ? ”
Lei è già pronta, lo aspettava, indossa quella gonna lunga, nera e i collant sugli slip bianchi.
Anche lui è vestito di nero, sa che a lei piace.
Lei lo guarda e sorride. Escono.
In auto lei chiede
“Dove andiamo ? ”
Lui non risponde.
Lei non fa altre domande, adora i suoi giochi, le cose non dette, i piccoli segreti, le grandi sorprese.
Sono in autostrada, e vanno.
Le luci delle auto che passano, li superano, e quelle delle altre che vengono contro di loro, la musica languida di un sax, il loro silenzio, nessuna parola.
Lui corre, và veloce, sorpassa, azzarda, sembra non voler frenare mai: vuole spaventarla.
Lei tace, è spaventata e il cuore le batte forte sotto i seni, ma le piace troppo.
è come essere su un aeroplano, vola in alto e và, và dove vuole, senza il consenso dei passeggeri.
Nessuna scelta, si è lì e non ci si può ribellare, nè scendere.
Nessuna libertà, totale libertà.
Lui rallenta di colpo, quasi si ferma come se avesse visto qualcosa, entra in una piazzuola, posteggia, spegne l’auto, lo stereo, le luci, chiude le porte.
Silenzio. Lui guarda fuori, in un punto indefinito, aspetta.
Anche lei guarda fuori, davanti a sè, e aspetta, ma non sa cosa, e sente la testa leggera, la mente senza pensieri, il corpo rilassato, allunga le gambe e mette le braccia dietro il capo come per dormire.
Chiude gli occhi.
Delle luci dietro di loro: è un camion, arriva piano, con i suoi grandi fari, le ruote gigantesche, e frena forte, con rumore, subito dietro di loro, arriva quasi addosso alla loro auto, si ferma, spegne i fari.
Lui la guarda ora.
” Hai voglia di giocare ? ”
” A che gioco ? ”
” Esci, vai da lui… sali in cabina… ti sta aspettando. ”
” E tu ? ”
” Non preoccuparti di me, vai, voglio vederti salire in cabina… ”
Ecco ci siamo: lei sa che si divertirà. Esce. Và. Si avvicina e la porta le si apre davanti.
è buio, non vede bene, ma non si preoccupa, non le interessa vedere di più, sale sul grande sedile e richiude.
E un odore fortissimo la circonda. Immagina davanti a sè un uomo grasso, con brutti abiti indossati da giorni, stropicciati, macchiati di unto di motore, di cibo consumato viaggiando, di birra uscita da una lattina, di polvere di strada.
Sporco. Sà che è sporco, sà che le sue mani sono sporche, tutto il suo corpo è sporco, e l’odore di sudore che ha addosso e riempie la cabina è irrespirabile.
Ma resta, vuole giocare.
E il gioco inizia.
L’uomo del camion non parla, ma il suo respiro è forte, è quasi un parlare.
Sì, è grasso, è pesante, lei lo capisce dalla grande mano appiccicosa che lui le sta mettendo sulla gamba, le apre lo spacco della gonna nera e sale, sale sù… lei lascia fare… prova schifo, ma lascia fare, lascia che l’uomo del camion arrivi al suo collant, lo scosti, lo tiri, lo strappi.
Lei si lascia scendere sul largo sedile, comincia a giocare.
L’uomo del camion respira più forte, ora le cerca i seni, e va più in fretta, vuole toccare la sua pelle con le sue mani appiccicose, sporche.
Lei lascia che quelle mani la sporchino, lascia che l’unto, il cattivo odore si mischino con il profumo alla vaniglia sulla sua pelle liscia.
L’uomo del camion ansima sempre di più, ora si sta strofinando sulla gamba di lei, e lei può sentire la sua erezione.
Ora ha paura, paura di quel contatto, paura che quel gioco smetta di essere un gioco.
Ma non vuole fuggire. Resta.
L’uomo del camion ora è vicinissimo, e il suo respiro fortissimo.
Lei si sta quasi abituando a quell’odore terribile e ai gesti dell’uomo, così goffi, pesanti, semplici, senza fantasia.
Non vuole pensare che quell’uomo potrebbe entrare dentro di lei, non vuole pensare che potrebbe mischiarsi di più con lei, con il suo corpo.
Lascia fare.
è lì e lascia fare.
Ma ora le sale sopra e lei sente tutto quel peso e quello sporco.
Pensa: “… no… ” ma non dice nulla.
E la porta del camion si apre: è lui, vestito di nero, ha smesso di guardarli, da fuori il finestrino, ed è entrato.
Sale sul sedile, si avvicina a lei.
” Brava… sei stata brava… hai giocato bene, come piace a me, sei proprio la mia bambina preferita, come sempre… ”
L’uomo del camion si è fermato, si è tirato sù, e ha smesso di respirare forte.
Smette di giocare con lei, ora c’è un altro giocatore, e lui può soltanto guardare.
E guarda.
Loro si abbracciano, si baciano e lei si accorge di essere bagnata, molto bagnata.
Lui vorrebbe salire sopra di lei e prenderla come l’uomo del camion, ma lei si scosta e afferra le sue spalle, lo appoggia giù, sul sedile, in fretta.
Lui non si ribella, ora tocca a lei.
” Sì, sono stata brava… e anche tu sei stato bravo… e ora continua, voglio proprio che tu sia molto bravo… ubbidiente… ”
Lui sospira ora, si lascia andare, lascia che lei lo prenda, per sè, e usi la sua erezione, senza pensare a lui.
Lei, sopra di lui, si aggrappa ai suoi vestiti, lo prende per la testa, tira i suoi capelli, lo bacia in fretta e si allontana dal suo viso, appoggia le mani sul suo petto e si strofina come per prendere fuoco, lo avvolge e lo lascia, e lo avvolge ancora fino a sentirlo in fondo, sempre più in fondo dentro di lei.
Lui è sbattuto, si sente come strappato, frustato, e perde il contatto con il suo sesso, non è più parte di sè, non ha più ritmo, nè tempo per il suo piacere, lei l’ha fatto suo, nient’altro.
Lei continua, ora può agire, può usare, può abusare, e non pensare a niente, solo al suo movimento, solo alla sua corsa, fin lassù, in cima alla montagna, vicino al cielo, vicino alla sua anima, nient’altro.
E scoppia. Un urlo, lungo, e poi il lamento, l’ultimo respiro.
Lei si scosta, apre la porta, scende. Và verso l’auto.
Lui si tira sù, cerca il portafogli, prende il denaro, lo lascia sul sedile, ed esce dopo di lei.
L’uomo del camion accende il motore, riparte.
” Grazie amore, mi hai fatto divertire, mi piace giocare con te. ”
Lei è al volante della loro auto ed ora tocca a lei guidare.
Escono dall’autostrada e vanno verso casa.
Percorrono lo stradone, quello dove le persone di notte si prostituiscono.
“Anch’io voglio farti un regalo… scegli… c’è qualcuno che ti piace ? Vuoi un uomo… o una donna… forse preferisci un travestito… cosa vuoi ? ”
” No, devi essere tu a scegliere.. scegli tu il regalo per me… ”
Lei vede due gambe lunghissime sotto una pelliccia nera.
Accosta. La persona di strada sale sulla loro auto.
” Vai dietro… dietro con lei… ”
E lui và.
La persona di strada è straniera, ha la pelle scura e lunghi capelli crespi, disordinati, un profumo addosso al gelsomino, lunghe unghie laccate di nero.
Lo accoglie sorridendo da dietro un rossetto fucsia, molto fucsia.
Lei riparte.
Lui è lì immobile, si lascia accarezzare le mani e il viso, le gambe, e poi lascia che la persona di strada gli cerchi dentro i pantaloni, e trovi.
E intanto guarda lei che guida piano, lentamente.
Lui è eccitato.
Non vorrebbe, ma succede, non può farci nulla.
La persona di strada lo sta toccando, bene, quasi come se sapesse quello che gli piace, e lui lascia fare, lascia che la sua erezione aumenti sempre più, se lo sente gonfiare, scoppiare.
La persona di strada gli tira sù la maglia, la camicia, scopre il suo petto e lo accarezza, lo accarezza ancora, e lui trema, ma non vuole muoversi, lascia fare.
Lascia fare e ora i suoi pantaloni sono scesi giù.
Lei rallenta, accosta, si ferma lungo un marciapiede.
Si gira, si mette in ginocchio sul sedile, e guarda.
Li guarda, mentre lui cerca di non staccarsi dal sedile, cerca di restare immobile, cerca di reprimere la sua eccitazione.
Lui allora la implora.
” Ti prego… vieni… vieni qui, dietro, con me… mandiamola via… voglio entrare dentro di te… ”
Lei lo guarda. Sorride. Tace.
” Ti prego amore… non posso… con lei… ti prego, vieni… ti voglio… ”
” No… voglio divertirmi di più… di più di te… ”
Lui non capisce, la guarda ancora.
” Dai… non fare capricci, sei il mio giocattolo preferito… e adesso devi giocare come voglio io… prendila, dai, fammi vedere come la prendi mentre vuoi me… fallo per me, dai… mi ami, non è vero ? sei mio, non è vero ? … e allora fallo, adesso….. subito… ”
E lui lo fa.
Prima piano, poi più forte, e ancora più forte.
E mentre lo fà, pensa di essere dentro di lei, sotto la sua gonna nera, sotto i suoi slip bianchi, così come vuole lei, come piace a lei.
E urla, urla forte “ti amo” e poi ancora e ancora, fino alla fine.
La persona di strada esce dall’auto con il denaro che lei le ha dato.
Lui sale davanti.
Lei accende il motore, riparte, verso casa.
Loro si amano. Gli altri non lo sanno, ma possono vederlo. FINE