L’auto sobbalzava ad ogni buca della piccola stradina di campagna. Gli ultimi raggi di sole accecavano Antonio che cercava di non perdersi. La casa doveva essere laggiù, dopo quel piccolo spiazzo di terra.
Aveva ricevuto l’invito per quella cena venerdì pomeriggio. Il suo capo gli si era avvicinato e, dopo una settimana estenuante di lavoro gomito a gomito, gli aveva proposto di passare la serata di sabato a casa sua. Non lo aveva mai fatto con nessuno e Antonio ne fu lusingato. Probabilmente gli aveva fatto una buona impressione per come aveva chiuso l’affare Briaschi, l’aveva tirato fuori da un bel guaio riuscendo a far accettare al cliente le loro condizioni, dopotutto era la sua specialità: mettere d’accordo le parti.
Ora era quasi emozionato.
“Vieni, così ti presenterò mia moglie e mia figlia, mi farebbe piacere che tu le conoscessi” aveva detto prima di uscire di corsa dall’ufficio, e certamente lui non poteva farsi scappare un’occasione del genere per entrare definitivamente nelle grazie di quell’uomo così potente.
Dopo pochi minuti si trovò davanti alla piccola villetta, una costruzione veramente carina, così fuori dal caos cittadino da sembrare la casa di una fiaba, così immersa in quella pineta selvatica da far assaporare il gusto lontano della campagna.
Parcheggiò accanto alla Mercedes e scese dall’auto con la bottiglia di vino in mano. Salì i pochi gradini che portavano all’ingresso e suonò il campanello attendendo con pazienza.
Qualche istante dopo sentì la voce di una donna:
– Sì, chi è? –
– Sono Antonio De Mari, signora. –
La porta si aprì e Antonio conobbe la padrona di casa. Era una donna sui quarant’anni, di qualche anno più giovane del marito; una figura sinuosa e piacente, quasi bella, osservò tra sé.
Gli porse la mano avvolgendolo nel suo profumo dolciastro.
– È un piacere signor De Mari averla qui con noi a cena. Io sono Gloria, la moglie di Enrico. Si accomodi. – si presentò con aria amichevole.
– La prego, signora, mi chiami Antonio. Il piacere è tutto mio. – rispose subito lui entrando in casa.
La stretta di mano fu salda e fiduciosa, strano per una donna, pensò.
– Finalmente è arrivato, Antonio. Ha trovato subito la strada? – la voce di Enrico precedette la sua figura nel grande atrio.
– Salve Enrico. Sì, non è stato difficile. – fece lui stringendogli la mano.
Porse la bottiglia al padrone di casa che la prese tra le mani sorridendo.
– Questa è meglio metterla in fresco. Ma si accomodi, mia moglie le farà strada. – disse entrando in cucina e lasciando l’ospite nelle mani della donna.
Gloria lo condusse in un grande salone, appena Antonio fu entrato vide una figura posta di schiena seduta al centro della stanza.
La ragazza si girò, i capelli scuri, quasi neri, gli occhi di un nocciola furbo, un fisico asciutto coperto da un paio di pantaloncini ed una maglietta. Si alzò con uno scatto dalla sedia correndo verso di lui.
– Lilly, saluta il nostro ospite. Antonio, le presento nostra figlia Lilliana. – disse orgogliosa – Lilly, questo è il signor Antonio e questa sera cenerà con noi. –
La ragazza non disse una parola, le gambe snelle e lisce galopparono verso di lui e si alzò sulla punta dei piedi nudi per schioccare un bacio sulla guancia.
Antonio sentì le labbra umide della ragazzina appoggiarsi sulle gote e si bloccò stupito.
– Non si preoccupi, Antonio. Nostra figlia è sempre così espansiva. – spiegò la madre sorridendo.
Lilliana porse la mano ad Antonio che la strinse guardandola negli occhi. C’era qualcosa in quelle pupille che lo agitava, una strana luce. Antonio diventò irrequieto e nervoso.
– Piacere dottor Antonio – disse Lilly con la sua voce stridula d’adolescente.
– Il piacere è tutto mio, ma non sono un dottore. – cercò di chiarire.
– Eppure lo sembra. Mi sembra un dottore. – continuò Lilly tornando a sedersi sulla sedia senza fare più caso all’ospite.
Antonio si girò verso la donna facendo finta di nulla, vide la madre guardare con gli occhi pieni di tenerezza la ragazzina che giocherellava con il telecomando del grande televisore. La guardò ancora prima di seguire Gloria nella sala da pranzo. Era una ragazzina acqua e sapone, non aveva niente a che vedere con le donne, pensò, ma quei capelli, quelle gambe affusolate, lo sguardo tagliente, erano un richiamo a cui era difficile sottrarsi. Lilly si voltò quando sentì i due uscire dalla stanza e Antonio la vide fargli l’occhiolino.
Confuso arrivò nella sala da pranzo dove Enrico stava ultimando i preparativi per la cena. Si sedettero a tavola lasciando una sedia libera per la ragazzina che non voleva staccarsi dalla televisione.
– Lilly, dai vieni. La cena è servita. – urlò Gloria.
I passi veloci rimbombarono nel cuore di Antonio che la vide entrare nella sala come una furia. Si sedette proprio accanto a lui sorridendogli.
I pantaloncini rossi disegnavano perfettamente le forme asciutte del corpo, il sedere era marmoreo e liscio come la seta. Antonio si sorprese a guardarla, mentre Gloria ed Enrico attendevano il suo bicchiere per il brindisi.
– All’affare Briaschi – disse in tono solenne il padrone di casa.
I calici si unirono al centro della tavola e anche Lilly brindò con loro. I piatti erano colmi e l’appetito si faceva sentire, iniziarono tutti a mangiare con gusto. Antonio si sforzava di pensare ad altro, non doveva guardare la ragazza.
– Ho saputo da mio marito in che modo ha concluso l’affare, Antonio. Mi è subito sembrato un tipo in gamba. – confidò la donna.
– Grazie – rispose – ma non è solo merito mio. L’ufficio ha fatto il possibile e poi io ci ho messo del mio. L’importante è che tutto sia andato a finir bene –
– Anche io penso che sia intelligente, dottore – sbottò Lilly lasciando basiti i commensali.
– Ti ha già detto che non è un dottore – la riproverò la madre – La scusi Antonio. Ma deve averla presa in simpatia, di solito non da così tante confidenze. –
– Non si preoccupi signora. – la rassicurò lui.
Aveva un modo di fare molto strano. Sembrava che il suo corpo fosse già cresciuto più del dovuto, mentre il suo cervello si ostinava a recitare la parte della bambina. Antonio non poté trattenersi dal guardarla ancora. Era veramente bella, i lineamenti del viso era molto simili a quelli della madre, ma il tempo, ovviamente, non li aveva ancora sciupati. Un viso d’angelo, ma i suo occhi tradivano il suo vero animo.
D’un tratto sentì qualcosa sotto al tavolo, fece finta di niente inghiottendo un altro boccone ma il movimento vicino alle sue gambe non cessava. Sbirciò di nascosto e vide il piede nudo della ragazza farsi strada verso le sue caviglie. L’istinto gli fece spostare le ginocchia, allontanandosi dai giochi di quella perversa ragazzina. Il piede continuava a dondolarsi poco distante da lui e uno strano formicolio si impadronì della sua testa.
La ragazza lo fissava troppo insistentemente, la madre se ne accorse.
– Perché continui a guardare il signor Antonio? Non lo sai che così si mettono in imbarazzo le persone? – e sorrise ancora ad Antonio che non sapeva come reagire.
– Il dottore è simpatico, mi fa ridere per come mangia. – fu la risposta innocente di Lilly, ma sotto al tavolo si stava consumando un altro tipo di divertimento.
Il pasto si consumò senza che nient’altro accadesse, solo due volte il piede della ragazzina sfiorò ancora le gambe nervose di Andrea che si ritrasse sempre di più, assumendo una posizione ridicola e scomoda. I genitori, però, non si accorsero di niente mentre continuavano a parlare di affari e politica aziendale.
Si spostarono nel salone, quello dove Lilly stava guardando la televisione. Seduti sul comodo divano di pelle i nervi si rilassarono mentre Antonio osservava i movimenti flessuosi della ragazza che si era accostata a lui anche in quella occasione.
– Cosa ne pensa dell’idea di usare lo stesso stratagemma di Briaschi per l’affare che abbiamo per le mani ora? – domandò serio Enrico con il suo bicchiere di scotch in mano.
– Per me si può fare – rispose – ma ora le cose si fanno più complicate, se la voce si sparge avremo della concorrenza da combattere. – continuò, ma il suo sguardo si perdeva tra il bicchiere di Enrico e le gambe di Lilly che piano piano si avvicinavano sempre più a lui.
La ragazza era quasi distesa, con la testa appoggiata al bracciolo occupava due posti, ma sembrava muoversi lentamente fino a toccarlo. Antonio era rosso in viso, sentiva l’odore della ragazza invadergli le narici ed un senso di colpa gli faceva tremare la voce.
Gloria tornò dalla cucina con il bicchiere di vodka per Antonio.
– Vodka liscia senza ghiaccio, giusto? – chiese porgendogli il bicchiere.
– Sì, perfetto – fece lui trangugiando il primo sorso.
– Della concorrenza non mi preoccupo – continuò Enrico – ma del…
Le parole dell’uomo non arrivavano al cervello di Antonio, era troppo occupato a sbirciare quel sorriso maledetto stampato sulle labbra della ragazza. Se lo sentiva addosso come una seconda pelle. Le gambe oramai erano arrivato al suo fianco e, timidamente, gli massaggiavano con l’alluce il gluteo destro senza che il padre se ne accorgesse.
La presenza di quella ragazza gli occupava tutti i sensi, non riusciva a pensare e sentiva che voleva spingersi ancora più oltre.
– Perché non mi dai una mano a ritirare le stoviglie, caro? – domandò Gloria al marito ancora intento a discutere da solo.
– Arrivo – rispose interrompendo il discorso a metà, lasciando interdetto Antonio che comunque non sapeva neanche di cosa stesse parlando.
– Torniamo subito, mi scusi. – disse alzandosi dalla poltrona – E tu, piccola peste, non infastidire il signor Antonio, hai capito? – raccomandò alla figlia.
Lilly non rispose, si limitò a scuotere i lunghi capelli scuri sul viso e a nascondersi dallo sguardo burbero del padre.
Appena l’uomo fu uscito dalla stanza Antonio fu preso dal panico. Lilly gli saltò in braccio e appoggiò il sedere sodo sul suo pene che rispose subito gonfiandosi al contatto.
– Mi piaci, dottore – furono le uniche parole della ragazza che si dimenava agitando le chiappe sul ventre dell’esterrefatto Antonio.
Non sapeva cosa rispondere, se rispondere. Sentiva il cazzo gonfiarsi a vista d’occhio e la ragazza se ne dovette accorgere, perché si fermò proprio quando riuscì a bloccarlo tra i glutei tesi.
Rimasero in quella posizione per diversi secondi, durante i quali Lilly si divertì ad avvicinare le sue labbra a quelle di Antonio lasciandolo senza fiato. Le bocce non si toccarono, ma Antonio sentì il sapore della sua saliva troppo vicina al suo naso per rimanere calmo. Iniziò inconsciamente a muovere il bacino mimando un rapporto sessuale, scordandosi completamente il suo lavoro, il suo capo nell’altra stanza, la sua morale e tutto quello che lo aveva trattenuto fino a quel momento.
Il corpo di Lilly lo stava stregando, non riusciva a fermarsi, aveva i suoi occhi a cinque centimetri da quelli della ragazza che lo guardava divertita. Il gioco evidentemente era solo all’inizio, perché quando Antonio fu sul punto di venire, la ragazza scese di scatto dal suo grembo lasciandolo con un’erezione troppo evidente per essere nascosta.
– Ti piaccio, vero dottore? – fu la sua domanda quando riprese il posto appoggiandogli i piedi vicino al cazzo teso.
– S… Sì – rispose senza pensarci. I suo trent’anni si erano fottuti in quello sguardo diabolico da quindicenne.
I piedi si muovevano troppo vicino al membro perché Antonio non ne sentisse l’effetto, si tratteneva, si contorceva senza avere la forza di toglierli. Era un godimento che mai aveva provato in vita sua, una scossa di terremoto in confronto non l’avrebbe sconvolto minimamente.
Quella ragazzina si era impadronita completamente della sua mente e ne era consapevole guardandolo con quegli occhi dolci mentre agitava le sue estremità per farlo eccitare.
Enrico tornò qualche istante dopo che Lilly tolse i piedi dal cazzo di Antonio. Lui poté solo mettersi le mani in grembo per nascondere l’erezione, sperando che i padroni di casa non scoprissero niente di quello che era appena accaduto.
La situazione era surreale, non riusciva a crederci. Quella ragazza sembrava aver tutte le armi di una donna racchiuse in quel corpo da adolescente.
Lilly non rischiò più nessuna delle sue mosse, si spostò sulla sedia dando le spalle ai tre adulti e ricominciò a guardare la televisione. Fu sua madre ad ordinarle di andare a dormire.
– Forza Lilly, è ora di andare a dormire. –
La ragazza sbuffò alzandosi dalla sedia, spense il televisore e si avvicinò a salutare i genitori.
– Saluta anche il signor Antonio. – disse il padre.
Lilly fece due passi verso Antonio e gli schioccò un altro bacio umido di saliva sulla guancia.
– Ci vedremo presto – gli sussurrò all’orecchio.
Antonio non ebbe la forza di rispondere, la guardò solamente mentre usciva dalla stanza ancheggiando.
Sono malato, pensò.
La serata si concluse poco dopo, Antonio si sentiva troppo strano per continuare a parlare e così alla prima occasione si accomiatò da Gloria e Enrico e uscì di casa.
– Ci tornerà a trovare, spero – disse Gloria accompagnandolo alla porta.
– Certo – rispose, ma dentro di se sperava di non subire più una tortura del genere.
– Buona notte – salutò Enrico mentre Antonio stava già salendo in macchina.
Tra le luci dei lampioni Antonio cercò di fare mente locale. Voleva chiarezza, non poteva credere che quella ragazzina lo avesse turbato così tanto. Guidando distrattamente, però, si ritrovò a massaggiarsi il pene pensando alle labbra di Lilly a cinque centimetri dalle sue.
Neanche durante la notte l’immagine di quella ragazzina lo abbandonò. Quel corpo acerbo e fresco gli danzò nel sonno fino a svegliarlo di soprassalto, sentendosi sopraffatto dai sensi di colpa mentre, nel sogno, cercava di agguantare le gambe bianche che si stiravano verso di lui.
Nel bel mezzo della notte si dovette alzare e versare una buona dose di vodka per riprendere sonno. Quando i sensi si assopirono nell’alcol riuscì ad addormentarsi e a dormire per quelle poche ore che lo separavano dal suono della sveglia. La sua morale urlava giustizia, mentre ancora molte volte la mente ritornò all’episodio della sera precedente continuando ad eccitarsi per quelle labbra rosse e carnose.
Si svegliò con un forte mal di testa, evidentemente il sonno non gli era bastato. Sentiva ancora la bocca impastata dalla vodka, ma si obbligò ad alzarsi dal letto. Si convinse che dopotutto non era successo niente di irreparabile, probabilmente Lilly aveva solo giocato ad un gioco di cui non conosceva ancora le regole, e lui era stato uno stupido ad immaginarsi che lei lo provocasse con intenzioni serie.
La domenica trascorse lentamente tra i programmi televisivi e qualche lavoretto per l’ufficio rimasto in sospeso. Alle sette di pomeriggio, però, decise di uscire a fare quattro passi, qualche amico probabilmente lo attendeva al bar per l’aperitivo e così, con il ricordo di Lilly che stava svanendo, uscì di buon umore.
Raggiunse Alberto e Franco al solito locale. Non si aspettavano di trovarselo di fronte, erano troppi giorni che non usciva di casa se non per andare in ufficio.
– Bentornato tra noi. Sei stato in un convento? – domandò Franco stringendogli la mano.
– No, scusate ma il lavoro mi ha occupato tutto il tempo. – cercò di giustificarsi.
– Si vede. Sei pallido come un lenzuolo, avresti bisogno di ferie. – aggiunse Alberto che lo osservava da dietro il bicchiere.
Realmente il ricordo della ragazzina era quasi del tutto scemato tra i discorsi degli amici ed il pensiero del lavoro che lo attendeva per il giorno successivo. Si intrattennero per qualche minuto, dopodiché Antonio salutò gli amici.
– Ragazzi, mi dispiace ma devo tornare a casa. Ho un lavoro da finire per domattina. –
– Come no. Per me nascondi qualche bella donna a casa. – buttò lì Franco vedendolo uscire dal locale, ma stranamente notò un certo imbarazzo nello sguardo dell’amico che si girò solo un attimo per salutarli con la mano.
Camminò velocemente verso casa, la figura di Lilly era tornata a galla e aveva ricominciato a perseguitarlo. Quella frase di Franco aveva risvegliato il demone che c’era dentro di lui.
Faticò molto a prendere sonno, ma alla fine riuscì ad addormentarsi molto tardi e con l’aiuto di qualche bicchiere di vodka.
La mattina di lunedì sembrava che nulla fosse accaduto. Il ricordo di Lilly era così lontano che Antonio riusciva a malapena a metterlo a fuoco. Con la coscienza pulita e con una strana voglia di lavorare arrivò in ufficio puntuale come al solito.
– Buon giorno Antonio – lo salutò la segretaria di Enrico, sempre ben disposta nei suoi confronti.
– Ciao Elisa – rispose al saluto entrando nel suo ufficio.
Dopo qualche minuto arrivò anche Enrico, pareva di buon umore, non sembrava uno dei soliti lunedì mattina grigi e noiosi.
– Buon giorno Antonio – lo salutò per primo.
– Salve Enrico, tutto bene? – gli fece più per cortesia.
– Certo, anzi. Lei ha fatto una buonissima impressione alla mia famiglia. – confidò il capo appoggiando la sua ventiquattrore sulla scrivania.
Antonio si fece pensieroso, a chi aveva fatto una buona impressione? Era certo di conoscere la risposta.
– Ne sono felice. Anche a me ha fatto molto piacere conoscere la sua famiglia. – rispose subito non lasciando trasparire il turbamento.
– Anzi, se posso, vorrei chiederle un favore molto grosso. – annunciò Enrico diventando molto più docile del solito.
L’aria si ghiacciò nell’ufficio, Antonio sapeva che c’era di mezzo Lilly, ne era certo. Quella piccola strega aveva ricominciato a rovistargli nella mente. Il suo viso e le sue gambe saltarono fuori dai ricordi facendolo traballare.
– Mi dica – si rassegnò.
– Veramente è una cosa difficile da chiedere. So che lei è sprecato per queste cose, ma mi creda, la situazione di mia figlia è molto difficile. – cercò di iniziare in qualche modo.
– Vada avanti, cosa intende per situazione difficile? –
– Beh, veramente parlo della situazione scolastica. Mia figlia è molto intelligente, ma da quando ha l’età della ragione sembra che faccia apposta ad andare male a scuola per fare un dispetto a me. Io insisto per farle continuare gli studi, ma più cerco di convincerla, più i suoi voti si abbassano. – spiegò Enrico guardandolo con aria quasi supplichevole.
– Mi scusi, ma io cosa posso fare? – domandò ancora Antonio.
– Lei è laureato in matematica, non è vero? –
– Sì, certo –
– Allora chi meglio di lei potrebbe convincere Lilly a studiare. È stata proprio mia figlia a farmi venire questa idea. – confidò.
Antonio si sentì perso. Lilly stessa aveva chiesto di lui. Non avrebbe accettato per nulla al mondo. Poi, però, pensò che il padre di quella ragazzina viziosa era il suo capo e avrebbe potuto aprirgli molte strade. Con questa scusa decise di acconsentire, ma dentro di lui i sensi stavano già sconvolgendogli ogni morale ed ogni buon proposito. In fondo alla sua coscienza sapeva benissimo che stava accettando quell’incarico più per stare a contatto con Lilly che per fare un favore al suo capo. Mise a tacere la sua coscienza e rassicurò il capo.
– Va bene, potrei darle qualche ripetizione, poi vedremo. –
– Non chiedo di meglio – disse Enrico andandogli incontro per stringergli la mano. – la ringrazio infinitamente per il futuro di mia figlia. –
Già, ed il mio futuro? Pensò Antonio tra sé.
Si misero d’accordo per iniziare quelle strane lezioni all’indomani stesso. Antonio sarebbe andato a casa loro alle sette, dopo l’ufficio, e avrebbe fatto da tutore alla ragazzina per un’ora al massimo. Due lezioni del genere alla settimana e, se dopo un mese non ci sarebbero stati miglioramenti, avrebbero interrotto la collaborazione.
Martedì sera Antonio si sentiva eccitato come mai lo era stato. Uscito dall’ufficio era corso subito a casa per lavarsi e profumarsi. Era in netto anticipo, ma il suo sesto senso gli diceva di affilare tutte le sue armi. La sua coscienza stette stranamente zitta per tutto il giorno, o forse lui era stato sempre troppo eccitato per sentirla. Arrivarono le sei e mezzo e uscì da casa con il cuore che gli batteva in gola.
Cosa gli aveva fatto quella ragazza? Era davvero così tanto eccitante? Era comprensibile da parte sue essere attratto da quella quindicenne tanto viziosa? Tutte domande senza una risposta, tutti pensieri che si affollavano nella sua testa, mentre senza accorgersene era arrivato davanti alla porta di casa.
Suonò il campanello ed attese che la signora arrivasse ad aprirgli. Appena entrato salutò con una lunga lista di convenevoli il suo capo e la moglie mentre aspettava impaziente di rivedere Lilly.
La ragazza lo attendeva nello studio, gli dissero. Lui salì le scale senza disturbare i padroni di casa che avrebbero voluto accompagnarlo.
Il cuore aumentava i battiti ad ogni gradino, Lilly era lì sopra e lo aspettava. Cosa avrebbe dovuto fare? Il cazzo si stava già indurendo nelle mutande.
Arrivò davanti alla porta dello studio, senza bussare l’aprì deciso. La ragazza lo attendeva seduta al grande tavolo, sembrava intenta a studiare, almeno così parve ad Antonio che la guardò un istante prima di prendere posto. Era vestita con un altro paio di calzoncini corti, una maglietta bianca scollata le copriva il petto acerbo. Una visione deliziosa, anche se buona parte del corpo era scoperta non ispirava sesso, solo una gran bellezza.
– Ciao dottore – lo salutò senza neanche alzare gli occhi verso di lui. Sembrava rapita da quello che stava leggendo.
– Ciao Lilliana, sei pronta per cominciare? – domandò cercando di rimanere il più distaccato possibile.
La ragazza sembrava inaspettatamente annoiata e disinteressata della sua presenza. Non seppe se ritenersi deluso o fortunato da quella mancata attenzione. Si stupì di vederla così seria e pensò che forse, in fondo, l’aveva giudicata male.
Iniziarono la lezione con degli esercizi basilari, Antonio voleva sapere a che punto era la ragazza. Non era male, valutò dopo i primi fogli, ma sicuramente stava pensando ad altro, a giudicare dal suo sguardo che ogni tanto si perdeva attraverso il vetro della finestra.
La delusione prese il posto dell’eccitazione. Si rese conto immediatamente del motivo che lo aveva spinto fin lì: voleva quella ragazza. Era stata lei a fargli scoppiare quella mania ed ora si ritraeva come se non lo avesse toccato con l’intenzione di eccitarlo. Era una stupida puttanella, pensò tra sé spiegandole l’esercizio, una stupida puttanella infantile.
Perso in quel sentimento che stava per trasformarsi in rabbia non vide la sua gamba avvicinarsi sotto al tavolo. Sentì qualcosa di caldo tra le cosce e, abbassando lo sguardo, scorse il suo piede nudo appoggiarsi sulla sua coscia.
Un brivido di sudore freddo gli percorse la schiena. D’un tratto scomparvero gli esercizi, sparì tutta la sua matematica ed i suoi problemi. Ora c’era solo Lilly che gli agitava il piede a dieci centimetri dal suo cazzo.
La ragazza lo guardava con il capo chino attraverso le folte ciglia lunghe; i capelli neri le cadevano sul viso coprendolo Tutto in quel contesto le dava l’aspetto di una esperta seduttrice. Solo l’età ed il candore che le dipingeva le gote tradivano la sua identità, ma era impossibile stabilire quanto quel gioco sconfinasse nel sesso.
Tutte le mosse andavano a colpire nel segno, il cervello di Antonio era oramai sciolto dal quel tocco sapiente, lo sguardo puntato sui suoi occhi abbatté le ultime barriere.
– Cosa c’è, non ti piace quando ti massaggio, dottore? – chiese con voce cantilenante.
Non rispose, non aveva voce, non aveva forza, si sentiva annullato.
– Mi sembra che ti faccia piacere, invece – sussurrò lei allungando ancora la gamba ed andando ad appoggiare il piede proprio sopra al cazzo gonfio che sentì indurirsi definitivamente tra le dita.
– Veramente… – riuscì a biascicare lui.
– Non parlare, stai zitto –
Lilly si alzò dalla sua sedia. Con passi lenti camminò verso di lui fermandosi a pochi centimetri dai suoi occhi che la guardavano quasi con terrore.
– Lo so che ti piaccio, dottore – continuò con la voce sempre più bassa e sensuale.
Antonio ancora non riusciva a parlare, avrebbe voluto urlare, prenderla, toccarla, farsi toccare, ma niente, dalla sua bocca non usciva una parola e le sue mani sembravano incollate sul quel maledetto tavolo.
La ragazza gli accarezzò i capelli e con una mossa veloce gli saltò in grembo, sedendosi a cavalcioni sulle sue gambe.
– Cosa fai? – riuscì finalmente a dire allargando le braccia e accogliendola sul cazzo.
– Non lo vedi? Faccio l’amore. – disse con una naturalezza disarmante.
I fianchi di Lilly iniziarono a muoversi lentamente sul cazzo duro allo spasimo. Antonio sentiva un dolore lancinante ad ogni affondo di colpi che schiacciavano il suo pene nei pantaloni.
Lilly gli si avvicinò ancora bocca a bocca, come la prima sera. Questa volta Antonio non si trattenne e appoggiò le sue labbra secche su quelle umide che gli danzavano davanti.
Il bacio fu quasi casto, solo dei veloci colpi di lingua entrarono furtivi nella bocca della ragazza che si rivelò così molto più esperta a muoversi sopra al cazzo che a baciare.
La bocca di Antonio, però, non smise di cercare il corpo di Lilly che si agitava sopra di lui. Era quasi arrivato all’orgasmo, ma riuscì a dominare l’istinto. Sollevò la maglietta, prendendo tra le mani quelle piccole mammelle. Succhiò delicatamente i capezzoli scuri, mentre sentiva la ragazza aumentare il ritmo della cavalcata.
– Lo sai che me lo faccio fare anche dai miei compagni di classe? – chiese con la voce troncata dal piacere.
Antonio questa volta non rispose perché era troppo occupato a leccare quei frutti acerbi. Il pensiero che quella troietta si facesse leccare da qualche suo coetaneo invasato dagli ormoni lo fece imbestialire. Una forma di gelosia ossessionante lo prese e lo scosse a tal punto che smise di frullare la lingua sui capezzoli.
Lilly vide che il suo amico la stava guardando negli occhi e ne ebbe quasi paura, la sua libidine, però, riprese il sopravvento.
– Mi piace far eccitare le persone. Vedessi come mi guardano i professori. – confessò mentre Antonio stava introducendo un dito nella fica stretta.
– E cosa ci fai con i professori? – domandò con il ghigno di chi è allo stremo.
– Gli faccio tirare il cazzo, come con te. Con due ho anche scopato. – quasi urlò sentendo il secondo dito entrare nella vagina.
– Sei una troia – gli urlò nell’orecchio prendendole con forza i capelli.
Ora era lui a guidare il movimento, tenendo due dita in fica e con l’altra mano impugnando una ciocca di capelli, la faceva galoppare ad una velocità folle.
Sentì Lilly tendere i muscoli per un istante e poi sospirare profondamente accasciandosi su di lui. Era venuta, forse era stata la sua prima volta, oppure era la centesima, ad Antonio non importava, lui ne aveva ancora.
Il cazzo duro gridava pietà dalle mutande. Alzò il capo della ragazza dalla sua spalle e lo fissò negli occhi.
– Vuoi che te lo prenda in bocca? – la naturalezza di Lilly era la sua arma più forte.
– Sì – fece lui alzandola di peso e slacciandosi i pantaloni.
La ragazza si chinò a baciare il cazzo teso verso di lei. Succhiò, guidata dai movimenti della mano di Antonio che l’aveva ripresa per i capelli. Fu un pompino lungo e bagnato. La saliva della ragazzina colava fin sullo scroto, rendendo il pene lucido ed eccitante.
– Vuoi venirmi in bocca? – domandò sentendo che Antonio era sul punto di esplodere.
Ci pensò un istante. Non poteva trattarla così. Venirle in bocca sarebbe stato l’ennesimo insulto alla sua adolescenza. Era solo una ragazzina dopotutto.
– No – rispose – Prendi un fazzoletto. –
La ragazza tirò fuori dalle tasche un fazzoletto di carta e lo premette sulla cappella rossa continuando ad agitare il cazzo con entrambe le mani.
Appoggiò le sue labbra su quelle di Antonio proprio quando lui schizzò il suo liquido tra le piccole dita coperte dal fazzoletto.
Aveva goduto come non credeva possibile. La sua coscienza era ancora muta ed il corpo di Lilly ricominciava ad avere le sembianze di un’adolescente in fiore. La ragazza si risistemò tornando subito a sedere al suo posto.
Quando Antonio ebbe finito di pulirsi si rialzò i calzoni e ritornarono entrambi ad avere un atteggiamento quasi normale. Solo la ragazza aveva negli occhi una strana luce, qualcosa che per Antonio era ancora inafferrabile.
Lilly terminò gli ultimi due esercizi in quei pochi minuti che rimanevano. Allo scadere dell’orario prestabilito Antonio si alzò salutandola.
– Ciao Lilly, quando vuoi fare la prossima lezione? –
La ragazza si girò verso di lui lentamente, solo per un istante. Poi tornò con la testa sul libro.
– Non lo so se ti vorrò ancora, dottore. Mi hai trattata male – fece lei con il volto triste.
Antonio non capì o non volle capire, si limitò ad uscire e a chiudersi la porta alle spalle, come stava facendo con la sua morale. Finché una cosa ti sta dietro non la potrai mai guardare negli occhi.
Scese le scale e salutò Gloria e Enrico in fretta, aveva voglia di scappare da quella casa. Sentiva i sensi di colpa rincorrerlo ma ingranando la prima e sgommando verso casa si rese conto che non sarebbe mai stato così veloce da seminarli. FINE

Molto diabolica!