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Soccorso stradale!

è domenica. Sei su una strada provinciale, che non frequentavi da anni, a bordo della tua Polo CX. Hai affrontato un viaggio di 130 chilometri anziché startene in santa pace sul tuo divano grande, pur di rivedere la tua vecchia amica Gianna, che si é trasferita da un mese da queste parti e tu nemmeno lo sapevi. Dovresti essere a casa sua per l’ora di pranzo. Ma forse non ce la farai che per l’una e mezzo. Tra l’altro sei in una zona che non conosci, e una volta arrivata nelle vicinanze del bivio che ti ha descritto, dovrai telefonarle col cellulare e farti guidare per quella miriade di stradine che sono i vasi capillari del bosco.
La strada si fa sempre più tortuosa, man mano che sali. Strano, pensavi che in montagna facesse più fresco, invece… sarà l’aria di temporale, che con la sua cappa rende l’aria umida e soffocante. In più, gli alberi ai lati della strada si infittiscono, e rendono tutto più scuro. Non che ti dispiaccia quest’atmosfera, ma essere su una strada di montagna dove da almeno un’ora non passa nessuno, un po’ ti preoccupa.

Un tornante più acuto degli altri ti costringe a scalare. Innesti la terza e acceleri. Il motore emette un ruggito rabbioso, e la polo dapprima si arresta, e subito dopo comincia a indietreggiare. Freni lasciando ogni alro pedale. Il motore al minimo, il pedale della frizione alzato e la terza inserita. Situazione che fa pensare subito a scarpinate, autostop, carri attrezzi e fatture salate. La prima cosa da fare é cercare soccorso. Dalla tua borsa, che all’inizio del viaggio avevi sistemato delicatamente al posto a fianco al tuo, come fosse un passeggero importante, scuoti violentemente l’intero contenuto alla ricerca della fonte di salvezza. Eccolo! lo agguanti, lo accendi… solo un asterisco. Avevi caricato le pile? Dannazione!
“Cazzo! Cazzo! Cazzoooo! ” é il tuo pensiero istantaneo. Cerchi di calmarti, e nel farlo ti rendi conto che l’auto é sistemata in diagonale sul tornante. Sarebbe meglio parcheggiare sul ciglio della strada più in basso. Ma rischi di andare troppo indietro e di cadere nel burrone, tanto più che hai la possibilità di andare solo indietro. Meglio uscire e sistemare il triangolo. Stai per aprire lo sportello, quando senti improvvisamente il motore di un camion che si avvicina a una velocità pazzesca. sei quasi fuori dall’auto, e quando il fuoristrada (non era un camion) arriva a velocità supersonica verso la tua Polo, ti allontani gridando! Il fuoristrada sterza e frena, e con una manovra professionalmente disperata, si parcheggia furiosamente a fianco della tua auto. A questo punto ti aspetti di veder uscire dal fuoristrada uno dei Blues Brothers, ma sono io.

La mia auto si é già spenta nella frenata. Apro lo sportello e scendo.

Io – “Che é successo? ”

Tu – “Non lo so, ho messo la terza e sembrava in folle”.

Io mi avvicino alla tua auto, apro lo sportello e mi siedo. Accendo il motore, constato che la terza é innestata e lascio lentamente la frizione.
Nulla. La trasmissione é rotta.

Esco fuori, guardo te, guardo la strada in entrambe le direzioni. Poi vado dietro alla mia auto, apro il baule e ne estraggo una fune piuttosto robusta. Non grossa, ma in canapa vera, di quelle che non si trovano più nei negozi di ferramenta. Lego le due auto a una certa distanza e ti dico di sedere al volante della Polo. Poi parto, e lentamente e dopo qualche lieve strattone, la tua auto si muove e docile, segue la mia. Arriviamo a casa Mia.
Una casa di montagna, con un cortile tutto in ghiaia, e un grosso garage con un altro fuoristrada parcheggiato fuori e una moto, su cui un uomo sta eseguendo dei lavori di meccanica.

Io – “Daniele! guarda che metto questa polo nel garage, é libero il ponte? ”

Daniele – “Vai pure, la Jeep tanto la guardo oggi pomeriggio”

Slego le due auto, e rimetto a posto la fune nel baule del mio fuoristrada. Spingo a mano la tua sul ponte che si trova al centro del garage. Daniele, a lavoro quasi fatto corre a darmi una mano.

Io – “Grazie, eh? ”

Daniele – “E scusa, stavo chiudendo il carburatore, pisciava tutta la benzina… dai! forza… ecco”

Ora scendo nel ponte. Poi risalgo e ti dico: “Ci vorranno un paio d’ore! ”

tu mi fai: “ma lei é un meccanico? Oppure può risolvermi il problema fino a un’officina? ”

Io – Io faccio le gare in moto, però per gli amici faccio anche dei lavori sulle auto come la sua e la mia… si é solo rotta la boccola del cambio, ma dovrò ricostruirla.

Tu guardi l’orologio, tentenni un po’ e poi acconsenti.

Io vado in casa, mi spoglio, mi ficco una tuta da lavoro e ricompaio dall’altra parte. Ti guardo, senza un sorriso. Scendo nel ponte e comincio a lavorare. Tu cammini per un po’, poi ti siedi su una panca, poi ti rialzi, guardi l’ora e cammini. Incredibile, non ti sei portata nemmeno un BELLA!

Io – “Ecco fatto, ora la proviamo”.

Tu – “è riparata? ”

Io – “Credo di si, ma é meglio che facciamo un giretto di prova”

Tu sali al posto del passeggero. Io ho messo della carta pulita sui sedili per non sporcarli. Avvio il motore e parto. Sono sudatissimo, e sulle braccia scoperte della tuta piuttosto malridotta c’è del grasso, che unge i muscoli. Lo stesso puoi vedere sulle mie cosce, semi scoperte da delle grosse lacerazioni sui pantaloni della tuta. Sudore dappertutto, e la pasta lavamani ha assolto il suo compito solo in parte. Sto depositando sul tuo manubrio del grasso.

Io – “Non si preoccupi, poi gli do una pulita col lavamani anche qui sopra. ”

Tu – “Si fermi, ora! ”

Io – Perché?

Tu – “Voglio guidare io al ritorno al garage, per vedere se mi ci trovo… ”

Io – Ma guardi che non troverà nessuna differenza, non é che il cambio… e poi prima di prendere il volante in mano aspetti che lo pulisco…

Tu – “Non si preoccupi, si fermi!

Obbedisco. Scambiamo il posto. Tu ti siedi e senti l’umido del mio sudore sulla parte di schiena che il tuo corpetto lascia scoperta. E senti il mio sudore sotto le cosce. E nel caldo dell’abitacolo cominci a sudare anche tu. Dopo un minuto, avverti la sensazione untuosa del grasso sul volante.
Stacchi la mano destra e ispezioni il palmo. Le macchie nere e lucide spiccano, stonano meravigliosamente con il resto della pelle della tua mano, e fanno a pugni con il rosso delle tue unghie così curate….

Io – “Glie lo avevo detto, ora appena arriviamo, la faccio entrare in casa, così si può rinfrescare… Intanto io le pulisco il volante. ”

Rientriamo nel garage, sul ponte. Tu spegni l’auto. Io aspetto che scendi. Ma restiamo in silenzio, cosi, in modo assurdo, a guardare davanti a noi, oltre il parabrezza, nel buio del garage. dove forse si proietta un film. Speriamo che tu stia guardando lo stesso che guardo io. Un tuo respiro più forte spezza il silenzio. Io ti guardo. Tu guardi me ma non negli occhi, un po’ più in basso, sul petto. Mentre guardi le perline di sudore fra i peli del mio torace, Daniele si allontana con la moto per un giro di prova. Mentre il rumore scompare tu chini la tua testa e cominci a leccare quel brandello di carne della mia coscia sinistra scoperta da una lacerazione della tuta. Salato, deve essere il mio sudore. Tu non ti stacchi. Ma con la testa in quella posizione hai sicuramente visto qualcosa che comincia a gonfiarsi indecentemente a un centimetro dal tuo naso. Quella protuberanza della tuta deve averti fatto uno strano effetto. Cominci a metterti in bocca il mio pene senza estrarlo dalla tuta. La tua saliva impregna la tuta in quel punto, e la tua bocca é mille volte più bollente, così. Sollevi la testa, mi guardi. Continui a guardarmi mentre cominci a spogliarti. Ora sei completamente nuda e a cavalcioni su di me. Io, completamente vestito, con una tuta sporca. Il tuo corpo abbronzato comincia a sporcarsi di grasso su di me. Ti muovi e sento l’umido della tua vagina filtrare attraverso la tuta, all’altezza dell’inguine. Tu credi di poter fare tutto ciò che vuoi di me, ma ti sbagli. Libero dolcemente la mia lingua dalla tua e ti dico: “Esci”

Tu mi guardi incredula. “Esci, ti ho detto! ”

Ti guardo uscire dall’auto, tutta nuda, con le piante dei piedi su bordo metallico del ponte. Esco anch’io. Ti indico un punto in penombra sul fondo del garage. Si può impazzire a guardarti camminare, incurante dello sporco e del grasso che calpesti con i tuoi piedi nudi. Sulla parete del garage, c’è un vecchio sedile di auto, appoggiato al muro, Ti dico di sedertici sopra. Tu ti siedi, lentamente, le mani sulle ginocchia unite. Io ti volto le spalle e vado alla mia auto. Apro il baule. Tu senti cosa sto facendo anche se non puoi vedere nulla, da li. Senti il baule che si apre, senti qualcosa che sfrega e senti il baule che si richiude con un tonfo. L’emozione é a mille. Mi vedi spuntare dal buio con la fune di canapa in mano. hai capito cosa voglio farti, ma rimani seduta, impietrita. Dovresti aver paura, dovresti correre via. Dovresti andare a casa della tua amica…. chi? é come chiedere a un marito di riparare, per favore, il rubinetto della doccia proprio ai rigori del secondo tempo Milan-Juventus. Io accendo la luce: una vecchia lampadina che produce una luce gialla e abbacinante sul tuo corpo nudo. La pelle abbronzata, il segno degli slip e sotto un’ombra scura, il vecchio sedile di furgone Ford. afferro un coltello, taglio la corda in quattro segmenti. Li getto a terra, vicino a te. è una sfida, sto mostrandoti le armi che userò sul tuo corpo. E tu non fai nulla per difenderti… Mi tolgo la parte superiore della tuta. La mia erezione é sparita, ma il pene, rilassato all’interno dei calzoni larghi e morbidi, non é rimpicciolito. è ancora lungo, abbandonato verso il basso e umido. Ma tu ancora non lo puoi vedere. Afferro una corda.

Io – “Comincio con le mani o coi piedi? ”

Tu rimani interdetta. Non ti aspettavi la domanda. Non é facile. Se comincio con le mani avrai l’ebbrezza della totale impotenza verso tutto ciò che ti farò poi. Sarai alla mia mercé subito. Se comincio con i piedi avrai la dolce umiliazione di poter ancora rifiutarti, e invece lasciarmi fare.

Dopo circa trenta secondi ecco che sei tu a stupirmi. Prendi un altro segmento di corda e cominci a legarti il piede destro sotto il sedile, sulla leva della slitta. Fai un nodo sulla leva e poi un paio di giri intorno alla caviglia. La leva é leggermente in alto, quindi l’unica posizione possibile é con il piede piegato all’indietro, con la pianta che da verso il fondo del garage. Stringi leggermente. Esiti un po’ poi decidi di stringere forte. è una pazzia, ma scopri che il dolore e il fastidio della canapa pungente, sulla tua pelle delicata è selvaggiamente eccitante.
Appena finito di stringere il nodo, afferri un’altra corda e me la porgi, guardandomi. Mi hai mostrato come si fa. Mi piego, afferro il tuo piede sinistro. Non sono capace di staccarmene. Lo accarezzo, delicatamente. Mi piace pigiare i polpastrelli sotto le dita. Lo bacio, dappertutto. Ti mordo leggermente l’alluce e tu sussulti. Poi lo piego deciso e violento. Lo metto della stessa posizione dell’altro e comincio a girare intorno la corda.
Stringo forte. Ti fa male ma per niente al mondo vorresti che allentassi il nodo. Ora tocca completamente a me. Afferro una delle due corde rimaste. Tu assecondi la schiena alla forma del sedile, inarcandola e spingendo in fuori i tuoi seni. L’istinto di succhiarti i capezzoli é forte ma resisto. Lo farò dopo, quando non potrai più fare nulla per impedirmelo. Prendo la tua mano destra, e il contatto con il palmo di una cosa così personale, così profondamente umana come la mano di una persona, mi emoziona. La mia erezione torna insopportabile. Avvolgo due giri di corda intorno al polso e alla
slitta del sedile. Il tuo braccio destro é teso, leggermente all’indietro. accentua la posizione della schiena e a ogni movimento che imprimo alla tua
mano, un piccolo sussulto dei tuoi senti mi stordisce. La, tua mano sinistra, rimasta libera, mi accarezza la testa mentre lavoro. Questo é sleale, potrei non capire più nulla. Ho quasi completato il nodo. Ti guardo, esito qualche secondo e poi… stringo con forza la corda. Il tuo sussulto é di dolore, ma sono contento della tua sofferenza. Lentamente eseguo il rito sulla tua mano sinistra. Mi alzo e mi allontano di un paio di passi. Il tuo corpo nudo e immobilizzato su una sedia sporca mi fa girare la testa. Togliendomi i calzoni della tuta rischio di perdere l’equilibrio un paio di volte. Mi tolgo anche le scarpe e le calze. Mi chino. Il tuo respiro é affannatissimo. Non dici una parola ma rispondi perfettamente al frugare della mia lingua nella tua bocca. La furia é tale che la mia saliva e la tua formano un rivolo denso fuori dalle tue labbra, quando ci stacchiamo. E quel rivolo lo senti scivolarti sui seni. Lo senti e non lo guardi, ma guardi me, come per offrirmi te stessa e quello sporco che c’è sul tuo corpo, sotto le piante dei tuoi piedi, sulle tue mani. Non ho forse io da offrirti la stessa cosa?

Afferro il sedile, sposto te e lui dal muro, adagio lo schienale per terra. Le tue gambe divaricate verso l’alto, ora mostrano la tua foresta di peli.
Mi piego di fianco a te, non esattamente con l’inguine sulla tua faccia, ma appena di lato. Cerco, con la bocca, le grandi labbra. Le trovo e il primo istinto é di affondare la lingua in quella tua laguna rosa… ma resisto! Comincio a baciare l’attaccatura delle tue cosce. Le lecco, mordicchio dove posso stando attento a non toccare la tua vulva. Sento il tuo corpo muoversi. Non puoi più rimanere ferma. Continuo a baciarti l’attaccatura delle cosce, e passando dalla parte destra alla sinistra, con la barba ti sfioro la clitoride. Poi me la prendo con la tua pancia. Cerco di ficcare la lingua nell’ombelico. La infilo e la sfilo ritmicamente. Pensa a quando fra poco lo farò con la tua passera! Ma non é ancora il momento. Gioco con la tua pancia, la lingua pennella l’attaccatura dei seni, i denti si impadroniscono dei capezzoli. Un’anguilla di carne frulla le aureole, le punte, le succhia fino a farle erigere paonazze e congestionate. Non mi ero quasi accorto che da circa dieci minuti stai anche gemendo. Salgo fino al tuo collo, lo bacio e tu assecondi i miei movimenti. Ovunque io voglia arrivare, tu vuoi che io arrivi. I baci sono rumorosi e caldi. I lobi delle orecchie ricevono un trattamento particolare. Non so se preferisco succhiarteli o morderteli. Faccio entrambe le cose e tu pieghi il collo dall’altra parte, per offrirmi tutto lo spazio necessario. Ogni movimento che fai, perché godi o perché vuoi assecondarmi, ti fa ricordare delle corde che hai alle caviglie e ai polsi, con dolorini quasi insopportabili. Da ciò vieni distratta dalla mia lingua che ha preso a martellarti l’orecchio sinistro, mentre con le mani non la smetto di massaggiarti i seni, che stanno per scoppiare…

Mi stacco da quella posizione e vado verso la tue gambe. Legata su quella poltrone, la pancia verso l’alto e le gambe per aria… Mi ero dimenticato di morderti gli alluci e sentirti sussultare per questo. Ma é ora di esplorare più a fondo la tua natura. Mi rimetto nella posizione di prima, e con la lingua cerco di nuovo la tua vulva. Trovata! Questa volta, un bacio proprio sulle grandi labbra ti fa emettere un grido. E un altro quando comincio a separarle con la lingua. E un altro ancora quando con la lingua ti penetro e comincio a fare su e giù. “Ti prego… ” é tutto ciò che riesci a biascicare quando comincio a succhiarti la clitoride. Ma le parole ti si strozzano in un “Hoooh” secco, quando delicatamente inserisco un dito nel buco del tuo culo. Lo spingo dentro e comincio a tastare e premere le pareti interne della tua vagina, e contemporaneamente comincio a inserire la punta della lingua nella tua vulva. Mentre faccio questo, non sento più i tuoi gemiti. Subito sento una strana sensazione sul glande. Sei riuscita a sporgerti abbastanza per riuscire a toccarmelo con la tua lingua. Ti assecondo: mi metto su di te, mentre continuo il mio lavoro. Ora me lo stai prendendo in bocca, la tua lingua é un frullatore, guizzante e bagnato. Conosci alla perfezione il punto più sensibile e al momento giusto lo tocchi con decisione e delicatezza. Poi fai un po’ di su e giù con le labbra serrate. Sarà meglio che smettiamo, potrei inondarti la faccia. E non é ancora il momento.

Mi alzo, mi giro e guardo il tuo volto: non sei quella rimasta in panne: sei un animale sconvolto dalla voglia di sesso, i tuoi occhi sono quasi chiusi, le tue narici dilatate. Mi abbasso, e poggio il mio glande sulla tua fessura. So che potrei entrare in qualsiasi momento, tanto é bagnata. Ma preferisco stimolarti la clitoride con la mia cappella, lentamente, ritmicamente. Poi, in un momento qualsiasi del nostro sfregare, lo spingo un po’ verso il basso e finalmente entra! Mi fermo quasi subito. Non lo infilo del tutto, ma solo quel tanto che basta per far sparire la parte superiore. Poi lo sfilo, poi lo riinfilo e vado avanti per un po’. Improvvisamente affondo completamente la verga nella tua vagina. Lo senti tutto dentro, aderisce bene alle tue pareti interne. è bollente e virante e alla fine dell’affondo senti i miei testicoli sbattere contro l’ano. Mi fermo, con il mio pene dentro di te. Mi guardi senza dire una parola. Nonostante sia impossibile cominci a muoverti, con estrema fatica. Vuoi essere posseduta e lo sarai, anche se io non volessi. Ti muovi e sei tu che riesci a far uscire ed entrare il mio pene dentro di te. La fatica ti fa sudare, sei bagnata in ogni parte del tuo corpo. Ora ricomincio a muovermi anch’io, e lo spingo con forza dentro di te. La posizione é terribilmente faticosa e mi devo fermare perché ho le caviglie anchilosate. Estraggo il pene dall’inferno. Riprendo fiato. ricomincio e punto il glande nella stessa direzione. Ma ad un tratto cambio idea. Lo punto un po’ più in basso. Mi aspettavo che dicessi no. Ma il tuo silenzio é la cosa più invitante del mondo.

Spingo delicatamente e la tua apertura anale si lascia allargare lentamente. Dopo un minuto il mio glande é sparito. Affondo piano. Sensazione bellissima, una profondità che la vagina non ha. Comincio a esplorare il tuo intestino e allo stesso tempo ti masturbo. Sei sempre più bagnata e i tuoi capelli fradici di sudore ti danno un aspetto assolutamente indescrivibile. L’odore dei nostri corpi impregna l’aria. Le nostre urla ormai coprirebbero anche il rombo della moto di Daniele, se tornasse. Decido di sfilarlo da li e di rimetterlo al posto per lui più naturale. Continuo a accarezzarti la vagina dall’interno, ritmicamente finche tu non ti irrigidisci, le tue gambe cominciano a tremare e i tuoi capezzoli fanno una serie di grinze. La tua voce strozzata e le parole fra i denti, con la mascella ferma “Sto venendo”, mi inondano il sangue di liquore infuocato. Vederti abbandonata a convulsioni scomposte, con gli occhi rigirati all’indietro, davanti a uno sconosciuto, mi sta facendo impazzire. Ti calmi. è pazzesco, ma anche se non sono venuto, il tuo godimento potrebbe bastarmi. Sei tu a insistere: “dai, mettimelo in bocca”.

Lo faccio. Cominci a giocarci con la bocca e coi movimenti della testa. fai quello che puoi, sei legata mani e piedi. Poi decidi che é arrivato il momento di far ruotare gli occhi anche a me e mi masturbi decisa con la bocca. Non ci vuole poi tanto, e comincio a venire sulla tua lingua, sul palato, rivoli di sperma dalla tua bocca si riversano sui seni, gli ultimi schizzi sulle tue palpebre e sul naso. Cado per terra, le gambe doloranti.
Parliamo un po’. Per qualche minuto. Io rannicchiato sulla tua pancia. Tu ancora legata che non mi chiedi di slegarti. Lo faccio lo stesso. Tolte le corde, sui tuoi polsi e sulle caviglie i ricami della canapa intrecciata. Dovresti fare una doccia. Ma poi ci ripensi. Certamente vorrai raccontare tutto alla tua amica, e quei segni sono meglio di qualsiasi foto. Io ti guardo mentre ti allontani, sali in auto, fai retromarcia e sparisci nel nulla. FINE

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