“Mettiti in ginocchio” mi disse.
Io le ubbidii, mi distesi sul lato del letto e mi inginocchiai sul tappeto.
Sentivo la sua presenza dietro di me, poi con un piede mi allargò le gambe e io capii che dovevo assumere una posizione più adatta, allargai i ginocchi in modo da permetterle di inginocchiarsi a sua volta dietro di me.
“Hai una pelle così vellutata Marco”, mi disse accarezzandomi le natiche con il dorso della mano “Beati i tuoi vent’anni”. Poi si allungò tutta sopra di me facendomi sentire il suo dolce peso e nel rialzarsi percorse con le sue mani i miei fianchi finchè non si fermò all’altezza del bacino e mi bloccò. Sentivo dalla sua presa che moriva dalla voglia di possedermi.
Alessandra era sempre stata buona con me e la proposta di cancellarmi quei mesi di affitto che le dovevo mi aveva subito allettato. Mi aveva detto che voleva trascorrere delle piacevoli ore in compagnia ma non immaginavo proprio che sarebbe finita così. Sono uno studente squattrinato con qualche vizietto e non posso andare a raccontare ai miei che mi gioco tutto ai cavalli.
Trovare questo appartamento in affitto per continuare l’università è stata una fortuna, la padrona di casa, Alessandra, è una donna attraente di bell’aspetto, porta con disinvoltura i suoi quarant’anni quanto i suoi due mariti che ha lasciato alle spalle. Dovevo capire subito, dalla pacca che mi diede il primo giorno sul sedere, quali erano le sue mire. Adesso mi trovavo lì nudo a carponi sul tappeto a pagare in natura ciò che le dovevo.
Usando entrambi i pollici mi allargò le chiappe e iniziò a muovermi contro il suo bacino simulando un rapporto impossibile. Sentii i peli pubici solleticarmi l’ano e ciò mi creò una strana sensazione che provocò un accenno di erezione.
Ma ciò che mi mandò su di giri fu la sua lingua che sapientemente si introdusse fra le mie chiappe e accarezzò il mio buchetto. L’erezione ormai era completa
Stavo riverso sul lato del letto appoggiando la testa di lato sulle mani intrecciate e me la godevo; il mio cazzo duro penzolava nell’aria nell’attesa di una imminente soddisfazione. Ma lei lo ignorava ben sapendo che, finchè fossi stato in quello stato di eccitazione, l’avrei soddisfatta in tutte le sue richieste.
Mentre aspettavo che la sua mano mi cingesse il membro per farmi raggiungere l’orgasmo, lei smise di leccarmi e mi si avvicinò di fianco in modo da potermi bisbigliare in un’orecchia.
“Ti piace. “, disse accarezzandomi la schiena “Lo vedo dalla tua eccitazione”.
“Si continua” le dissi io, sperando di sentire di nuovo la sua lingua, fu allora che la sua mano scivolò lungo la schiena fino alla piccola fossetta e quì iniziò a scendere con il dito medio, lentamente, nel solco del mio culetto.
“No”, le dissi io, “come prima, come prima”. Alessandra senza interrompere quel suo lento movimento disse: “Se prima ti è piaciuto, aspetta e vedrai”.
Armeggiò un po’ con il cassetto del comodino poi sentii di nuovo il suo dito medio dietro di me ma questa volta la pomata di cui era cosparso mi diede una sensazione di fresco.
“Mi sa che qui non è mai entrato nessuno” mi sussurrò sorridendo e rimanendo inginocchiata di fianco a me.
“No, fai piano per favore” le risposi facendole capire che morivo dalla voglia di essere penetrato. “Si, Marco, ma tu rilassati non stringere, non oppormi resistenza”.
Mentre mi mordicchiava il lobo dell’orecchio sinistro il suo dito medio mi massaggiava lo stretto pertugio saggiando la sua consistenza. La sensazione era piacevole perchè avveniva con grande lentezza e grazie anche all’unguento che più volte raccolse dalla scatola per preparare il passaggio al suo primo varco.
Quando introdusse la punta del suo dito mi contrassi per la sensazione di novità, ma lei subito mi rassicurò: “No, No rilassati, lasciami entrare”.
Io le ubbidii e appena allentai la stretta intorno al dito lei me lo infilò dentro con decisione fino alla base facendomi uscire un grido di piacere.
“Bravo”, mi disse afferrandomi i capelli e tenendomi ben piantato il dito medio nel culo, “sono sicura che stai morendo dal desiderio di avere un’orgasmo”.
Avevo iniziato a sudare e il mio cuore batteva forte e speravo in cuor mio che una semplice carezza al mio uccello, teso allo spasimo, mettesse fine
a tanta eccitazione. Le risposi con un soffocato “Si, Si”. Per tutta risposta lei incominciò a muovermi avanti e indietro il dito, a volte anche uscendo per poi rientrare subito dopo. Io mi muovevo per sentirlo meglio ma pian piano l’ano si era ammorbidito e la sua penetrazione era sempre più facilitata.
Il suo dito ormai scivolava dentro e fuori con estrema facilità e le sensazioni che provavo si stavano affievolendo.
Avevo paura che la mia eccitazione stesse diminuendo e allora allungai la mano per accarezzare l’unico ospite a cui nessuno prestava attenzione.
Bloccandomi la mano prima ancora che riuscissi ad arrivare alla cappella, Alessandra mi sussurrò: “Non ancora Marco”.
Tenendomi stretto il polso deviò la mano verso la natica facendomi intuire ciò che voleva che facessi. Tolsi anche l’altra mano da sotto la guancia e con entrambe mi divaricai ben bene le chiappe in un chiaro segno di invito.
Lei estrasse il dito torturatore e me lo fece scivolare per tutto il solco che io tenevo ben aperto. Chiusi gli occhi per godere il suo rientro a sorpresa e allargai di più le natiche.
Rimasi così per alcuni interminabili secondi; quando riaprii gli occhi vidi nella penombra a qualche centimetro dalla mia bocca un lucido vibratore.
“No” dissi, ma al secondo no l’avevo già in bocca e fui costretto a smettere di lamentarmi. Intanto il suo dito ricominciato a deliziarmi il culetto.
“Non ti farò male, stati tranquillo” mi disse “Non è grosso, ti piacerà vedrai”.
Sapeva che se mi avrebbe fatto male sarebbe finito tutto. Lo tolse
dalla mia bocca lucido di saliva mentre ancora io ripetevo soffocato: “fai piano, fai piano”. Con la punta del vibratore toccò il mio uccello quasi a sfidarlo e a fargli capire che questa volta non avrebbe fatto la parte del protagonista.
Poi appoggiò la punta rotonda di plastica sul mio buchetto fradicio e iniziò
a spingere. Io ero tutto teso con la paura di sentire dolore ma la voglia di andare avanti.
“Ahi”, dissi, ma non era vero, era solo la tensione.
Alessandra ritirò subito indietro l’attrezzo, non voleva farsi sfuggire la possibilità di sodomizzare un bel ragazzo, e riprese ad introdurre la punta del suo dito.
“Non devi essere teso” disse “rilassati”, ma anche lei a questo punto era eccitatissima e le parole le uscivano di bocca impastate di saliva.
Riprovò una seconda volta ma con lo stesso risultato.
“Vuoi che smetta? “, mi sussurrò.
“No lo voglio dentro, fammi godere dai”.
A queste parole Alessandra scivolò dietro di me e tornò tra le mie gambe.
Io intanto avevo gettato le braccia distese sul letto nella posizione più abbandonata. Sentii che Alessandra stava lubrificando lo strumento di iniziazione in un ultimo disperato tentativo.
Con la mano sinistra mi fece abbassare la schiena, da esperta sapeva che è quella la posizione migliore per essere penetrati di dietro, poi con il pollice e l’indice mi apri leggermente in modo da intravedere il piccolo forellino e ci puntò il vibratore. Iniziò a spingere e questa volta sentii che non sarebbe tornata indietro.
Avrebbe avuto il mio culo a tutti i costi.
Quando il vibratore mi scivolò dentro l’eccitazione fu tanta che venni.
Le contrazioni provocate dall’orgasmo mi fecero provare come un leggero anello di dolore e quindi allungai la mano nel tentativo di togliere via il vibratore ma
Alessandra, anche questa volta, mi bloccò la mano e continuò a spingere dentro il vibratore tenendolo saldamente con l’altra mano.
Cademmo entrambi sul tappeto sazi dei nostri sensi, intanto pensavo che avrei potuto spendere tutti i soldi di mamma e papà che tanto
avevo trovato il modo di pagare. FINE
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