Non avevo molta voglia di uscire stamattina, ma avevo promesso a Irasema che l’avrei accompagnata a vedere il Pantheon.
Non capisco dove trovi tutto questo entusiasmo, forse finge, se fosse vero ci sarebbe da invidiarla, comunque la ammiro per questa sua semplicità. Io l’ho persa e non so né dove né quando.
è stato duro alzarsi Ho riposato bene stanotte, la camomilla assolve sempre al suo compito; no, non è un infuso, il mio tranquillante è più tangibile e si materializza sotto forma di un dito: il mio, che mi delizia diventando ora un cazzo gigantesco, ora una lingua rasposa e calda, ora solo un gelido dito, docile ma efficace.
Stanotte, però devo aver esagerato con gli schiaffi, gli uno-due in fondo mi infastidiscono, ma mi eccitano allo stesso tempo ed io non potevo non approfittare della camera da letto da sola così ne ho lasciato cadere uno super immaginando Carl che me ne ordinava un ultimo più forte.
Lui è lontano purtroppo!
Il problema è che la mia figa ora è sveglissima.
L’ho lavata con acqua fredda, anche se era già bagnata di suo, mi sono soffermata con il sifone della doccia indugiando sulle piccole labbra che vibravano come ali di farfalla scosse dal getto.
Non l’ho asciugata.
Sono un po’ eccitata, colpa di quella fantasia di gruppo che mi accompagna già da qualche giorno.
Devo decidermi a raccontarla a Carl.
Ho indossato il mio vestito blue, quello di jeans della Onyx , naturalmente senza mutande, ormai ho imparato ad apprezzare questo genere di libertà, di trasgressione.
Apposta l’appoggio sul sedile freddo, o mi volto, come quei galletti sui comignoli, a favore di vento per gustarmi la brezza pronunciata e calda della città.
Spesso mi tocco, così, furtivamente, alla faccia di passanti, passeggeri e frustrati.
Averla rasata ha aggiunto un marcia al tutto.
Grazie Tesoro!
è strano che mi riesca più facile non mettere gli slip piuttosto che il reggiseno; dovrò rifletterci seriamente sul mio seno, dopotutto è invidiabilmente proporzionato e sodo.
D’ora in avanti gli dedicherò più attenzione e meno preoccupazione!
Una sistematina ai capelli, oggi erano più chiari e ricci del solito, li ho domati momentaneamente con gli occhiali da sole, un must, quelli avvolgenti , per ora…… a mò di cerchietto.
Usciamo: Io e Ira, sono quasi le 14: 30
La fermata è vicina, ma già nel tragitto il caldo afoso mi sconvolge, sono distrutta e Ira mi ripete più volte la prima banalità che le viene in mente, così per abitudine, per fare conversazione. Io, invece non interrompo la comunicazione con la mia fica che mi riferisce di elettrizzanti propositi. Fatico a calmarla e questo un po’ mi irrita.
La tocco attraverso la tasca.
Sull’autobus , con il biglietto in mano pronte a timbrare, c’è un caldo terribile ed uno stordente odore di sudore e profumi ; li sento appena distratta come sono dal discorso con Lei, mi volto verso il finestrino, non resisto più, un attimo, ed infilo il medio dentro fino in fondo, lo tengo fermo, poi di colpo fuori e mi passo la mano tra i capelli.
Ripeto l’operazione più volte, gustandomela ogni volta come una boccata di sigaretta dopo il caffè, sorseggio il piacere , ma non posso non reclinare il capo ed inarcare leggermente la schiena.
La postura non è naturale, ma non me ne frega niente, anzi strofino il clitoride, una volta, lievemente, come vezzo.
Prenotiamo per scendere due fermate prima per vedere qualche vetrina, mi piace, non posso non notare lo sguardo di una ragazzo sui 25-28 anni che è seduto vicino all’uscita, nella fila affianco alla mia; mentre gli passiamo accanto si sistema il cazzo visibilmente duro sotto i pantaloncini da mare che scosta leggermente alzando il bordo della gamba e facendo sbucare, attaccato alla coscia poco più di due centimetri di un glande rosso e congestionato, scoperto ed imperlato di una gocciolina trasparente che cade, proprio in quel momento sul sedile.
Il cuore mi salta nel petto e lo saluto silenziosamente solo dopo che il pullman è ripartito. Irasema penso che non abbia visto.
Lei mi tira ancora di più ed il problema è che non riesco a pensare ad altro.
Vaghiamo per qualche ora per vetrine, tutte uguali, tutte belle, ma tutte costose.
Imbocchiamo verso Piazza S, Giovanni senza pensare, siamo assorte e non ci accorgiamo di ciò che sta succedendo alle nostre spalle: una manifestazione di autonomi è degenerata per colpa di infiltrati tossici convinti di poter approfittare della situazione per racimolare un po’ di roba da rivendere.
Lontano è scontro aperto con le forze dell’ordine, noi ci troviamo nella retroguardia degli autonomi.
è tardi quando ci rendiamo conto della situazione, comunque iniziamo a correre, sola non mi prenderebbero mai , ma c’è Ira in difficoltà , impacciata in quelle cazzo di scarpette da bambola, sempre troppo alte, sempre troppo inadatte.
Rallento un po’ e la tiro come posso, ma ormai i primi stanno arrivando, quei bastardi arrivano come un branco di mufloni, inesorabile e terribile.
è una attimo e ci troviamo affianco il ragazzo del pullman, quello dalla punta rossa che avrei volentieri preso in bocca cosi abboccando a quella parte che sporgeva, non viene da me , ma afferra mia sorella per la vita e la solleva iniziando a correre con un’agilità ed una velocità straordinarie.
Rallento un po’ e vedo Ira, in corsa, spostarsi agile come un’amazzone, fin sulle spalle del ragazzo e sistemarsi divertita in modo da cingere con le gambe la vita di Lui; forse l’espressione soddisfatta era causata dall’elastico del pantaloncino che sfregava ritmicamente contro la sua figa. Forse.
Fatale, per me, quella distrazione, perché in un attimo mi ritrovo circondata di persone, le più strane, arancioni nei capelli o verdi, anelli, abiti, tutto mi sembrava strano in quel momento ma non la loro rabbia che , seppi poi, veniva dal non voler permettere la chiusura di un centro sociale storico per il movimento anarchico romano.
Mi rammarico del fatto , però, che per me è come se non avessero volto, o sesso.
Muovo un passo in avanti, ma uno strattone ai capelli mi immobilizza, quel, coglione tirava fortissimo; io non urlo, non sento.
In quel momento fu come se fossi sprofondata in uno stato asensoriale in cui i cinque sensi si sentono come rivolti all’interno; i rumori rimbombano dentro il mio corpo così come i colpi.
Probabilmente sono caduta. I capelli stirati sempre più, mi arrivavano colpi anche alla schiena ed alle gambe, qualcuno anche al seno, muovo in modo convulso le mani, mi preoccupa il viso e le porto lì.
Tutto accade in una manciata di secondi.
Mi eccito. Non saprei dire della volontarietà di quel “trattamento” per gli altri, ma per due si , una lei ed un lui, forse una coppia, forse complici solo in quel momento, poco importa.
Mani sul volto, stavo a terra su un fianco; il vestito si era sollevato, è già corto.
I capelli , per un attimo sono stati lasciati, solo per poco , giusto per migliorare la presa; sentii una pressione sul petto, immaginai, poi ebbi la conferma che una mano mi stava toccando un seno, con un movimento circolare, a vortice meglio, rude e deciso; ci volle poco prima che quelle dita si serrassero, come una morsa sul capezzolo, non era solo violenza quel gesto, aveva uno strano retrogusto.
Involontariamente quel gesto mi fece cambiare atteggiamento, ma sobbalzai quando sentii entrare qualcosa nel culo, d’un colpo, non grossissimo , ma strano, secco, ruvido; erano sicuramente due dita, sbattute le altre sulle natiche tornarono fuori; le sentii, poi, rientrare di nuovo accompagnate ad altrettanta materia, quasi una mano che si insinuava nella mia figa, non sentii dolore, anche perché averla rasata le facilitò il lavoro non dovendo scostare peli o quant’altro.
Era aiutata anche da quel balsamo che aveva suscitato quella implacabile morsa al capezzolo. Una mano mi viene infilata in bocca, fino alla gola.
Sono in balia di questi esseri.
Sento i capelli, ad un passo dall’eradicamento , tanto tira quella mano ( adoro quella sensazione ), quelle dita mi provocano una serie di conati, il capezzolo doveva essere livido ed ipersensibile, ma soprattutto avevo i buchi spalancati da non so bene quante dita che si muovevano aritmicamente nel mio culo e nella mia figa che iniziava ad urlare quasi più di tutti i presenti ed io con lei.
Godevo , cazzo , godevo come poche altre volte nella mia vita!
L’eccitazione mi stava facendo uscire fuori di testa!
Mi arrivò un colpo fortissimo su una natica che mi fa sobbalzare.
Scosto, perché anche la curiosità aumentava, leggermente le mani e mi volto notando che al capezzolo avevo un ragazzo, pizzetto e piercing al naso; teneva il capezzolo, ma anche il vestito era aperto sul petto, si accorse che lo guardavo e mi mollo un sonoro ceffone, ridendo.
Stavo uscendo di testa, le altre mani che mi farcivano i buchi alternativamente erano invece di una ragazza, capelli lunghi, lisci , neri come i suoi occhi, senza dubbio era lei che mi infilava il culo da almeno tre minuti e mi spalancava la figa.
Ecco perché non aveva le dita lisce: erano sicuramente gli anelli, diversi, che mi raschiavano le pareti.
Devo ammettere che stavo godendo ed anche molto, ma proprio quando come un ciclista stavo per svettare sulla cima più alta, mi sentii come afflosciare, come se fosse uscita tutta l’aria che avevo dentro.
Nell’ordine, velocemente, mi furono lasciati : i capelli; poi tolte le dita dalla bocca, poi allentata la tensione al capezzolo, con una torsione finale; poi all’unisono le ragazza tolse le mani da dentro di me, regalandomi due o tre colpi finali profondissimi, e sollevandosi passando dalla mia bocca infilandoci senza chiedere, una mano calda e umida, poi l’altra e finendo con un buffetto sulla guancia.
Arrivava la polizia (finalmente? ), caricando i facinorosi che mi lasciarono li , a terra, seminuda, eccitata, con la testa frullata.
Sentivo i poliziotti caricarsi a vicenda scandendo come barbari degli:
“uno – due – tre .. Carica! ” i loro assalti.
Li sentivo vicinissimi, e mentre sentivo nuovamente fluire le forze, aiutata dal sole e dall’aria fresca.
Dopo un: “uno – due.. ” mi arrivò una tremenda manganellata proprio sulla figa lasciandomi senza fiato; esposta, come era stata lasciata, al pubblico.
A quella manganellata ne seguirono altre, ovunque sul mio corpo: natiche schiena, testa, fica, pancia. Mi contraevo come un’epilettica.
Poi uno di loro mi si mise cavalcioni prendendomi un polso e torcendolo dietro la schiena.
Era seduto sulla pelle nuda del sedere e penso che lo sapesse.
Sento urlare nella mia direzione alcune parole ingiuriose, poi sento che mi gira e mi fa alzare spingendomi lontano, non prima, comunque di avermi regalato una sonora manganellata sul sedere . Bastardo! .
Mi siedo, tenendo , forse, le gambe aperte, sul marciapiede a bordo strada.
Usai del tempo, non so quanto per tornare nella temporalità, ma ci riuscii. Il bilancio era buono: un rullo compressore mi aveva calpestato, ma a parte il casino in testa ed una Lei in fiamme, stavo bene.
Andai alla ricerca di Irasema.
Attorno a me erano cosparsi i rifiuti di cassonetti rovesciati e frammenti di qualche vetrina infranta.
Dovetti toccarmi! ( come adesso).
I ragazzi prima e la manganellata poi, insieme al dolore si erano portati dietro molto piacere e li avevo addosso ancora tutti e due.
Vagai disordinatamente per un po’.
Ero eccitatissima, stavo male.
Mi sedetti su una panchina facendo ben attenzione a che i listelli di ferro ghiacciati toccassero i punti migliori della mia lei.
Feci un pochino di pipi, facendola passare tra le fessure.
Mi venne da sorridere andandomene e vedendo la macchia umida ormai quasi assorbita dal terreno.
La mia mano ogni tanto si insinuava in tasca cercando di raggiungere anche solo per una attimo il clitoride duro e scoperto.
Sinceramente avrei voluto anche un po’ di liquido caldo e cremoso in bocca, un po’ di seme, come balsamo divino per l’anima e per il corpo, preso per via orale naturalmente.
Chiudendo gli occhi quasi ne sentivo il sapore e questo non mi aiutava affatto.
Volevo anche un cazzo, insomma, grande, piccolo, non importava, ma che avesse tutti i crismi e soprattutto lo avessi subito, altrimenti impazzivo.
Sentivo di essermelo meritato se potesse importare la cosa.
Per un attimo mi venne in mente il “corridore dalla punta rossa” , salvatore di Ira, ma , subito dopo, l’immagine che percorse la mia mente era quella di mia sorella, scalza, inginocchiata ai piedi del giovane, che pompava allegramente, quasi canticchiando, il lungo cazzo del ragazzo che stupito esitava ad afferrarle la testa, spaesato ed eccitato com’era.
Doveva ringraziarlo in qualche modo, pensai; “beata”, aggiunsi, e con una punta di invidia scacciai il tutto.
Giunsi ad una fontanella e mi lavai la faccia abbondantemente e passando poi la mano bagnata su di Lei .
Non badavo affatto se qualcuno mi guardasse.
Gli uomini, dopotutto non si toccano in continuazione?
Stavo per impazzire.
Entrai in un bar, d’istinto; mi avvicinai quasi barcollando al bancone ed ordinai un the freddo.
Qualche secondo e mi sentii chiamare, anzi sentii urlare il mio nome il mio nome, Selina non è comune; girandomi riconobbi subito il fratello di quella mia collega d’Università.
Lei è odiosa, ma lui è un tipo che sprigiona.
Conversammo un po’, giusto per giustificare quel luogo e quell’incontro. Non era davvero male, se fosse stato importante.
Gli chiesi di aiutarmi, quasi con le lacrime agli occhi e mi feci accompagnare in bagno, era unico , maschi e femmine; rifinito il locale ma il bagno era una latrina.
Lui era attonito ed impaurito.
Chiusi col passante.
Lo sbattei al muro e mi accovacciai sollevando un poco il vestito, per non strapparlo e per potermi toccare liberamente.
Poverino, tentò persino un rifiuto, ma ottenne soltanto un sonoro : “ZITTO! “, poi gli abbassai , quasi strappandogli , i pantaloni multitasca e i boxer e mi affogai del suo cazzo ancora moscio fino alle palle.
Non dovetti attendere troppo per avere tra le labbra ciò che desideravo: non era eccessivamente duro , ma sicuramente piacevolmente proporzionato e affusolato.
Lo tolsi di bocca e mi alzai girandomi e mettendo le mani sul bordo del water.
“Entra! “, ordinai, e lui timidamente abbozzo un tentativo, inutilmente; presi allora saldamente alla base il suo cazzo e me lo infilai d’un colpo su per la figa.
Non so se io o lei lanciammo il sospiro che si sentì echeggiare, sproporzionato per quel cazzo, ma liberatorio come non mai, ma so che un goccio di saliva mi scese dalla bocca aperta.
Nonostante soffrissi per la figa tumefatta dai colpi e dalla manganellata, andai avanti ed indietro furiosamente per qualche minuto gustandomi passo-passo il montare di un orgasmo straordinario che accompagnai con alcune pacche che sentii di dover dare al sedere visto che lui si limitava ad ondeggiare leggermente.
Che inetto! Quanto avevo atteso quel piacere oggi!
Non avevo ancora finito di gridare il mio godere che mi accorsi dell’imminente conclusione del mio partner, lo precedetti voltandomi di scatto e riaccovacciandomi tra le sue gambe ed iniziando un affannato pompino al malcapitato “violentato” sicuramente più di me qualche ora prima.
Con una mano accompagnavo la bocca invitando il cazzo di lui fino in fondo potevo leccare anche le palle! , mentre con l’altra mano mi schiaffeggiavo furiosamente la figa che schioccava, rasata, bagnata, come una frusta.
Ci volle davvero poco e venni di nuovo mugolando per la bocca piena che finalmente si riempì, dopo alcuni colpi ben dati, del suo caldo seme che trattenni sulla lingua per qualche secondo, per gustarlo meglio.
Doveva essere in astinenza da un po’ vista la quantità.
Aspettai che si ammosciasse tenendolo in bocca.
Mi piace far così. !
Gli ordinai, poi di urinare sapendo che lo stimolo torna sempre dopo aver eiaculato e lo accompagnai in quella ellisse dorata verso il water, ma improvvisamente mi venne di inchinarmi e farmi bagnare il viso; bevvi anche qualche sorso facendo colare l’eccesso giù lungo il mento.
Lui, in silenzio, non reagiva.
Mi alzai , mi riassettai un po’ il vestito, passai il dorso della mano sulle labbra e poi l’asciugai sul vestito prima di porgerla al ragazzo per una stretta di mano di commiato.
“Grazie”, ho aggiunto , per scrupolo, mentre uscivo dal bagno , lasciando lui ancora con i pantaloni abbassati e con una indecifrabile espressione del viso.
Pagai il the e uscii.
Tutta la preoccupazione per Irasema ora si fece sentire, ed incominciai a cercare, sempre più angosciata; fortunatamente da un angolo poco lontano sbuca Ira: era sola, raggiante, mi corse incontro e ci abbracciammo e baciammo.
Ci scambiammo un :
“Come Stai… ? “, sincero, sussurrato.
Ho riconosciuto come “familiare” l’alito che accompagnava quelle parole, sorrisi e la strinsi ancor di più a me senza parlare.
Il Pantheon non era lontano, dopotutto dovevamo vederlo, e ci rimettemmo a camminare complici silenziose della nostra avventura.
Ora è notte, il Pantheon era bello come sempre, la camomilla stanotte l’ho fatta sul serio per decongestionare la mia Lei livida, ma felice.
Ho chiamato la mia collega e le ho detto di ringraziare accoratamente il fratello appena lo avesse sentito, non ho aggiunto altro. Irasema ha un sorriso sul volto, tutta la sera, so che mi racconterà e forse scriverò qui tutto.
Stringo il cotone imbevuto tra le gambe, poi lo toglierò riporrò la matita.
Ho voglia di ringraziare: gli autonomi, il caldo, il fratello della collega, mia sorella e “l’amico”, ma soprattutto te Carl, che leggerai questa pagina , grazie perché mi hai fatto gustare…..
è stata una grande giornata!
Buonanotte! FINE