Avevo affittato un vecchio casolare sulle colline attorno a Firenze. Avevo deciso di prendermi alcuni giorni di ferie per poter andare a cavallo intorno a quelle colline. Chiamai Eleonora senza preavviso e le ordinai di prendersi libera tutto il pomeriggio. Lei in un primo tempo non sapeva come organizzarsi, ma le dissi che non me ne fregava niente e che avrebbe fatto meglio a venire di corsa. Era quasi l’una del pomeriggio e avevo fame e se non avessi trovato il pranzo pronto al rientro della mia cavalcata sarei stato costretto a punirla. Le chiavi del casolare erano sotto lo zerbino e le dissi di fare presto. Quando arrivai misi il cavallo nella stalla e andai in cucina. La trovai che stava freneticamente apparecchiano il tavolo. La guardai senza dire nulla, lei teneva gli occhi bassi, sapeva di essere in ritardo. Mi sedetti senza fiatare e lei mi mise subito davanti il piatto con degli spaghetti. Mise sul tavolo il piatto anche per lei ma prima di sedersi mi versò il vino e rimase in piedi, in attesa che gli dicessi cosa fare.
“Il tuo piatto mettilo per terra, qui, davanti ai miei piedi” gli dissi. Lei ubbidì e lo posò in terra. Gli legai le mani con una corda che fissai alla gamba del tavolo. Lei non sapeva se inginocchiarsi, perché si sarebbe rovinata le calze nere che si era messa. Allora la spinsi a terra e le infilai il viso nel piatto” Puoi mangiare, troia… mi stai già innervosendo”. Lei col viso sporco di sugo iniziò a mangiare gli spaghetti con la bocca. Li assaggiai.
“Fanno schifo, troia, manca il sale e non hanno sapore. ” Lei restava china sul piatto per paura della mia reazione e allora presi il mio piatto e glielo versai con forza sui capelli.
“Sono arrivato da 5 minuti e mi hai già fatto arrabbiare, puttana e questi schifosi spaghetti mi hanno sporcato gli stivali ora devi leccarli e pulirmeli.
“Lei con le mani legate e i capelli pieni di pasta iniziò a leccarmi gli stivali.
“Sei già eccitata, brutta troia, lo capisco. Vorresti che ti prendessi vero? Ma io con una troia lurida non scopo. ” Lei impaurita mi diceva
“Va bene mio padrone, sono la tua stupida troia, ma non mi punire, ti prego”. Allora io sbottai
“Brutta deficiente, lo sai che devi parlare solo quando te lo dico io”. Allora slegai la corda dalla gamba del tavolo e per la corda la trascinai nel bagno. La infilai sotto la doccia e le legai la corda sul rubinetto della doccia, in alto.
“Adesso devo bendarti” e la bendai. I suoi vestiti erano sporchi di sugo ed io aprii l’acqua fredda che a inondò. Le strappai di dosso i vestiti, stracciandoli e quelle calze nere che la facevano sembrare una puttana.
“Lavati bene, troia, fai schifo”. Era nuda, bendata e l’acqua l’aveva ormai ripulita. Allora slacciai la corda dal getto della doccia e la feci con forza inginocchiare davanti a me.
“Lo sai che non devi fiatare. Ora poi parlare se hai qualcosa da dire”.
“scusami padrone se ti ho deluso un altra volta disse con voce flebile”. Non aveva nemmeno finito di parlare che lei sentì un liquido caldo sul viso
“Mi hai costretto tu a pisciarti addosso, non azzardarti a muoverti”. Lei si prese sul viso tutto il mio piscio e quando ebbi finito la rialzai. Le legai di nuovo le mani sul getto della doccia per immobilizzarla, la girai di schiena e la spinsi con la pancia e il seno contro la parete gelida. Mi avventai contro di lei schiacciandola a quella parete gelida con forza. Lei gemeva di dolore per quel peso che la spingeva contro la parete, ma sapevo che si stava eccitando. Di colpo lei sentì la mia verga rovente che si appoggiava al suo buco del culo e gliela spinsi dentro con forza. Infilata la verga dentro di lei le misi le mani sui seni e li stinsi forte mentre vibravo nel suo ano dei poderosi colpi con la mia verga.
“Padrone, ti prego, toccami anche la figa, è tutta per te, fammi sentire le tue dita che mi aprono”.
“non lo meriti, zoccola” gli dissi e continuai a vibrare i miei colpi dentro il suo ano. Lei godeva, lo capivo, ma non aveva il coraggio di gemere di piacere.
“Se ti sento fiatare ti chiudo nella stalla al freddo, troia”. Le venni dentro urlando di piacere. La slegai e la feci inginocchiare davanti a me.
“Ora mi devi pulire l’uccello leccando, brutta troia” e gli infilai la verga sporca di sperma tra le labbra. Lei ansimava, sentiva il mio sperma caldo nel suo ano e con la bocca si affrettò a raccogliere le ultime gocce e le ingoiò per riempirsi del mio sapore. La verga i stava tornado dura, tra le sue labbra che mi leccavano avidamente sulla parte più sensibile.
“Vorresti che ti venissi in bocca, vero troia? Sei ancora sporca, hai i capelli che fanno schifo, sono pieni di sugo e puzzi di sporco”. Estrassi il pene dalle sue labbra e la trascinai verso la stalla. Lei era bendata e inciampava coi suoi piedi scalzi ad ogni passo. La portai in stalla, dove avevo il cavallo. Le misi in mano uno straccio e le dissi
“Devi pulire il cavallo che è pieno di sudore, anche se hai la benda e non vedi niente”. Lei bendata prese lo straccio che le avevo messo in mano e si mise ad asciugare il sudore al cavallo. Nella stalla c’era odore di urina di cavallo e allora le dissi
“questo è il posto adatto ad una troia come te”. Lei puliva il sudore dell’ animale e dentro di se si chiedeva cosa avrei fatto, sapevo che era eccitatissima.
“qui c’ è il pisciatoio del cavallo, ora voglio che anche tu ci pisci dentro. Era una tinozza per la raccolta degli escrementi del cavallo. Tirandola per la corda la avvicinai e la feci accucciare sopra.
“Ora piscia, brutta troia”. Lei si mise a pisciare e mentre pisciava io andai ad accarezzarle la vagina pelata. Sentivo tra le dita la sua calda urina e accarezzandola sentivo che si era depilata bene.
“Almeno ti sei depilata bene” le dissi. Presi le mie dita e gliele infilai in bocca
“leccale bene, non voglio che puzzino”. Lei leccava freneticamente e sapevo che la sua farfallina stava bruciando di desiderio. Allora la spostai verso un tavolaccio e la feci piegare con il busto sul tavolo a 90 gradi. Gli montai da tergo e infilai nuovamente la mia verga dentro il suo ano. Questa volta le dissi
“Adesso puoi godere, troia”. Lei iniziò ad animare e finalmente poteva gemere di piacere mentre la penetravo. Con le dita andai ad allargarle la vagina dilatata e mentre col pene la sfondavo da dietro le infilai con forza un grosso cetriolo che avevo colto nell’ orto dentro la vagina. Lei godeva follemente e io non smettevo di vibrare violenti colpi nel suo ano. La girai e la feci sdraiare di schiena sul tavolo e presi a leccarle la figa, che odorava di piscio misto ai suoi succhi. La sentivo gemere di piacere sotto la mia lingua e allora le infilai il cetriolo nell’ano mentre continuavo a leccare. Ero eccitatissimo e con la verga durissima. Stavo per venie e allora le ordinai di prendermelo in bocca. Lei senza fiatare si mise a cercare il mio pene, dato che era bendata, la presi per i capelli e la girai verso la mia mazza e gliela cacciai in bocca.
“Non devi perderne neanche una goccia, troia”. Lei leccava e mi avvolgeva con la sua bocca tutta la verga, sentivo che cercava di infilarsela più in dentro possibile nella gola, lei sapeva che mi piaceva.
“Sto venendo troia, succhia bene”. Ebbi un abbondante eiaculazione e lei succhiò tutti i miei spruzzi e ingoiò tutto. Era inebriata dal mio sapore, sapevo che lei adorava il mio sperma bianco e caldo. Lei godeva come una troia, aveva la figa aperta, il culo sfondato prima dal mio cazzo e poi dal cetriolo e nella sa bocca il sapore del mio nettare. Le tolsi la benda.
“Ora puoi andare a cambiarti, nella stanza da letto c’è un vestito nuovo che ti ho comprato, brutta puttana. Ricordati che sei la mia troia ed io sono il tuo padrone e posso fare di te ciò che voglio”. Lei andò a cambiarsi. Ci lasciammo consapevoli che ogni volta che ci vedevamo era un orgia di piacere per entrambi. FINE