Le due ragazze si erano spinte fino ai confini del quartiere conosciuto col nome di Ponte Ammiraglio.
Un nugolo di casupole popolari affollava l’area illuminata dalla scialba luce di un pomeriggio nuvoloso.
Un lezzo di immondizia putrida aleggiava nel ghetto. Le due ragazze avevano discusso a lungo: era davvero indispensabile quella gita nel cuore nero della città?
Erano state assunte temporaneamente dal Comune per andare in giro a riempire questionari ai fini del censimento. Era sembrato un buon modo per fare un po’ di soldi in attesa di un lavoro stabile. Avevano entrambe terminato gli studi universitari da poco, ma lavoro non se ne trovava.
Ora Laura si pentiva di non essere stata più convincente. Quel quartiere poteva riservare brutte sorprese.
– Bè, io vado – disse decisa Daniela avviandosi verso una casupola poco lontana.
– Daniela! –
Laura si sforzò di tenere il passo dell’esagitata cugina: i suoi occhi si posarono sul cortile sciatto, sulle lattine di birra sparpagliate tra l’erba alta, sui cedevoli scalini di legno che conducevano alla veranda. Scorse il muso di un camioncino nero parcheggiato sul retro.
Daniela esitò per un momento poi piegò le dita a pugno chiuso e bussò.
– Non risponde nessuno, dai andiamocene – sussurrò Laura sollevata.
– No, arriva qualcuno – la informò Daniela.
Laura si appoggiò alla cugina e il cuore le balzò in gola appena vide la porta aprirsi.
Un omaccione si stagliò contro lo stipite. Aveva una faccia larga e dura e le guance erano appena ombreggiate da una barba poco curata. Indossava una maglietta bianca che aderiva al torace sviluppato e dei calzoni da lavoro.
– Che diavolo volete ragazze? Io non compro niente! – ringhiò l’uomo.
– Siamo qui per il censimento. – iniziò a dire Daniela. – Vorremmo farle qualche domanda per riempire il questionario. –
Gli occhi dell’uomo si spalancarono per la sorpresa: sorrise e aprì ancor di più la porta.
– Siete sole? O ce ne sono altre in giro a far domande. – chiese l’uomo studiandole con occhi indecifrabili.
– No, no, siamo sole – rispose Daniela, ingenuamente. – Non verrà nessun’altro a importunarvi dopo di noi. –
– Entrate, allora. Avanti su – disse l’omaccione, nettandosi le labbra col dorso della mano.
Laura gli passò accanto e sentì correrle lungo la schiena un brivido di paura.
Il mobilio del salotto era malandato e coperto di polvere. Il tappeto era stato rosicchiato da intere generazioni di cani randagi e si stendeva sul pavimento come un animale in via di putrefazione.
L’odore del tabacco e dell’alcool da quattro soldi aleggiava nell’aria stantia e Laura si pentì subito di essere entrata. Gli occhi dell’uomo si erano subito posati sul suo culo: la biondina se ne accorse e cercò, per quanto possibile di tirare giù la corta gonna a coprire le cosce. Daniela invece sembrava non essersi accorta degli sguardi voraci del bruto e aveva tirato fuori il questionario. Si mise a sedere sull’orlo del divano mentre l’uomo andava a chiudere la porta di casa. Laura trasalì sentendo lo scatto secco della serratura.
– Allora cosa volete sapere? – chiese l’uomo in piedi sulla soglia, le braccia muscolose incrociate sul petto.
– Bè per iniziare il vostro nome – iniziò coraggiosamente Daniela.
– Rico – rispose asciutto l’uomo.
– Rico, e poi? – continuò Daniela sorridendo cortese e cercando di nascondere il disgusto istintivo verso quel selvaggio.
– Rico e basta, – sghignazzò l’uomo.
Daniela trasalì e lo fissò a bocca aperta.
– E così voi due signorinelle ve ne andate a spasso in questo quartiere elegante, da sole, a rompere i coglioni alla gente? – continuò l’uomo con fare sornione. – Ma che cazzo venite quì a fare domande? Cosa cercate? Dite, siete forse in cerca di un po’ di movimento per caso? –
– Ehi, ma come vi permettete? – esclamò Daniela saltando in piedi.
– Calmati Daniela – disse Laura: la biondina aveva notato un lampo di follia negli occhi dell’uomo.
– Scommetto che siete solo in cerca di un po’ di cazzo. Cazzo vero: quello che non trovate nei bambocci di città che frequentate di solito – insistè l’uomo con voce roca.
– Guardi che chiamo la polizia, se non la smette – farfugliò Daniela, guardando la cugina in cerca d’aiuto.
Una ricerca inutile: Laura non aprì bocca.
– Voi due non chiamerete proprio nessuno. E tantomeno la polizia. Mi sa tanto che voi due pollastre avete bisogno di una bella ripassata. –
L’uomo allungò una mano e la ragazza si ritrasse terrorizzata.
– Non toccarmi! – urlò Daniela passando istintivamente dal lei al tu.
Laura si acquattò in un angolo.
– Tocco quel cazzo che voglio in casa mia, puttanella di merda! –
– Laura andiamocene! – urlò Daniela gettando uno sguardo disperato alla porta chiusa a chiave.
– Ma se ha chiuso la porta! – fece eco Laura.
– Aiuto! … Aiutoo! … Oh, Dio, qualcuno ci aiuti! – gridò Daniela, cercando di aprire una finestra.
– Guarda che non ci vive proprio nessuno da queste parti: il Comune vuole demolire la zona. Io sono l’ultimo che è rimasto. – disse tranquillo l’uomo.
– Oh, NO! … NO! … –
Daniela fece un passo indietro, coprendosi il volto con le mani mentre l’uomo avanzava verso il divano.
Laura cercò di evitare le mani di Rico ma inciampò nel lercio tappeto, perse l’equilibrio e cadde di faccia sul pavimento.
Rico le mollò un calcione nella pancia e tornò ad occuparsi di Daniela.
– Lascia… stare… mia cugina! – balbettò Laura col poco fiato che le era rimasto. Rimase a terra piegata in due, le ginocchia contro le tette.
Tenendosi il ventre dolorante con le braccia, Laura vide che Rico aveva afferrato la cugina per i lunghi capelli castani. Tirò con violenza e la ragazza si fermò di colpo, come fulminata. Le mani artigliarono l’aria e le ginocchia si piegarono: iniziò ad urlare sotto la morsa crudele del maniaco.
– Ahhhh… Qualcuno mi aiuti… Per pietà! –
Due schiocchi echeggiarono nella stanza, Daniela girò su se stessa, e la massa di capelli le calò sul volto come una medusa affamata: Rico aveva rifilato un paio di poderosi manrovesci alla ragazza, facendola stramazzare al suolo.
Nel frattempo Laura aveva quasi sperato che l’energumeno si fosse dimenticato di lei.
Non era così.
Grattandosi il pacco gonfio, Rico avanzò verso di lei: Laura si tirò indietro, strisciando lungo il pavimento, finchè la sua schiena non si trovò contro una parete.
L’uomo scoppiò a ridere, infilandosi una mano nei jeans stinti, incenerì la sua preda con uno sguardo assassino mentre le sue labbra si piegavano in una smorfia di scherno. Laura iniziò a tremare violentemente: la carne dei seni rabbrividiva per la paura.
Rico fece un passo avanti e i suoi stivali affondarono nel tappeto putrefatto. Laura guaì come un cane bastonato: i suoi occhi balenarono a destra e a sinistra, cercando un’improbabile via di fuga. Daniela era ancora sul pavimento, forse era svenuta.
– Non mi tocchi. La prego, ci lasci uscire. Le prometto che convincerò Daniela. Glielo giuro: non chiameremo la polizia! Non diremo niente a nessuno! –
– Cazzate! Quando avrò finito con voi, non sarete in grado di chiamare nessuno! – rispose tetro l’uomo.
Ancora una volta i brividi della paura le percorsero il corpo. Le chiappe si serrarono per il terrore.
Rico le saltò addosso con la foga di un lupo mannaro. Laura riuscì a schivare il corpo muscoloso ma la sua testa cozzò contro la parete. L’uomo le regalò un sorriso infernale, le labbra si incresparono in una smorfia che assomigliava ad uno sfregio, o ad una ferita incancrenita.
Laura scivolò a terra, intontita per la botta e si trovò a nuotare nella melma del putrido tappeto.
– In piedi! – abbaiò Rico.
– No! – urlò la ragazza cercando di strisciare lontano da lui.
Rico avanzò verso la sedia sotto la quale Laura aveva cercato riparo e l’afferrò con entrambe le mani. Laura urlò ancora, facendosi piccola piccola e desiderando scomparire dentro una crepa della parete.
La biondina mugolava come un gattino infreddolito e la paura faceva tintinnare le sue ossa come sonagliere messicane.
Rico le era ormai addosso: con le mani grosse come vanghe uncinò le ascelle di Laura e la tirò in piedi con un brusco strattone.
– Quanti anni hai? – Chiese il bruto fissandola in volto.
– Ve… ventiquattro… quasi venticinque. – rispose la ragazza nel panico.
– E quella lì… – indicò il corpo di Daniela stesa a terra.
– è… è mia cugina…. siamo coetanee, ma che imp… –
– Zitta mammola, era tanto per sapersi regolare. Sai io ci tengo alle regole. Non mi faccio le minorenni. Ma tu… –
Le manone dell’uomo strisciarono come ragni sulla pelle liscia della preda e Laura chiuse gli occhi appena sentì le dita sconosciute palpare laidamente la carne delle cosce, il ventre piatto e le tette imprigionate dal reggiseno. Poi Rico afferrò il tessuto lanuginoso della felpa e gliela strappò di dosso, lacerandola con uno strappo violento.
Poi, senza esitare, le strappò il costoso reggiseno: subito le mammelle balenarono prepotenti alla fioca luce del salotto, rimbalzando una contro l’altra sulla cassa toracica.
Presa dal panico, la ragazza si portò le mani sul petto a proteggere i capezzoli. L’uomo le uncinò i polsi e demolì, senza difficoltà, le timide difese di Laura: piegò la testa e prese a mungere il seno destro. Laura urlò a pieni polmoni, mordendosi il labbro inferiore fino a gustare il sapore del sangue. Il bruto si accaniva con ferocia sulla carne morbida e i suoi denti minacciavano di staccare il capezzolo su cui si erano serrati.
La ragazza spinse le chiappe contro il muro e i suoi piedi scalciarono frenetici contro le caviglie dell’aggressore.
– Noo! … No! … Oh, Dio! … Qualcuno mi aiuti! – urlava pazza di paura, mentre l’uomo le mordeva e le succhiava il capezzolo già irritato.
Poi le mani del bruto abbandonarono i suoi polsi e le scesero freneticamente sul culo sotto la gonna. Laura sentì che le strizzavano le chiappe e cercavano di divaricarle. Le dita strisciarono su quel sottile corridoio che separava la vagina dall’ano…
La paura e il disgusto si mescolarono in un cocktail intossicante che le mozzò il fiato.
Gli occhi scuri dell’uomo la trapanavano facendola rabbrividire. Un altro strattone e Laura vide la propria gonna scendere lungo le gambe e ammucchiarsi attorno alle sue caviglie. Le mani muscolose impugnarono il tessuto delicato delle mutandine e lo fecero a pezzi…
– Noooo! – implorò la biondina.
Ora Laura era completamente nuda.
Le mani di Rico si posarono sulle spalle candide: cosa vorrà farmi? si chiese terrorizzata la ragazza.
– Hey, ragazzi… Ma che cazzo succede? … Ma no! Chi è questa bella fichetta? –
– Una troietta in cerca di spasso che cercava di intervistarmi – disse Rico, rispondendo così all’omone alto e biondo che era entrato dal retro e si era avventurato in salotto.
Laura si sentiva morire di vergogna: completamente nuda di fronte a due sconosciuti. Quei due se la stavano mangiando con gli occhi: Laura rabbrividì e con le mani si coprì pudicamente il pube.
– Allora, com’è la storia? – chiese il biondo.
Rico gli fece un breve sunto degli avvenimenti e mentre parlava si divertiva a pizzicare il culetto di Laura, ridendo dei suoi strilli di dolore. Poi la spinse nelle braccia del biondone.
– Avanti, Mauro, tienila ben stretta, altrimenti sguscia via come un’anguilla! –
Rico colpì con un piede il fianco di Daniela, ma la ragazza svenuta non diede segni di vita.
– Bè, tornerà a farci compagnia ben presto. –
Laura cacciò un urlo di sorpresa quando Mauro le mollò uno schiaffone di benvenuto: l’uomo non ci andò molto pesante, almeno non in questa occasione, ma il suo sguardo animalesco fece capire alla biondina che il nuovo arrivato era il degno compare per l’imminente scorribanda sadica.
Laura arretrò lentamente, ben sapendo che non c’erano vie d’uscita. Lanciò uno sguardo disperato alla cugina che giaceva sul pavimento. Se solo fosse riuscita a fuggire! Anche completamente nuda, sarebbe uscita per strada in cerca d’aiuto. Perfino in questo quartiere desolato, pensava Laura, qualche anima pia avrebbe osato alzare la mano in sua difesa.
Rico interruppe bruscamente le sue meditazioni: le dita del bruto si strinsero sulle spalle candide come morse d’acciaio. La ragazza si sentì sbattere come una floscia marionetta. Poi l’uomo si stancò e la ricacciò verso il compare.
– No! … No, basta! … – implorava la ragazza già priva di forze.
Il biondone le palpò oscenamente le chiappe, poi fece scivolare una mano in mezzo alle cosce della ragazza mentre l’altra impastava con veemenza le tette. Laura perse l’equilibrio e, inciampando, riuscì a sfuggire alla presa del biondo.
Scappò via col fiato grosso, dimenticando un fatto semplice ed inoppugnabile: non c’era nessun posto dove scappare. Le tette sobbalzavano appetitose mentre si muoveva a scatti nervosi cercando di raggiungere la porta sul retro.
Rico si era piazzato di fronte alla porta dell’ingresso, nonostante fosse chiusa a chiave, per evitare la più improbabile delle sorprese. Mauro invece era riuscito a bloccare Laura dietro il divano. Iniziò a sculacciarla con tutta la forza che aveva in quelle mani enormi.
– Aaahiii! … – gridava a squarciagola la biondina.
La ragazza si divincolò con la forza della disperazione e cercò di raggiungere il miraggio della porta sul retro. Rico si staccò dall’uscio e la rincorse. Mauro le lanciò un pesante cuscino e la ragazza inciampò e scivolò ancora una volta. Tirò indietro i capelli strapazzati, incerta sul da farsi. Laura sapeva cosa volevano farle. Volevano violentarla. Lo stupro incombeva su di lei.