Avevo conosciuto Giorgia l’estate scorsa, alla festa del suo diciottesimo compleanno. In mezzo a un folto gruppo di ragazzi e ragazze ero l’unico che superava la trentina. L’alto onore di essere stato invitato alla sua festa era dovuto al fatto che, tra i suoi professori, ero l’unico ancora fico, come dicevano tra loro le ragazze, quando mi incrociavano nei corridoi del liceo.
Non mi ero mai accorto di lei in particolar modo. Confusa in mezzo alle altre alunne, alcune delle quali davvero notevoli, era passata quasi inosservata, e quella sera era come se la vedessi per la prima volta.
Ero insegnante di disegno al liceo Carducci e in quanto al mio fisico: bè devo dire che i miei trentaquattro anni li portavo benissimo, grazie alla palestra e al fatto che praticavo molto sport.
Tornando a Giorgia, e a quella festa, a parte qualche chiaccherata e qualche ballo lento, non successe granchè fra noi.
Provavo solo un vago interessamento a lei, pur essendo a suo modo carina, col suo corpicino minuto, i suoi capelli biondi, lisci e lunghi e un visino da ragazzina con due occhi azzurri che traboccavano innocenza.
La relegai in fondo alla mia personale agenda delle appetibili: chissà… un’occasione propizia prima o poi si poteva anche presentare.
E l’occasione propizia si è presentata qualche giorno fà.
Uscendo improvvisamente dall’aula per andare in segreteria (stavo dando lezione a una terza mista), mi accorsi di un movimento furtivo in direzione dei bagni.
Il lungo corridoio era deserto. Tutte le aule erano occcupate dagli studenti intenti alle loro ore di lezione.
Mi diressi in silenzio verso i bagni e vi penetrai con aria circospetta.
L’antibagno era deserto. Vi erano due porte che conducevano ai locali per maschi e quelli per le femmine. Nel silenzio più assoluto ascoltai e mi parve di sentire un fruscio provenire dalla sezione femminile. Aprii la porta senza fare il minimo rumore e una volta all’interno guardai i cinque box di fronte a me con le porte tutte chiuse. Le porte avevano una fessura sotto di almeno 15 centimetri di altezza. Mi chinai e guardai tutte le porte. Niente. Apparentemente erano tutti deserti. Ad un tratto un odore penetrante di marijuana mi arrivò alle narici e notai che nell’ultimo box a sinistra una manina bianca e affusolata stava tentando di aprire la finestrella che si trovava in alto in corrispondenza del box stesso.
Mi precipitai ad aprire la porta e…
Giorgia, in piedi sul water, con uno spinello acceso in mano, che si sporgeva per cercare di aprire la finestrella.
Nel vedermi ebbe un moto di sorpresa allarmata che per poco non la fece cadere dal water e lanciò un piccolo grido di sorpresa.
La guardai con faccia truce per un lungo minuto, mentre lei scendeva dalla tazza del cesso e, ritta davanti a me, cominciava a impallidire dalla paura.
– Bene! – le dissi alla fine: – Brava signorina! Bel modo di seguire le lezioni! Adesso mi segui subito dal Preside che ti darà il fatto tuo.
– No! … La prego no, non lo faccia! La scongiuro altrimenti sono rovinata! Mi cacceranno dalla scuola e mio padre mi ammazzerà di botte e mi rinchiuderà in un collegio di correzione! Me lo ripete sempre: “Se una sola volta ti becco a maneggiare qualunque tipo di droga, ti rinchiudo e butto via la chiave”. Farò qualunque cosa vorrà, ma la scongiuro non mi denunzi!
La guardai pensieroso. Un’ideuzza si stava affacciando nel mio cervellino contorto e lascivo.
– Cosa saresti disposta a darmi in cambio del mio silenzio? –
Le dissi piano mentre le toglievo lo spinello dalle dita, lo spegnevo e lo riponevo nel mio taschino. Abbassò lo sguardo a terra e mormorò impercettibilmente:
– Tutto! –
– Tutto cosa? Non ho sentito. – Le dissi a mia volta sussurrando.
– … Ttutto quello che vorrà, o vorrà… farmi!
– Sei vergine? – le buttai lì all’improvviso.
– … Cccerto! Cosa crede?
– Bene! Cara piccola fumatrice di marijuana. Queste sono le mie condizioni: Verrai a casa mia domani pomeriggio alle tre esatte e ne uscirai alle sette. In quelle quattro ore sarai a mia completa disposizione. Una perfetta schiava ubbidiente ai miei voleri, – la mia mente si stava già agitando al pensiero, e non solo quella, – Non dovrai rifiutarti in nulla. Qualunque tuo rifiuto equivarrà a una passeggiata nell’ufficio del Preside. Questa è la mia proposta… scegli!
Rimase in silenzio a lungo, con lo sguardo sempre fisso in terra, forse valutando i pro e i contro di quell’affare, poi infine alzò lo sguardo e fissandomi con quei suoi dolci occhi azzurri, umidi di pianto, annuì.
– Va bene, accetto. Sono nelle sue mani.
Girai sui tacchi e me ne uscii a passi svelti per non darle il tempo di ripensarci.
L’indomani, dopo una notte insonne passata a ripensare all’accaduto, ero convinto che non sarebbe venuta. Quale ragazza alla sua età si mette interamente nelle mani di un uomo, sapendo di rischiare come minimo la sua verginità.
Alle tre in punto invece il citofono suonò.
Andai a passi lenti a rispondere al citofono: era lei.
Premetti il pulsante e le aprii il cancelletto del giardino. Abito infatti in una villetta di periferia e la casa più vicina è a un chilometro di distanza. Anche se avesse urlato, nessuno avrebbe potuto sentirla. Dalla finestra la vidi posare il motorino all’interno del giardinetto che circonda la casa. Poi udii bussare alla porta. Le andai ad aprire e la guardai. Era come se la vedessi per la prima volta, o meglio, la scoprivo per la prima volta.
Era bella. Anche se era alta meno di un metro e settanta era bella lo stesso. Il suo corpicino era perfetto. Aveva legato i capelli in una coda dietro la nuca, forse per mettere più comodamente il casco, indossava una maglietta aderente, che faceva risaltare il suo seno, non molto grosso, ma duro ed eretto, e una gonna corta di jeans che scopriva due gambe affusolate.
La feci entrare. Chiusi accuratamente la porta, mi volsi verso di lei e le mollai un ceffone violento che le fece fare un mezzo giro su se stessa.
– Questo per mettere subito in chiaro una cosa. – Le dissi torvo. – Io sono il padrone e tu la schiava che dovrà ubbidire a qualunque mio ordine. Sarai punita per qualunque disubbidienza. A me dovrai rivolgerti chiamandomi Signore. E per cominciare spogliati. Subito. Spicciati che non ho tempo da perdere.
Mi guardò con la faccia arrossata dal mio schiaffo, gli occhi bagnati dalle lacrime. Cominciò a parlare concitatamente, tremando e singhiozzando:
– Mi ascolti, prima che tutto cominci. Sappia… Sappi che io… Che tu… mi piaci. Da quando sei venuto alla mia festa l’estate scorsa, non ho fatto altro che pensare a te. Mi piacevi anche da prima, per questo ti ho invitato. Per tutto questo tempo ho fatto di tutto per farmi notare da te, ma tu non mi guardavi neanche. – Le parole le uscivano fuori come un fiume in piena, mentre mi guardava con quei suoi occhioni teneri. – Credo… Ccredo di essere innamorata. Ti prego, se ho accettato di venire da te oggi, è anche e sopratutto per questo. Farò la tua schiava, farò tutto quello che vorrai, ma dimmi che almeno un po’ mi vuoi bene. Ti prego! Ti prego!
– Ti prego un corno. Ancora non hai ubbidito ai miei ordini e per questo sarai punita. In quanto all’amore, scordatelo. Ho altro da pensare che a una stupida ragazzetta come te.
Giorgia ebbe un sussulto, come colpita da una frustata. Poi guardandomi dritto negli occhi cominciò a spogliarsi. Si tolse con rabbia la maglietta e la gonna, rimanendo con le sole mutandine di cotone bianco. Non portava reggiseno e io rimasi folgorato dalla bellezza delle sue tette. Belle, bianche, sode. Non grosse, ripeto, ma perfette.
Si tolse con grazia anche le mutandine e rimase nuda davanti a me con le mani premute sui seni e le guance soffuse di rossore. Aveva una peluria biondo scura che le disegnava un bel monte di venere prominente.
Mi sedetti su una sedia dell’ingresso e me la tirai sulle ginocchia come una bambina, col sue pube che premeva sul mio cazzo ormai in perenne erezione.
La tenni ferma col braccio sinistro e cominciai a colpire forte le sue natiche con violenti ceffoni che in poco tempo le arrossarono il bel culetto sporgente.
– Questa è la tua prima punizione. Solo un assaggio, come ti avevo promesso. – Le dissi mentre lei gridava e scalciava per il dolore. Avevo un bel daffare per tenerla ferma e dovetti impiegare tutte le mie forze perchè non mi sfuggisse.
Si agitava come una puledra selvaggia e strillava come un’ossessa. Ma i suoi pianti erano musica per le mie orecchie.
Dopo averle assestato una decina di colpi per ogni natica mi fermai ansante.
La sentivo fremere e piangere sopra le mie ginocchia e involontariamente continuava a sfregarsi sul mio cazzo. Fra un po’ sarei venuto se continuava così. Le scostai delicatamente le natiche. La pelle del solco era più scura e faceva un contrasto eccitante col biancore delle natiche. Nel centro c’era il buchetto dell’ano, piccolissimo e serrato per la paura, tutto contornato da peletti biondo scuro. Mi beai per qualche minuto di quella vista, guardandolo contrarsi ritmicamente per il terrore di chissà quali altri oltraggi stessero per arrivare.
Con una spinta la feci rotolare a terra. Mi guardò terrorizzata.
Mi alzai lentamente e la guardai dall’alto.
– Adesso che ti ho scaldata un pochino viene la punizione vera. So cosa stai pensando… ma ti sbagli piccolina. Vedi, visto che tu, come dici, sei innamorata di me, non ti romperò quella tua preziosa fighetta che tieni tra le cosce. Chissà potrebbe anche piacerti e allora che punizione sarebbe? No mia cara, te ne tornerai a casa stasera ancora vergine, o almeno non del tutto. In piedi svelta!
Come la ebbi davanti le afferrai un capezzolo e lo strinsi torcendolo. Gridò con quanto fiato aveva in gola piegandosi in due per il dolore.
Lasciai il capezzolo, e la ragazza si raddrizzò lentamente.
Mi avviai, trascinandola in salotto per un orecchio. La situazione ormai mi aveva eccitato tanto che non potevo più rimandare.
– Libera quel tavolo. –
Le ordinai bruscamente, indicando un basso tavolinetto di legno che avevo acquistato anni prima. Mentre ubbidiva, raggiunsi velocemente la camera da letto e tornai con un tubetto di vaselina.
– Faccia a terra. – le intimai. Lei mi guardò sgranando gli occhi, poi, un po’ impaurita, si distese prona sul tappeto del salotto.
– Allarga bene le gambe. Tienile così –
Le posizionai senza complimenti le caviglie…
Presi una piccola quantità di lubrificante su un dito, le allargai le natiche e cominciai a spalmarglielo sull’ano, facendola trasalire.
– Stai ferma! – La preparai… – è solo vaselina: serve per lubrificarti. Rilassati! –
Come prevedibile, Giorgia mantenne invece il forellino molto contratto, e quando le spinsi dentro il medio mugulò per il dolore.
– Più stringi e peggio sarà! –
Le spiegai esplorando la sua calda cavità,
– Ricordati che il tuo dovere è di essere accogliente per il tuo padrone. –
Giorgia riuscì a rilassare il muscolo un attimo, e ne approfittai per inserire il dito fino in fondo.
– Aaahuuuugg!! … –
Ruotai il dito inclinandolo in ogni direzione: l’ampolla rettale era piccola, e con la punta del dito percepii un pezzo di cacca pronto a essere espulso.
– Mmmhh… nghh… Aiiiii!! –
I gemiti della mia schiavetta erano eccitantissimi, e avevo il cazzo duro come un paletto.
– Sdraiati sul tavolo. –
Le ordinai, estraendo con un curioso rumore di risucchio il dito unto. Giorgia obbedì impacciata, e fui io a sollevarle le gambe e ad appoggiarmele sopra le spalle. Lei guardò il mio pene con un’espressione evidentemente terrorizzata, valutandone le dimensioni rispetto a quelle del dito, e la vidi mordersi il labbro inferiore in un gesto, che fu per me, di un erotismo indefinibile.
– Ora rilassati, schiava! – Le intimai, – Ricordati che in questo momento esisti solo per darmi piacere, capito? – Giorgia annuì nervosamente.
– Soffrirai, sentirai dolore, perchè prenderlo nel culo la prima volta è doloroso. Ma tutto questo non ha importanza, ciò che conta è solo il mio piacere. Il piacere che mi darai facendoti rompere il culo!
Era visibilmente spaventata adesso e tremava attendendo il peggio.
Muovendola un poco per prenderne di mira l’ano, cominciai ad appoggiarvi il glande, rosso e congestionato.
Giorgia mugulò, irrigidendo i muscoli del collo e delle spalle.
Cominciai a spingere. Giorgia gemette, mentre sentivo il buchetto cedere con difficoltà alla pressione. Era stretta, molto stretta e non sarebbe stato facile entrare. Spinsi ancora, lento ma implacabile.
– Aaaaaaiiiiii!!!! … –
Si lamentò in maniera irreale, e io spinsi ancora,
– … AAAAAAAHHHH! –
Il glande penetrò completamente, risucchiato subito dallo sfintere. Giorgia ebbe un sussulto spasmodico che la fece arcuare sul tavolino dove stava distesa; aveva la bocca aperta e un gemito ininterrotto usciva fuori dalla sua gola, mentre sul volto scivolarono lacrime silenziose e il respiro le si faceva affannoso.
– Ho detto di rilassarti, troietta incapace! –
Le urlai, affondando ancora il pene nella carne calda. Il dolore, per lei, doveva essere atroce. La guardavo tremare tutta, contorcersi spasmodica nel tentativo di liberarsi del mio cazzo che la stafa facendo soffrire. Gridava forte adesso. Io guardavo la faccia della ragazzina, che teneva gli occhi stretti come per paura di vedermi, e ogni contrazione della sua bocca, ogni suo urlo, mi incitava a entrare sempre di più, sempre più a fondo, godendo ogni istante delle contrazioni spasmodiche del suo sederino vergine.
– Ti fa male, eh? Fa male prenderlo nel culo! Te lo senti aprire in due vero? Ècco, soffri per il piacere del tuo padrone! –
Le sibilai quando finalmente tutto il mio sesso era stato inghiottito dal suo retto vergine. Il mio ventre sfiorò la sua vagina, trovandola umida.
Ero immerso nel suo culetto strettissimo che mi dava sensazioni incredibili. Dio quant’era stretto, pulsava e fremeva attorno al mio cazzo congestionato. Sentivo l’ano stringere convulsamente come a cercare di espellermi e le sue grida, i suoi pianti e i suoi disperati tentativi di sottrarsi mi facevano godere come un pazzo. L’avevo inculata finalmente! Era mia adesso! Ora che la stavo possedendo con quell’atto violento e devastante che sancisce il dominio più totale e assoluto dell’uomo sulla femmina schiava e dominata.
Le appoggiai le mani sui seni, e cominciai a ritrarmi lentamente dal suo intestino. Con pochi gesti rapidi trasformai i suoi capezzoli in cilindretti durissimi, che urlavano la loro eccitazione puntando al soffitto. Assaporai il concerto di piacere e dolore nato dai nostri corpi quando arrivai nuovamente a forzare lo sfintere, questa volta dall’interno, e con un movimento lentissimo che tolse il fiato ad Giorgia, strappandole un altro urlo, lo estrassi sporco di tracce marroni e dei filamenti bianchi della vaselina.
Un solo istante di pausa, ed ecco un’altra violenza, un’altra forzatura di quell’ano strettissimo e delizioso. Questa volta entrai con più facilità, naturalmente, ma ancora Giorgia urlò il suo dolore senza ritegno.
Vederla singhiozzare mentre si sottoponeva a quello stupro, osservarne le smorfie e i gesti inconsulti che faceva in un vano tentativo di sottrarsi a quella profanazione del suo culetto, mi fece perdere ogni controllo. Di lì a poco, mi trovai a fotterla nel culo con violenza, con l’unico scopo di farla urlare, soffrire, piangere… e forse, alla fine, godere.
Il pene affondava con difficoltà nel suo retto vergine a causa della scarsa lubrificazione. Ogni tanto lo estraevo quasi del tutto notando tracce di escrementi e di sangue lungo l’asta lucente. Sicuramente le avevo spaccato l’ano che aveva preso a sanguinare. Lei ormai ululava senza soluzione di continuità.
Presto il pene potè affondare senza difficoltà nel suo culetto bianco, e uscirne liberamente con un solo, lievissimo “plop”. Il suo intestino ormai mi accettava, e ne sentivo le pulsazioni roventi sull’asta del piacere. Ancora qualche affondo, e schizzai tutto il mio orgasmo nelle calde profondità della mia vittima, che ora mugolava a ritmo con la mia penetrazione. Estrassi il pene filante di umori biancastri e tracce di sangue ripulendolo con attenzione con un fazzoletto: e senza fare abbandonare la lubrica posizione a Giorgia cominciai a masturbarla. Ci volle un bel po’, perchè sicuramente il dolore fortissimo che ancora le arrivava dallo sfintere maltrattato la bloccava, alla fine però cominciò a mugolare e strusciarsi contro la superfice del tavolino e infine ebbe un orgasmo violento che la fece godere in pochi istanti.
– Ti è piaciuto, piccola puttanella? –
La umiliai sorridendo,
– Ti è piaciuto prenderlo in culo, eh? Eppure anche così non vali niente, guarda come mi hai sporcato! –
Le dissi mostrando il fazzoletto pieno di tracce marroni. Giorgia, si era rannicchiata in posizione fetale, ancora scossa dall’orgasmo e distrutta dal dolore, la faccia rigata dalle lacrime. Aprì bocca per rispondermi, ma in quel momento squillò il telefono. Il tempismo dello scocciatore era notevole, ma nonostante tutto pensai fosse divertente mostrare alla mia schiavetta come una telefonata qualsiasi fosse più importante di lei, e mi alzai per rispondere, con i pantaloni ancora abbassati.
Il pomeriggio si prospettava molto, molto interessante! FINE