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La sera di San Valentino

Era la sera di San Valentino quando lei mi invitò a casa sua per cenare insieme, cosa strana visto che da tempo era diventata più fredda nei miei confronti. I suoi erano partiti per un viaggio.
Arrivai puntuale alle 19.
Silvia aprì la porta ed io le presentai il bel mazzo di rose rosse che le avevo comperato.
Mi aspettavo un bacio come ringraziamento, invece lei si voltò e senza neanche salutarmi ritornò verso la cucina.
L’ho seguita perchè volevo capire cos’era successo, e quando entrai in cucina rimasi sorpreso.
La tavola era apparecchiata per una sola persona, e per terra davanti alla sedia c’era una bacinella.
Chiesi delle spiegazioni, che non ricevetti.
Poi lei cominciò a parlare chiedendomi:
“Tu mi ami? “.
“Perdutamente, farei qualsiasi cosa per te! ” esclamai.
“Proprio qualsiasi? ” di nuovo aggiunse.
La domanda mi insospetti un po’ ma poi risposi:
“Tutto! “.
Allora lei prese la sedia e la mise al centro della cucina e si sedette.
“Voglio che tu sia il mio schiavo! ” mi disse.
Rimasi attonito, ma poi lei urlò:
“Sarai il mio schiavo e te ne andrai per sempre! “.
Non volevo perderla perchè l’amavo molto, ma m’imbarazzavo altrettanto quell’affermazione.
Poi, spinto un po’ dalla curiosità, accettai.
Lei sorrise, poi battendo un piede ordinò:
“Avanti schiavo spogliati nudo”.
Il mio imbarazzo era salito sino al soffitto.
Lentamente mi tolsi i miei indumenti e rimasi nudo dinanzi a lei.
Nonostante tutto ora incominciavo anche ad eccitarmi, ma non volevo farmi vedere da lei.
“Striscia sino ai miei piedi, verme! ” ordinò.
Mi sdraiai a terra e come un serpente giunsi ai suoi piedi.
“Baciami le scarpe”.
Il pene si irrigidì, ma rimaneva nascosto dal mio corpo.
Avvicinai la bocca alle scarpe e le baciai.
Poi lei si alzò e si denudò del vestito che indossava, rimanendo in reggiseno, mutandine, calze a rete e scarpe nere.
Ritornò sulla sedia, come se fosse un trono.
“In ginocchio” disse.
Eseguì l’ordine, poi lei alzò un piede verso la mia bocca ordinandomi di succhiarle il tacco della scarpa.
Lo succhiai come una puttana a pagamento.
Poi mi ordinò di togliere entrambe le sue scarpe con la bocca.
Fece ciò sfilando la scarpa tenendo fra i denti il tacco.
“Annusami i piedi”.
Presi fra le mani i suoi splendidi piedi e me li misi in faccia.
L’eccitazione mi aveva fatto perdere il controllo.
Annusai i suoi piedi ricoperti dalle calze a rete.
Sentì l’odore dei suoi piedi che si mischiava a quello del cuoio delle scarpe.
Poi lei mettendo i piedi sulle mie spalle mi ordinò di sfilarle le calze.
Lo feci delicatamente.
Ora i suoi piedi erano nudi.
Mi ordinò di sdraiarmi sotto la sua sedia.
La mia faccia stava sotto di lei. Avvicinò un piede.
“Leccalo! “.
Era quello che aspettavo.
La mia lingua strisciò su tutto il piede, partendo dal tallone, passando dalla pianta del piede per terminare la corsa sulle dita.
Poi mi fece aprire la bocca e vi introdusse un piede.
Gli succhiai le dita del piede come una caramella.
Nel frattempo ero venuto.
Feci la stessa operazione anche con l’altro piede.
Passarono quasi due ore prima che lei si alzò dalla sedia.
Si andò ad accomodare al tavolo facendosi servire la cena da me.
Quando lei terminò, gettò gli avanzi nella bacinella e poi ci mise dentro i piedi.
Calpestò per due minuti la bacinella, creando una poltiglia.
Poi mi chiamo:
“Vieni schiavo questa e la tua cena, e stai attendo a non avanzare niente”.
Mi chinai per mangiare nella bacinella quando lei mi fermò indicandomi i piedi.
Capì che dovevo mangiare dai suoi piedi, così ripresi a leccarli ed ogni volta che terminavo la pulizia dei suoi piedi lei le reintroduceva.
Terminata la cena andammo in bagno dove io l’aiutai a lavarsi, senza mai guardare al di sopra dei suoi piedi.
Più tardi andammo in salotto, dove lei si sedette e io mi inginocchiai davanti a lei, per farle da poggiapiedi.
Ora posso dire che se prima l’amavo, adesso l’amo mille volte di più. FINE

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