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L’anziano e la matricola – anni settanta (II parte)

Ci pensarono e si scambiarono alcune battute. –
“Perché,” – disse Marika alla fine alla sua amica, –
“tu non te la faresti mangiare da lei?” –
Era evidente che avrebbero accettato.
“Se è per questo glie la mangerei pure io.” –
Aveva risposto esprimendo una certa golosità.
Dono una decina di minuti, io stavo sotto, pancia in su.
Antonella mi si era seduta sull’uccello a spegnicandela e Marika si era seduta con sedere sul mio viso.
Strofinava il pelo e la fessura sul mio naso.
La leccavo cercando di darle il piacere che si aspettava dopo averlo dato a me quel pomeriggio.
Ad un certo punto mi accorsi che si erano avvicinate tra loro col il viso.
Iniziarono a baciarsi mentre agitavano i loro sessi su di me.
Le sentii venire.
Infine si dedicarono a me.
Prima mi si sedette sopra Marika, che non mi aveva ancora avuto.
Poi Antonella cercò di sedersi sopra per farsi sodomizzare, ma non ce la fece.
“Lo faremo un’altra volta.” – Disse rinunciando.
Allora si alternarono con la bocca e la fica fino a farmi venire, mentre una me lo strizzava in bocca all’altra.
Avevo mangiato la fica di entrambe, e Mietta non aveva dubbi che ci fossi riuscito.
Quello che non sapeva è che l’avevo tradita.
Ma, alla fine, mi sarebbe stata grata.

Una settimana dopo accompagnai Mietta al Pedrocchi di Padova, il bar più vicino al Bo (l’università) e più frequentato da studenti e matricole.
Stavamo in piedi a gustarci un beverone di qualche sorta, quando entrò un giovane fotografo e si mise vicino all’ingresso.
D’un tratto si avvicinarono furtive Marika e Antonella, presero il bordo inferiore della gonna di Mietta e la tirarono d’un colpo su fino al collo, bloccandole così le braccia per impedirle di coprirsi le pudenda.
Con un enorme ago di sicurezza, bloccarono la sottana così e si allontanarono per consentire al fotografo di riprenderla nella figura intera.
Il tutto era avvenuto talmente in fretta che quando tolsi l’ago e feci tornare le gonne al loro posto, Mietta chiese che cosa diavolo fosse successo.
“Mi sa tanto che Marika e Antonella ti abbiano fregato.” –
Le dissi dando un sorso al coktail.
Già l’indomani, infatti, giungeva nelle mani di Mietta un mandato di comparizione.
Lo lesse e me lo passò.
Lo lessi ad alta voce.
“La S.V. è pregata di presentarsi sabato p.v. alle ore 23 al Tribunale Speciale della Matricola, per cose che la riguardano.”
“Come immaginavo.” – Dissi.
“Ti vogliono processare per i collant.”
“Ma cazzo, non sono più una matricola, e anche se lo fossi avrei comunque anche il mio papiro.”
“Sai meglio di me che sarà il processo ad un fagiolo. Perché non ti offri spontaneamente?” –
Ironizzai.
“Non posso, stronzo. Lo sai anche tu che non voglio. Dobbiamo impedire il processo e basta.”
“Fuori dubbio. Propongo di legalizzare i collant.”
“Non scherzare, merda. Questi vogliono il mio culo.”
“Ma no, non credo.”
“Il mio culo andrà all’asta, credimi. Trovami un avvocato giusto.”
“Io sono l’avvocato giusto. Sto nutrendo un certo carisma anche presso gli anziani.”
“Sì, ma sei il mio ragazzo. Potrebbero ricusarti.”
“Posso fare il Pubblico Ministero.”
“Potrebbero ricusarti per motivi ancora più ovvi.”
“Sanno che mi giocheri il prestigio.” – La lasciai a pensare nell’agitazione. – “Ma non dicevi che da matricola hai provato sensazioni masochistiche indimenticabili?”
“Non dire puttanate! Avevo detto così perché era finita, cazzo! Con le rimembranze ti puoi anche masturbare, ma quando ti mettono alla gogna, vorresti scomparire.”
Io ero seduto e lei camminava avanti e indietro schizzata.
Confesso che la situazione mi stava eccitando.
“E da PM, cosa chiederesti che mi faccessero?” –
Chiese poi, ripensando alla possibilità che facessi l’accusa.
“Tu cosa preferiresti?”
“Il carciofo… semplice, però”
“Non dire puttanate, dai.”
“Non vorrai mica che mi metta in mostra senza mutande alla mia età?”
“Perché, sei in menopausa? Ma se eri una matricola solo un anno fa! E sei la più bella donna dell’università, hai una pelle da modella di creme antisolari.”
“No!” – Disse. –
“Non voglio sottostare di nuovo a prove da adolescenti. Devi ottenere che non debba mostrare né il culo né la fica. Prometti.”
“Guarda in faccia la realtà, Mietta. Ti hanno convocata per le 23. A quell’ora tutte le condanne sono spettacolari ed eseguite con la partecipazione del pubblico. Scusami, sai, ma…”
Si lasciò cadere in poltrona, sperando di riuscire a calmarsi.
“Ti prego. Chiedi almeno di essere tu il boia. Ti prego.”
“Vorranno quantomeno che mi serva di aiutanti. Ma se devo fare il boia, non mi faranno mai proporre la pena da infliggerti.”
“E invece devi sceglierla tu, cazzo!”
Quella notte dovette prendere un Valium per riuscire a dormire.

Alle 23 di quel sabato, vestita accuratamente da donna, in tailleur, con calze e reggicalze, si presentò umilmente, tremante e bianca in viso, avanti il Tribunale Speciale, quello previsto per i fagioli del secondo anno.
Solo dal terzo anno in su non si era più processabili.
Così terrorizzata era bellissima. –
“Ti amo.” – Le sussurrai per rassicurarla.
Venne posta al banco degli imputati, dove due anziani (lei era pur sempre un fagiolo) le legarono le mani con dei laccioli di cuoio morbido, la imbavagliarono con cortesia, e con cortesia le misero anche un cinturino al collo, al quale fissarono poi i cinturini dei polsi.
Un PM che conoscevo propose la pena secondo lui più adatta a Mietta Raselli, veterana della guerra ai collant ed ai collant ora convertita, augurandosi che io, suo stimatissimo collega e maestro, ne apprezzassi l’equilibrio in perfetta sintonia con lo spirito da me sempre
propugnato.
“Chiedo,” – disse il sacro collega, facendo una pausa studiata, –
“Chiedo che venga sottoposta alla Prova del Bullone, collaudandolo nel trasporto di un peso variabile da un minimo Kg 1 ad un massimo di Kg. 10, secondo il piacere del Braccio Secolare.”
Mietta, che aveva ascoltato masticando il bavaglio, non comprese che cosa le avrebbero fatto e mi chiese spiegazioni con un cenno del viso.
“Date le circostanze,” – proseguì il PM, –
“l’accusa accetta la richiesta che venga chiamato a fungere da boia il venerabile collega Guido Zannini, purché si avvalga di due aiutanti nell’applicazione del bullone e nella somministrazione della frusta, che chiedo quale pena accessoria da applicarsi prima, durante e dopo le fasi dipreparazione e di collaudo.”
Il giudice chiese a Mietta se avesse qualcosa da dire, lasciandola imbavagliata.
Quindi si complimentò con i presenti, Mietta Raselli compresa, per la saggezza con cui era stato superato il problema istituzionale del Tribunale Speciale, sempre più raramente convocato per giudicare ex matricole. Io dissi a Mietta in cosa consistesse la pena, perché l’avevo inventata io da tempo senza che nessuno avesse ancora osato infliggerla.
Riuscì cacciare un urlo attraverso il bavaglio.
Si alzò in piedi come per scappare, ma Marika e Antonella giunsero prontamente da dietro per impedirle gesti di cui un giorno avrebbe potuto pentirsi.
“Nulla di personale.” – Le sussurrarono nell’orecchio. –
“Ma ti faremo un culo così.”
“Grazie.” – Dissi loro.
Poi mi rivolsi nuovamente a Mietta indicando Marika e Antonella. –
“Ringraziale anche tu. Ho pensato che preferivi come aiuto boia le due ragazze che ti devono riconoscenza.” –
La mia ragazza sgranò gli occhi e cercò di dire attraverso il bavaglio:
“Stvonzo di mevda.”
Poi li chiuse e lasciò cadere il capo in dietro con profondo odio.
“La pena sia applicata immediatamente, davanti a questo pubblico d’eccezione.” –
Così dicendo l giudice si alzò per andare a sedersi col pubblico, vicino al PM.
Mietta cercò di impedire qualsiasi cosa, ma era stata opportunamente legata per tempo proprio per poterla costringere senza difficoltà a qualsiasi cosa il tribunale avesse deliberato.
Il servizio d’ordine la mise con la schiena al pubblico, e questo iniziò a battere le mani per incoraggiare me e le due aiutanti.
Chiesi a Mietta se potevo fidarmi a lasciar andar via i vigilanti.
Mi guardò con gli occhi umidi e fece cenno di sì annuendo piano fermandosi a testa bassa.
“Sono lieto che collabori.” – Le dissi baciandola in fronte. –
“Vedrai che andrà tutto bene, come disse il boia al condannato. Scherzi a parte, non sentirai nulla e domani avrai dimenticato tutto.” – Annuì di nuovo tremando.
Chiamai le due ragazze. –
“Forza, spogliatela.” –
Ma, avendo le mani legate sotto il collo, sarebbe stato possibile scoprirla solo dalla vita in giù.
Il pubblico si sarebbe quindi perso il suo
magnifico seno. –
“Ti devo far slegare le mani.” – Le sussurrai.
“Prometti di lasciarti spogliare senza fare scenate?” – Attese un attimo, poi annuì di nuovo. –
“Grazie.” –
Rimasi tuttavia attento che non provasse a far colpi di testa e cercai di farla spogliare velocemente tenendole le mani con forza.
In un attimo era completamente nuda, ma con calze, reggicalze e scarpe col
tacco.
La lasciai ammirare nel silenzio dei presenti arrapati, finché più d’uno non gridò:
“Voltala! Vogliamo vederla davanti!”
“E va bene. Ora devo esporti.” – Le dissi piano. –
“Eccola.” – E la girai perché potessero vederla nella sua bellezza femminile.
Pareva Angelica nel film Schiava d’Oriente.
Le feci alzare la testa per guardare il pubblico, ma lei socchiuse gli occhi.
Con le braccia legate al collo copriva i suoi seni, ma, tanto, gli occhi della gente erano rivolti altrove.
Si avvicinò Antonella col frustino. – “Allarga le gambe, per favore. Loro sono qui per vederti la fica, abbi pazienza.” –
E diede un colpetto sulle cosce per indicare dove.
Allo schiocco,
Mietta obbedì di scatto.
Ora, vedendola da dietro, leggermente divaricata, esposta agli occhi estranei, era una statua stupenda.
Mi eccitai anch’io.
La toccai da dietro facendole sentire che l’uccello mi tirava per averla esposta a tutti.
Poi le misi una mano nella fessura del culo. –
“Mi spiace amore, ma devo procedere.”
Passai tutta la fessura e poi, tenendola per di là, la girai di nuovo col culo al pubblico e la guardai in faccia. –
“Devi metterti prona. Forza, in ginocchio!”
Antonella aveva portato un tappetino da ginnastica ed uno sgabello bianco.
La fece inginocchiare sul tappetino e le fece allargare di nuovo le gambe battendo piano ma rumorosamente il frustino sulle cosce; poi le fece poggiare seno e ventre sullo sgabello.
Ormai obbediva docile docile.
Allungarono il collo per guardarla meglio e qualcuno si alzò in piedi.
La vista dalla parte del pubblico doveva essere davvero stupenda perché batterono le mani e fischiarono dalla gioia per la bellezza dello spettacolo, e stavolta anche Mietta si emozionò un poco.
Arrivò Marika non un vassoio di velluto rosso, portando uno strano oggetto di legno.
Lo presi e lo feci vedere al pubblico, che pure non capì cosa fosse.
“Si tratta di un grosso bullone di legno a vite senza fine con un anello finale. E’ grosso 3 centimetri, lungo 20. Le verrà avvitato nell’orifizio anale, fino in fondo, e qui terminerà la prima fase.”
Mietta aveva capito.
Niente di personale, ripeterono le due carnefici.
“Marika,” – dissi. –
“Gratta forte la paraffina con la vite del bullone, mentre tu Antonella devi ungerle per bene l’interno del buco del culo con l’olio di vaselllina. Guai a voi se sente male.”
– Ma Antonella non cercò di essere indolore, perché vidi le natiche, pur sode, di Mietta tremare mentre le passava l’ano col dito unto di vasellina.
– Poi mi feci consegnare il bullone.
Lo feci vedere di nuovo, quindi ordinai di tenermela.
Mi avvicinai da dietro scivolando con una mano all’interno della coscia per farla rilassare. Lei
mi riconobbe e le diminuì visibilmente la tensione.
“Tenetemela.” – Ripetei.
La formosa Antonella sollevò un po’ le proprie gonne e si sedette con la parte delle cosce non coperte dalle calze sulla schiena di Mietta, la quale si lasciò schiacciare il petto contro lo sgabello.
La bella Marika mise le mani sulle natiche e le allargò per me.
Sentii che il pubblico si agitava per vedere, ma nessuno poteva superare il cordone di sicurezza.
Solo le autorità in prima fila potevano quindi seguire ben bene l’operazione che stavo facendo.
“Pronte?” – Chiesi.
Tutte e tre dissero di sì, Mietta compresa.
Allora appoggiai la punta conica e priva di filettatura del bullone e l’appoggiai al buco del culo per vedere la reazione.
Ma questa fu piuttosto contenuta e allora introdussi i primi 2 centimetri lisci, senza difficoltà.
“Ora devo avvitare.” – Dissi per avvisarla.
Lei annuì.
Iniziai a girare e vidi che il bullonaccio scivolava a scatti ma abbastanza bene, introducendosi così a vite nell’ano che la crescente dimensione del bullone allargava passo a passo.
Mietta ebbe una reazione di dolore che Marika, pronta, represse con una debole ma utile scudisciata sull’esterno della natica.
Continuai a girare fino a raggiungere i 3 centimetri di diametro massimo.
Soffriva per la filettatura che, per quanto grossa, doveva essere piuttosto dolorosa, e allora pregai le due di farle sentire il calore della propria carne.
“Datele il contatto della pelle.” – Dissi.
“Già fatto, capo. Siamo nude sotto le gonne.”
“Che cosa?” – Dissi.
Antonella si mosse quel po’ che bastava per farmi vedere che era senza mutande. –
“Va bene così?” – Disse strizzandomi l’occhiolino.
“Fantastico ragazze.” – Risposi. –
“Anche tu lo sei?” – Chiesi a Marika.
“Certamente.” – Rispose. –
“E’ una cosa tra noi quattro, questa. Anche il pubblico è sostanzialmente a nostra disposizione.”
“Fantastico.” –
Ripetei perché lo sentisse anche Mietta.
Ma lei stava urlando smorzata dal bavaglio.
“Forza, andiamo avanti.” Disse Antonella.
Girai e girai, ma era sempre più difficoltoso.
Allora chiesi a Marika di andare a prendere una matita per aiutarmi a girare il bullone.
Lei andò al bancone e me la portò.
“Grazie.” – Dissi. –
“Prova andare avanti tu. La devi infilare nell’anello e far leva, così.”
Mietta urlava.
“Ahi bi fate male.”
Ma potevamo far finta di non sentire perché erano urla troppo soffocate. Guardavo Marika girare e girare instancabile, mentre il culo di lei riceveva pian piano sempre più il bullone.
“Stanca?”
“Un po’.”
“Scambiatevi.” –
E loro si cambiarono di posto.
Mietta prese il fiato e si dispose ad essere schiacciata dalla nuova compagna.
Antonella, fresca, girò con maggior determinazione il bullone facendo urlare Mietta:
“Ahia, be lo vovinate, bvucia!”
“Continua.” – Dissi. –
“Non farti commuovere.”
“Non ci pensavo neanche.” –
E diede gli ultimi giri fino a fissare del tutto il bullone nel culo della povera Mietta.
“OK.” – Dissi. –
“Fatemi vedere”. –
Mi allontanai un po’ a rimirare l’opera e vidi che fuorusciva solo l’anello di legno chiaro stretto stretto al buco del culo.
“Magnifico!” – Dissi. –
“Ora possiamo farla vedere. Fatela alzare che inizia la seconda parte.”
“Do, dooo!” –
Urlò attraverso l’imbavaglio la mia morosa. –
“Bi fate bale. Fevmi!”
“Forza, tiratela su.”
La tirarono su di peso e l’aiutarono a reggersi in piedi con le mani legate al collo.
“Forza, cara.” – Disse Antonella. –
“Devi stringere le gambe.” –
Lei negò scuotendo la testa, ma con un paio di frustate Marika la portò all’obbedienza. –
“Non troppo! Allarga un po’.” –
Altra frustata, altra obbedienza scattante.
Ora era in piedi, nuda, di schiena, con calze, reggicalze, tacchi a spillo e bullone.
Quell’anello di legno stretto al culo era diventato uno dei miei più calorosi successi estetici.
Era bellissima e la mostrai al pubblico.
Seguì un applauso al maestro; io mostrai le mie aiutanti, che fecero un inchino insieme a me.
“Portiamola in giro affinché tutti possano vederla da vicino e toccare con mano.” – Disse Antonella.
“Non favmi camminave stvonza.” – Provò a dire Mietta.
“Forza ragazze.” – Tagliai corto. –
“Portiamola in giro.” –
Tutti si alzarono in piedi in attesa di vederla sfilare davanti a sè.
“Aspetta!” – Disse ancora Antonella. –
“Le porto le mani legate dietro.”
“D’accordo, ma fa’ attenzione.”
Antonella sganciò le mani dal collo, le liberò e le legò immediatamente dietro la schiena.
Poi prese altri due laccioli e li fissò al collarino.
Con uno tirò su le mani verso il collo per impedirle di coprirsi il culo, e con l’altro si fece una sorta di cavezza o guinzaglio per condurla in mezzo alla gente.
E così l’avviò comodamente tra il pubblico assetato di sesso voyeur e di sesso palpabile.
“Largo, fate largo. Guardate pure signori. Si può anche toccare, ma con giudizio.”
Antonella stava imparando bene a fare la padrona di casa, oltre che la padrona di Mietta.
I ragazzi e le ragazze fecero spazio e la guardarono da vicino.
Lei camminava molto attentamente, come una Santa Martire portata a sfilare nuda esposta al pubblico lubidrio, anche se in realtà era il perno filettato a farla muovere con prudenza.
Quel grosso anello di legno che le stava attaccato al buco del culo era un portento.
Le tette ora avevano un aspetto aristocratico e qualcuno iniziò finalmente a notarle, con la conseguenza che si misero a toccarne i capezzoli e a parparle a piene mani.
Ma tutti cercarono di toccare l’anello fissato al culo ed uno provò anche a verificarne la consistenza e la removibilità.
Un pubblico così scelto non pronunciava oscenità, ma complimenti ai frutti della fantasia dell’uomo, ai risultati della tecnica e alla bellezza offerta dalla natura.
Lo studioso di stile e critica rilevò la simpatica relazione tra il soggetto retorico (l’ano) e il suo diminutivo (l’anello) sicché indicandoli disse ad alta voce: “Ano-anello”.
Un poeta pronunciò in rima un concetto dialettico:
“Senza che si dica – che è meglio della fica – forse è ben più bello – l’ano con l’anello.”
Un letterato ipotizzò che Dante si riferisse a quest’anello quando disse di Pia de’ Tolomei
“…Avea inanellata pria…”
Lo storico della musica citò a paragone l’Anello del Nibelungo della Tetralogia di Wagner.
Il teologo ricordò
“l’uomo non sciolga ciò che quell’anello legava. Si benedicano gli anelli!”
Gli fece eco il clericale benedicendoli con la mano destra.
L’arguto osservò:
“si vede che è maritata”.
Solo in un caso si udì un epicureo meterialista urlare
“legala alla catena e guzzala!”
Una donna più vezzosa delle altre provò ad infilare l’anulare nell’anello sporgente e lo trovò di misura giusta.
Allora molte la imitarono provando personalmente se andasse bene anche a loro.
Qualcuna provò sia il destro che il sinistro, rimirando su quale mano le stesse meglio.
Poi un’altra infilò l’anulare in modo che il dito andasse ad appoggiare davanti, sul sesso, e tutte vollero provare e riprovare la piacevole sensazione che ne ricavavano.
Un paio di loro provò con malizia ad infilare l’anello passando da davanti per godersi pienamente il contatto del polso con l’umida pelliccia, esprimendo ad alta voce la propria soddisfazione come delle comari al mercato.
Mietta non capiva cosa dicessero, ma forse non si accorgeva neanche che la toccavano; certo è che non ebbe razioni finché qualcuno (o un uomo o una donna) non riuscì a stimolarla in chissà quale modo, strofinandole anello e fica insieme: allora, per paura di venire scatenando magari l’ira delle sue carnefici, si adoperò per facilitare il piacere all’estraneo (o all’estranea) allargando le gambe per esporsi maggiormente.
Urlò invece, per quel poco che poteva attraverso il bavaglio, quando uno provò a far forza sull’anello per studiarne i limiti fisiologici.
“Con giudizio, ho detto.” –
Disse Antonella dandogli un colpetto col frustino.
Dopo che un altro provò la resistenza dell’anello facendo venire la pelle d’oca alla poverina,
Marika la venne a prendere per portarla di nuovo davanti a tutti, pensando che avrebbe corso grossi rischi se la situazione fosse sfuggita di mano.
“Teniamola così, con il culo verso di loro.” –
Disse Marika ad Antonella in attesa che dessi altre disposizioni. –
“Ma lo sai che mi piacerebbe essere anch’io qui al suo fianco, nuda e con lo stesso bullone nel culo?”
“Non ci crederai, ma l’ho pensato anch’io. Mi piacerebbe che fossimo tutte e tre nude, imbullonate, legate tra di noi con una catena collegata ai bulloni ed esposte in una piazza di un paese arabo, con Guido Zannini che ci vende al mercato degli schiavi.”
“Vorrei essere inculata.” – Confessò l’altra.
2Calme ragazze.” – Dovetti intervenire. –
“Vi inculo entrambe io più tardi se vi comportate bene. Ora dobbiamo andare avanti con la terza fase. Non dimenticate che quasi tutti, di fronte a questo spettacolo desiderano inculare od essere inculati, possibilmente in pubblico. Teniamoli calmi facendo soffrire Mietta; vedrete che più le farete male e più vi verrà voglia di dar via il culo. Antonella, fatti dare dalla vigilanza i pesi da un Kilo, da 2 e da 5. Tu, invece, Marika, fammi il favore di frustarla, ma forte. Devono capire tutti che soffre davvero. Non devono invidiarla, capito? Oppure devono addirittura venire.”
Dopo un po’, mentre Mietta stava sempre con le gambe leggermente divaricate con il bullone nel culo, portarono i pesi.
“Forza Marika!” – Dissi, dato che non l’aveva ancora colpita don il frustino.
E allora lei diede un primo colpo timido, al quale Mietta rispose con un saltello girando la testa inorridita per vedere cosa era stato. –
“Più forte, cazzo! O devo farti sentire io come devi fare?” –
Presi il frustino, le sollevai la gonna discretamente e le diedi una scudisciata che la fece scuotere di piacere. –
“Così, capito?”
“Ricevuto, capo.” –
E Marika stavolta diede un colpo così forte che fece sobbalzare Mietta, la quale stavolta comprese al volo e provò a sottrarsi, fermata subito da Antonella. –
“Ferma, cara. Se vuoi che io mi metta al tuo posto, basta che lo dici.”
“Frustala, Cristo. La gente la deve vedere saltare e sentire le sue urla attraverso il bavaglio.” –
Marika iniziò a colpire e a colpire ancora e poi ancora, mentre Antonella glie la teneva ferma di forza per il bullone.
“Frustale le tette!” – Urlai a bassa voce. –
“Non vedi che non le hai neanche toccate finora?” –
E così due colpi pieni andarono prima alla tetta destra e poi a quella sinistra.
Mietta girò la testa in avanti per il dolore, ma le mani legate dietro la fecero tornare a testa alta.
“Avanti con i pesi adesso. Guardate.” – Dissi al pubblico. –
“Ora inizia la terza fase. Ora facciamo la prova di resistenza. Vediamo se un gancio avvitato nel culo di una donna è in grado di trattenere pesi da un Kg. o magari di più. OK?”
“Sì, sì, pesala!” – Urlò una che non aveva capito un cazzo. –
“Strappagli il bullone con un 10 Kg.!” – Urlò un altro che aveva capito ma che era tutto stronzo.
“Mietta tieni duro.” – Sussurrai, ma lei non mi sentì. –
“Antonella, attaccale il peso da un Kg.”
Antonella lo prese e lo attaccò non un gancetto. Mietta strinse automaticamente le chiappe e il gancio non si mosse.
“Bene. Signori, guardatela col il peso attaccato al culo! Ce l’ha fatta.” Seguirono applausi e fischi.
“Forza, Antonella. Sostituiscilo con quello da 2 Kg.”
Antonella sfilò il Kg. e alzò quello da 2 Kg. Lo infilò, ma non si fidò a mollarlo. “Mietta, resisti, ti prego.” – Le sussurrò.
E lasciò andare pian piano i 2 Kg. mentre la poverina stringeva involontariamente ma con tutta la forza delle sue natiche il peso.
Tutti batterono le mani, fischiarono e molti volevano venire a vederla da vicino, magari a toccarla.
Li fermai.
“Marika,” – dissi sottovoce. –
“Ora che Antonella le toglie il peso da 2, frustala subito a tutta forza, così reagisce al contrappeso e si prepara ai 5 Kg.”
“Dooo, 5 Kg. sodo drobbi!” –
Bofonchiò Mietta tirando in dietro la testa come per abbassare la mani legate dietro e fissate al collo.
“Forza Marika, via con la frusta. Antonella, per favore, cambia il peso dopo una decina di frustate.”
Marika iniziò a sferrare un primo colpo sul piatto della natica e il rumore dovette eccitarla, perché ne diede subito altri due più forti che fecero sbandare Mietta.
“Colpiscila bene, ostia, se no cade!” –
E per reazione la colpì sull’altra natica, riuscendo a raddrizzarla.
Poi colpì ancora sull’anello con forza per 4 o 5 volte.
Le gambe di Mietta minacciavano di cedere e mi affrettai.
“Forza Antonella!” – Gridai. –
“Attaccale il peso da 5 Kg. Tu continua a colpirla a tutta birra!”
Ogni scudisciata le provocava un saltello, tanto che la ritmica strappò spontanei applausi in sintonia con la frusta, sicché Antonella riuscì ad appenderle il gran peso a suon di appalusi.
Alla nuova sollecitazione fermò le gambe per consentire alle natiche di stringere con la massima forza.
Antonella mollò piano. Mietta sembrò cedere, e per un attimo Antonella pensò di toglierle il peso, ma poi la vide raddrizzarsi e rimase a guardarla affascinata mentre l’altra continuava a colpirla con grande fragore visibilmente eccitata.
“Frustala così per 10 secondi!” – Urlai. –
“Tu tienti pronta a togliere il peso, però Marika deve continuare a colpirla ancora una decina di volte anche dopo che l’hai alleggerita.
Tutti contarono ad alta voce insieme fino al decimo colpo di frusta.
Poi, tolto il peso, con un boato applaudirono e festeggiarono Mietta che cadeva sfinita tra le braccia delle due amiche Marika e Antonella.
Venne raddrizzata e lasciata così, mostrata di culo con l’anello attaccato, fino a quando tutti se ne furono andati.
Quando fummo soli e le tolsi il bavaglio, disse:
“Lasciatemelo dov’è. Me lo caverete a casa.”
Venne rivestita con delicatezza e portata a casa come una regina.
Andammo a letto tutti quattro insieme.
La vollero far venire con la bocca, leccandole una la fica e l’altra l’anello mentre io la baciavo.
Quindi, come promesso, inculai sia Marika che Antonella, mentre si stringevano tra le braccia per non urlare dal piacere.
Poi succhiai anch’io l’anello a Mietta: se l’era meritato davvero.
Infine la chiavai con il bullone dentro.
“E’ tutta vostra.” – Dissi a questo punto. –
“Fatele quello che vi pare. Prima di dormire, toglietele l’anello.”
E mi addormentai esausto. FINE

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