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Ricatto e castigo

Fabio era quasi giunto a casa della sua ragazza, Debora, che l’aveva chiamato incazzata dicendo di portare i biglietti del concerto degli U2; lui non capiva il perché della richiesta, ma eseguì facendo tutto il viaggio a elaborare ipotesi che non giungevano a nessuna soluzione plausibile. Quando Debora gli aprì la porta di casa, Fabio fece per darle un bacio, ma rimase decisamente sconcertato nel vederla tremare di rabbia con gli occhi arrossati e lucidi di lacrime trattenute. Lo condusse senza una parola nella sua camera, dove vide la sorella di lei, Marta, seduta sul letto con un’espressione trionfante sul viso. Fabio non la conosceva bene nonostante fosse insieme alla sorella da due anni, perché Marta era una ragazza molto particolare: era la sorella minore, quasi diciannovenne – quattro anni meno di Debora – (e sei meno di Fabio), ma chi non la conosceva non gliene dava più di quattordici; era piccola e mingherlina, le forme appena accennate e il viso da bambina. Se ne stava sempre per conto suo, con la sua macchina fotografica, vestita quasi sempre con dei pantaloncini da ciclista neri al ginocchio, una maglietta leggera e un cappellino dei Red Sox al contrario a coprire i capelli castano/biondi tagliati corti. In quel momento però l’espressione degli occhi azzurro-ghiaccio era in disaccordo con tutto il resto e le dava esattamente l’età che aveva.
Senza nemmeno passare ai saluti, Debora iniziò:
– Questa piccola stronza ci ha fregati – quasi gridò, trattenendo la rabbia – ci ha fotografato l’altra sera, quando hai dormito qui. E adesso vuole i biglietti del concerto, tutti e due, altrimenti farà trovare le foto ai miei.
Fabio impallidì al pensiero di trovarsi di fronte il padre (un tizio grande e grosso e dall’aria truce) dopo che questi avesse visto le esorbitanti evoluzioni nelle quali la figlia si era esibita con il ragazzo per tutta la notte, quando i genitori erano fuori e credevano le figlie a casa da sole. Però aveva sudato parecchio per avere i biglietti del concerto e gli scocciava perderli in quel modo.
– Parliamone. Forse c’è qualcos’altro che… –
ma Marta lo interruppe subito
– O i biglietti, subito, o papà troverà le foto.
Fabio voleva prendere a schiaffi quella faccia da bambina, ma si trattenne per non rischiare.
– Va bene, ma tu ci dai tutte le foto e i negativi e qualsiasi altra cosa tu abbia e se userai di nuovo queste minacce con noi vengo con alcuni amici a darti una bella lezione.
Marta non si scompose, non credeva alle minacce di Fabio che non aveva mai pestato nessuno, né i suoi amici erano teppisti.
– A me interessano solo quei biglietti e il concerto, poi torniamo ad ignorarci come abbiamo sempre fatto.
– Sei una puttana, stronza! – Sibilò Debora – Lo sai benissimo da quanto aspettavamo di andare a quel concerto.
– Non me ne frega niente. E non mi insultare, le foto ce le ho ancora io.
Così conclusero l’accordo e non appena ebbe in mano i biglietti, Marta scattò fuori dalla stanza con quelle gambine sottili passando velocemente davanti a Fabio e cacciandogli fuori la lingua. è proprio ancora una bambina, ma si merita una bella lezione, pensò lui guardandola correre nella sua stanza.

Il giorno dopo il concerto Fabio tornò dalle ragazze, per ritirare i negativi (le foto le aveva prese subito): gli aprì Marta, vestita come sempre e con quel sorrisino da bambina stampato in faccia.
– Ciao. Debora sta facendo la doccia ma se vuoi puoi andare da lei, tanto siamo a casa da sole: i miei sono dai nonni per il fine settimana.
Qualcosa si accese nella testa di Fabio, ma lui non capì subito cos’era quella sensazione. Lo capì più tardi quando scoprì che Marta non intendeva affatto rispettare i patti. Quando arrivò anche Debora, gli consegnò i negativi, ma disse:
– Ho sviluppato alcune di queste foto, per cautelarmi – aggiunse candidamente – casomai vi fosse venuta qualche strana idea.
Debora arrossì di collera, ma Fabio la bloccò subito e, alzandosi, fissò duramente Marta.
– Non erano questi gli accordi. Dammi subito tutto o te ne pentirai.
– E cosa vuoi fare? Non hai il coltello dalla parte del manico. – rispose lei, ma distogliendo lo sguardo e cominciando a temere di aver esagerato.
– Ultimo avvertimento e possibilità – disse Fabio conciso, ma la ragazzina sembrava non voler mollare. Fece un passo indietro, scuotendo la testa e ridendo, anche se indecisa, e questo per Fabio fu troppo.
Con uno scatto si fiondò verso di lei afferrandola per uno dei sottilissimi polsi e la trascinò via dalla porta della stanza, dove si era fermata, buttandola sul lettone della camera di Debora. Rimasero entrambe un po’ sorprese, ma mentre Marta si bloccò dallo spavento, Debora si riprese subito grazie alla collera repressa che provava nei confronti della sorella. Mentre Fabio la teneva bloccata, prese delle sciarpe e delle cinture dai cassetti e le bloccarono le braccia e le gambe, mentre le misero in bocca un paio di mutandine di Debora e poi la imbavagliarono con un nastro di tela. Marta mugolava e piangeva, rannicchiata come un sacco di patate sul letto, le mani legate dietro la schiena.
Fabio non si impietosì, tanto era incazzato
– Credi che mi faccia prendere per il culo da una ragazzina più piccola? Hai capito male: ora imparerai l’educazione. Occhio per occhio, dente per dente, è la mia legge.
Debora, che non aveva ancora capito cosa volesse fare Fabio a sua sorella, dopo averla bloccata, finalmente ci arrivò: corse in camera di Marta e raccolse tutte e tre le macchine fotografiche. Controllò i rullini, ma non ce ne rea bisogno: Marta ne aveva in quantità industriale e due macchine erano sempre cariche di rullini nuovi. Quando tornò nella stanza, Fabio era già al lavoro: con un paio di forbici, stava tagliuzzando i pantaloncini e la maglietta, rivelando, particolari di biancheria intima, della ragazzina.
– Non preoccuparti, farò un lavoro da artista. Sarà un bel crescendo di rivelazioni, così poi vedremo chi avrà il coltello per il manico.
Scattarono qualche foto così, ma poi si diedero subito a foto più scoperte. Tagliuzzò il resto dei vestiti, lasciandole solo le mutandine; non portava reggiseno visto che le tette si vedevano appena.
– O ma che belle mutandine, con gli orsetti. Ma non ti vergogni alla tua età? Hai diciannove anni!
Marta nascose la faccia nel cuscino, continuando a piangere e mugolare; Debora provava un certo perverso piacere a vedere la sorella in quella situazione: con quell’aria da bambina, gli occhioni e tutto il resto era sempre stata la cocca di casa, mai colpevole e sempre vittima nelle liti tra di loro. E invece era un piccolo diavolo: ma oggi l’avrebbe pagata per tutto.
La fecero mettere a pecorina e siccome aveva le mani legate si sosteneva con la testa, il viso arrossato per lo sforzo e la vergogna: scattarono numerose foto e Debora si preoccupò di passare un dito sullo spacchetto della sorella, per far rientrare le mutandine quel tanto da rendere la posa un po’ più osé.
Infine, con un ultimo colpo di forbici, anche le mutandine se ne andarono: sciolsero le gambe e sempre alla pecorina, la fotografarono nuda con le gambe ben aperte, quindi la girarono e divaricate le gambe, gliele legarono alla spalliera del letto, facendo lo stesso con le braccia sul lato opposto. Marta era di statura bassa e quindi era completamente distesa sul lettone formando una bella X.
– Certo che a tette stai messa davvero male – disse Fabio – ci credo che non ti fila nessuno. è un peccato, però, perché per il resto sei messa bene, anche se dovresti mettere qualche chilo in più: ti si vedono quasi le ossa.
Marta si vergognava a morte per la posizione a cui era costretta e per l’analisi a cui era sottoposta. Fabio le pizzicò un po’ i capezzoli per farli indurire e poi accarezzò il resto del corpo, soffermandosi qualche tempo sulla fessurina davvero piccola tra le gambe: nessun segno di peluria.
Debora guardava la scena con la testa piena di pensieri: da tempo carezzava l’idea di una nottata a tre (anche Fabio, naturalmente), ma mai aveva pensato alla sorella: non pensava comunque che a Fabio potesse interessare una così, però forse…
Prese dalla scrivania il coperchio di un portapenne di plastica, lungo una ventina di centimetri e di forma decisamente fallica: era un regalo scherzoso fattole dalle compagne di classe due anni prima, quando si era messa con Fabio, con la possibilità di altri utilizzi, avevano detto loro. Non che il consiglio fosse passato inosservato, lei lo aveva usato spesso, da sola e con Fabio.
Quando Marta la vide avvicinarsi, spalancò gli occhi e prese a dimenare la testa, mugolando e gemendo sempre più forte: Fabio si eccitò, poiché era chiaro che la ragazza era vergine, e preparò la macchina fotografica, mentre Debora gli diceva:
– Voglio sverginarla io, ‘sta stronzetta, ma dopo lascio divertire anche te. Intanto non perdere una scena, voglio tante foto da poterne fare un filmato.
Fabio annuì, pentendosi di non avere una videocamera per una scena come questa, ma prese subito posizione: Debora si stese a fianco della sorella, in modo da poterle parlare vicino alla testa.
– Adesso impari a prendermi per il culo, piccola.
Posizionò il fallo sulla fessurina e iniziò un lento movimento rotatorio: la figa di Marta non era per niente bagnata, inoltre era davvero piccola, mentre l’oggetto aveva una bel diametro. La ragazza piangeva e fissava la sorella con aria supplichevole, si vedeva che cercava di parlare, di scusarsi, ma agli altri due la scena piaceva ancora di più. Con un sorriso perfido, Debora fissò la sorella e, di colpo, spinse energicamente il fallo più in dentro che potè: ne entrò solo la metà, ma Marta si inarcò con un urlo soffocato mentre veniva deflorata così brutalmente e da un oggetto tanto grande. Intanto la sorella prese a spingere per far entrare l’oggetto più a fondo, ma non otteneva risultati: un rivolo di sangue era colato sulle coperte, segno della rottura dell’imene e Fabio si avvicinò per dei bei primi piani.
– Bene, abbiamo già abbastanza foto per tenerti a bada, ma per una lezione coi fiocchi non basta certo quel poco che hai subito – disse Debora, con il cuore che le batteva per quello che stava per proporre. – Fabio, adesso le foto le faccio io, tu goditela un po’, scopala se vuoi.
Fabio fissò la ragazza distesa sul letto che ansimava e gemeva: le slegò le gambe dalla spalliera, non voleva avere impicci e lei non aveva di certo la forza necessaria a creargli problemi.
– Godermela? E cosa mi dovrei godere? Niente tette, poco culo… è tutta pelle e ossa – disse esaminandola, mentre Marta tratteneva il respiro impaurita; forse sarebbe stata risparmiata, pensava, ma dovette presto disilludersi. – Però una scopatina me la faccio volentieri, questo sì.
Si spogliò e si mise sulla ragazza: lei aveva ricominciato a piagnucolare, implorante, senza capire che quell’atteggiamento sortiva in Fabio l’effetto contrario a quello che pensava. Lui appoggiò la cappella all’apertura della figa e lentamente, iniziò la penetrazione: la figa di Marta era davvero stretta e, notò dopo, anche molto corta. Sentiva le pareti vaginali stringersi attorno al suo cazzo, quasi stritolandoglielo; faceva fatica a muoversi avanti e indietro, anche per un certo attrito che doveva generare un bel bruciore nella ragazza. Presto però la vagina così stimolata reagì e il movimento divenne più fluido: nonostante tutto però, era davvero poca la profondità a cui poteva arrivare, non riusciva a far entrare tutto il suo cazzo, nonostante stesse tirando delle bordate poderose contro la ragazza. Sentì l’orgasmo arrivare molto presto e, sebbene provasse un gran desiderio di venirle nella figa, si trattene: si portò sul viso di Marta e completò l’opera venendole sul naso, gli occhi e la fronte. Debora naturalmente non perdeva un particolare e fece soprattutto molte foto al viso della sorella impiastricciato di sperma; infine non resistette più e, posata la macchina fotografica, si spogliò: era molto diversa da Marta, aveva un bel seno prosperoso, era più alta e in generale un po’ più in carne. Si sdraiò nuovamente di fianco alla sorella, carezzandole il viso con una mano per spargere meglio il seme di Fabio.
– Adesso ti tolgo il bavaglio, se però mi prometti di non urlare. Se lo farai, ne pagherai subito le conseguenze.
Marta annuì debolmente , tremando mentre la sorella le leccava piano piano il volto dove era stato ricoperto di sperma e contemporaneamente le frugava nella figa con un dito.
Fabio, che si era scostato per riprendersi, si rieccitò molto presto vedendo le sorelle in quel modo: slegò il nastro dal volto di Marta e le tolse le mutandine dalla bocca; la ragazza rimase un attimo a bocca aperta, respirando profondamente e tremando:
– Basta, per favore, non lo faccio più…
– Ma come, piccola – la interruppe Debora – proprio adesso che stava iniziando a piacerti – le portò vicino agli occhi il dito che poco prima teneva infilato nella sorella, ora umido di umori vaginali – Ormai sei diventata una donna, ma non hai ancora goduto come si deve, ma non preoccuparti, ti aiutiamo noi.
All’improvviso Marta cacciò un urlo altissimo, o almeno quella era la sua intenzione, perché Fabio si accorse del tentativo e le tappò la bocca; Debora, incazzatissima, le mollò uno, due, tre schiaffoni in pieno viso:
– Brutta stronza, allora il tuo è un vizio; non le mantieni mai le promesse!
– Già, è proprio un brutto vizio – aggiunse Fabio. Prese le proprie mutande, le passò sul volto impiastricciato di Marta e poi le ficcò in bocca alla ragazza, reimbavagliandola.
– Queste non sono pulite come quelle di prima, però magari il sapore è migliore, che ne dici? – disse Fabio a Marta, ironicamente. Lei chiuse gli occhi, mentre contraeva la faccia, probabilmente disgustata.
– Voglio vederla godere, però – disse Debora – adesso te la preparo un po’, poi voglio che la fai venire. – Si stese tra le gambe della sorella e iniziò a leccarle la figa, cominciando dalle labbra e poi intrufolandosi sempre di più: prese a leccare e succhiare il clitoride, per farlo eccitare e finalmente si notò qualche miglioramento. Il respiro di Marta era mozzato, ma stavolta non dai singhiozzi, bensì da brividi di piacere e i muscoli delle gambe si rilassarono; Debora allora si staccò dalla figa e risalì leccandole debolmente il corpo fino a raggiungere i minuscoli seni. Giocò un po’ con i capezzoli, stuzzicandoli, mordicchiandoli, cercando di creare un piccolo solletico che li eccitasse; Marta rispondeva bene a quel trattamento e non nascondeva più i brividi di piacere: adesso ansimava e mugolava eccitata e la figa cominciava a gocciolare abbondantemente. Fabio, che era rimasto passivo scattando fotografie, capì che era giunto il suo momento; sdraiò la sua ragazza supina sul letto, mentre mise Marta a pecorina sopra di lei. Debora prontamente prese e baciare e leccare il viso della sorella , che non poteva sorreggersi con le braccia, ancora legate alla spalliera. Supereccitato, finalmente Fabio si posizionò dietro alla ragazzina e infilò nuovamente il suo cazzo in lei.
– Fai piano adesso – lo ammonì Debora – ricordati che devi farla godere.
– Lascia fare a me – rispose rassicurante.
Debolmente e lentamente, iniziò il movimento oscillante, cercando di non colpire duramente la ragazza, quando giungeva in fondo alla figa; era ancora molto stretta, ma anche molto bagnata e questo generava in lei molti brividi, poiché prese a mugolare forte, probabilmente stava urlando di piacere. Debora tirò a sé la macchina fotografica, pronta a immortalare il viso della sorella al momento del suo primo orgasmo; non ci volle molto: il corpo di Marta prese a tremare violentemente, mentre ansimava sempre più forte, finchè non si inarcò, contratto da innumerevoli spasmi di godimento. Fabio si trattenne, a fatica, cercando di continuare la scopata anche dopo l’orgasmo della ragazza. Mentre la fotteva, si ritrovò a guardarle il sedere, piccolo e povero di curve, con le chiappe talmente magre che il solco non nascondeva minimamente il buchino, nemmeno quando non era a gambe spalancate come ora. Quell’immagine gli rimase impressa in mente, già si immaginava mentre violava quello spazio ancora più piccolo e stretto della figa, ma sicuramente più profondo; sarebbe stata una bella fatica, e per la ragazza una grande tortura, ma non intendeva soprassedere.
Era talmente impegnato nel suo fantasticare, che si accorse all’ultimo momento dell’orgasmo.
– Vengo! – gridò e vide che Debora scivolò sotto il corpo della sorella per raccogliere nella sua bocca tutto il suo seme; Fabio, però, impiegò un attimo di troppo a estrarre il cazzo dalle figa che lo stringeva e un primo abbondante schizzo si riversò dentro Marta, regalandole un ultimo brivido di piacere, misto al secondo orgasmo che Fabio le aveva provocato mentre fantasticava. Debora afferrò il cazzo del ragazzo e se lo cacciò in bocca, vorace, per non perdersi nient’altro, mentre con una mano agitava freneticamente nella sua figa il fallo usato per sverginare la sorella, cercando di regalarsi un po’ di piacere per godere insieme agli altri due.
Quando le urla e i mugolii cessarono, rimasero tutti immobili: Marta alla pecorina, accasciata sulla testa, ancora legata al letto per le braccia, sosteneva anche Fabio che era appoggiato sulla sua schiena, mentre Debora stava sotto a entrambi, il cazzo ancora in bocca e il fallo di plastica profondamente conficcato tra le sua gambe. Tutti ansimavano forte, cercando di riprendere fiato.
La prima a muoversi fu Debora che si tirò nuovamente vicino al viso della sorella; dopo averla fissata negli occhi per un attimo, cominciò a toglierle il nastro che la imbavagliava.
– Non ti preoccupare – disse rivolta a Fabio – sono sicura che adesso non urlerà.
Le tolse anche le mutande di Fabio dalla bocca e attese, fissandola. Marta non diceva niente, restava con la bocca semiaperta e fissava a sua volta la sorella con un’espressione indecifrabile, quasi incredula. Debora avvicinò le labbra alle sue e la baciò leggermente, mentre l’altra la lasciava fare, quasi inconsapevole di quello che accadeva.
– Ti sei comportata bene, piccola, per la tua prima volta – le disse Debora dolcemente – e ti è piaciuto vero? Vuoi rifarlo ancora, no? E lo faremo, se la smetti di comportarti come una stupida mocciosa. Potremmo diventare un bel gruppo noi tre, tu usciresti con noi e ci divertiremmo spesso, credimi. Però devi ancora pagare per lo scherzo del concerto: quello che ti abbiamo fatto fino adesso è stato un favore, ti aiuta a crescere; tu non ti opporre e, una volta finito, ti lasciammo andare e dimentichiamo le brutte cose, e diventiamo amici come ti ho detto. Se decidi di sì ti slego anche, altrimenti ti faccio andare via subito, però con tutte le foto che ti abbiamo fatto sarai in mano nostra a lungo. Allora, che ne dici?
Marta rimase a lungo in silenzio. Immaginava che cosa avrebbe dovuto subire per ottenere il perdono e ne aveva una paura folle: il suo buchino posteriore era piccolo, lo sapeva bene; se rifiutava poteva risparmiarsi quel trattamento, ma poi la sua vita sarebbe stata sotto il controllo dei due.
– Va bene, voglio che diventiamo amici – decise all’improvviso; le sembrava la soluzione migliore e non voleva pensarci ancora per non far crescere la paura. – fatemi quello che volete, me lo merito per avervi rubato i biglietti. – e chiuse gli occhi aspettando.
– Brava piccola, vedrai che non te ne pentirai alla fine. – rispose Debora e le slegò i polsi dalla spalliera. – Prima però facciamo riprendere Fabio; è stanco e per poco non ti ha messo incinta.
Fece stendere Marta supina e cacciò la testa tra le sue gambe, iniziando a leccarle la figa in profondità per togliere i residui di sperma che le erano schizzati dentro.
– Vuoi leccarmi anche tu? – le chiese – Ti piacerà, fidati; e se verrai con noi in futuro lo faremo spesso – e così dicendo si posizionò sopra la sorella formando un bel 69 tutto al femminile. Marta arrossì violentemente mentre sporgeva la lingua dalle labbra e, molto timidamente, iniziava a leccare la figa della sorella; era un po’ indecisa su come doveva fare, quindi cercava soltanto di imitare quello che si sentiva fare da Debora.
– Dacci dentro – fece quest’ultima – non sono mica una verginella, così non sento niente.
Fabio si godeva la scena, vedendo il suo membro ritornare allegro, e scattando qualche foto di questa scena incredibile. Intanto pensava alla sodomizzazione che si preparava a far subire alla ragazzina e gli venne in mente che nel mobiletto del bagno c’era della vaselina, che lui e Debora avevano già utilizzato per le loro nottate; sarebbe stata utile. Andò a prenderla e quando tornò, le due sorelle avevano cambiato posizione: ora Marta stava leccando le grosse tette di Debora, mentre questa ansimava contenta e si afferrava ai corti capelli della sorella.
– Vedo che Fabio è tornato con l’occorrente – disse – è di nuovo il tuo turno, piccola – e detto questo la baciò sulla bocca, premendole il viso contro il proprio con una mano e invadendola con la lingua, cercando la sua; il bacio si prolungò per un paio di minuti, ma alla fine le due si staccarono. Marta si rimise alla pecorina, aspettando tremante, mentre Debora si sedette davanti a lei.
– Resto qui vicino a te, non preoccuparti – le disse – e poi è la mia vendetta personale; voglio vederti in faccia quando ti romperà il culo, voglio leggerti il dolore negli occhi. Solo così sarò soddisfatta.
A queste parole la paura di Marta si moltiplicò e sia per questo che per l’umiliazione suscitata da quelle parole, riprese a piangere silenziosamente. Sobbalzò al tocco di Fabio, che stava iniziando a spalmarle la vaselina sul buchetto, cercando di entrare un po’ con il dito; era meglio abituare i muscoli un po’ per volta. Il ragazzo lavorò a lungo con il dito, poi aumentò a due ma più di così non riusciva a fare: pazienza, la ragazza avrebbe sofferto un po’, ma era la sua punizione dopotutto. Posizionò la cappella sull’ano e, tenendolo più aperto possibile con le dita, iniziò a spingere lentamente. I primi due centimetri furono senza problemi per entrambi, ma subito dopo Marta iniziò a emettere numerosi singhiozzi e urletti di dolore, mentre implorava di smettere e di perdonarla: Debora, con un sorriso trionfante, riprese a baciarla per soffocare le lamentele, ma la sorella continuava a gemere e implorare, piangendo.
Fabio stava facendo una fatica dell’anima, la figa era un tunnel al confronto: il culo era così stretto che gli stritolava il cazzo, e doveva spingere lentamente per non farsi male a sua volta. Ma sentiva che poteva entrare di più che nella figa, per cui non si arrese.
Ormai era dentro quasi per due terzi e Marta sembrava impazzita dal dolore: le spalle le tremavano per la fatica e il dolore, non riusciva più a sostenersi, mentre la sorella continuava a sbaciucchiarla dappertutto, fermandosi ogni tanto a guardarla.
– Basta… ahi.. ahia… non ce la faccio… nooo… che male.. Debby… ahia ti prego…
Piangeva e singhiozzava molte parole venivano troncate dai gemiti, ma Debora continuava a guardarla soddisfatta e le diceva che andava tutto bene, che doveva resistere.
Intanto Fabio iniziava a oscillare dentro e fuori, ogni tanto senza fermarsi aggiungeva della vaselina e quindi l’attrito diminuiva velocemente. Dopo qualche minuto prese a fottere la ragazza con una certa frenesia, senza però mai infilare il cazzo per intero; ormai le aveva rotto il culo, sentiva i muscoli delle chiappe stirati per l’eccessivo sforzo e c’era qualche goccia di sangue, ma non se la sentiva ancora di violarlo ulteriormente in profondità.
L’orgasmo era ancora lontano, si era già scaricato due volte prima e ora poteva farsi una bella e lunga cavalcata.
– Aahhh Deb, tua sorella ha un culo fantastico, se si unirà a noi in futuro, dovrai lottare per avere i miei favori. è una soddisfazione rompere un culo così stretto.
– Un corno – disse Debora – non farai favoritismi o ti costringeremo a guardarci mentre ci divertiamo da sole. – e poi si rivolse alla sorella – Allora? Com’è prenderlo in culo? Hai imparato la lezione? Ci sono delle cose molto più dolorose di questa altrimenti; e col culetto che ti ritrovi, ti farà sempre male prenderlo, anche quando sarai abituata.
– Ho capito… basta ti prego… ahi … farò quello che vuoi… ahia… ti prego, ti prego… scusami, scusatemi… ahi
– Cerca di concludere Fabio – disse Debora sorridendo, senza distogliere lo sguardo dalla sorella – me la stai uccidendo; ormai ha capito, però non avere riguardi.
– Come se li avessi mai avuti – rispose lui e iniziò a pompare più velocemente e forte; Marta singhiozzava e si lamentava anche di più ora che il cazzo cercava di entrare ancora più a fondo; ormai il pube di Fabio sbatteva contro le chiappe di lei ad ogni colpo e il ragazzo stava per scoppiare. L’orgasmo arrivò violentissimo e a lui sembrò di scaricare litri e liti di sperma nell’intestino della ragazza; al culmine del piacere diede un ultima energica spinta, facendo penetrare il suo membro di quegli ultimi due centimetri restanti in un botto solo: sentì le carni interne del sedere di lei strapparsi e Marta cacciò un urlo di dolore altissimo, ma soffocato nuovamente dai baci di Debora. Svenne per il male, ma si risvegliò poco dopo quando sentì di essere trascinata sul pavimento.
– Ti stavamo portando in bagno – disse Fabio – ma se sei sveglia ci puoi andare da sola.
Lei non aveva più forze, le braccia debolissime tremavano e il solo pensiero di muovere le gambe risvegliando il male al sedere le faceva venire voglia di svenire di nuovo; l’unica cosa che potè fare fu strisciare, ma la sorella le sbarrò la strada, completamente nuda in piedi davanti a lei
– Se vuoi ti ci portiamo noi, ma ce lo devi chiedere gentilmente, molto gentilmente. – le disse con un sorriso perfido.
– Per favore, datemi una mano; non me la merito, ma aiutatemi.
– Non ci sei ancora, credo che puoi fare meglio – protestò Fabio, affiancando Debora.
Marta capì cosa volevano e avvicinandosi ai loro piedi iniziò a baciarli e leccarli, come una schiava che implora i padroni e intanto mugolava implorazioni di aiuto e pietà; finalmente i due si accontentarono e dissero che poteva bastare.
Marta si sentì sollevare delicatamente e trasportare lentamente in bagno, dove la vasca era già stata riempita di acqua, probabilmente mentre era svenuta: venne adagiata piano piano, dopodichè Fabio se ne andò a stendersi sul letto per riposarsi. Debora invece rimase e con una spugna morbida iniziò a massaggiarle le parti martoriate e insozzate di sperma e sangue: la guardava con un misto di amore e compassione, come se non fosse stata colpevole di ciò che era avvenuto. Ogni traccia di perfidia, collera e desiderio di vendetta era sparita ed ora si stava occupando della sorella amorevolmente.
– è stata una dura lezione – le disse – ma da oggi non proverò più rancore verso di te; vivremo meglio, se lo vorrai; di notte ci potremo consolare a vicenda, potremo godere molto spesso, ti insegnerò come fare. Basta litigi e ricatti, io ti voglio bene e non voglio che succeda ancora quello che abbiamo fatto.
Marta si sporse oltre l’orlo della vasca e diede un timido e veloce bacio sulle labbra della sorella, arrossendo lievemente. Le voleva bene anche lei, naturalmente, e quelle carezze, quelle parole che le dava dopo tutta quella tortura la facevano sentire davvero bene.
Le due si fissarono negli occhi per un lungo minuto, straordinariamente simili per un attimo, e dopo aver letto reciprocamente i sentimenti sinceri che vi erano stampati, si lanciarono in un ultimo profondo bacio. Infine Debora riprese a lavare, massaggiare e carezzare il corpo della sorella e continuò a lungo, con un’espressione raggiante in viso, segno della ritrovata amicizia e della nascita di uno strano nuovo amore. FINE

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