“Driinn, driinn” La malefica sveglia interruppe bruscamente il meritato riposo di tutti e tre; anzi, Rita ebbe un soprassalto e il suo cazzotto di plastica che ormai si era incollato nel mio buchetto uscendo mi procurò un forte ma godurioso dolore.
Senza farmelo ordinare, andai in cucina, indossai un grembiulino che mi copriva a malapena il pisello ingabbiato e le tettine, preparai la colazione ai padroni e la servii loro a letto.
Vista la mia intraprendenza, il signor Rocco pensò bene di spalmare della marmellata sul pube della signora e mi ordinò di dare una bella ripulitina: non persi tempo e con gran foga leccai fino a inserire tutta la lingua nella calda apertura di lei che con urla tremende mi premeva a se il viso senza farmi respirare fino a che un urlo selvaggio annunciò la calda doccia di umori nella mia bocca.
Anche il signor Rocco voleva il suo bel servizio dalla servetta: la signora Rita intingeva il pisellone del marito nel tè e lo porgeva alla schiavetta che avidamente lo succhiava e per finire toccò al burro: la signora inburrò per bene il pene del marito che lo infilò animalescamente nel mio buchetto; mentre venivo stantuffata dal dietro, la mano della padrona premeva ancora la mia lingua nel profondo della sua fessura fino a che non ricevetti per l’ennesima volta il loro succo. La colazione era stata servita e consumata …; mi fu ordinato di ripulire la casa e soprattutto il mio corpo che grondava di umori davanti e dietro; mi prepararono anche la nuova divisa: un body in pizzo nero con una sottile lista di stoffa tra le gambe, un piccolo vibratore che avrebbe tenuto ben aperto il mio buchetto mentre lavoravo, il solito tubetto per il pisello e una tuta a coprire il tutto.
“Forza al lavoro! Questo pomeriggio dobbiamo finire prima perché stasera abbiamo ospiti e tu dovrai dare un saggio di come sai servire i padroni e i loro amici: se ci saprai fare ti daremo due premi, uno in denaro ed uno … in natura …
Devo ammettere che lavorare così celermente con quel cazzetto nel buchetto mi dava una piacevole sensazione anche se i miei movimenti non erano del tutto “normali”; inoltre il pensiero della prova che mi sarebbe toccata quella sera aumentava in me la voglia di arrivare il più velocemente all’ora stabilita.
La giornata trascorse in un battibaleno: ogni tanto i padroni mi assestavano delle energiche palpate in ogni parte del corpo e nel pomeriggio, inspiegabilmente, padrone Rocco si assentò.
Verso le 18 mi venne ordinato di smettere di lavorare e di recarmi nella famosa stanza delle preparazioni; padrona Rita mi fece fare una rapida doccia e mi depilò ancora tutto il corpo; consapevole di ciò che era mio dovere, mi stesi a pancia in giù per ricevere i soliti tre litri di buon clistere: mentre allargavo il mio culetto per ricevere quella calda doccia, la signora pensò bene di ingannare l’attesa offrendomi il suo pube da rinfrescare con la mia lingua.
Dopo l’ennesima evacuazione, passammo tutti e tre nella doccia: dovevo pulire per bene i miei padroni e mentre lavavo uno, l’altro approfittava del mio corpo nudo per ogni genere di palpazione.
Finita la doccia, venne il momento di agghindare la servetta per la grande serata, tutti e tre non aspettavamo altro che quel momento: i padroni per preparare al meglio la loro creatura, io per vedere come sarei stato trasformato!
Il signor Rocco prese da una busta uno strano tipo di slip: erano color carne con un’apertura sul davanti a mò di vagina con tanto di pelo castano attorno, li indossai facendo attenzione a schiacciare tra le gambe il mio pisellino in modo da far assumere al mio pube la sinuosa forma femminile; la signora mi infilò un nuovo vibratore un po’ più grosso di quelli che mi avevano fornito, mi fece indossare un bustino con coppe imbottite che mettevano in risalto le mie tettine e lo strinse sul retro fino a fami mancare il respiro. Per completare l’opera mi mise un grembiulino che copriva appena la mia vagina, un cuffietta sulla testa e mi truccò labbra e occhi.
La creatura era pronta: guardandomi allo specchio vedevo una sensuale servetta pronta ad offrire il suo corpo ai propri padroni!
Ore 20: suonò il campanello, era giunto il grande momento e con esso la prima coppia di amici dei padroni.
Aprii la porta e feci un grazioso inchino ai due invitati: tutti e due magri sulla cinquantina con lei molto carina, rossa di capelli e con sicuramente una quinta di seno; Lidia e Luciano, erano i loro nomi, rimasero stupiti dell’accoglienza ma brillantemente entrambi diedero una palpata conoscitiva alla servetta che li aveva fatti accomodare.
Neanche il tempo di farli accomodare, che arrivarono gli ultimi due invitati: Elena e Sergio, lei abbastanza formosa e rossa mentre lui non molto alto ma con un fisico palestrato.
Fatti accomodare, il padrone mi chiamò in mezzo a loro e spiegò agli invitati che la servetta era a loro disposizione per tutto l’arco della serata e che quindi, per ogni esigenza, avrebbero potuto chiedere senza nessun indugio.
Passai a servire la cena, ad ogni portata il mio corpo veniva fatto oggetto di palpeggiamenti o, peggio ancora, a turno accendevano e spegnevano il vibratore che alloggiava indisturbato nel mio culetto. Alla fine della cena, venne il turno per me di assaggiare qualche piatto: venni fatta stendere al centro del grande tavolo con il mio bel culetto aperto all’insù. Per prima cosa vollero vedere come mangiavo una banana e considerato che lo facevo molto sensualmente, Elena pensò bene di verificare se anche con l’altra boccuccia ero in grado di fare altrettanto: tolse il vibratore bruscamente e repentinamente mi infilò una banana abbastanza acerba: il dolore fu forte ma altrettanto fu la goduria. Sergio, vedendo l’intraprendenza della moglie, tirò fuori dai pantaloni il suo uccello di notevoli dimensioni e dopo averlo spalmato di maionese lo ficcò letteralmente nella mia bocca ordinandomi di ripulirlo tutto e bene. Questa coppia era ben affiatata, mentre lei mi stantuffava con la banana, lui mi costringeva a succhiargli il cazzo in modo frenetico con il risultato di spararmi in gola un caldo flutto di sperma. Dalla faccia dei miei padroni e dei loro amici intuii che la prima prova l’avevo superata in maniera superba; mentre sparecchiavo e mi ripulivo la bocca i signori si trasferirono in salotto per continuare l’allegra serata.
Quando ebbi finito e mi presentai in soggiorno, li trovai seduti in cerchio con al centro uno strano sgabello girevole su cui era montato un dildo di dimensioni ancora più ragguardevoli!
Mi legarono le braccia dietro la schiena e mi ordinarono di sedermi sopra a quel mostro: il buchetto ormai allenato a questo genere di articolo non fece fatica a ricevere il dildo sino in fondo.
A questo punto iniziò il gioco che mi avevano riservato: lo sgabello veniva fatto girare e quando si fermava, la persona che mi sarei trovato di fronte aveva libertà di sfogare ogni suo desiderio su di me.
La prima persona fu Elena, il suo desiderio, per fortuna, fu quello di farsi ficcare la mia lingua nella sua passera: mi andò bene e anzi devo dire che, pur con quel grosso dildo conficcato, la cosa non mi dispiacque e mi sforzai con tutto me stesso di leccarla sino a dove potevo arrivare; il mio sforzo fu quasi subito ripagato: dopo pochi istanti un caldo fiotto di umori mi riempì la bocca.
Altro giro e mi capitò il signor Rocco e qui la faccenda si complicò: prese sua moglie, la spogliò e mentre la scopava in piedi, volle che io leccassi contemporaneamente i suoi testicoli e la passera della moglie. Stimolato da tutto questo esercizio, il signor Rocco, sentendo vicina l’eiaculazione, estrasse il suo pisello dalla passera della moglie e con modo brusco, aprendomi la bocca, scaricò in me un fiume incessante di sperma.
Visto il mio viso grondante di sperma, pensarono bene di portarmi in bagno a lavarmi e quindi mi ordinarono di alzarmi, di sollevare lo sgabello con le mani legate dietro la schiena. Non vi dico il dolore di camminare sollevando uno sgabello che inevitabilmente spingeva nel mio buchino un enorme dildo; ciò nonostante la cosa mi aveva procurato un irrefrenabile godimento che sfociò in un enorme getto di sperma: la servetta non doveva fare ciò e per punizione fui costretto a leccare tutto il mio sperma che avevo sparso sul pavimento.
Pulito tutto quello che dovevo, mi liberarono dallo sgabello e ingabbiarono il mio pisello nel solito arnese: decisero che un giro all’aperto avrebbe fatto bene a tutti. Mi fecero indossare un body di pizzo bianco con coppe imbottite e mi costrinsero a piegare in mezzo alle gambe il mio povero pisellino ingabbiato, un paio di calze autoreggenti anch’esse bianche e un abitino che copriva poco sotto le chiappe.
Uscimmo tutti e con mio sommo imbarazzo mi portarono in un night club noto per le tendenze particolari degli avventori: infatti era pieno di gay e lesbiche teneramente abbracciati. Fui subito notata da alcuni avventori che mi si avvicinarono tentando di palpeggiarmi ma il signor Rocco riuscì a bloccarli.
Luciano incontrò per caso una coppia di amici che a sua volta erano in compagnia di una loro servetta agghindata quasi come me se non fosse che anziché il body portava una guepiere blu notte. In un attimo le due compagnie si unirono e poco dopo qualcuno ebbe l’idea di obbligare noi due servette di civettare e scambiarci effusioni erotiche. Infatti ci obbligarono a baciarci con la lingua, tra gli sguardi assatanati dei presenti, e non contenti vollero che le nostre mani esplorassero le intimità dell’altra. In breve la sala si fermò a guardare noi due servette costrette in un sessantanove appassionato e tra gli incitamenti del pubblico fummo costretti a spogliarci e liberata la mia collega dalla gabbietta a sodomizzarmi. Essendo io la più giovane delle due, fui fatta inginocchiare su un divano e la mia collega servetta, dopo avermi spalmato il buchetto con un po’ si vaselina saltata fuori chissà da quale parte, mi infilò il suo pisello abbastanza grosso nonostante poco prima l’avessi visto abbastanza piccolo. L’atmosfera della sala stava scaldandosi parecchio, anche perché, da brave servette, stavamo dando del nostro meglio per soddisfare le aspettative dei nostri rispettivi padroni e in più a me stava proprio recando un grandissimo piacere l’essere inculata da una servetta così graziosa sotto gli occhi di parecchie persone. Dopo poco arrivò il padrone del locale, un omaccione sulla cinquantina, che proclamò champagne per tutti se le servette gli avessero fatto un buon servizio e così fu: mentre Lara, la mia collega, mi stantuffava come uno stallone navigato, nella mia bocca finì il cazzo del boss e all’unisono, pubblico con alè di incoraggiamento, Lara dietro e lui davanti mostrammo uno spettacolo indimenticabile. Inevitabilmente vennero entrambi, dalla mia bocca e dal buchino mi scendeva un caldo rigagnolo: riconoscente dello spettacolo il boss offrì champagne a fiumi che però non riuscii ad assaporare con la bocca perché il socio pensò bene di girarmi sul divano e salendo cavalcioni infilò il suo cazzo nella mia bocca ancora grondante; a farmi assaporare lo champagne pensò padrona Rita che afferrata una bottiglia, me la infilò nel buchino ormai ben allargato con conseguente clistere di bollicine, una scena indescrivibile: il boss che mi infilava il cazzo sino alla gola e lo champagne che entrava ed usciva dal culetto!
Dopo l’ennesimo fiotto in gola ero stremata, ricordo solo che fui sollevata di peso e portata nella vasca del bagno e avide mani mi ripulirono dello sperma e dello champagne di cui ero ricoperta non senza che fosse esplorato ogni pertugio del mio corpo.
Fui rivestita e miei due padroni mi riportarono finalmente a casa, mi spogliarono dolcemente e nel lettone mi strinsero fra di loro: sentivo davanti il cazzo finto di Rita contro il mio, purtroppo ancora ingabbiato, e le sue tette che leccavo avidamente mentre dietro contro il buchino ormai stremato il cazzo ben vivo di Rocco che mi sussurrò: “Sai cara, ti sei comportata in modo esemplare, da oggi sarai la nostra Barbara e vedrai quante e quali sorprese abbiamo in serbo per te. Buonanotte. ” FINE