Singhiozzando di piacere

Nella sala una donna: Emma Sterzi vestita di un nulla di seta trasparente; solo i bordi di velluto davano consistenza a quel velo color fumo che si adagiava in mille pieghe sulla pelle densa di curve allettanti. Era una giovane signora, trentacinquenne, piccola e formosetta, dai capelli color del grano e le guance di rosa.
Così la vide Luciana quando fu introdotta in casa dalla signora. La ragazza si sentiva inghiottita nella smisurata stanza. E non è che lei fosse tanto piccola. Era alta di statura, nel fiore dei suoi diciotto anni, con il corpo modellato da tanto sport.
Emma la invitò ad avvicinarsi. Dolcemente, ma con fondo imperioso, minaccioso nella voce.
* Ti sei fatta aspettare, mia cara! – esclamò e sottolineò l’ultima parola quasi a voler far capire che la stessa aveva un significato opposto.
* Non sarei dovuta venire, – rispose in un fiato Luciana. – Ma è stato più forte di me. –
* Lo immagino, – assentì Emma. – Comunque sei venuta. Ma non mi chiedi perchè ti ho fatto venire? – Ogni tono di cordialità era sparito nella voce della donna.
* No! Lo saprò anche troppo presto, perchè ormai so che non si tratta di niente di bello. –
* Mmmm… , questo dipende dal punto di vista. Dal mio si. Ed è l’unico che conti. –
Poichè la ragazza non accennava a ribattere, la donna continuò.
* Per cominciare devi denudarti. –
Attese per assaporare meglio il pallore che sbiancava le gote di Luciana. Poi aggiunse:
* Completamente! Solo allora potrai avere l’alto onore di servirmi e di soddisfare i miei capricci. –
Le parole si adagiarono nell’intimo di Luciana per poi ritornare orribilmente vive alla superficie. Sentimenti strani salivano con loro e le sorpassavano. E dall’alto sensazioni indistinte scendevano ad annegarsi verso il fondo.
Senza una parola Luciana cominciò a spogliarsi, sotto gli sguardi avidi della donna. Si levò il vestito dal capo scoprendo per prime le colonne delle gambe ben tornite, sode, non coperte da calze, in tutto lo splendore della loro levigatezza ambrata. La gonna restò un momento impigliata sui fianchi generosi della ragazza che per liberarsene agitò il ventre. Nell’ondeggiamento, la pesante protuberanza della fica sembrava invitare Emma ai piaceri che le mutandine di cotone bianco, strette sulla carne tanto da presentare un incavo sulla vagina, non potevano certamente impedire.
* Ferma così! – risuonò secca la voce della donna.
Quando ebbe fatto i suoi comodi toccando, stringendo, palpeggiando, Emma le permise di continuare a spogliarsi.
Il vestito si alzò ancora, mettendo a nudo l’ombelico rotondo, mentre infine l’indumento superava la bruna testa e finiva afflosciato sul pavimento.
* Completamente, ti ho detto! – ricordò con tono beffardo Emma notando l’esitazione di Luciana.
Questa, a malincuore, si rassegnò ad eseguire. Liberato dal reggipetto il seno apparve marmoreo, incappucciato dal bruno delle areole e con dei capezzoli molto piccoli. Emma deglutì dal desiderio, ma si trattenne. Ora, fu la volta delle mutandine a scoprire il vello ricco e caldo, talmente folto da sembrare un boschetto selvaggio. La forte protuberanza della vagina lo faceva risaltare ancora di più.
La mano adunca della femmina si mosse, quasi fosse dotata di vita autonoma, e si sprofondò in quella selva di peli, li afferrò con voluttà ignorando il male che infliggeva e strinse, torse e tirò fino a quando ebbe la soddisfazione di sentire un lamento percorrere tutta la stanza.
* Stai zitta e ferma! Non dimenticare che al peggio non c’è mai fine. –
Luciana annuì, incapace di aprire bocca. Se l’avesse fatto un urlo si sarebbe liberato dai denti serrati. Con metodo Emma continuò a ricavare il proprio godimento torturandole il pube e ammirando gli effetti del dolore che procurava dipingersi sempre più forte sul viso stravolto della ragazza.
Prima di lasciarla, quale tocco finale, con l’altra mano arrivò a un capezzolo e lo pizzicò con forza.
* Adesso, forse, ti legherò e ti fustigherò. Scosta quel tendaggio! – le disse indicando con la mano un drappo di damasco color porpora scura.
La ragazza si avvicinò, sembrò esitare un po’ mentre cercava il cordone, quando l’ebbe trovato, lo tirò portando alla luce un vano dove pendevano un paio di catene fino a una certa altezza. Quasi non bastasse, in un angolo, in una specie di portaombrelli, erano radunate fruste, scudisci, staffili, mazze e bastoni flessibili.
* No, non può essere possibile! – si lasciò sfuggire tremante la ragazza.
* Te ne accorgerai se è o non è possibile! – ribattè con sarcastico sadismo la donna.
* Ma perchè… perchè? – chiese Luciana giungendo le mani e ritornando nuda verso l’aguzzina col bel viso percorso da lacrime – Che male vi ho fatto? –
* Ci mancherebbe anche che tu mi avessi fatto del male – rise Emma. Poi continuò con aria didattica, come una insegnante che spiegasse, per la centesima volta, la stessa regola a una bambina un po’ tonta.
* Nella vita bisogna pagare ogni cosa che si vuole ottenere. Adesso tu vuoi ottenere da me e da mio marito il silenzio che garantisca te e la tua famiglia dal disonore e dalla prigione, e lo paghi così. è il prezzo che paghi in anticipo per poter ottenere quello che vuoi. –
Nell’ascoltare questo discorso pazzesco, la ragazza cominciò a singhiozzare, il pallido volto si rigò di lacrime cocenti e ad un tratto protesse le mani verso la donna seduta sul divano, simili a un vassoio dove veniva offerto il suo sacrificio.
* è la sua ultima parola? – chiese con un esilissimo filo di voce.
* Si. – fu la laconica risposta.
La massa dei capelli neri ricadde in avanti seguendo il movimento del capo che si piegava e un esile sospiro li fece ondeggiare lievemente. La donna si sentiva appagata da tanta bellezza offerta, indifesa e reagì sferrandole un calcio nel fianco che la fece rotolare per terra.
* Non credere di essere venuta qui per riposare! – ringhiò. – Sei qui per servirmi. Ho l’impressione che tu non sia tanto robusta quanto sembri, – aggiunse. – Non vorrei che dopo una buona dose di frustate, tu, non fossi più in grado di farmi godere come voglio io. –
Luciana si era rialzata e risaltava come una macchia pallida contro la luce calda che indorava la stanza. Non riusciva più a stare eretta. Era un giunco tenuto piegato dalle orribili prospettive che le incombevano addosso.
* Avvicinati ginocchioni! – secco suonò il comando di Emma, secco come una delle frustate che aveva promesso.
Tremante la ragazza affondò le ginocchia nel folto tappeto e con incedere incerto si approssimò alla donna. Appena le fu vicino, l’aguzzina le poggiò le piante dei piedi contro le mammelle e la forzò all’indietro; quando fu ben inarcata, ritirò una gamba per farla nuovamente scattare in avanti con un colpo secco. L’alluce affondò nello stomaco della fanciulla, penetrandovi profondamente. Con un singhiozzo mozzo, Luciana sobbalzò come se fosse stata attraversata da una scarica elettrica. Un dolore sordo le viaggiò per tutto il corpo a scosse intermittenti, più o meno acute, ma sempre violente.
* Non dormire, ti ho detto! – la voce di Emma le giunse da ignote profondità beffarda e imperiosa.
* Non sei curiosa di scoprire cosa ti riservo, piccola mia? – continuò la femmina. – Come? Io mi do tanto da fare perchè tu ti diverta, perchè tu possa provare nuove sensazioni sconosciute e tu mi ripaghi con l’indifferenza? –
La donna si era alzata dal divano e si era messa alle sue spalle. Impaurita Luciana non osava parlare sperando di non irritare maggiormente la sua aguzzina, ma questa insisteva e continuava a colpirla con piccoli calci.
* Dunque non rispondi? Confermi così, la tua indifferenza nei riguardi miei e degli sforzi che faccio per compiacerti? Stando così le cose, il male che ti capiterà te lo sarai fortemente voluto e dovrai ringraziare solo te stessa. –
Con una ginocchiata la rovesciò prona, si chinò ad afferrarle le caviglie e poi cominciò a trascinarla verso quel vano che nascondeva catene e fruste, e che era rimasto scoperto
* Bene, bene, – mormorava trascinandola, – se è questo quello che vuoi, l’avrai. –
Mezza soffocata dalla folta pelliccia del tappeto, con il petto irritato dallo strusciamento, la ragazza si lasciava trascinare passivamente, non riuscendo a immaginare quali supplizi avrebbe dovuto sopportare.
* Eccoci giunte! – annunciò trionfante la donna. – Ancora un piccolo sforzo e siamo a posto. –
Non spiegò di quale sforzo si trattasse, ma cominciò a trafficare con qualcosa che era piegato in un angolo del vano. Guardando in tralice, Luciana credette di distinguere una specie di vasca di tela impermeabile che si poteva montare con un sistema di tubi di acciaio e di legacci. Quando fu pronta, Emma ve la fece scivolare dentro, poi strinse una caviglia della fanciulla in una manetta che pendeva da una dalle catene. Ve la fissò con calma e poi ripetè l’operazione con l’altra gamba, quindi le bloccò le mani dietro la schiena con un altro paio di manette, infine azionando una carrucola la issò.
Ora, Luciana si trovava con le gambe divaricate per aria, la fica contro il freddo della parete e il peso del corpo in trazione, sostenuto dal seno e dalle spalle. Le braccia bloccate dietro la schiena non potevano esserle di alcun aiuto.
* Io ti sono vera amica e, nonostante la tua indifferenza, voglio aiutarti. – parlò la donna alle sue spalle. -Ti ho promesso di aiutarti a sgelarti e lo farò. Rispetterò addirittura i tuoi sciocchi principi riguardo al bere. Vedi quanto sono buona? Ho dovuto spremermi le meningi per scovare qualcosa di adatto a te. –
La ragazza si sentiva pervasa dal terrore. Della presunta bontà della donna non si fidava affato. La sentì allontanarsi e ritornare dopo un po’. Capì che doveva prepararsi a qualche tortura. Ma quale? Era inutile scervellarsi tanto, l’avrebbe saputo anche troppo presto.
* A noi due, piccola! – sentì la voce che parlava e, contemporaneamente, una mano che tranquillamente la palpava in mezzo alle gambe.
* Ti assicuro che sarai entusiasta della mia piccola trovata. –
Continuò ancora un po’ a frugarla spudoratamente nell’intimità come se fosse stata una bestia. Luciana era avvampata dalla vergogna e dall’orrore, mentre sentiva che le palpeggiava i bordi della fessura, che provava la consistenza del clitoride fino a provocarne l’indurimento. Un dito entrò nella fica, provocandole una fitta di dolore che le attraversò il cervello. Mugolò e percepì l’intruso che scivolava dentro fino a toccarle il velo dell’imene ancora intatto, ne saggiò la consistenza facendola gemere vergognosa e sconfitta. Quando alla fine la donna fu soddisfatta delle esplorazioni, le dette un paio di pacche sulle natiche esposte.
* è tempo di passare a cose serie. – le annunciò. – Prima finisco e prima può cominciare il divertimento. Non è vero? –
La fanciulla registrò nello spazio bianco della propria paura le annotazioni dell’incubo sempre più vicino.
* Ecco quà, – risuonò la voce alle sue spalle, mentre sentiva che le allargava le natiche con una mano e qualcosa di freddo e rigido le penetrava, allargandoglielo il foro dell’ano. Sobbalzò, sbattendo contro la parete e mugolando come impazzita, ma non potè evitare la profanazione del suo buchetto vergine.
* Hai bisogno di scaldarti un po’ per vincere la timidezza. Però sei astemia e non posso liberarti dalle inibizioni facendoti bere. Un problema difficile, non è vero? Ma io l’ho risolto. Prova a indovinare come… –
Una mano che le stringeva i peli del pube, provvisoriamente senza farle male, fece capire a Luciana che non poteva esimersi dal rispondere.
* Nnn…. Nnon ne ho la più… ppallida idea! – riuscì a mormorare con voce soffocata, dolorante per la penosa posizione, mentre con fitte sempre più dolorose sentiva avanzare nel suo retto quell’oggetto estraneo che la donna le aveva infilato viziosamente.
* Semplice, – rise l’altra, – geniale, come tutte le mie idee. Con un serviziale. Si, mi hai capito bene. Ti faccio un clistere di liquore. –
In quel momento la ragazza si rese conto che quel corpo estraneo che le forzava dolorosamente lo sfintere doveva essere una cannula o qualche aggeggio del genere, attraverso il quale la sua aguzzina si accingeva a farle subire un clisma. Aveva sempre detestato quel genere di cose. Il solo clistere che aveva dovuto subire in tutta la sua vita glielo aveva somministrato sua madre, all’età di tredici anni, per ordine del medico. Era stata una cosa umiliante e terribilmente dolorosa. Però, pensò, in fin dei conti si era aspettata qualcosa di peggio. Sempre meglio un clistere delle frustate.
* Che preferisci? – incalzò la donna beffardamente. – Dillo senza complimenti. Il mio bar è ben fornito e mi piace che i miei ospiti siano soddisfatti. Perciò non fare complimenti. Scegli a tuo piacere. –
In quel momento, la ragazza si rese conto che la proposta della donna non era così benevola come aveva supposto a prima vista. Senz’altro l’alcool le avrebbe scottato i tessuti interni e il bruciore sarebbe stato terribile. Una tortura interna che non avrebbe lasciato segni apparenti, ma che l’avrebbe fatta soffrire dannatamente.
* Nooooo…. – mormorò.
Sembrava che la Sterzi aspettasse proprio quel “no” per incominciare. Comincio a versare un liquido nell’imbuto che stava collegato al tubo che fuorisciva tra le natiche della ragazza. Luciana sentì un gorgoglio e poi qualcosa di tiepido si fece strada, scendendo dentro di lei. La prima sensazione non fu spiacevole: un senso di pienezza, un caldo che si plasmava docile nei meandri dell’intestino.
* Tanto per cominciare, un po’ di vodka a 42 gradi e subito dopo, del rhum originale della Giamaica che lo supera solo di cinque gradi, – annunciava intanto Emma, con voce incolore. – Ora una bella dose di alcool etilico per far liquori. Un gioiellino sentirai, 85 gradi! Servirà ad aprire la strada alla Fiamma del Don, 90 gradi abbondanti, e abbonderà anche la dose che ti verserò dentro il culo. –
Un bruciore intenso cominciava a pervadere il corpo di Luciana, a mano a mano che le pareti del suo intestino si permeavano di alcool. A questo si aggiungevano i crampi che le provocava la pancia ormai gonfia che le tendeva la pelle del ventre, mentre il liquido si riversava in continuazione dentro di lei.
Ad un tratto fu come se una scudisciata rovente la colpisse all’improvviso. Era come se due mani di fuoco le avessero afferrato le budella e gliele stessero strappando violentemente. Urlò a squarciagola la sua agonia. Le pareva che, subito dopo essere state lacerate, le budella venissero ricucite da un ago incandescente con un filo di fiamma, per essere immediatamente dopo ristracciate e suturate ancora. In continuazione. Alternativamente. Squarciamenti e ricuciture si susseguivano a ritmo sempre più elevato, portandola al parossismo del dolore.
Non riusciva nemmeno più a urlare talmente il dolore era paralizzante. Non ne era capace. Gli spasmi le giungevano fino alla gola e lì si intasavano cercando di farsi strada l’uno con l’altro, ottenendo unicamente che, dalla bocca spalancata, uscisse un guaito che non aveva nulla di umano. Le contrazioni impazzite dell’intestino fecero fuoriuscire il clisma dallo sfintere che, con pulsazioni bestiali, cominciò a tracimare un liquido che era un unica mescolanza di quanto Emma le aveva versato dentro, unito con tutti i succhi strappati alle budella. La massa vischiosa gorgogliò ribollente e poi cominciò a scendere in rigagnoli lungo il corpo della malcapitata.
Il male atroce costringeva Luciana a piroettare su se stessa per quanto glielo permettevano le catene e, dato che si trovava a testa in giù, il ventre, le cosce e il sedere roteavano all’altezza degli occhi di Emma, che si deliziava di quei movimenti, che mimavano la convulsa agitazione di un orgasmo.
* Brava, brava! – ansimava la donna con il volto in fiamme toccandosi voluttuosamente fra le gambe. – Riesci a godere in tutte le posizioni e in qualsiasi circostanza, tu… –
Luciana mugolava dal dolore. Agonizzava e, nel sentirsi sporcare dai rivoletti tiepidi che le scendevano giù per il corpo, si sentiva morire di vergogna, mentre il suo ano continuava a eruttare una lava di colore dubbio, di tinta opaca.
* Quanto sei sporca! – commentava sadicamente la donna che continuava a toccarsi freneticamente. – Non hai ancora finito di smerdarti? Sudicia sozzona! –
Nel vedere le lacrime raggrumarsi negli occhi della fanciulla, prima di scendere sulla fronte madida, Emma ebbe un sussulto rabbioso che le strappò il piacere dal fondo del suo essere, facendolo fiottare vorticoso sulle dita. Restò senza fiato per un lungo momento, finchè gli spasmi dell’orgasmo si appannarono lievemente, poi passò la mano bagnata dei suoi succhi sulla bocca di Luciana obbligandola a succhiare.
La ragazza non capiva più nulla. Percepiva ormai solo vagamente il dolore al ventre e non le importava più nemmeno tanto della diarrea che le martoriava l’intestino e le lordava il corpo. Si era quietata.
* Che ti succede? – la interrogò Emma meravigliata, notando il rilassamento della ragazza.
* è…. è tutto così buffo… –
* Si? …. Mmmm…. Devi essere ubriaca. Sono contenta per te, ma non credere che finisca qui, mia cara, – sbottò la donna. – Mi hai appestata la casa con le tue puzze. Ora devi sbrigarti a pulirti e a far cambiare aria. –
* E…. ccome? – ribattè la ragazza con aria svagata, leggermente inebetita, tipica dell’ubriaco.
Era ubriaca, Luciana, ma era lo stesso ben conscia di quello che le era stato fatto e dentro di se provava un senso di schifo misto a una leggera sensazione di appagamento.
Finalmente anche a Emma fu chiaro che la ragazza era partita. Scrollò la testa e si affrettò a scioglierla. Volle però togliersi l’ultimo piacere sadico. La sganciò di colpo in modo che precipitasse pesantemente sul fondo della vasca. Il botto risuonò secco e Luciana restò immobile, come morta, ma con un risolino idiota stampato sulla bocca.
* Questa è partita. Non val la pena di giocarci! – era stata una voce maschile a parlare.
* Hai ragione, Nino! – rispose la donna. – Ma chi andava a pensare che si ubriacasse così per un clistere di liquori. –
* Ti serva di esperienza per la prossima volta! – riprese la voce dell’uomo. – Ma ora cosa facciamo? –
* Che rabbia! – commentò stizzita la donna. – Perchè è ancora tutta da godere. Non ha mai avuto un maschio. Vergine dappertutto. Mai fatto l’amore neanche con una donna! –
* Ho capito. Questa sarebbe quella Luciana Mercuzzi di cui abbiamo parlato, non è vero? –
* Esattamente. –
* In questo caso la storia cambia. –
* Credi? –
* Ne sono sicuro. Vedrai che lavoretto ti combino io! – rise l’uomo tutto ringalluzzito. – Dammi una mano –
In silenzio tutti e due sollevarono il corpo della ragazza, le tolsero le manette dai polsi e le sfilarono la cannula dal culo, la ripulirono in tutto il corpo con delle salviette inbevute, l’asciugarono e quindi la depositarono sul divano. Il corpo di Luciana, una volta ripulito, fu percorso per ogni dove, nessun meato rimase inesplorato. La bocca fu inumidita dalle salive dei due, che poi scesero a dividersi fraternamente le mammelle e, senza una sola stonatura, raggiunsero avidi la fica e l’ano. Le mani erano dappertutto contemporaneamente a vezzeggiare, a massaggiare, a impastare, a premere, a torcere, ad accarezzare…
All’improvviso Luciana aprì gli occhi e si vide davanti uno sconosciuto non più giovane, ma ben prestante, in cui riconobbe il marito di Emma. Era nudo. E anche lei era nuda. Ed erano soli. Cosa dire? Cosa fare?
* Coraggio! – le disse l’uomo, porgendole un bicchierino. – Bevi questo. Chiodo schiaccia chiodo. Non c’è niente che rischiari la mente e rimetta a posto lo stomaco dopo una sbronza, quanto il riberci sopra. –
Automaticamente la fanciulla afferrò il bicchierino e lo svuotò. Un bruciore le attraversò la gola e si adagiò nello stomaco. Però l’uomo aveva ragione. Il nuovo fuoco aveva spento l’altro.
* Come mai sono qui? – chiese intontita.
* Non ricordi nulla? – rispose l’uomo sorridendo e guardandola negli occhi.
Ecco, il cervello aveva ripreso a funzionare. A brani, la verità, la lurida realtà ritornava alla luce, rischiarata da vampate di rossore. Cercò disperatamente di rialzarsi e scappar via prima che tornasse la donna, prima che succedesse chissà che cosa ancora. Ma le ginocchia la tradirono e ripiombò sul divano, svuotata.
* Non aver fretta di lasciarci! – le diceva benevolmente l’uomo. – I postumi di un’ubriacatura hanno bisogno di tempo prima di sparire, inoltre tu sei particolarmente debole, dopo tutti gli orgasmi che hai avuto. –
* O… Orgasmi? …. Io? –
* Già, per farti tornare in te, abbiamo pensato che non c’era niente di meglio che risvegliarti attraverso il richiamo dei sensi e…. ti abbiamo fatta godere. –
* Ccome…. voi…. io? –
* Si, – assentì l’uomo. – Con le nostre mani, è il caso di dirlo, ma anche con la bocca. –
* Ma come…. perchè? …. Non capisco… –
* Non preoccuparti! Capirai fra poco. –
Sempre sorridendo, l’uomo si rialzò, allungò la braccia e trasse a se la ragazza con delicatezza. Quando questa gli fu vicino e ritta, le alzò le braccia. Qualcuno alle spalle della ragazza le infilò i polsi in un cappio e tirò. Luciana sentì tutte le membra stirarsi. Voleva alzare il capo per vedere, ma un capogiro la riprese.
* Ecco fatto! – risuonò la voce di Emma. – La corda è tirata e ben fissata. O debbo tenderla di più? –
* No, – le rispose il marito. – Sarebbe sciocco diminuire il nostro godimento per il piacere di farla soffrire un pochino di più. Lasciala così, che possa reggersi tranquillamente sui piedi, potrà apprezzare meglio il trattamento che le abbiamo riservato. –
I due si allontanarono dalla giovane e si sedettero sul divano. I loro corpi nudi si intrecciarono e cominciarono serenamente a pomiciare sotto gli occhi stupiti e increduli di Luciana. Ma se credeva che si fossero dimenticati di lei si sbagliava.
Dopo che si furono eccitati a lungo, si sciolsero e le si rivolsero, anzi, per l’esattezza fu il marito che parlò.
* Penso sia mio dovere di ospite spiegarti qual’è il programma dei festeggiamenti. Infatti abbiamo deciso di… farti la festa. – fece una pausa per permettere che la ragazza afferrasse bene il concetto e ne realizzasse appieno la portata. – Fra poco, cara fanciulla, perderai il tuo pulzellaggio! –
Si afferrò il membro, che dopo la pomiciata aveva assunto proporzioni ragguardevoli, con la lucida cappella arrossata che sormontava un tronco massiccio e scolpito di vene turgide.
* Lo vedi? – continuò. – Sarà questo il cazzo che ti sfonderà. Guardalo bene, perchè fra poco non lo vedrai più, anche se in compenso lo sentirai. Eccome se lo sentirai, tutto dentro di te. –
Anche la donna credette opportuno intervenire e, soppesando il membro del marito, aggiunse:
* Questo sarà il tuo padrone. Il primo vero padrone della tua vita e per sempre ne porterai in te il suo marchio. Per quanto tu possa vivere, sarai sempre condizionata da questo cazzo che per la prima volta ti ha penetrata. E contro la tua volontà. In maniera brutale. Perchè sarà così che ti possiederà e tu non potrai far niente per difenderti, legata come sei. –
* Già, sarà proprio così! – riprese il marito, pacatamente, come se parlasse di un qualunque avvenimento mondano. – Generalmente una femmina si sdraia, magari con un cuscino sotto, per aprirsi meglio, per essere più rilassata, in una parola per soffrire meno quando viene impalata per la prima volta. Nel tuo caso, invece, questo non avverrà. Resterai ritta e, per di più con i muscoli addominali contratti per la paura. E più contratti saranno, e più forte sentirai il male. –
* Il bello è che tu lo saprai! – interruppe la Sterzi. – Ma non potrai farci niente. Ti sforzerai di rilassarti per sentire meno dolore, ma la paura di non farcela, aggiunta alla vergogna di farti prendere così e, perchè no, anche la rabbia, ti costringerà a irrigidirti. Così la sofferenza che sentirai sarà tremenda. Ti sentirai sfondare centimetro per centimetro. Senza contare la repulsa che proverai e, sorpresa sorpresa, un piccolo scherzetto che ho in serbo per te. –
Il quadro della situazione era chiaro, lampante, già dentro di se Luciana sentiva i muscoli irrigidirsi al solo pensare quello che stava per capitarle. Sentiva l’utero contrarsi, lo sfintere serrarsi talmente che nemmeno il classico ago sarebbe riuscito a passare, le piccole labbra della vagina erano cucite col filo del terrore e persino le grandi labbra manifestavano la loro paura richiudendosi su se stesse.
Luciana credette di svenire, le ginocchia le si piegarono sotto. Si lasciò andare, ma il peso del corpo gravò sui polsi legati in alto e una fitta dolorosissima la richiamò in se. Mordendosi le labbra si rimise in posizione verticale. Respirò profondamente, passò lo sguardo implorante dall’uno all’altra e poi disse:
* Penso che chiedervi di non farlo, non serva a niente, vero? –
* Mah! … non si sa mai, – obiettò l’uomo. – dipende da quello che ci offri in cambio. –
* Io…. soldi non ne ho… –
* E anche se ne avessi, – l’interruppe la Sterzi, – non ci interesserebbero. –
* Potrei promettervi… di venire qui regolarmente per farmi sculacciare. –
* Troppo poco per controbilanciare. –
* Ma… Se proprio volete mi lascerò sverginare… anche adesso, – proruppe affannata la ragazza, nel disperato tentativo di allontanare il male peggiore. – Mi lascerò…. anche sodomizzare… purchè facciate tutto senza violenza. Io collaborerò, lo prometto. –
* Cominciamo ad essere sulla buona strada! – ammise l’uomo. – Ma siamo ancora lontani. –
* Ma percheee? … Al posto del piacere di violentarmi, avrete quello della mia collaborazione, inoltre farete meno fatica anche voi e, per finire, ritornerò qui altre volte e sarò sempre a vostra completa disposizione. Non vi basta? –
Emma non aveva alcuna intenzione di recedere, ma le piaceva che la ragazza si umiliasse così, che fosse lei a chiedere di essere presa davanti e… dietro. Quelle parole erano musica per le sue orecchie, specialmente pensando che fino a un minuto prima la ragazza moriva dalla vergogna e dal disgusto al pensiero di dover soggiacere all’amplesso con entrambi.
* Prova a spingerti un pochino più avanti con le tue proposte, – la invogliò, – chissà che non riusciamo a trovare un compromesso. –
* Mi farò prendere… – cercò affannosamente di escogitare qualcosa la fanciulla, – … anche da tutte e due contemporaneamente… non appena mi sarò abituata a essere penetrata. –
Il seno si alzava e si abbassava affannosamente sotto l’impulso del respiro rotto dall’ansia, dalla paura e dalla speranza. Tesa in avanti, come se volesse precipitarsi ai piedi dei propri aguzzini, con le mani legate in alto, sembrava un fiore di carne palpitante. Era una farfalla impigliata, trafitta, che fremeva i suoi ultimi palpiti di innocenza e spensierata bellezza.
* Ma guarda! , – commentò con un sorriso la Sterzi. – E dimmi, da chi vorresti cominciare? Da me o da mio marito? E preferisci farti rompere prima davanti o prima dietro? –
Qui l’esca dell’amo era evidente. Luciana la vide luccicare distintamente in tutta la sua brillante, mortale nudità. La scelta dell’uno o dell’altro sarebbe stato, indifferentemente, il pretesto per nuove accuse e per nuove recriminazioni. Cominciò a boccheggiare, cercando di far entrare nei polmoni quell’aria di cui aveva bisogno, ma che, dopo la pericolosa domanda, si rifiutava di entrare in gola.
Scegliere la donna come sverginatrice, oltre a sembrare di disprezzare la mascolinità del marito, avrebbe voluto anche dire una sofferenza inenarrabile, perchè il fallo artificiale, insensibile, sarebbe stato manovrato con cattiveria, alla ricerca del maltrattamento più feroce, con il tipico sadismo che la Sterzi aveva ampiamente dimostrato di possedere. Davanti però c’era l’imene da rompere, mentre invece dietro non le sembravano esserci problemi così complicati. Chissà se prenderlo nel didietro era poi così tanto doloroso, si chiese angosciata.
Scegliere il marito, sarebbe stato proprio quello che Emma desiderava per scatenarsi, fingendosi umiliata per essere stata posposta all’uomo. Tutte le occasioni sarebbero state buone per fargliela pagare, e salata anche. E c’era il vantaggio che il membro dell’uomo era più adatto per una operazione del genere. Nino le faceva meno paura della moglie, non credeva che potesse comportarsi da carogna tanto quanto la femmina.
Cambiare i termini e scegliere l’uomo come defloratore del suo culo però poteva voler significare una sofferenza atroce. Avrebbe potuto dire che sceglieva Emma per essere inculata, come segno di grande sottomissione, ma sentiva che la donna avrebbe potuto anche rovinarla dietro con un fallo finto…
* Insomma, ti decidi o no? – intervenne la Sterzi che non vedeva l’ora che le lacrime, che vedeva urgere negli occhi della fanciulla, scaturissero per suo maggior piacere.
Luciana pensava vorticosamente. Una soluzione doveva ben esserci! Le sembrava persino di averla sfiorata nei suoi giri di pensiero. Disperatamente cercava di concentrarsi per riannodare il filo interrotto, il tenue filo della speranza.
* … Desidererei prenderlo prima… nel didietro. – cercò di svicolare la ragazza.
* E perchè? – s’incuriosì l’uomo.
* Per… per abituarmi all’idea… per cominciare a sentire… cosa vuol dire prendere in corpo un membro. –
* Allora vuoi che sia io a incularti? – domandò Nino equivocando sulla parola “membro”.
* Non ho detto quello! – si affrettò a dire la fanciulla.
* Allora sono io quella che desideri te lo metta nel sedere? – intervenne la Sterzi.
* Veramente… non ho detto nemmeno questo! – Luciana boccheggiava, non sapendo più che dire.
* Spicciati, deciditi! – replicò secca Emma. – Non c’è mica tanta scelta! O me o lui. O davanti o dietro! Spero non vorrai farci stare qui in eterno ad aspettare che sua eccellenza si decida! –
Il cervello girava a vuoto, la paura le aveva prosciugato le meningi e il palato.
* … Nnon lo so… io penso che… Oh! per favore non fatemi del male, vi prego! –
* Abbiamo ascoltato le tue proposte, – la interruppe la Sterzi, – e ti assicuro che ci ha divertito sentire con quanta ansia desideri prostituirti, abbassarti, umiliarti, pur di evitare quel bel giochino che abbiamo organizzato per festeggiarti. Spiacente mia cara, ma le tue proposte sono respinte, tutte e in blocco. –
Luciana si era abbassata, avvilita, prostituita per cercare di salvarsi, o almeno per far si di avere il minor danno possibile e loro si divertivano a scaricarla, a ributtarla in tutto l’orrore della sua situazione.
* Vi prego… vi scongiuro… vi supplico non fatemi del male! … –
* Ma noi siamo stati bravi. Su questo devi convenire. Ti abbiamo lasciato la scelta delle proposte e tu sei stata libera di farlo… Sfortunatamente nessuna è di nostro gradimento, ragion per cui abbiamo dovuto respingerle. Luciana, povera Luciana, sei proprio sfortunata! –
La ragazza si sentì sprofondare nel baratro dell’orrore più nero. Cosa le avrebbero fatto adesso quei mostri assetati non di sangue, ma di sesso e di violenza? Perchè non la lasciavano in pace? Un alito di pianto increspò le labbra secche di Luciana, ma non una parola le uscì dalla bocca.
Quasi dimentica della vittima, Emma si alzò e andò a prendere qualcosa in un tavolino basso che stava in un angolo della stanza. Ritornò sistemandosi attorno ai fianchi le stringhe che reggevano un cazzo artificiale di colore nero che adesso le svettava minaccioso dal ventre. Luciana strabuzzò gli occhi e inorridì. Quel coso era più grosso del pene dell’uomo che intendeva deflorarla, lo superava in lunghezza e in grossezza. Si sentì perduta. Dovunque le fosse entrato e nutriva forti dubbi che quel coso potesse entrare da qualche parte, era certa che l’avrebbe mandata all’ospedale. La volevano spaccare a meta? !
* Sei pronta bambina? – rise Nino rivolgendosi alla ragazza legata e terrorizzata e, dando una manata sonora sulle chiappe della moglie, gliela spinse contro.
* Lo senti? – le chiese la Sterzi, appoggiandosi ventre contro ventre in modo che il mostruoso fallo di l FINE

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Luce bassa, notte fonda, qualche rumore in strada, sono davanti al pc pronto a scrivere il mio racconto erotico. L'immaginazione parte e così anche le dita sulla tastiera. Digita, digita e così viene fuori il racconto, erotico, sexy e colorato dalla tua mente.

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