Si, è accaduto. E me ne vergogno profondamente. Ma se qualcuno avrà la pietà di non condannarmi subito, gli vorrei raccontare ciò che è realmente successo.
Qualche sera fa ero in piccolo bar nella parte vecchia della città, classico bar fumoso adatto a bere, giocare a carte e piangersi addosso. Tutto ha avuto inizio quando è entrata una ragazza. Sulle prime, mi è sembrata la classica moretta del tipo ‘non gli direi di nò. Si è seduta ad un tavolino vicino al mio ed ha ordinato un caffè. Facendo finta di guardare il tabellone dei prezzi ho cominciato ad osservarla. Vi prego di lasciarmela descrivere, perché di ragazze così ne ho viste veramente poche in vita mia. Il corpo era ben modellato, il seno non troppo grande ma sodo, il viso ben fatto, molto espressivo, due grandi occhi verdi, con un delizioso nasino e due provocanti labbra rosse. Ma non era questo che mi aveva affascinato. Era il suo modo di fare, così delicato e femminile, il suo modo di muoversi, la sensualità dei suoi gesti. Ad un certo punto si voltò verso di me, ed accortasi che la osservavo, mi fece uno di quei classici sorrisi di convenienza che si fanno in queste situazioni. Io risposi accennando a mia volta un timido sorriso, e mi misi a fissare il contenuto del mio bicchiere. Sapevo che ora non sarei più riuscito a guardare nella sua direzione, per evitare di incrociare nuovamente il suo sguardo. Ed invece, improvvisamente, si alzò e venne verso di me. “Scusa, ti spiace se mi siedo al tuo tavolo” mi chiese. Quasi a voler completare la grazia della sua figura, la voce si rivelò calda e morbida. “Prego, prego, siediti” risposi subito. “Beh, ciao, io mi chiamo Monica. Scusa se sono stata così sfacciata, ma visto che sono sola, e che mi sembra che anche tu lo sia, ho pensato che magari potevamo parlare un po’”. Rimasi alquanto allibito perché una cosa del genere non mi era mai successa. Comunque cominciammo a conversare delle solite cose di cui si parla appena conosciuti. Mi accorsi subito che aveva un effetto devastante su di me. Ero completamente rapito dal suo sguardo e dalla sua voce. Ma purtroppo, come la maggior parte delle cose che ci appaiono troppo belle, anche questa stava per finire. “Mi dispiace, ma ora devo proprio andare” mi disse alla fine. “Posso accompagnati alla fermata dell’autobus ? ” le chiesi. “Si, certo”. Per la strada continuammo a parlare, ed osservandola nella sua interezza, notai ancor più il suo corpo. Era da molto che non avevo rapporti intimi e quel corpo mi turbava. Non so perché lo feci, io sono fondamentalmente un timido, ma lentamente le passai il braccio dietro la schiena, all’altezza della vita. Lei si limitò a sorridere, continuando a parlare. Ciò mi incoraggiò. E purtroppo feci ciò che non avrei dovuto. La mia mano scivolò più in basso mentre la gola mi si seccava per l’emozione. Ma a questo punto lei si fermò di colpo, si girò di scatto allontanandomi e fissandomi duramente urlò “Cosa credi di fare ? “. Rimasi totalmente interdetto per alcuni secondi, incapace di reagire. Poi la tragedia. Un insieme di emozioni contraddittorie mi scuotevano l’animo. Estrassi il coltello, l’afferrai tappandole la bocca e la trascinai in un vicolo. Ero fuori di me. Sentivo il suo esile corpo dimenarsi e gemere, ma ora, per nessun motivo, l’avrei lasciata andare, volevo soddisfacesse i miei desideri. Mi aprii i pantaloni. Prendendola per i capelli e puntandole il coltello alla gola la feci inginocchiare di fronte a me. Non parlavo, ansimavo di paura e di eccitazione per ciò che stava accadendo. Lei tremava, ma aprì la bocca ed il mio pene scivolò tra le sue labbra. La guardavo mentre la sua testa, ritmicamente, si avvicinava ed allontanava dal mio corpo. Sentivo il tepore e la languidità di quella bocca avvolgere completamente l’oggetto della sua tortura. Ogni tanto sollevava lo sguardo, incrociando il mio, quasi volesse impietosirmi. Ma ormai non capivo più nulla, e continuai a fissare quella scena, finché chiusi gli occhi e mi lasciai andare al piacere. Dopo qualche secondo divenni conscio di cosa avevo realmente fatto. Aprii gli occhi e vidi i suoi che mi fissavano. Provai una fortissima stretta allo stomaco. Non sapevo cosa fare, avrei voluto chiederle perdono, dirle che non sapevo cosa mi fosse successo, ma ero sicuro che non sarebbe servito a nulla. Lasciai la presa e misi via il coltello. La vidi sputare il mio sperma. Poi, lentamente, si sollevò, i suoi occhi continuavano a fissarmi, mentre sul suo viso si disegnava un’espressione incomprensibile. Avrei voluto scomparire nel nulla, ma invece rimasi li, immobile. D’un tratto, senza alcuna spiegazione, accennò un sorriso. Le sue mani scesero fino sull’orlo della gonna e lentamente cominciarono a sollevarla. Continuava a fissarmi mentre io, inebetito, alternavo lo sguardo tra i suoi occhi e il bordo della gonna che lentamente saliva. Con un filo di voce mi ordinò di inginocchiarmi di fronte a lei. Nel momento in cui la gonna fu al limite della sua intimità, con i pollici afferrò le mutandine facendole scendere di alcuni centimetri finché, sorridendomi, scoprì un maestoso pene in erezione.
Oggi il primario ha deciso che domani mi toglieranno i punti dall’ano. Speriamo non faccia troppo male… FINE