Un gioco chiamato realtà

Quella sera, lo squadravo da lontano in mezzo all’allegra compagnia con cui arrivava, riconosciuto subito, mentre si avvicinava sempre di più.
“mi riconoscerà? gli farà piacere questa sorpresa? ” Con la complicità di un amico, lo aspettavo. I dubbi mi avevano subito abbandonata, è bastato guardarci negli occhi per capire che le parole non sarebbero servite a niente perché ne erano già state dette e scritte tante tra di noi… ci siamo subito abbracciati e baciati ed era come se l’avessi conosciuto da sempre. Al primo contatto con il suo corpo ho sentito crescere l’eccitazione. Finalmente tutta quell’attesa era terminata, era lì accanto a me e mi teneva la mano forte e stretta, come a dire che ero sua e di nessun’altra persona. Già sentivo di essere sua, di appartenergli con tutta l’anima. La serata passava allegra e spensierata tra una portata e l’altra, tra fotografie e sorrisi, per la prima volta in vita mia mi sentivo tra persone con i miei stessi gusti, con le mie stesse problematiche, mi sentivo capita fino in fondo e non giudicata come perversa. Mi sentivo come se fossi tra amici di vecchia data. Lui accanto a me… a ogni passaggio della sua mano sul mio corpo sentivo un brivido partire dal cervello fino alla punta dei piedi, una sensazione totalmente nuova che non mi lasciava spazio nella mente, ormai completamente invasa dalla sua presenza. Una sensazione che mi dava un piacere enorme ma che allo stesso tempo mi faceva un po’ paura, mi faceva sentire in soggezione. Il suo sguardo dal quale si capiva chiaramente che mi stava studiando, così intenso e così gelido allo stesso tempo, mi faceva sentire quasi in imbarazzo, faticoso da reggere.
“Non era quello che volevi? ” continuavo a domandarmi, cogliendomi in piena contraddizione. Ma mi rendevo conto voler eseguire ogni suo desiderio, di far parte del suo mondo, di essere sua, di volermi annullare completamente per lui. Parole che suonano tutt’oggi strane alle mie orecchie. Io così piena di me, così sicura nelle mie scelte durante la vita quotidiana, in balìa di un ragazzo che alla fin fine vedevo per la prima volta quella sera. Mi sentivo irresponsabile, una bambina capricciosa che a tutti i costi doveva rischiare… ma dentro sentivo forte e chiaro che non mi sarebbe successo nulla di irreparabile.
Dopo esserci divertiti tutti insieme fino alle 4 del mattino dopo, oramai molto stanchi, ci siamo guardati negli occhi e capiti al volo.
“Andiamo” mi ha detto lui, anzi era un ordine ben preciso e in men che non si dica eravamo già in automobile. E io ero già ammanettata. Direzione: casa mia. Finalmente da soli pensavo dentro di me, con la consapevolezza che il gioco stava incominciando seriamente. Eccitazione, paura, sconcerto. Mille e più emozioni invadevano il mio corpo e la mia anima e non ero più in grado di controllare niente di me. Mi piaceva quel senso di possesso che aumentava sempre di più, quelle emozioni così nuove ma così cercate e volute che finalmente prendevano forma. Arrivati a casa mi ha fatta spogliare completamente e inginocchiata mi ha fatto strisciare ai suoi piedi… mi ordinava di fare delle cose e io eseguivo al meglio, per non deluderlo e per renderlo orgoglioso della sua cagna. Perchè era questo quello che stavo diventando: la sua cagna. I suoi piedi sul mio viso, che m’impedivano di respirare bene. La sua voce così decisa e ferma, così come i suoi movimenti. Quello era il mio posto: sotto di lui, schiacciata dal suo corpo e dalla sua mente. Non avevo più pensieri miei, erano suoi anche quelli. E il mio corpo si scaldava, mi eccitavo, più ero impotente e più stavo bene. Legata al mio letto, incatenata supina arrivava il primo colpo di frusta che mi faceva saltare sentendo dolore ai polsi e alle caviglie per quanto tiravo forte cercando quasi un inutile riparo. E poi il secondo e il terzo e tanti altri. Avrei voluto dire no in certi momenti, avevo il cuore in gola e il respiro mozzato. Avevo paura e mi eccitavo allo stesso momento. Non potevo vederlo e appena tentavo di girare la testa per quanto fosse stato possibile, mi imponeva di guardare davanti a me. Ma lo vedevo ugualmente nella mia testa, mentre tenevo gli occhi chiusi, lo immaginavo mentre mi colpiva, così sicuro di sè, così fiero e così deciso. Ogni colpo, ogni livido che andava creandosi sulla mia pelle mi avvicinava a lui, mi faceva sentire parte di un mondo tutto nuovo e così sconosciuto, così intrigante e coinvolgente. Non esistevo più, mi sentivo una cosa sola con lui. Tentavo di resistere il più possibile, di superare i miei limiti sempre di più. Era il mio PADRONE, non potevo deluderlo. Era la persona che da troppo tempo stavo cercando. Le lacrime invadevano il mio viso ma non mi sono fatta scoprire e tentavo di asciugarle sulle lenzuola. Non erano lacrime di dolore, ma di piacere. Una gioia infinita, una gioia liberatoria invadeva il mio corpo e la mia mente. Un forte senso di ringraziamento nei suoi confronti.
Ad un certo punto si ferma, il silenzio intorno. Sentivo la sua mano toccare il mio sesso ormai completamente fradicio. Sussultavo e sentivo i miei primi gemiti che uscivano dalla mia gola secca a fatica. Seguivo il movimento della sua mano con il bacino, cercando disperatamente il contatto con lui. Lo sentivo lentamente accarezzarmi, mentre iniziava a slegarmi. Riprendevo fiato sdraiata sul letto ancora supina in attesa di un nuovo ordine. Avrei voluto spostarmi per cambiare posizione, perchè avevo gli arti doloranti, ma aspettavo la sua voce per farlo. Era così naturale adesso attendere un suo ordine e mai l’avrei fatto senza il suo permesso. Completamente naturale, nulla più di strano in tutto questo. Era davvero quello il mio posto, mi ci riconoscevo pienamente.
Una volta girata sentivo il suo corpo appoggiarsi lentamente su di me. E le sue carezze così dolci dalle sue mani calde e forti. Ogni suo piccolo movimento mi dava un piacere mai sentito prima. Sentivo il suo sesso iniziare a strusciarsi contro il mio e non desideravo altro che sentirlo dentro di me, lo aspettavo con tutta me stessa. Ancora una dolce nota sadica nel suo modo di agire… mi faceva salire il desiderio con quel movimento piacevolmente accattivante. A un certo momento, inaspettatamente l’ho sento scivolare dentro di me, con molta facilità, duro ma dolce, sentivo ancora una volta la sua forza, il suo bacino spingere sempre più violentemente contro il mio. L’oblìo dei sensi… completamente rapita dai suoi occhi fissi dentro i miei, che a volte dovevo stranamente distogliere per quanto mi piacevano. Mi sentivo prendere e rigirare a suo piacimento e ogni volta era una sensazione nuova, un avvicinarsi del mio orgasmo che lui prontamente bloccava, per portarmi sempre più in alto.
“Sono io che devo godere. E tu sei fatta per questo, per farmi godere. Capito troia? ” e non potevo fare altro che rispondere con l’unico filo di voce che mi usciva dalla bocca “si, padrone”.
Più volte mi portava vicino all’orgasmo per poi bloccarlo. Iniziavo a soffrirne, i miei fianchi e la mia schiena protratta completamente verso di lui, lo cercavo, lo desideravo e mi sentivo quasi esplodere quando affondava dentro di me prima piano e poi forte. Un alternarsi di movimenti che mi facevano perdere nel piacere. Un insieme di elementi che fusi dentro di me erano peggio dell’effetto di una droga. A tratti mi tappava con una mano bocca e naso impedendomi di respirare e mi guardava dritto negli occhi, leggendo l’angoscia della mia anima, il mio terrore. In quei momenti la mia vita era completamente nelle sue mani.
Mi cavalcava con tutta la sua fierezza, fin quando quasi stremata non ho più resistito. I nostri corpi sudati si mescolavano e lo leccavo per sentire il suo sapore il suo odore … e il mio piacere era ormai fuori da ogni controllo, fin quando sono esplosa. Il più forte degli orgasmi. Un brivido costante che mi attraversava più volte il corpo come una scossa elettrica, come se fosse la prima volta insieme ad un uomo.
Ormai fuori c’era la luce e vedevo chiaramente il suo viso. Distesi l’uno accanto all’altro, dopo averlo ripulito con la mia lingua partendo dai piedi fino ad arrivare alla sua testa, mi sentivo felice, rilassata. Appoggiata al suo petto sentivo il suo respiro e le sue mani che mi accarezzavano dolcemente la testa e poi il viso, un’estasi costante per me. Ero letteralmente in sua adorazione.
Ora di virtuale non c’era più niente. Quei discorsi iniziati per caso, da me cercati per una profonda insoddisfazione personale, erano un gioco chiamato REALTà.

FINE

About A luci rosse

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