Gli anni di convivenza con Manfred erano stati bellissimi e burrascosi. Ci perdevamo un’infinità
Di volte in liti sfrenate ed amplessi meravigliosi. Ormai era finita, ma ancora dopo tutti quei lunghi mesi lo desideravo con lo stesso ardore.
Volevo la sua carne sulla mia ma ormai lui apparteneva ad un’altra. Rinchiuso nel suo gretto perbenismo era diventato odioso. Mio malgrado dovevo vederlo ogni giorno seduto a quella scrivania, con la sua gelida indifferenza che mi frustrava ogni giorno sempre più.
Guardavo i suoi occhi verdi e desideravo mi spogliassero, qualcosa c’era però una recondita fiamma dell’antica passione. Quella sera avevo dimenticato in ufficio la mia borsa, tornai li di corsa e sorpresa vidi che Manfred era ancora li al suo computer intento a lavorare, non si era neanche accorto della mia presenza. In silenzio presi un foulard dalla mia borsa e lo bendai immobilizzandolo poi alla sedia. Ora era in mio potere potevo fare di lui ci che volevo.
“Chi siete, lasciatemi. Non fatemi del male. Aiuto! “,
Manfred si dimenava come un’ossesso e quella sua terrorizzata danza mi eccitava ancora di più, era convinto di essere oggetto di una rapina. Pian piano gli sbottonai la camicia, “lasciami che sei! “.
Non si trattava di certo di una rapina, l’aveva capito, ma l’idea di tradire la sua nuova puttanella lo terrorizzava. Adoravo il suo torace così forte, i suoi pettorali e quella composta peluria che esaltava la sua virilità.
Leccai i suoi capezzoli che nonostante la reticenza a lasciarsi andare, erano duri come dei piccoli membri in erezione, di sicuro lo era anche la sua enorme asta, feci scivolare le mie mani giù pian piano verso i pantaloni, ora volevo ardentemente la sua regale asta, la volevo in bocca che scendesse giù fino soffocarmi. Infatti, eccolo li che svettava fiero tra le sue gambe, lo splendido fallo per cui avevo compiuto pazzie in tutti quegli anni.
Dolcemente cominciai a leccarne la punta e poi con estrema voluttà l’affondai in gola succhiando più forte che potevo fino quasi a staccarglielo.
Manfred mi riconobbe, il mio stile era inconfondibile:
“Reika sei tu! Maledetta puttana, non ti arrendi mai” Tra noi finita te l’ho sempre detto”.
“Abbi il coraggio di dirmi di no e smetterò subito! ”
“No, non posso, non posso giocarmi tutto così per un pompino… stupendo”.
Aveva ceduto, si era lasciato andare completamente ora mi incoraggiava a succhiargli l’uccello con veemenza.
“Si così, dai troia succhialo per bene. Strappamelo”.
Le sue palle erano gonfie di piacere pronte ad esplodere, le succhiai violentemente fino a fargli male mentre con l’altra mano mi pregava di menarglielo. Ormai c’era quasi stava per arrivare, desideravo la sua sborra bollente volevo berne fino all’ultima goccia, leccai il suo ano spingendo la lingua fino quasi a penetrarlo, ed eccolo che mi pregava di avvicinare la mia bocca al suo cazzo fremente:
“Dai bella vieni, bevi la sborra bollente”.
Non l’avevo mai sentito urlare, ma quella volta lo fece, e con tale intensità che sembrava non aver mai avuto un orgasmo in vita sua, il suo succo era rancido e avidamente bevvi la sborra bollente fino all’ultima goccia.
Quel suo gemere, urlare e godere mi fece tanto eccitare che anch’io venni senza che lui neanche mi sfiorasse.
Ma non potevo, non potevo andarmene senza che lui mi avesse sfiorata, toccata e scopata sonoramente. Stranamente, fu lui a prendere l’iniziativa, divincolandosi dalla sciarpa che lo teneva legato mi afferrò e mettendomi carponi sul computer prese a scoparmi con tanta violenza da farmi male.
Ero persa completamente persa tra le sue braccia che mi tenevano avvinta toccandomi le tettone come un forsennato mentre il suo duro cazzo affondava dentro di me. Godevo, godevo a non finire, non so per quanto tempo, drogata dal suo sesso fui preda delle perversioni più assurde. E ancora che mi inculava, mi picchiava e
Più ne avevo più ne volevo, mai stanca della sua carica erotica.
Ora lo riconoscevo, riconoscevo l’uomo, l’amante che avevo sempre adorato, quello che avevo cercato nel cuore della notte per le strade della città e scopato nei posti più impensati. Lo sapevo che nonostante tutto eravamo eternamente uniti, eternamente perversi! FINE
