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Inquietudini amorose

Era un periodo non proprio felice della mia vita, tutto sembrava precipitare in un baratro senza fine. Le mie insoddisfazioni, legate al lavoro che non amavo, mi avevano portato ad una rottura definitiva con mio padre, persona dura ed autoritaria. Mia madre ne era succube e non aveva potuto far nulla per sanare la ferita e mia sorella era ben contenta di poter, un giorno, dirigere la fiorente azienda familiare da sola. I miei amici intimi mi avevano allontanato per aver rovinato il matrimonio di uno di loro, avendogli sedotto la moglie qualche mese dopo le nozze. I miei concittadini sembravano non aver altro da fare che occuparsi della mia vita privata e mi apostrofavano ormai come scansafatiche e sciupafemmine. L’amore, poi, era ormai solo un ricordo lontano. Dopo l’ultimo litigio furioso con il mio padre-padrone, a 33 anni suonati, mi ritrovai in mezzo ad una strada senza aver la minima idea di cosa poter fare. Restai qualche giorno ancora in una vecchia e decadente pensione del paese sino a quando mia madre, di nascosto, venne a trovarmi e mi disse:

-Questo è l’indirizzo di una mia cugina che vive a Roma. L’ho già contattata e messa al corrente di quanto è accaduto. Per i primi tempi potrai stare da lei sino a quando non ti sarai sistemato. Non preoccuparti ti aiuterà.

Dopo avermi messo in mano una busta contenente delle banconote, mi abbracciò e piangendo andò via.

Finalmente nella capitale. Ovunque mi giri il segno della grandiosità e dei fasti passati del grande Impero Romano. Non so per quanto tempo cammino estasiato per le vie della città, una cosa è certa l’impatto è stato inebriante. Verso le nove di sera mi accorgo d’essere stanco ed affamato, prendo, perciò, un taxi e raggiungo l’indirizzo riportato sul biglietto lasciatomi da mia madre. è un bellissimo palazzo d’epoca, in una zona che definirei da ricchi. Suono, mi annuncio e dall’altra parte una voce chiara e gentile m’invita a salire. La cugina Sandra non si è mai sposata e, nonostante i suoi cinquant’anni, è ancora una bellissima donna e man mano che discorro con lei la trovo sempre più affascinante. In una meravigliosa sala da pranzo trovo la tavola già imbandita di numerose leccornie, segno che stava aspettandomi, e mangio con vero gusto, tant’è che più di una volta la sorprendo a guardarmi compiaciuta. Il resto della serata la passiamo sul divano a sorseggiare un liquore aromatico e a conoscerci meglio. Scopro, così, che in passato, durante una sua visita in Sicilia, quando sia io sia mia sorella eravamo ancora dei mocciosi, ebbe una dura lite con mio padre ed è per questo che in seguito non venne più a trovarci.

Al mattino Giovanna, la fedele vecchia cameriera, viene a svegliarmi e mi comunica che la signora sta attendendomi in terrazza per la colazione. Una doccia, un paio di jeans ed una camicia e sono da lei. Mi accoglie molto calorosamente e mi espone i programmi della giornata. Passiamo molte ore a zonzo per musei, cattedrali, rovine e quant’altro, ed io dopo tanto tempo, torno ad assaporare i piaceri della vita. Sono raggiante e spensierato e, Sandra, è la persona adatta con cui condividere la mia gioia. A sera, rientrati a casa, mi comunica che con dispiacere non cenerà con me, perché invitata a casa di amici ed io sinceramente ci rimango un po’ male. Prima di uscire passa a salutarmi in camera e devo riconoscere che ha il portamento e l’eleganza, tipiche di una donna di classe. Ceno da solo, guardo un po’ di televisione e poi mi ritiro in camera. Verso le tre di notte mi sveglio bruscamente a causa di un incubo e dopo qualche secondo di smarrimento iniziale, decido di alzarmi e andare in bagno. Sento dei rumori provenire dal salone e lì per lì penso a dei ladri. Mi avvicino con cautela alla porta d’ingresso leggermente socchiusa e, con mia enorme sorpresa, vedo Sandra in piena attività sessuale con un focoso maschio più giovane di lei. Resto a guardarli ancora un po’ di tempo, il necessario per toccarmi e godermi tra le mani lo spettacolo che stava offrendomi quella donna così sensuale ed attraente. I giorni seguenti sono stati un vero tormento per me. Durante la giornata, spesso alle prese con erezioni difficili da nascondere e controllare, più di una volta ho dovuto rinchiudermi in bagno per sfogare le mie voglie sessuali. Lei, da donna vissuta ed intelligente qual è, si è presto resa conto che la situazione stava prendendo una piega sbagliata ed in poco più di ventiquattrore è riuscita a trovarmi un grazioso appartamento in centro ad un prezzo stracciato. Sempre su suo consiglio, mi sono iscritto ad un corso di lingue straniere e, sempre grazie a lei, non ho dovuto sborsare un centesimo sia per il corso e sia per i primi sei mesi d’affitto. I giorni, le settimane, i mesi sono trascorsi serenamente e grazie a ciò ho ripreso a scrivere racconti di fantascienza, una mia vecchia passione adolescenziale. Sandra è l’unica persona cui concedo leggere le mie bozze e lei è sempre ben lieta di elargirmi consigli a riguardo, ben consapevole che la sua laurea in lettere può essermi d’aiuto. Pian pianino ho smesso di considerarla come la mia eroina sessuale ed ho preso ad apprezzarla come la mia migliore amica.

Al corso ho avuto modo di conoscere tanta gente e durante una festa a casa di uno di loro ho conosciuto Luana, una ragazza italo-ungherese di 27 anni, capelli lunghi, rossi e mossi, occhi verdi e sguardo vigoroso, carnagione chiara e fisico statuario. Abbiamo parlato molto dei più svariati argomenti, sorprendendoci reciprocamente di trovarci spesso di comune accordo. Durante la nostra conversazione mi ha confessato di essere ancora in cerca di una sistemazione decente. Non ci ho pensato un attimo e, dopo averle dato il mio indirizzo e averla esortata a venirmi a trovare, le ho detto che potevo subaffittarle una stanza del mio grazioso appartamento.

Alle 09: 00 sono balzato dal letto ed ancora addormentato ho risposto al citofono. Luana, con quel suo accento e quel suo timbro di voce che io trovavo così unico e sensuale, mi ha chiesto se stessi ancora dormendo e se era di disturbo. Le ho subito detto di no e l’ho fatta salire. Mi sono messo su un paio di pantaloni ed una t-shirt ed ancora scalzo e spettinato le ho aperto la porta. Di notte è bellissima, ma artefatta, di giorno è bellissima, ma naturale. Le ho chiesto scusa per il disordine, ma lei non stava a sentirmi presa com’era dall’osservare ogni piccolo particolare della casa. Ancora in trance, mi sono seduto su di una poltrona ed ho ammirato con sempre più coinvolgimento le sue fattezze. Ad un tratto si è voltata verso di me e sorridendo si è complimentata per il buon gusto nell’arredamento. Le ho chiesto se gradisse una tazza di caffè e lei mi ha fatto cenno di si con un breve movimento del capo. Ero lì per entrare in cucina quando il silenzio della stanza è stato infranto dalla sua dolce voce che scandiva il mio nome, un brivido mi ha percorso tutta la schiena. Nessuno mai mi aveva fatto quell’effetto pronunciando il mio nome. Mi sono voltato e lei gentilmente mi ha chiesto se avessi del tè. Io orgoglioso le ho detto che aveva la possibilità di scegliere tra più di una ventina di differenti qualità tra tisane e tè orientali.

Sono passate due settimane da quando Luana ha terminato il trasloco e già sento che qualcosa di nuovo si è acceso in me. Mi sento accaldato e tremolante tutte le volte che la sfioro e, come se non bastasse, anche in sua assenza la casa è impregnata del suo dolce profumo che non fa altro che accentuare il bisogno di vederla materializzarsi di fronte a me. Ne ho parlato con Sandra e lei sorridendomi mi ha detto che l’amore è tornato a bussare al mio cuore.

Tra noi, però, non è successo mai nulla sino a quando una notte, mentre fuori imperversava il diluvio e la pioggia continuava a battere dietro le persiane, io, proprio non riuscivo a dormire e pensavo a quella sinfonia messa in atto dalla natura. Ad un tratto ho sentito aprire la porta e mi sono girato quel tanto per vederla lì immobile sull’uscio, in trepidante attesa di un mio cenno. Vi sembrerà strano, ma in quel momento ho pensato al mio cane quando se ne restava fermo aspettando un mio comando. Ho aperto le lenzuola e con tutta la sua leggerezza si è infilata in esse. Ci siamo guardati dritto negli occhi per pochi secondi e ci siamo lasciati andare in un lungo bacio durato non so quanto. Al contatto con quella lingua e quelle mani che esploravano i punti più sensibili del mio corpo sono stato travolto dal piacere. I suoi capezzoli si sono via via inturgiditi e i nostri respiri si sono fatti affannosi. Sono entrato in lei con delicatezza e lei mi ha accolto ed avvolto con estrema passione. Sentirla ansimare sotto le mie spinte è stato troppo per me e di lì a poco ho coperto il suo ventre di caldo sperma. Mi ha sorriso e mi ha detto: -La prossima volta, se vuoi, puoi venirmi dentro, prendo la pillola-.

Ho voluto subito sperimentare e, dopo averla leccata dappertutto ed aver assaporato i suoi umori ed essermi beato della sua calda ed invitante bocca, sono rientrato in lei e, dopo una decina di minuti d’intensa soddisfazione, le ho depositato il nettare di quella notte d’amore.

Da quel momento, ogni giorno mi risveglio con lei accanto e la vita mi sembra più bella. Siamo una coppia invidiabile, tant’è che a volte mi chiedo se ci sono altri felici come noi. Non si smette mai di farsi tenerezze, coccole e quant’altro ed uno sembra l’ombra dell’altro. In più, scrivo di continuo con rinnovato entusiasmo.

L’unico neo in questo periodo meraviglioso della mia vita è che Luana e Sandra non hanno un buon feeling e di conseguenza vedo la mia cara amica sempre più di rado, anche se la tengo costantemente aggiornata con delle lunghe e dettagliate lettere che settimanalmente le scrivo.

Le stagioni si rincorrono ed i malumori crescono. Non sono ancora riuscito a far pubblicare il mio libro e, se non fosse per l’aiuto economico di Sandra, non avrei di che vivere. Luana ha aperto un’agenzia pubblicitaria e la maggior parte del suo tempo lo trascorre fuori della nostra abitazione.

è la seconda sera in una settimana che non rientra a casa al solito orario. è diventata un po’ più fredda nei miei confronti e non appena le obietto qualcosa diventa quasi isterica. Lavoro poco e male. Sono senza idee e il pensiero di lei che sta cambiando mi snerva. Non parliamo poi della nostra vita sessuale che ha subito una brusca frenata. Proprio per questo, conoscendo Luana, sono assalito dai dubbi. Onde scacciare i cattivi pensieri che quotidianamente mi assalgono, decido di pedinarla: solita strada, soliti saluti, solito caffè. Resto fuori dal suo ufficio e l’attendo. Eccola: solita strada, soliti saluti, solito aperitivo. Entra nel nostro portone ed io mi reco, in verità più sollevato, a comprare un po’ di frutta per giustificare la mia assenza. A tavola si è parlato di cose alquanto banali riguardanti la casa e il lavoro, poi è tornata in ufficio. L’ho ripedinata: solita strada, soliti saluti, solito caffè. Davanti all’ingresso del suo ufficio un uomo sulla cinquantina, brizzolato, ben vestito, l’accoglie con un caloroso abbraccio. I due entrano nel portone ed io sono divorato dalla gelosia e dai presentimenti. Non so cosa fare. Cerco di calmarmi e mi dico che è solo un cliente. Il portiere mi riconosce e mi lascia facilmente passare. Salgo le scale a quattro a quattro e sono dietro la sua porta. Col respiro affannato mi chiedo: -Entro o non entro? – e quando decido di farlo trovo la porta chiusa. Suono. Risuono. Nessuno mi apre. Suono ancora e questa volta più insistentemente. Niente. Risuono e finalmente sento dei passi venirmi incontro.

-Chi è? – mi chiede.

-Sono io apri-.

-Cosa ci fai qui- molto allarmata.

-Apri! –

-Ma cosa ci fai qui? – .

-Aprimi e ne parliamo a quattr’occhi-.

-Non posso adesso perché … -.

-Aprimi stronza so tutto-.

Mi ha aperto dopo qualche minuto ed io mi sono diretto come un fulmine verso l’altra stanza dove il verme era ancora in procinto di vestirsi. Ho cominciato ad insultarlo e picchiarlo e solo grazie al suo intervento è riuscito a filarsela.

Dopo quanto successo sono ritornato di corsa a casa ed ho messo tutta la sua roba in due valigie ed in una grande sacca della spazzatura ed ho posizionato il tutto all’esterno della porta di casa. Mi sentivo a pezzi e non avevo la minima idea di come poterla dimenticare. Avevo bisogno di bere e fumare, perciò sono uscito a comprare il necessario. Ho pianto, riso, bevuto rhum e fumato marijuana per tutta la notte, sino a quando non sono stato risucchiato in uno stato comatoso apparente.

Il risveglio è stato a dir poco angoscioso. Subito quanto accaduto il giorno prima mi è tornato in mente e come un automa mi sono diretto verso la porta. L’ho aperta e con mia sorpresa ho visto ancora la sua roba.

-Dove avrà dormito? Avrà dormito con lo stronzo? Luana perché mi hai fatto questo? -.

Mi sono vestito in fretta e furia e sono uscito per strada. Girando a vuoto mi sono imbattuto in una vetrina di un’agenzia di viaggi, ho varcato la soglia d’ingresso.

Mi dirigo con passo veloce a casa. La sua roba è ancora lì per terra. Butto un po’ di vestiti a casaccio in una valigia e chiamo un taxi. Prima di andare, mi preoccupo di chiedere al mio portiere di trovare qualcuno che cambi la serratura e lo informo che da allora in poi la signorina Luana non abitava più lì e che poteva solo riprendersi la sua roba poggiata sul pianerottolo. Gli aggiungo che resterò fuori per una settimana … forse due.

Dall’aeroporto chiamo Sandra e in cinque minuti le racconto tutto. Lei vuole raggiungermi, ma glielo impedisco dicendole che sto per partire in Francia e che al più presto la richiamerò.

Finalmente lontano da Roma e dai brutti ricordi. Parigi è bellissima e romantica allo stesso tempo. Ho vari sbalzi d’umore durante l’arco della giornata, ma tutto sommato qui nulla mi ricorda di lei.

Il terzo giorno passato nella capitale francese mi riserva una sorpresa: in un caffè alla moda incontro Monique. Monique è una mulatta dal fisico sodo e prorompente con lunghi e lisci capelli neri, occhi scuri e sguardo profondo. Mi colpisce subito. La luce che emana il suo sguardo è magnetica, tant’è che non le tolgo gli occhi di dosso per tutta la serata. Lei se ne accorge e ne è lusingata. Mi avvicino a lei e con una buona padronanza della lingua mi complimento per la sua intrigante bellezza. Mi sorride e mi rivolge lo stesso complimento in un italiano perfetto, con accento francese… wow!!

Parliamo molto e con il bisogno esasperato d’affetto che mi ritrovo, pendo dalle sue labbra. Diventa la mia guida nei musei, la mia amica nei caffè e la mia amante nelle lunghe notti parigine.

Purtroppo, tutte le cose belle durano poco ed il giorno della partenza è arrivato ed io mi sento come un cane abbandonato in mezzo ad una strada, non so proprio da che parte andare.

L’appartamento sembra vuoto e freddo, qui tutto si è fermato. Non riesco a prendere sonno e penso in continuazione a Luana. Ogni cosa mi ricorda di lei. Devo farmi forza per fermare le lacrime che imperterrite solcano il mio viso. Ho bisogno di bere.

Il risveglio è uno schifo. Una doccia gelata ed un maxi caffè mi riordinano solo un po’ le idee, il resto rimane uno schifo. Certo è che se Monique fosse qui adesso tutto sarebbe più facile. è così che senza rendermene conto comincio a rivivere i brevi, ma intensi momenti passati con lei. Concludo che mi manca.

Faccio visita a Sandra che mi rimprovera di non averla più cercata e si altera un bel po’ per averla fatta preoccupare. Dopo qualche moina e dopo un tenero abbraccio si acquieta ed è pronta ad ascoltarmi. Tra un bicchiere di vino e una castagna e tra una castagna e un bicchiere di vino, le racconto tutto nei minimi particolari. Lei ascolta e non interviene mai e solo alla fine mi dice: -Sai Marco, avevo capito subito di che pasta fosse fatta Luana e conoscendoti ci avrei scommesso che avresti sofferto, ma, positive o negative che siano, devi fare le tue esperienze. Poi sinceramente chi ci ha perso è lei e … guarda hai subito trovato un’altra donna e che donna, una francese- e ridendo mi ha abbracciato.

Siamo rimasti stretti stretti a dondolarci e poi come d’incanto ci siamo lasciati trasportare in un bacio lungo e passionale. Ci siamo staccati e dopo esserci guardati negli occhi abbiamo cominciato a ridere a crepapelle. Ho passato la notte da lei e per la prima volta abbiamo diviso lo stesso letto, ma solo per parlare e scambiarci delle tenere ed affettuose carezze. Anche Sandra attraversava un periodo difficile dal punto di vista sentimentale e confidandosi mi aveva detto di avere una relazione da due anni con un uomo di quasi vent’anni più giovane di lei (sicuramente era il focoso amante di quella notte) e che ultimamente lui era cambiato e che addirittura pretendeva soldi o gioielli per potersi incontrare. Lei si sentiva umiliata, ma era così innamorata e pazza di quell’uomo da accettare le sue richieste di volta in volta più esigenti.

Alle otto del mattino rientro a casa ed il telefono subito interrompe il silenzio irreale che aleggia nella stanza. Alzo la cornetta: -Si, si, come stai? Io bene, sai mi sei mancata. Anch’io? Dove? Non muoverti. Vengo subito-.

Corro come un forsennato e mi sembra che la vita stia tornando in me. Corro e solo quando sono lì per raggiungerla rallento la corsa per riprendere un po’ fiato e non cascarle addosso. Lei mi ha già visto e mi si avvicina con fare lento ed armonioso. Mi fermo a guardarla e lei sorride. Quando siamo ormai a pochi centimetri l’un dall’altro sorridiamo e ci lasciamo andare in un bacio appassionato.

A casa le chiedo cosa ci facesse a Roma e, con mia grande sorpresa e compiacenza allo tempo stesso, mi sento rispondere che era lì solo per me e poi, per rompere il silenzio venutosi a creare, ha aggiunto: -Anche per le bellezze della città-.

Ero visibilmente sorpreso, emozionato e per la verità molto felice. Di colpo la casa sembrava aver ritrovato il suo splendore. La mia bella francesina era a Roma solo per me. Abbiamo passato la giornata tra le lenzuola affamati l’un dell’altro. Ho goduto delle meraviglie del suo corpo e dell’abilità delle sue mani e della sua bocca. Poi, per rimetterci in forze, abbiamo preparato una succulenta cenetta ed abbiamo riso e scherzato per tutto il tempo. Abbiamo mangiato sul tavolino più basso, con attorno tanti cuscini e candele, mentre il gioco di luci mi mostrava, in alternanza, parti del suo viso cosicché potevo apprezzarne meglio i suoi lineamenti. Ero felice e tutti i miei problemi legati a Luana erano solo un brutto ricordo.

Siamo ritornati a letto e Monique per dimostrarmi tutto il suo affetto mi ha fatto dono del suo foro più stretto. In un certo senso mi dava la sua verginità ed io ho cercato di essere il più amorevole possibile. Le ho inumidito l’ano con tocchi sapienti della mia calda lingua. Ha ansimato e ammesso di gradire il trattamento. Sono andato avanti per qualche minuto sino a quando non si è dichiarata pronta a quella nuova esperienza. Dopo essermi lubrificato con della vaselina, le ho infilato dapprima l’indice della mia mano destra, senza però affondare troppo, sono passato poi al medio e quando ormai la sentivo pronta ad accogliermi le ho introdotto con delicatezza il glande. Il tempo di adattarsi alla circonferenza del mio pene ed ho cominciato ad andare più a fondo. Ad ogni pressione mi spingevo oltre, sino a quando il mio pene in tutta la sua lunghezza non è stato completamente inghiottito dalla mia sensuale amante. Abbiamo fatto l’amore per tutta la notte e solo quando la città andava rianimandosi ci siamo assopiti.

-Perché non resti ancora qualche giorno? – era la domanda che più frequentemente le rivolgevo.

-Perché devo riprendere il conservatorio e poi la mia vita è a Parigi- era la risposta che più frequentemente mi sentivo dare.

-E la nostra è solo una bell’avventura- ha aggiunto l’ultimo giorno.

Ero deluso dalle sue ultime parole, perciò non ho aggiunto altro. Non volevo tornare a star solo, ma, nello stesso tempo, non volevo costringere nessuno.

Sono passati cinque giorni da quando Monique è partita e non ci siamo sentiti una sola volta. Vorrei chiamarla, vorrei sentire la sua dolcissima voce, ma il momento benefico di una telefonata non compensa la sensazione di vuoto e tristezza che la segue. Mi rimetto a scrivere. Scrivo, scrivo e ancora scrivo. Ho la barba lunga di alcuni giorni e le provviste sono ormai agli sgoccioli. Esco a far la spesa.

Non riesco a trovare le chiavi e le buste piene di mercanzia non mi facilitano il compito. Il telefono squilla. Metto giù le buste, trovo le dannate chiavi e mi precipito a sollevare la cornetta: -Bonjour, c’est moi-.

Dopo i convenevoli come stai e come va, le chiedo il motivo della telefonata. Mi risponde che era solo per sapere come stessi ed io con orgoglio e un po’ di stupidità, le rispondo che ora che lo sapeva poteva anche terminare la conversazione, anzi senza perdere troppo tempo visto che avevo molte cose da fare, l’ho salutata freddamente ed ho chiuso la comunicazione. Ho ripreso le buste e mi sono diretto in cucina. Mentre ero intento a riempire il frigo, mi son detto di quanto fossi idiota ed infantile a volte, perciò sono tornato al telefono e l’ho richiamata. Il messaggio in segreteria mi informava che era ormai fuori casa o forse aveva semplicemente staccato il telefono. Ritorno alle mie faccende con il proposito di richiamarla più tardi. Nel frattempo ne approfitto per fare due chiacchiere al telefono con Sandra che, purtroppo, trovo più afflitta che mai.

è quasi mezzanotte ed ho già lasciato quattro messaggi.

Perché non mi richiama? E dove sarà mai? Devo calmarmi e non pensarci, domani la rintraccerò e le chiederò scusa. Decido di andare a letto. Il telefono squilla, mi precipito.

-Monique sei tu? Ti chiedo scusa sono stato un maleducato, mi perdoni? – tutto d’un fiato.

Dall’altra parte: -Solo se ti precipiti a prendermi dall’aeroporto, sono a Roma-.

Avere di nuovo accanto Monique mi procurava delle sensazioni di felicità estreme.

Mi sono svegliato di buona lena e visto che Monique dormiva beata, ho deciso di farle una sorpresa e sono uscito a comprarle dei fiori. Mi sono fatto preparare un bel mazzo di rose rosse e dopo aver ringraziato la gentile paffuta signora fioraia, sono uscito quasi saltellando. Shock, mi sono ritrovato faccia a faccia con lei, Luana. Era molto sorpresa di vedermi, quasi avesse visto un fantasma e soprattutto era meravigliata di vedermi con tutti quei fiori. Ho avuto una piccola accelerazione dei battiti cardiaci. Ci siamo guardati ancora una volta e poi ho ripreso la mia strada. All’angolo della stessa ho sentito pronunciare il mio nome come soltanto lei sa fare. Avevo paura a voltarmi, ma nello stesso tempo ero curioso di sapere cosa avesse da dirmi.

Abbiamo parlato, ci siamo raccontati i mesi trascorsi senza vederci e come due buoni vecchi amici ci siamo salutati e lasciati. Mentre percorrevo la strada che mi riportava a casa ho pensato molto a Luana, ma nello stesso tempo non rimpiangevo nulla ed ero contento della mia nuova vita sentimentale.

Questa mattina sono uscito molto presto. Ho un incontro con un editore e voglio essere puntualissimo. Monique si è levata anch’essa molto presto, ma solo per prepararmi un caffè ed augurarmi: -Bonne chance mon amour-.

Alcune ore più tardi sono un uomo felicissimo. Finalmente pubblicheranno il mio libro. Telefono subito a casa, ma la segreteria mi conferma che Monique è ormai già al conservatorio. Ho bisogno di gioire con qualcuno. Telefono a Sandra, ma la cameriera mi comunica, abbastanza allarmata, che la signora è assente e non sa dove possa essere. Il mio entusiasmo si è un po’ attenuato, anche perché preoccupato per Sandra, ma sono felice lo stesso. Era da tanto tempo che ci speravo ed adesso avevo finalmente coronato un mio sogno. Me ne vado, perciò, in giro per la città senza una meta precisa e senza rendermene conto mi ritrovo nei pressi dell’ufficio di Luana.

-Perché no? – penso -le verrà un po’ d’invidia-.

Salgo. Un breve tuffo nel passato e mi sembra già di essere più triste. Ok, vado via. Ma no!

è sorpresa di vedermi ed io lo sono quanto lei per essere lì. La informo della buona novella e lei manifesta la sua contentezza con un caldo abbraccio. Restiamo così stretti ed uniti e traballanti sino a quando non si lascia scivolare all’indietro tirandomi per i polsi. Il suo profumo, i suoi seni così prorompenti, la sua bocca così calda ed invitante, erano di nuovo lì alla mia mercé e, stesi su di un piccolo tappeto persiano, l’ho posseduta in maniera animalesca, con molta violenza e voracità.

Scendendo le scale ero soddisfatto per come erano andate le cose, ma nello stesso tempo ero preoccupato per come avrebbero potuto svilupparsi.

Quell’incontro aveva rotto l’incantesimo creatosi con Monique e per questo le ho confessato di aver rivisto in un paio di occasioni Luana e, molto codardamente, di non averci fatto nulla, ma di averla desiderata ardentemente.

Al che, Monique, mi manifesta l’intenzione di volerla conoscere e senza perdersi d’animo accosta la cornetta all’orecchio e mi chiede gentilmente di comporle il numero del suo ufficio. Cerco di persuaderla, ma una sua occhiata mi fa capire che è meglio che mi attenga alle sue disposizioni ed in men che non si dica mi ritrovo a cenare con la mia ragazza e la mia ex. Dopo la serata trascorsa in tre, ho notato che Monique era rimasta entusiasta della rivale in amore ed in seguito ai residui dell’alcool mi ha confessato di trovarla molto sexy. Più per scherzare che per le mie reali intenzioni, ho lanciato una proposta a tre e lei guardandomi negli occhi mi ha risposto: -Perché no? -.

Una cena consumata a metà, le bottiglie vuote sul tappeto e le due donne che amo che si scambiano effusioni. Ho preparato una canna di marijuana, mi sono spogliato completamente e sono andato a mettermi in mezzo a quelle due che non la smettono di strusciarsi e toccarsi. Luana e Monique, due ragazze con fisico statuario ed una carica erotica come poche, a mia completa disposizione.

Abbiamo fatto l’amore per non so quanto tempo, poi dopo vari orgasmi ho deciso di dormire e le ho lasciate continuare.

Lo scorrere dei giorni e delle notti, però, mi ha presentato ben presto il conto di quello strano ménage à trois.

Non sopporto più questa situazione. Ho due donne bellissime, credo di amarle tutte e due, ma proprio non sopporto più questa situazione. Luana è sempre a casa nostra e nel suo sguardo si legge chiaramente la soddisfazione di averci soggiogati entrambi, mentre Monique sembra ormai disprezzarmi di giorno in giorno. Io mi sento loro schiavo, pronto ad esaudire i bisogni e i desideri delle due principesse, senza alcuna voce in capitolo. Questo gioco ha oltrepassato il limite. Sono nuovamente in crisi ed ancora una volta la causa è lei: Luana.

Ho bisogno di parlare con qualcuno e quel qualcuno non può che essere la mia migliore amica Sandra. La chiamo, ma il telefono è, stranamente, sempre occupato. Decido di andarla a trovare direttamente a casa, anche perché è un bel po’ di tempo che non ci si vede. Mi crolla il mondo addosso quando il portiere m’informa che la Signora Sandra è in ospedale per aver ingoiato una quantità indefinita di farmaci. Mi catapulto da lei. Ha una flebo attaccata al braccio ed un colorito molto pallido. Mi guarda con gli occhi pieni di lacrime e, senza dirci assolutamente nulla, capisco che il suo gesto disperato è frutto dell’amore ormai non più corrisposto.

Due giorni dopo è nuovamente a casa e mi comunica di aver preso la decisione di recarsi in un centro di cure per ritrovare se stessa, per ritrovare la voglia di vivere e per cancellare quanto di brutto accadutole negli ultimi mesi.

Rientro a casa e trovo un biglietto di Monique:

– Scusami tanto per la cena Marco, ma Luana si è precipitata in casa come una furia e in men che non si dica mi ha costretta a cambiarmi e ad accompagnarla all’inaugurazione di una galleria d’arte dove a suo dire c’è gente che potrebbe farmi avere un’audizione. Ci sarà anche un party dopo, perciò non aspettarmi in piedi, farò tardi. Monique.

Mi sono sdraiato al centro del salone ed ho guardato in alto verso il soffitto. Il bianco candido della parete mi ha riportato alla mente la grande tela dell’oratorio dove, molti anni addietro, proiettavano i film del grande Totò o dell’indimenticabile Charlie Chaplin. Ho cominciato così a scorrere i momenti salienti della mia vita sino ad allora ed in un alternarsi di sensazioni, ho preso la decisione di ritornare al mio paese nativo. Dopo aver riempito una sacca con l’indispensabile ed aver scritto solo due righe a Monique, mi sono ritrovato in una serata fredda e buia a percorrere frettolosamente la strada che mi separava dalla stazione ferroviaria.

Il piccolo appartamento, meno grazioso di quello romano, mi permette comunque di non dover scendere a compromessi con l’anziano padre e mi riserva la privacy indispensabile per continuare a scrivere i miei racconti.

I giorni si susseguono rapidamente, non faccio nulla di particolare, tranne che scrivere continuamente, ma sono sereno come non mai.

In una bellissima giornata di sole, la incontro casualmente per strada e mi accorgo di non averla mai dimenticata. Ci siamo amati da ragazzini per tre lunghi anni, poi ho cominciato i miei studi a Bologna, poi sono stato un anno a Londra, poi nuovamente a Bologna ed infine a Roma e quindi l’avevo persa di vista. La mia Silvia Ruffini è diventata donna ed anche molto bella. Chiedo subito al mio amico se sia sposata o fidanzata e lui mi risponde che è una specie di zitella e che mai nessun ragazzo è riuscito a conquistarle il cuore. Questa confessione m’incuriosisce, perciò decido di passare all’azione.

è visibilmente emozionata. Capisco in un sol secondo che mi vuole ancora bene e la invito a cinema per il giorno dopo. Mi dice che mi farà sapere e continua per la sua strada.

Andiamo a cinema e poi il giorno dopo a cena e poi al mare e poi … non è passato un sol giorno senza vedersi. Mi sembrava di essere ritornato indietro con gli anni. Avevo ritrovato il vigore che da sempre ha caratterizzato il mio spirito, avevo ritrovato la voglia di scrivere, avevo ritrovato la voglia di vivere, avevo semplicemente ritrovato l’amore e questa volta avrei lottato pur di non perderlo.

Purtroppo, come sempre accade nei momenti più quieti, una mattina mia madre si precipita a casa mia e con le lacrime agli occhi mi comunica la morte della cugina Sandra, che in un attimo di follia o forse di lucidità, ha creduto che la paura di vivere senza amore fosse maggiore della paura della morte stessa. Un volo di oltre venti metri e la vita di quella donna, tanto intelligente quanto affascinante, si è conclusa su di un marciapiede di quella via decisamente da ricchi.

Dopo la sepoltura, mi reco in casa della defunta, che pullula di gente di vario grado di parentela. Nel brusio generale, mi siedo in un angolo del grande salone ed osservo imbarazzato alcuni individui che senza rispetto alcuno stimano il valore dell’argenteria, dei quadri e di tutto quanto adorna la bellissima sala. In lontananza scorgo l’affranta vecchia cameriera e le vado incontro. L’abbraccio e le chiedo di accompagnarmi nella stanza della signora. Mi siedo sul suo grande letto, chiudo gli occhi ed inspiro dalle narici quanto più aria possibile affinché riesca a captare l’odore della mia cara amica. Il mio cuore ancora una volta deve subire una stilettata non indifferente.

Non mi accorgo di essere in assorta contemplazione ormai da diverse ore e solo la discreta presenza di Giovanna, che con il suo fare riguardoso e gentile mi invita a scendere per la cena, mi riporta alla consapevolezza della triste realtà. Le dico che non ho fame e lei di contro mi dice che se voglio posso ritirarmi in quella che fu la mia stanza per poter così affrontare la notte. Le dico che non importa e che di lì a poco sarei ripartito. La vedo guardarmi in maniera supplichevole e, solo allora mi viene in mente che Sandra rappresentava tutta la sua famiglia, e che adesso non le rimaneva più nulla. Decido, perciò, di restare almeno sino a quando non le avessi trovato una sistemazione adeguata.

Al mattino è lei che mi sveglia e mi invita a prendere parte alla colazione con le restanti persone della casa. Conosco così Luigi (fratello maggiore di Sandra), Erminia e Lucrezia (sue sorelle), suo zio Bartolomeo ed altri quattro o cinque personaggi di varia parentela. Tutti sono molto sorpresi di conoscermi e di costatare che nonostante sia solo il figlio di una lontana cugina di Sandra, abbia molta dimestichezza con la servitù e con la casa. Dopo solo cinque minuti di conversazione penso a Sandra e mi ricordo della sera in cui, davanti al camino e ad un buon bicchiere di vino rosso, mi raccontò dei suoi parenti serpenti. Assorto in questi ricordi mi sfugge l’entrata in casa di un giovane molto elegante che si presenta come assistente del Notaio De Luinis e che ci invita a presiedere, alle ore 16: 00, alla lettura del Testamento della signora Sandra Mondelli. Pronuncia chiaramente nome, cognome e grado di parentela di ognuno di noi e termina invitando anche Giovanna Biccini, nonché collaboratrice domestica della defunta. I volti dei parenti serpenti non tardarono a farsi scuri e con un sorrisetto sarcastico levai il disturbo.

Scendendo le scale dello studio notarile non posso fare a meno di ridere e nonostante lo faccia a crepapelle, non riesco a coprire le urla che provengono dal piano superiore: Giovanna ha ereditato la bellissima casa con tutto il suo inestimabile contenuto, 350. 000. 000 milioni di lire in contanti e il doppio in Bot e Cct, con la sola clausola di devolvere, alla sua morte, tutto in beneficenza. A me, invece, ha lasciato alcuni libri e tele di valore, 150. 000. 000 milioni ed un baule contenente i suoi segreti, tra cui il suo diario.

Sono quasi due giorni che leggo, rileggo, annoto e mi sorprendo degli eventi amabilmente raccontati nel suo diario, delle innumerevoli lettere d’amore ricevute, delle bellissime fotografie che la ritraevano in pose un po’ osé, e di tanti piccoli oggetti provenienti da ogni parte del pianeta. La cosa che più mi sorprende, però, è non aver trovato neanche un solo indizio sul giovane misterioso amante, nessun cenno, nessuna traccia, niente di niente.

Giovanna ha pianto quasi ininterrottamente per il gran cuore della sua signora e molto sinceramente mi ha confidato che rinuncerebbe a tutti quei tesori solamente per poterla riavere a fianco anche un sol giorno.

Prima di ripartire per la Sicilia, mi reco nel mio vecchio condominio. Molteplici ricordi mi assalgono, per lo più ricordi legati soprattutto a Luana ed in parte anche a Monique. Subito il portiere mi riconosce e mi saluta. Mi dice che ormai lì ci abita il padrone e che ha requisito tutto il mobilio per i cinque mesi di affitto non pagati. Poi come folgorato si rammenta che la signorina straniera prima di partire ha lasciato una lettera per me. Dopo qualche minuto eccolo ritornare con la busta in una mano, me la faccio consegnare e dopo avergli dato una lauta mancia, lo saluto.

Caro Marco,

sono passati diversi mesi da quando sei andato via di casa e solo adesso mi sento pienamente responsabile del fallimento del nostro rapporto. Avevi ragione tu. Dovevo fare attenzione al doppio gioco di Luana. Non si è accontentata solo di separarci, ma ha voluto anche umiliarmi e farmi sentire peggio di una latrina. Se non ti ho mai cercato è stato sempre dietro suo consiglio e per sviarmi da ciò mi ha sempre adulato a tal punto da farmi perdere la concezione della realtà delle cose.

Torno a Parigi e spero di dimenticare presto la brutta avventura passata qui a Roma. Sia ben chiaro, però, che non dimenticherò mai i bei momenti trascorsi assieme.

Spero che se leggerai questa lettera un po’ mi perdonerai.

Je t’aime

Monique

Turbato da ciò che avevo appena letto e riletto, mi sono ritrovato davanti una cabina telefonica in procinto di chiamarla. Mentre rovistavo nel portafoglio, in cerca del suo numero, mi è apparsa una piccola foto di Silvia sorridente. Non ho avuto più esitazioni ed ho composto il numero: Ti amo tesoro, sto per tornare a casa.

Ormai sono certo è lei la persona che vorrei vedere accudire i miei figli, è lei la moglie ideale, è lei che voglio amare e rispettare per il resto dei miei giorni.

Stiamo attraversando l’Oceano e la sensazione di immensità mi lascia di stucco. Silvia si stringe forte a me ed io gonfio il petto in segno di protezione. Affermato nel lavoro, fedele nei doveri coniugali, rispettoso della famiglia, …

“Marcooooo”

Oh, no , solo lei mi chiama così. FINE

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