Lo faremo

“Lo faremo… e presto”, aveva detto lui interrompendosi per un attimo.
“Oh… si… ”
“Lo sai che quando mi metto in testa una cosa… ti piacerà, ne sono sicuro” “Anche io… e sarò senza mutande? ”
“Si… calze autoreggenti, minigonna… la depiliamo tutta, così sarà più sensibile. ” Sdraiata sul letto sentiva la sua lingua carezzarle la clitoride, poi le labbra morbide e aperte, poi di nuovo la clitoride.
“Sentirai il fresco dell’aria proprio qua sulla patatina… ti farò fare una bella passeggiata… prova a immaginare… ”
“Si… si… ” non poteva fare a meno di rispondere lei. Stava godendo, e tanto, e le immagini che la sua fantasia creava le scorrevano davanti agli occhi.
Una sera di Ottobre, camminavano per la rotonda, un leggero venticello le sfiorava le gambe inguainate nelle calze, e le stimolava il sesso nudo, esposto. Quella sensazione di fresco proprio lì bastava ad eccitarla. La consapevolezza della sua nudità, pochi centimetri sopra l’orlo della gonna, la inebriavano. Camminavano mano nella mano. Fino al parapetto. Dove le onde alte sembravano lambirli. Si appoggiarono guardando la luna riflettersi romanticamente nel nero del mare. Il braccio di lui vicino al suo era l’unica fonte di calore.
“Apri un po’ le gambe” le ordinò. Lei lo fece. Un’improvvisa ventata di freddo la rese di nuovo consapevole del suo stato.
Si sentì sciogliere dentro. “Aprile ancora”
“Ma si vedranno le calze autoreggenti da dietro… ”
“Non me ne importa niente, apri le gambe… voglio che ti sia apra la fica”
“Oddio… ” gemette lei. “Mi gira la testa… ”
“Ti senti abbastanza troia? ”
“S. si… ”
“Aprile ancora un po’… ”
“Ma… ”
“Non discutere. Aprile e basta”
“Ma sembro ridicola! Che ci faccio con queste gambe così aperte… ”
“Adesso vedrai. ”
Si spostò dietro di lei. Le premeva il membro duro contro il suo sedere. La abbracciava, ma era un abbraccio innocente solo da fuori.
“Lo senti? ”
“Certo… come potrei non sentirlo… mi fai venire una voglia… ”
“Di che? ”
“Voglia di averlo dentro”
“Averlo dentro cosa? ”
“Il tuo cazzo, stronzo, o… anche un qualsiasi altro cazzo… ” Continuò maliziosa. Per tutta risposta ricevette un morso sul collo. Lui si strinse ancora di più contro di lei.
“Chissà, forse stasera sarai accontentata… ”
“Scemo… lo sai che sono bagnatissima? ? ”
“Lo sapevo che ti sarebbe piaciuto… ” Le sussurrò all’orecchio. “Andiamo via. Andiamo al ristorante”.
Passeggiatono lentamente, senza fretta. Al ristorante chiesero un tavolo d’angolo, piuttosto appartato.
“Che bella tovaglia lunga… fa proprio al caso nostro” Ridacchiò lui.
“Che hai in mente? ”
“Vedrai… ”
Lei si passò la lingua sulle labbra
“Smettila… ” le intimò lui
“Perché? ”
“Stasera ti punisco… giuro… ”
“Non vedo l’ora… ”
Lui prese in mano il coltello. Un coltello di metallo, di quelli col manico pesante, arrotondato.
“Stasera sei bellissima… lo sai? ”
“Si… ”
“Sarà che sei nuda… ti piace vero? ”
“Si… mi fa sentire… strepitosamente bella e disinibita… Chiedimi qualsiasi cosa… stasera mi sento davvero senza freni! ”
Lui le passò il manico di quel coltello sulle labbra. Lentamente.
“Voglio che ti carezzi con questo… ” – Sussurrò – “dalla parte del manico, naturalmente… ”
Lei rimase senza fiato.
“La tovaglia è abbastanza lunga, non dovrebbe vederti nessuno… e poi, anche se ti vedono, che ti importa? Penseranno che sei proprio una troia… ”
“Te sei matto… ”
“Fallo. Adesso”
Gettando un occhiata intorno, lei si mise quel coltello in grembo. Poi, muovendosi piano, si sfiorò una coscia, risalendo piano verso il suo sesso. Lo guardava fisso negli occhi.
“Allora? L’hai fatto? ”
“Ci sto arrivando… Ecco. Mi sto carezzando… ”
“Ti piace? ”
“Da matti… ” La voce le si era fatta roca.
“Com’è? ” Erano sporti uno verso l’altro, quasi a sfiorarsi. La loro voce era bassa, appena sufficiente per sentirsi.
“Freddo… ghiacciato anzi… dio… ”
“Raccontami… ”
“Sto salendo e scendendo piano piano… ora sono arrivata quasi fino al sederino… ora risalgo… ”
“Brava… adesso mettilo dentro”
“Dove? ! ”
“Nella fica. Infilalo piano nella fica. Forza. ”
“S-si… lo sto facendo. Ecco… oddio, è bellissimo… ”
“Non agitarti, stai ferma, o si capirà… ”
Arrivò la cameriera. Ordinò lui per entrambi. Lei arrossì di vergogna.
“Che stai facendo? ” le chiese dopo che si fu allontanata, sempre sussurrando. “Sto entrando e uscendo… ”
“Fammelo vedere, adesso” Lei lo estrasse piano, mordendosi le labbra. Poi, dopo una veloce occhiata intorno, lo posò sul tavolo. Sulla tovaglia rosa. Il manico era lucido, ricoperto di una sostanza trasparente e vischiosa.
Lui ci passò il dito sopra, poi se lo mise in bocca.
“Mmmm… ottimo. Brava, adesso mangiamo. Normalmente, se ci riesci. ” Le disse ridacchiando.
Mangiarono quasi normalmente. Si scambiarono occhiate infuocate e frasi a volte dolci, a volte oscene.
Per frutta lui ordinò una mela. La sbucciò. La tagliò in quattro.
“Ne vuoi un po’? ”
“Si, grazie”, rispose lei ignara.
Gliela porse: “Mettila dentro”
“Cosa? ? ! Ma ti sei ammattito stasera? ” Sussurrò lei, cercando di non ridere. “Mettila dentro e non discutere, troia”
Lei prese lo spicchio. Lo succhiò leggermente per lubrificarlo, poi fece finta di mettere le mani in grembo, e lo appoggiò al suo sesso. Entrò senza fatica. Lui ne impugnava un secondo.
“Adesso metti dentro anche questo. E… non discutere. ” Lei lo fece. Si sentiva languida e sensuale, matta e incosciente, porca e bellissima.
“Adesso accavalla le gambe”
“Oooh… ”
“Piacevole? ”
“Si… non l’avrei mai detto ma… ”
“Adesso alzati, e vai al bagno. Spingile bene in fondo, perché non devono caderti, mentre cammini… ”
Il piacere che veniva da quei due corpi estranei era straordinario. Doveva essere simile a quello delle famose palline cinesi… Camminava lentamente, per paura che…

E infine venne. Venne sdraiata sul letto, con la sua lingua fra le gambe e con in mente l’immagine di due ragazzi sulla rotonda… e di un coltello lucido posato sulla tovaglia. FINE

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