L’amico del mio collega oggi sta parlando con un tipo. Nella pausa pranzo di solito sta con noi, e così lo chiamiamo. Ci presenta il tipo in completino blu, cravatta “perpiacerenonminotare” e capelli folti solo sul dietro.
Sotto il vestito “niente” penso. Mangia solo verdure innaffiandole con acqua leggermente gasata. Oggi mi sento in forma, e comincio a fiondare il tipo con scemenze della serie “svegliati che fuori si vive”. Lui parla poco e nemmeno mi guarda, ogni tanto un’occhiata che sembra dire tra poco “sediovuolemenetornoalavorare”. Andandomene per prima, scherzo pure con Pino il cameriere sempre gentile, prendo la rincorsa per acchiappare il pedonale verde, di volo l’ascensore e si ritorna a lavorare. Ore 21, 30, il telefono. Di là c’è uno che dice di essere Mario: prima penso a tutti i Mario che conosco (boh! ) poi dico: ma lei chi è? Ci siamo conosciuti oggi a pranzo, fa Mario, l’ufficio dove lavori mi ha fatto una proposta e vorrei saperne di più, se non ti secca ci vediamo sabato. Inutile chiedere come ha avuto il mio numero, accetto e mi preparo ad un incontro noiosissimo. Per quella serata mi metto le solite cose di chi va a lavorare, mi trucco poco, parcheggio di fianco al ristorante e faccio per entrare, ma il tipo è lì sul marciapiede, un saluto caloroso e (udite) mi apre la porta, poi mi precede tra i tavoli e mi chiede se questo tavolo vicino al muro va bene: dopo anni di violenta parità fra i sessi mi sento leggermente spiazzata. Nemmeno il mio ex marito, che è un raffinato, negli ultimi tempi si ricordava di tanta galanteria con me. Il tipo non è più in blu, sembra un artista con pantaloni di velluto a coste e pullover adagiato su una camicia a righe chiare, e a vederlo così non sembra che sotto il vestito “niente”. Mi lascia parlare dell’ufficio (non siamo qui per questo? ) poi lo costringo a parlare: è un ex atleta, da giovanissimo tanti sport e fino ad ora tanto tennis. Quando finiamo di mangiare non so che cosa, mi propone un night poco lontano. Lo lascio scivolare sull’asfalto mentre pacatamente formula parole di cui velatamente capisco il significato. Penso che avrei potuto indossare il reggiseno blu, che mi sta meglio di questo, e con i tacchi più alti non avrei ballato meglio? Ma la pista non la vedo, sento intensamente la sua presenza sul divanetto rosso sangue, e quando languidamente allunga un braccio sopra la mia schiena, per istinto appoggio testa e capelli sul suo polso. Adesso scoppio a ridere, penso, sono anni che non mi capita una scena di seduzione simile, così banale, così scontata. Eppure non rido, lui piano, ruotando il polso, mi gira il viso e mi bacia. Bene, penso, adesso sei fregato. Non si fa così. Chiamo un taxi e me ne vado. Mentre fulminee mi passano queste idee, lui continua a leccare la mia bocca, lentamente, e la fregata sono io. Io che ho accettato di uscire con lui “per lavoro”, io che appoggio i capelli su di lui, io che sento il suo corpo (finalmente) contro il mio e con le mani cerco i muscoli sul torace, sulla schiena, e scopro che ha dei glutei perfetti. Ormai siamo in piedi, continuando a succhiarci la bocca, e ci avviamo barcollando all’uscita.
Improvvisamente mi chiede scusa, dice che non sa niente di me e non vuole mettermi in imbarazzo con persone che potrei eventualmente incontrare. Mentre sto avvinghiata a lui ragiono su questa effettiva realtà, ma non me ne frega niente, e gli dico che da me va bene. Ma non è cosa facile, sbaglio due volte la strada per casa mia, la chiave non vuole saperne di aprire la porta, e dentro non mi sento bene, c’è lui che non dovrebbe esserci, il tipo in blu. Ma è proprio lui? Molto lentamente si riavvicina, fremendo mi accarezza la schiena ed è come se avesse innescato una bomba. Conto i secondi che ci separano dall’esplosione, ma il conteggio va alla rovescia, lentamente, molto lentamente. Si adagia sul letto e mi aspetta, mentre mi libero di alcuni indumenti. Non mi guarda, ma mi parla dolcemente, sembra non vedermi mentre comincio a sbottonargli la camicia (conto i bottoni, uno due) arrivata a sette gli bacio la pelle, lui intanto ha trovato un seno e poi scende, mentre gli sono sopra, mi tocca ovunque, frenetico, come se volesse imparare a memoria la mappa del mio corpo. Mentre mi sciolgo sulla sua mano, con cautela mi gira su un fianco e piano, molto piano avvicina qualcosa di caldo e duro, poi gioca con il mio corpo, mentre inizia un viavai dolcemente estenuante.
La mia mente vaga in percorsi innaturali, non so dove sono e non so cosa sono, e intanto deliziosamente passano i secondi, i minuti, o forse le ore in un giostrare delicato di corpi che si cercano per conoscersi. In questo momento sopra di lui guardo i suoi piedi, quindi lui vedrà di me qualcosa che non vedo mai, e adesso sto dolcemente mordendo qualcosa di morbido e peloso. Tra i denti mi resta qualche pelo, lui ride piano poi mi adagia prona e mi mordicchia la schiena mentre con cautela estenuante mi fa gridare di piacere. Poi sento qualcosa di strano, è la sua lingua che si insinua calda e mi fa vibrare. Posso girarmi leggermente, così trovo anch’io come soddisfare le mie labbra. Lecco e succhio con la frenesia di un’affamata, e intanto lui sospira soddisfatto. Ma ecco ritornare il viavai estenuante che già conosco, quello di lui lento e inesorabile, mentre cerco disperatamente dietro di me di toccare qualcosa di lui. Mi rigiro e lo cerco tutto, lo voglio e gli sono sopra con tutte le mie forze, mentre con la bocca gli faccio percepire il suo collo e le sue spalle. Adesso voglio che mi veda, mi alzo tutta sopra di lui e accompagno le sue mani a stringere i miei seni. Continuando un andirivieni implacabile, mi accarezza come si fa con cose fragili e preziose, dolcemente mi stringe i fianchi e sussulta piano, mentre la prima luce del giorno ci rende riconoscibili. Ansimando leggermente dice che vuole vedermi ancora, così come sono adesso, con i capelli arruffati e la faccia colata. Parla come non ha mai parlato prima, dice cose che a fatica riesco a percepire, figuriamoci se adesso me le ricordo per raccontarle a voi! FINE