Mi ero laureata da un mese e stavo facendo i primi colloqui, ma quando la mia prof mi chiamò per invitarmi al seminario fui molto contenta d’accettare. Svolgere la tesi con lei mi aveva arricchita sia a livello intellettuale sia umano, perché oltre ad essere intelligente era anche molto bella, fine, elegante, capace di calamitare l’attenzione di uomini e donne. Era stato invitato tutto il dipartimento, l’appuntamento era all’aeroporto dove sarebbe stato noleggiato un minibus. Capirai che divertimento…noi eravamo le più giovani in un gruppo in cui l’età media era di 60 anni! Perciò quando mi disse che sarebbe passata a prendermi con la sua spider ringraziai mentalmente la mia buona stella.
Il viaggio era lungo ma i nostri tanti interessi in comune c’impegnarono in una chiacchierata vivace che fece volare il tempo. Lungo la strada fummo affiancate da una moto, una naked nera, il pilota si girò verso la prof che gli fece un cenno con la testa. Era capitato lungo la strada che qualcuno suonasse o facesse gesti per attirare l’attenzione, ma lei non aveva mai risposto a nessuno. Io non ci badai più di tanto, ma rimasi a lungo a fissare la moto che si allontanava a gran velocità. Arrivate all’albergo lasciammo le valige nelle camere ed andammo nella sala conferenze. Il seminario era interessante e l’oratore parlò senza annoiare, sarei stata ad ascoltarlo per ore, ma dovevamo andare a pranzo. Con la prof ci demmo appuntamento alla sala da pranzo, perché volevo salire in camera a darmi una rinfrescata, e quando la raggiunsi la trovai a parlare con un ragazzo. Più o meno aveva la mia età, spalle ampie, occhi e capelli color carbone, con un sorriso che gl’illuminava il viso abbronzato. Ci presentarono, mi disse che si era trasferito da un’altra università e avrebbe preso il dottorato nel dipartimento della prof. Così andammo a mangiare. I tavolini erano circolari e da 10 persone. Lui si sistemò di fronte a me, tra li professore più anziano e la prof, con cui colloquiò scherzosamente, era completamente a suo agio. Io lo osservavo dall’altro capo del tavolino, aveva le mani grandi, le sue battute suscitavano l’ilarità di tutti e i fugaci sguardi che m’indirizzava mi trapassavano il corpo per quanto erano penetranti. Presto sopraggiunsero le 15 e ci ritrovammo di nuovo in sala conferenze. Lui prese posto due file avanti a me, distante di una decina di posti, e per tutto il tempo pensai a quanto mi sarebbe piaciuto giocare con le sue mani, assaporare la sua bocca, sentire l’odore della sua pelle. A cena le disposizioni rimasero le stesse, io ero completamente affascinata, ma riuscivo a dissimulare il grande interesse che suscitava in me seguendo le chiacchiere del mio vicino, annuendo ai suoi noiosi discorsi, mentre la prof seduta alla destra del ragazzo emetteva risolini molto maliziosi.
Finita la cena li vidi allontanarsi insieme mentre io decisi di fare due passi. Un po’ mi scocciava che lui avesse preferito trascorrere il suo tempo con lei, ma poi considerai il fatto che io non avevo la sua stessa avvenenza, né il fascino del potere(lei era a capo del dipartimento), inoltre ci eravamo appena conosciuti e lui non aveva dimostrato il minimo interesse per me, per cui m’incamminai lungo la strada, immaginando i due che smaltivano la cena in qualche selvaggio ed eccitante rapporto sessuale. Mi ritrovai davanti ad un Internet Cafè e decisi d’entrare. La sala era grande e quasi piena, per cui dopo aver dato un’occhiata in giro entrai in Chat. Uno dei nickname m’incuriosì… Red_Lightning… Fulmine rosso… e gli chiesi se aveva voglia di parlare in privato. Accettò subito, mi disse che fin’ora non aveva incontrato nessuno che lo stimolasse, mentre il mio nick, piccolaperla, gli evocava paesaggi esotici, e se non lo avessi chiesto io, si sarebbe fatto avanti lui per il canale privato. La conversazione fu simpatica e le sue battute a doppio senso non mi davano fastidio, anzi più diventavano pesanti e piccanti, più mi divertivano ed incuriosivano… Si fece tardi e a malincuore lo salutai, dicendogli che la mattina dopo avevo un impegno e non potevo dormire fino a tardi. Anche lui doveva andare, per il mio stesso motivo, e ci lasciammo con la promessa di rincontrarci in Chat la sera dopo alla stessa ora per parlare un po’ dei nostri gusti a livello sessuale. Mi alzai dalla mia postazione e mentre mi dirigevo verso la cassa notai un ragazzo che si era appena alzato e che stava indossando un giubbotto nero di pelle con un fulmine rosso al centro della schiena. A quel punto mi venne in mente che il motivo per cui avevo fissato il motociclista in autostrada era proprio per quel disegno e quando mi accorsi che era il dottorando lo aspettai. Appena mi fu vicino gli dissi
“ma eri tu il centauro che ci ha affiancato mentre venivamo qui! “, e lui seccato
“preferirei che tu parlassi al presente, sai noi motociclisti siamo un po’ superstiziosi”, poi scoppio a ridere vedendo che c’ero rimasta male e mi chiese scusa. Il suo sguardo fu attirato dal ciondolo che portavo al collo, una piccola perla e non fu difficile capire che eravamo noi due dietro quei nick, ma nessuno dei due disse niente. Uscimmo dal locale camminando lentamente ed il silenzio fu rotto da lui
“sai, fino a quando non ti sei connessa tu mi stavo proprio rompendo, e sono contento di averti incontrata, non sapevo come avvicinarti, sembri così seria e distaccata nei miei confronti che pensavo di esserti antipatico”. Io gli risposi che avevo avuto la stessa impressione, e poi quando ho visto il suo affiatamento con la prof, gli dissi che avevo creduto che tra di loro ci fosse qualcosa per cui avevo preferito stare lontana. Lui mi guardò dritto negli occhi e mi sorrise, mi disse che la prof era da un po’ che ci provava con lui, ma che non gl’interessava. Invece da quando mi aveva vista nella spider ero entrata nei suoi pensieri, e mi avrebbe voluta vicino a sé per tutto il tempo, per conoscermi meglio e…Non finì la frase ma intuì che tutti e due avevamo pensato la stessa cosa.
Arrivati all’albergo salimmo le scale e con sorpresa scoprimmo che le nostre camere erano una di fronte l’altra. Aprimmo la porta e ci girammo per augurarci la buona notte, lui tese il braccio verso di me, mi prese la mano, la girò, e mi diede un bacio sull’interno del polso. Un brivido mi percorse la schiena, e quando mi lascio andare la mano, disse
“Sogni d’oro” con un tono talmente sensuale che…… arrossii ed imbarazzata mi voltai per entrare in camera. Richiusi la porta alle mie spalle, mi tremavano le gambe, desideravo che le sue mani mi sfiorassero la pelle, che la sua bocca mi torturasse i capezzoli, quando sentii bussare lievemente. Aprii la porta e mi trovai davanti lui che mi disse
“ho voglia di te”. Lo feci entrare e chiusi la porta alle mie spalle. Lui venne verso di me, poggiò la mano sulla porta e schiacciò il suo bacino sul mio. Con l’altra mano girò la chiave, mentre io lentamente cominciai a slacciargli il giubbotto. Si sentiva l’odore di benzina, d’olio e di grasso, tipico dell’abbigliamento dei centauri, ma era talmente inebriante ed eccitante, che inarcai la schiena verso di lui, contro il rigonfiamento che a stento i jeans trattenevano. In un attimo il suo giubbotto e la maglietta volarono sulla sedia, mentre lui sapientemente era riuscito a slacciare i laccetti della mia camicia, mi aveva tolto la gonna e con le labbra tracciava un sentiero di baci dall’orecchio fino all’ombelico.
Gli slacciai la cinta ed i bottoncini del jeans, con lo stesso gesto gli abbassai slip e pantaloni, le mie mani gli tolsero gli scarponcini, mentre la mia bocca accoglieva il suo pene. Lo succhiai, lo leccai fino scendere ai testicoli e vedevo che gli piaceva. Poi mi alzai e lo allontanai da me. Era tutto nudo ed il suo corpo era magnifico: spalle larghe, fianchi stretti, le braccia toniche e muscolose, le gambe ben scolpite, sentivo il desiderio fortissimo di essere posseduta e sbattuta. Lui lo capì, mi avvolse la vita con un braccio, mi girò, mi spinse contro la scrivania e mi fece piegare in avanti. Mi tirò le braccia indietro stringendomi i polsi, scostò i miei slip e me lo infilò nel culo, cominciandomi a sbattere con impeto. A me piaceva da morire e più lo incitavo più le spinte diventavano più profonde. Ad un certo punto mi bloccò i polsi con una mano, mentre con l’altra mi strappò gli slip e mi slacciò il reggiseno. Brividi di piacere s’irradiarono dal basso ventre fino alla gola e con la mano libera cercò la mia clitoride, torturandola fino a procurarmi un orgasmo paradisiaco. Stavo ancora venendo, quando sentii lui che uscì dal mio buchino e mi bagnò tutto il sedere e la schiena. Il liquido caldo e denso era come se provocasse piccole bruciature sulla mia pelle. Entrammo nella doccia, aprì l’acqua e mi sollevò per le ascelle, io puntai schiena e piedi contro il muro, con le gambe divaricate(per fortuna che sono una ragazza molto sportiva)e lui in ginocchio davanti a me cominciò a leccarmi la figa, a succhiarmi la clitoride, ad infilarmi la lingua dentro, mentre l’acqua picchiettava i miei capezzoli. Poi si alzò, il pene prese il posto della sua lingua, le sue mani sui miei glutei, e mi diede il bacio più bello che io potessi mai immaginare. Continuò a sbattermi dolcemente e mordicchiarmi la gola, le orecchie e le labbra fino a quando non venimmo insieme.
L’asciugamano era abbastanza grande per avvolgerci entrambi, così ci stendemmo sul letto, dove presto Morfeo ci accolse tra le sue braccia. Fui svegliata da un leggero venticello che gonfiava le tende, ero sulla sponda del letto, con l’asciugamano che mi copriva solo le gambe. Così lo tirai più su fino a coprirmi le spalle, perché sentivo un pochino freddo, ma ad un certo punto sentii un braccio cingermi la vita e trascinarmi indietro. Al contatto con il suo corpo dimenticai il freddo, ed una sensazione di benessere s’impossessò anche della mia mente. Lui affondò il viso tra i miei capelli e mi chiese
“Hai dormito bene piccola? ” ed io risposi di si, poggiando la mia mano sulla sua. Aggiunse che forse era meglio sbrigarsi, la conferenza sarebbe iniziata tra mezz’ora, così decidemmo di prepararci ma di arrivare giù separati, non voleva che qualcuno presupponesse che fossimo stati insieme. Lui mi precedette e quando arrivai in fondo alle scale vidi la prof aggrappata al suo braccio che lo guardava con aria provocatoria. Beh, non aveva tutti i torti a sentirsi attratta da lui, i pantaloni grigi e la camicia bianca aperta sul petto avrebbero suscitato pensieri piccanti in qualunque donna. Ovviamente lei gli rimase incollata per tutto il giorno, ma lui non sembrava subire il suo fascino, le occhiate che mi mandava facevano intendere che avrebbe voluto scrollarsela di dosso per occuparsi di me. Alla fine della cena io mi alzai con la scusa di allontanarmi per andare alla toilette, e mentre riavvicinavo la sedia al tavolo sentiì la prof che domandava al dottorando se aveva voglia di accompagnarla per una passeggiata. Lui rispose che aveva da ultimare un progetto, e quindi sarebbe rimasto in albergo per lavorare al pc. Mi raggiunse in camera e mi disse di andare nella sua. Mi tolse il giacchetto, la maglietta, il reggiseno e mi fece indossare il suo giubbotto di pelle. Poi mi prese per mano e mi disse di seguirlo. Uscimmo sul balcone che dava sul parcheggio, scavalcammo il muretto e scendemmo per le scale antincendio. La sua moto era lì. Mi chiese se ero mai stata in moto, ed io gli risposi che mio padre aveva venduto la sua un anno fa. Così m’invitò a salire dicendo che i caschi non servivano perché saremmo andati piano e non avremmo preso la strada principale. La serata era fresca e dentro il suo giubbotto stavo veramente bene, anche se mi domandavo perché avesse voluto che lo indossassi a pelle. Le mie mani erano sulle gambe, ma piano piano le feci scivolare verso l’interno coscia. Sentivo i muscoli tendersi ad ogni curva, ed era eccitante, ma non tanto quanto sentire il rigonfiamento che spingeva verso il serbatoio, la sottile stoffa del pantalone lasciava intuire le reazioni del suo membro alle mie carezze. Arrivammo quasi subito, la stradina sbucava su quella principale, lui parcheggiò la moto e c’incamminammo verso un sentiero. Dopo 200 metri girammo a destra e salimmo più su, sulla collinetta da cui si dominava la baia. Ci fermammo in una piccola radura protetta da una siepe ma da cui s’intravedeva il paesino dall’altra parte dell’insenatura. La debole luce che arrivava permetteva di distinguere i tratti del viso ed i nostri corpi, ma ci avrebbe celato a sguardi indiscreti. Mi slacciò e tolse i pantaloni e gli slip, facendo altrettanto con i suoi. Si stese sull’erba e volle che mi mettessi a cavalcioni su di lui. Mi apri il giubbotto fino all’ombelico e disse che aveva voluto che lo indossassi così perché gli piaceva intravedere il seno che si muoveva mentre altre parti del mio corpo godevano e si deliziavano in altra maniera. Non avevo bisogno di preliminari per lubrificarmi, il modo con cui ci aveva spogliati era già abbastanza sensuale, così mi penetrò subito, e regolò i movimenti del mio bacino stringendomi la vita tra le mani. Le mie mani erano poggiate sul suo petto, i nostri respiri procedevano all’unisono, rotti soltanto dall’eccitazione che cresceva mentre i movimenti diventavano più veloci. Ma un rumore c’interruppe, e da dietro la siepe sbucò la prof. La sorpresa fu più grande dell’imbarazzo, lei ci spiegò che ci aveva visto parcheggiare la moto e imboccare il sentiero, così aveva deciso di seguirci, dato che l’uomo che le aveva dato l’appuntamento le aveva appena dato buca. Senza neanche chiederci se fossimo d’accordo, si spogliò, invitò me a stendermi sull’erba ed offrì il suo sedere a lui, mentre la sua testa affondava tra le mie gambe. La sua lingua esplorò ogni angolo della mia vagina ed alla fine si soffermò sulla clitoride che fu mordicchiata e succhiata, mentre le sue dita s’infilavano in ogni altra mia cavità. Mi disse che le piaceva l’odore che emanavo e che aveva sempre sospettato che io potessi avere un buon sapore. Intanto lui era entrato nel suo buchino ed aveva cominciato a sbatterla selvaggiamente. Lei stava andando in estasi, mentre lui aveva il petto e la fronte imperlati di sudore, ci si stava impegnando, ma non sembrava che gli piacesse più di tanto. Ad un tratto i nostri sguardi s’incrociarono e lui bisbigliando mi disse
“il mio nettare lo offro solo a te”. In quel momento tutto fu chiaro: lui voleva sbrigarsi a farla venire in modo da togliersela di torno, quindi decisi di dargli una mano. Scivolai sotto di lei, le infilai due dita nella vagina mentre col pollice le stimolavo la clitoride. Non volevo solo che venisse, volevo farla impazzire, così con la mano libera le palpeggiai un seno e la mia bocca accolse l’altro. Non ci volle molto a farla arrivare al capolinea, ce ne accorgemmo dalle parole che le uscivano dalla bocca, sempre più oscene e pesanti. Io e lui ci guardammo divertiti, non avremmo mai immaginato che una persona così fine potesse diventare così volgare, e quando finalmente ebbe il suo orgasmo ci allontanammo da lei. Con calma si rimise in piedi, si rivestì e ci salutò, dicendo che ci avrebbe invitato entrambi a tutti i seminari che si fossero presentati. Quando si fu allontanata, lui mi propose di fare una bagno in mare ed io acconsentii. L’acqua era tiepida ed era piacevole la sensazione che lasciava sulla pelle. Nuotammo fino al punto in cui io non toccavo più. Lui si avvicinò, io gli strinsi le braccia al collo e le gambe intorno alla vita e mi penetrò, muovendo il suo bacino dolcemente, ruotando il suo pene dentro di me o spingendolo fino in fondo, come se volesse toccarmi l’anima. Gli succhiai le labbra, e quando gli chiesi di offrirmi la lingua, simulai la penetrazione con la stessa intensità con cui lui entrava e usciva dentro di me. Insieme bussammo alle porte del paradiso che si spalancarono e ci accolsero tra gemiti di piacere. Ritornammo alla radura, aspettammo un pochino di tempo in modo che i nostri corpi si asciugassero e ci rivestimmo. Tornati in albergo salimmo di nuovo la scala antincendio ed entrammo in camera sua. Mi chiese di rimanere a dormire lì, visto che l’indomani dopo l’ultima conferenza e dopo il pranzo saremmo dovuti ripartire. Ci svegliammo abbracciati, trascorremmo le ultime ore sempre vicini e prima di partire, prima d’infilarsi il casco, mi sfiorò le labbra con un bacio dicendo che avrebbe atteso con impazienza il nuovo seminario, non per il menage a trois, ma solo per stare con me. Io lo assicurai che non sarei mancata, e seguii con gli occhi quel fulmine rosso che si allontanava tra la polvere, mentre m’incamminavo verso la portiera della spider. FINE
Per quante volte sono andato al seminario il massimo dell’eros è stato giocare a nascondino e nascondersi insieme ad una ragazza della mia età. Che cazzo di ricordo mi ha sbloccatooooo!