Cercasi Felicità (2 di 8)

Francesca nuda e al centro dell’ampio letto matrimoniale aprì gli occhi perfettamente risposata. Immediatamente ricordò ogni dettaglio della serata, come del resto ricordò ch’era sabato mattina e che si era addormentata alle tre e mezza. Avevano chiacchierato, litigato e si erano confidate per più di un ora guardando film pornografici, e tra un’ammissione ed un commento avevano giocato con i loro corpi.

Simona, la più spontanea, aveva trascinato Francesca che non si divertiva così da tanto tempo. Agì sul telecomando ed i serramenti della finestra si ritirarono silenziosi lasciando entrare la luce del sole che, calda, baciò il suo corpo. Si stirò ancora una volta e presa da un impellenza fisiologica si alzò scattante dal letto dirigendosi verso il piccolo bagno. Seduta sul water notò quasi subito un foglio di carta sul quale si potevano già intravedere da lontano i segni di una vivace scrittura. Sopra di esso, quasi a tenerlo fermo, un rasoio ed una forbice. Recuperò immediatamente il biglietto e lesse avidamente —Francesca sarò di ritorno per mezzo giorno e poi sarò tutta per te. Intanto puoi iniziare a depilarti. Troverai tutto l’occorrente nel bagno grande (Ti ho lasciato tutto fuori sul mobile), e ricordati di passare il rasoio dappertutto. Bacioni, tua Simona— Francesca dopo aver letto un paio di volte il biglietto si allungò di nuovo verso il mobile lasciando il foglietto di carta giallo nel punto dove l’aveva trovato e, prese le forbici, iniziò a tagliare alla rinfusa ciocche di peli castani e riccioluti del pube. Non voleva assolutamente che la sorella ritornasse dal giornale prima che lei non si fosse messa in ordine. Simona durante tutta la serata non le aveva fatto pesare minimamente quella sua intima sciatteria e per quella cortesia le era profondamente riconoscente. Ma ora non poteva più rimandare, l’imbarazzo era già stato abbastanza grande. Smise di sfoltire il pelo alla rinfusa e passata sul bidè prese a lavarsi cominciando ad immaginare la luminosità della pelle liberata dai peli. Frizionò ogni parte prima per lavare e poi per esplorare con le sue dita curiose. Le rime più interne erano ancora sopite ma potenzialmente esplosive, la zona del perineo sembrava elettrica e l’ano vicino palpitava nervoso. Ma quando con le dita tentò di recuperare il clitoride inarcò la schiena come trafitta da una saetta roboante. Tolse subito le dita. Non poteva permettersi di perdere del tempo prezioso. Voleva sicuramente presentarsi a Simona già perfettamente depilata, e voleva farlo con calma. Allora studiò il da farsi. Constatò subito che e il lavoro maggiore sembrava essere proprio la zona vicino alle cosce dove le gambe si fondevano nel bacino e il taglio delle natiche si trasformava magicamente nella vulva. Si alzò di scatto e dopo essersi asciugata lanciò un ultimo sguardo, per nulla malinconico, al pube ora a chiazze dando la peluria ormai per spacciata; la parte sul basso ventre era palesemente la parte più facile. Si recò immediatamente nel bagno grande dove trovò effettivamente sul mobile dal piano di marmo rosa flaconi e tamponi tutti accompagnati da un foglietto di carta gialla. In un angolo del bagno c’era una poltrona da barbiere che chiaramente modificata presentava un braccio mobile su cui era sistemato uno specchio. Girato opportunamente questo finiva in mezzo alle gambe permettendo alla signora che si depilava di raggiungere con la vista ogni punto del suo corpo. Francesca lesse tutti i biglietti lasciatole dalla sorella e poi si mise al lavoro. Sfoltì per quanto poté con le forbici il pube e le zone dove il pelo si ritrovava lungo e arricciolato. Poi recuperato il primo flacone si insaponò tutta, dall’interno cosce al pube e sedutasi sulla poltrona da barbiere iniziò a passare il rasoio. Con un sorriso felice, allargò le gambe per mettere bene in vista la vulva ricoperta di schiuma. Le grandi labbra erano socchiuse e ai bordi, tra i peli, brillava un filamento biancastro. Il cuore prese a batterle forte. Si stava eccitando al solo pensiero di prendersi cura di se. Prese subito a passarsi il rasoio rosa delicatamente sui bordi esterni della vulva. In una sola passata vide un ciuffo cadere inerte nella bacinella e subito dopo poté vedere meglio le grandi labbra e le rosee mucose vaginali. Si aprì la strada con due dita e fu per lei semplicemente elettrizzante. Allora ripassò la lametta sul pube oramai rasato ritoccando l’interno cosce e i bordi. Rifece quel percorso più volte perché la sensazione tattile della pelle rasata le metteva in corpo un eccitazione quasi incontrollabile. Ma non era ancora il momento per masturbarsi e scesa dalla poltrona riempì il bidè di acqua calda accomodandovisi a gambe larghe. Le mani scivolarono in mezzo alle gambe, accarezzando, lavando, sciacquando, disperdendo quel pelo castano e riccioluto caduto sotto i colpi del rasoio ultimo testimone d’una pelosità ormai lontana. Prese allora un tubetto di crema indicatole dalla sorella dal solito biglietto giallo e l’applicò dapprima con due dita, poi passando tutta la mano sulle labbra del sesso. La pelle frizionata dall’unguento era fresca ma anche straordinariamente morbida e vellutata. Lentamente tolse la mano, facendo scivolare le dita deglutendo per l’emozione. Si asciugò e dopo essersi infilata le ciabatte andò a far colazione. Nella cucina dalle generose proporzioni riuscì a trovare il necessario per il caffelatte, e messo a scaldare il latte si decise ad aspettare sul terrazzo. Aprì la porta finestra e nuda uscì all’aria aperta e senza pensarci si appoggiò alla murata godendosi il panorama dal decimo piano. L’attico non aveva terrazzi dalle ringhiere in ferro e di conseguenza il suo corpo nudo era praticamente invisibile. Fu allora che cominciò a rivedere le immagini dei film visti quella notte. Da principio erano soltanto dei flash quasi impercettibili, come un lontano ricordo ormai spento. Poi le macchie di luce si fecero più nitide, contornate, ammiccanti, essenziali, colme di passione erotica. Rientrò in casa, rabbrividendo di piacere per non assistere involontariamente immobile al suo orgasmo. Godimento che prima o poi, ne era sicura, sarebbe arrivato con la forza di una slavina. Non servì a nulla. Le immagini sembravano filtrare attraverso i muri come membri turgidi che penetravano vagine e ani, bocche assetate di sperma, e quei ricordi colmavano la sua fantasia quasi fosse una cassa di risonanza. Appoggiata al mobile della cucina vicino al bricco del latte ormai in ebollizione prese a massaggiarsi con il palmo della mano la vulva correndo incontro all’orgasmo. Il latte gorgogliava spumeggiate ma Francesca non voleva ascoltare. Tanto piacere era davvero troppo perché lo potesse interrompere. Quei ricordi la arrapavano, il piacere le entrava nelle ossa come una fluido magico, lasciandola senza forze, incapace di distogliere l’attenzione da ciò che aveva visto nei filmini e da ciò che avrebbe potuto fare lei stessa nel privé. Risentiva vagiti, rivedeva natiche maschili oscillanti davanti ad altrettante natiche femminili, ricordava bocche ansimanti scagliate con impeto contro vulve pulsanti e umide di umori. Avrebbe voluto anche lei essere li, fare qualcosa. Sentiva che era necessario unirsi a quei corpi prima di perdere quella magnifica opportunità, ma era ancora come paralizzata, tutto il suo essere femmina era concentrato nella sue dita che strapazzavano il clitoride. Quando l’impeto dell’orgasmo svanì lasciandola per un breve attimo appagata spense il fuoco sotto il bricco del latte e si concentrò come un automa solo sulla colazione. Ripuliti i fornelli dal latte rappreso sulla grata e sul piano di acciaio si diresse senza indugio verso la sala dove avrebbe aspettato la sorella guardandosi ancora filmini porno, ma passando per il corridoio si soffermò davanti allo specchio. Rimase con gli occhi incollati sulla vulva, guardandola con la medesima intensità con cui si poteva guardare un amante. Era follemente innamorata del suo corpo ed eccitata per come iniziava a saper guardar le altre donne, sebbene lei fosse una donna. —D’altra parte, come avrebbe potuto non eccitarsi per un corpo femminile impegnato in un orgia?— pensò carezzandosi con molta levità la pelle levigata del pube. L’idea d’essere la donna di tutti la seduceva, la ubriacava e quello stato di benessere le entrava nelle ossa ogni minuto di più. C’era qualcosa di magico nel pensarsi avvinghiata ad altri scambiandosi piacere ed era quel sentimento così puro che la rendeva ancora più speciale per il suo più grande amore. Lui, l’amico di sempre, non aveva assolutamente preteso che lei rinunciasse alla libertà sessuale, nemmeno quando a causa sua, vissero il sesso solo all’interno della coppia. Graziano non ne era geloso, e gliene era immensamente grata, e né andava fiera di potersi stringere ancora di più ad un ragazzo così intelligente e libero dai condizionamenti.

Aprì l’armadio con le video cassette e l’attenzione tornò di nuovo su di un titolo scritto a mano che riportava: Maggio 2002 il compleanno di Simona. Rimase qualche istante, rigirandosi la cassetta tra le mani, immobile per decidere se fosse giusto spiare nelle cose di sua sorella. Poi con l’impegno di spegnere tutto in caso si fosse imbattuta in cose troppo private infilò la cassetta. Il filmato partì subito e in un sotto fondo roboante di voci chiassose Francesca trasalì. Abbassò il volume e cercò di capire cosa fosse quel punto blu sfocato al centro dello schermo; tutto era rosa e per nulla definito, a parte quel punto blu che sembrava oscillare e prendere forma. Una delle voci più forti e nitide sembrava essere proprio quella di suo cognato e man mano che i secondi passavano l’immagine si definì sino a scoprire le forme di sua sorella Simona. Il rosa era così diventato il sedere della sorella piegata a carponi sulla tavola davanti ad una gigantesca torta, e il punto blu era un vibratore infilato nel retto. Diverse persone circondavano il tavolo, uomini e donne tutti completamente nudi; le signore radunate dietro la torta si toccavano le vulve depilate mentre gli uomini ai lati del tavolo si masturbavano puntando il corpo della sorella. Francesca andò a sedersi come inebetita sul divano buttandosi a gambe aperte, e senza nessuna remora prese a strofinare il palmo della mano sulle labbra della vulva stuzzicandone così il clitoride. Evitò di chiudere gli occhi ma inarcò il corpo e strinse le natiche non appena le immagini si mossero. La video camera era tenuta evidentemente dal cognato che salito alle spalle della moglie stava riprendendo tutta la tavolata. Si potevano udire distintamente i vagiti acuti delle signore e i grugniti sordi degli uomini che poggiati sul bordo del tavolo si masturbavano in onore della festeggiata. L’immagine strinse per un attimo sulle candeline dalla forma fallica che brillavano allegre sulla torta per poi passare in rassegna dei tanti pugni che stringevano altrettanti membri dai glandi ormai paonazzi. L’angolo di ripresa si allargò di nuovo sulle signore che a turno offrivano da leccare le loro mani intrise di umori ad una Simona che d’improvviso tradì con un cenno di plauso l’accendersi il pene meccanico che aveva infilato nel retto. Francesca riconobbe la mano del cognato azionare l’interruttore del vibratore e in sequenza vide anche il grosso pene teso dell’uomo infilarsi nella vagina della sorella. Bloccò l’immagine e ristette a guardare quel pene affondato per metà finché il video registratore non ripartì automaticamente allo scadere del minuto, limite invalicabile del fermo immagine. I volti e i dettagli incominciarono a traballare vistosamente e Francesca strizzando gli occhi salutò il suo primo orgasmo con il quale si caricò ancora di più ed accolse arrapata il primi schizzi di sperma che colpivano il corpo della sorella. Schiena, viso e capelli erano i bersagli principali degli uomini che come impazziti si masturbavano ad un palmo dalla festeggiata imitati dalle loro mogli che sempre a turno andavano in pellegrinaggio verso la bocca di Simona offrendole i loro umori e spargendo con le dita quelli dei loro mariti. Ad un certo punto la telecamera passò di mano e Francesca poté vedere il cognato prendere la sorella per i fianchi. Intensificati i colpi, l’uomo non si fermò sino a quando evidentemente al limite si sfilò e sfilato anche il vibratore terminò la sua corsa nell’ano godendo così nell’intestino della sorella. Ascoltò i gemiti di Simona che le ricordavano una suonata per pianoforte, uno zampillare di argentino di fontanelle, una manciata di biglie d’acciaio sul parquet del bowling. Se fosse stata un uomo si sarebbe innamorata immediatamente di lei. Invece sua sorella apparteneva all’uomo che la stava inculando. Simona in preda all’orgasmo prese ad ansimare così forte che con il fiato spense le candeline sotto uno scrosciare di mani e tra membri flosci e vagine arrossate la compagnia prese a fare gli auguri ad una festeggiata dal volto stravolto dall’orgasmo e rigato di sperma. Il filmino finì ed un blu elettrico prese possesso del video spodestando quelle immagini così belle e cariche di umanità. Rimase come inebetita con la testa frastornata dagli orgasmi ripetuti che si erano succeduti con vigore dentro di lei sconquassandola. Sapeva quando aveva infilato la cassetta nel videoregistratore che il tenore di quella festa doveva essere esattamente quello di un orgia casalinga tra amici. Ma il divario emozionale tra il supporlo ed il vederlo era stato esattamente come il tuffarsi da un trampolino e ritrovarsi in acqua senza nemmeno fare in tempo a formulare anche un solo semplice pensiero. Con quelle immagini ogni dubbio si era dissolto, era svanito nel nulla adesso che aveva visto sua sorella e tanta altra gente come lei, lì all’altro capo del mondo, scopare semplicemente come dei perfetti atleti del sesso. Era incredibile. Proprio ad una normalissima festa di compleanno, con tanto di torta ed invitati, tutti avevano scambiato con la festeggiata panna e umori. E non era una festa come le altre, come quelle che aveva odiato sin dai tempi del liceo e che le ricordavano solo delle lunghe e noiose partite a monopoli, no. Quella era davvero una festa con la effe maiuscola, anche se doveva essere sincera con se stessa. Non sopportava dividere il mondo tra quelli che avevano capito quella sottile differenza e chi no, ma in quel momento non riusciva a trovare altre parole per descrivere la gioia. Si promise di cercarle appena l’eccitazione accesa dentro di lei si fosse almeno sopita. Si stropicciò gli occhi con le dita profumate di umori. Era quasi stanca di prima mattina, ma si sentiva benissimo. Voleva soltanto pensare che era felice per aver accettato l’invito di Graziano e sperare che la sua decisione fosse davvero quella giusta. D’altra parte era più che sicura che fosse molto più facile sbagliare una vita fatta di istinti repressi che dedicarsi con semplicità ai piaceri e all’amore vero e proprio.

—Buon giorno cognatina— disse forte ed inaspettata una voce alle sue spalle.

—Eh, ciao… Franco come va?— rispose Francesca di soprassalto voltando la testa verso il punto da cui aveva sentito provenire la voce. Non pensava di dover ricevere nessuno, Simona non sarebbe rientrata almeno prima di un ora e la casa fino ad allora era stata dolcemente silente. Si erano sentiti solo i vagiti suoi e quelli dei filmini che aveva guardato sino a quel momento. A gambe aperte e con la mano sulla vulva guardò suo cognato, come solo una donna eccitata poteva guardare un bell’uomo. Gli guardò con insistenza la patta dei pantaloni sapendo benissimo, per averlo visto nel filmino, che il marito di sua sorella era in possesso di un pene considerevole. Avrebbe voluto toccargli il sesso ma un brivido di vergogna la fece arrossire, e con un gesto istantaneo chiuse le gambe

—Oddio, mi spiace— disse debolmente. —Ma no Francesca, che fai? Eri partita così bene— le disse l’uomo carezzevole

—Simona mi ha detto tutto al telefono—

—Simona ti ha parlato di me?— chiese Francesca che sempre seduta sul divano guardava l’uomo dall’alto in basso.

—Si è mi ha detto tutto e tra le altre cose mi ha anche accennato al fatto che ti ha lasciato un compito…— disse lui giocoso prendendole le mani per invitarla ad alzarsi

—Ti detto di fare una cosetta per domani pomeriggio, non è vero?— Francesca si alzò in piedi e pian piano quel groppo alla gola che le ingorgava il respiro diventò solo uno spiacevole incidente

—Ma tu da quanto sei arrivato?—

—L’aereo è arrivato stamattina alle nove, poi sono passato in ufficio per lasciare il materiale della conferenza e adesso sono qui a prendermi cura delle mie donne, delle mie due belle sorelline— disse guardando il corpo snello e slanciato della cognata.

—Vuoi dire che tu… dopo il viaggio non sei venuto subito a casa per… non disturbarmi?— chiese Francesca a questo punto a disagio per l’evidente incomodo che si stava creando a causa sua.

—Francesca, non dire… — reagì l’uomo con vigore

—Non dire stronzate! Scusa la sincera volgarità ma tu sei di famiglia, anche se l’ultima volta che ci siamo visti tutti insieme, ahimè era solo per un innocua cena, il Natale scorso.—

—Lascia, sono abbastanza volgare anch’io— rispose accomodante Francesca

—E allora ti ringrazio per avermi lasciato la casa libera, questa mattina… e piacere di rivederti dopo quasi un anno—

—Il piacere è tutto mio— rispose pomposo l’uomo esibendosi in un bacia mano. Quelle lunghe dita intrise di umori vaginali furono baciate ed annusate virilmente da Franco che dopo un interminabile istante folgorò la cognata con uno sguardo letteralmente arrapato

—Ma quale volgare! Tu non sei volgare… Francesca sei sempre stata una splendida ragazza ma ora che ti vedo nuda, con la fica depilata, il ventre piatto, i fianchi dolci… le tette dure e le manine sporche della tua sborra… beh me lo fai tirare e non posso assolutamente esimermi dall’invitarti a scopare, adesso, qui mentre aspettiamo Simona.— Francesca gli saltò al collo felice

—Accetto volentieri— ansimò

—Non mi sono mai sentita lusingata come in questo momento—

—Vuoi guidare tu?— le domandò sempre tenendola stretta fra le braccia.

—Non sono così sfacciata dal pretendere di insegnare al maestro— rantolò Francesca.

—Ti ho già visto all’opera… sai?— accennò indicando il televisore.

—Uh, non essere sciocchina,— la blandì dolcemente abbracciandola forte e giocando con i suoi glutei

—dimmi allora cosa vorresti fare sopra ogni cosa— Francesca deglutì eccitata e le parole solo dopo un secondo uscirono rauche della gola

—Prendertelo in bocca… fino alla fine—

—Non essere così precipitosa… abbiamo tempo— le disse guidandole la mano sul gonfiore del pene che iniziava a lievitare a tal punto che il glande andava scappucciato ritraendo con le dita la pelle che cominciava a stringere.

—Ma io voglio farti venire in bocca, nella mia bocca che terrò ovviamente chiusa fino alla fine…— spiegò Francesca cercando la lampo dei pantaloni.

—Si certo, ma non è detto che tu debba fare tutto in quell’ordine— accennò Franco lasciandola volutamente in sospeso per godersi quella la sua espressione genuina di ingenua ragazza arrapata. E solo dopo un lungo attimo iniziò a slacciarsi la camicia riprendendo a parlare

—Inizieremo come vuoi tu con un pompino, ma continueremo con altre belle cosette, e alla fine, solo alla fine ti farò l’onore di venirti in bocca— Francesca rantolò di piacere stringendo il membro turgido del marito di sua sorella Simona

—Allora cosa debbo fare?—

—Aiutami a mettermi nudo… lo spogliarello maschile non è il massimo dell’eleganza— Francesca si inginocchiò davanti all’inguine di Franco. I suoi seni spingevano orgogliosamente contro la stoffa dei pantaloni, e le sue mani desideravano ardentemente carezzare quelle gambe ritte e muscolose. Francesca gettò uno sguardo ardente sulla patta ancora chiusa dei pantaloni facendo scivolare le dita sotto il cavallo ad accarezzare i testicoli. Per Francesca quasi quattro mesi di astinenza avevano reso goffi i suoi movimenti. Non disse nulla per qualche secondo, ma aiutata da Franco sciolse la stretta della cintura, sbottonò i pantaloni ed abbassò i boxer. Sul volto di Francesca sbocciò un caldo sorriso

—Ciao bel pisellino,— disse rauca sottovoce

—È bello vederti. Chiunque tu sia— recitò giocosa aiutando Franco a togliersi la giacca e a slacciarsi la camicia. E fu lui che per primo si prese in mano il pene finendo di scappucciarlo, e con il glande completamente esposto presentò il trofeo alla cognata

—Anche per me è bello,— rispose avvicinando sempre di più il pene al volto della ragazza. Francesca posò le labbra sul pube peloso abbracciando le gambe che sentiva sode e nervose. Franco sentitosi circondato dalle delicate braccia della ragazza le mise amorevolmente le mani sulle spalle e dopo qualche istante si irrigidì percependo il morbido tocco della lingua avvolgergli il pene. Continuò a slacciarsi la camicia, finché finì di spogliarsi mentre lei continuava a succhiarlo e leccarlo. Guardò ancora per qualche istante le labbra di Francesca che contornavano il pene e lentamente, ma progressivamente la ragazza si mosse risucchiando, leccando e accompagnando la masturbazione con una mano sui testicoli.

—Francesca ora facciamolo assieme— le sussurrò invitandola verso il divano dove la fece accomodare in modo da poterle raggiungere la vulva con il viso. Franco disteso di schiena l’accolse sopra di lui, e toccò sempre a lui dirigere le operazioni. La fece rigirare e, con un’evoluzione da valente contorsionista, le lasciò il pene in bocca distendendosi su di lei. Con il viso affondato nel pube umido e depilato giocò con il clitoride di Francesca; lei a sua volta si infilava il pene in bocca sino in gola, succhiandolo e leccandolo senza eccessiva fretta. Smisero di risucchiarsi a vicenda quando Francesca tuonò il suo primo orgasmo bagnando il viso di Franco; l’uomo poté notare solo allora gli occhi della ragazza ammantati e protetti da un velo di eccitata gratitudine. Lei si distese su di un fianco, Franco la raggiunse, accarezzandole la vulva, aperta, calda, umida, con la pelle morbida viscida di umori e saliva. La sentiva fremere sotto le sue dita. Fece per penetrarla, ma lei si girò su di un fianco

—Da dietro, Franco da dietro— Franco allora infilò il pene in mezzo alle gambe e Francesca con una mano lo diresse verso la vulva; quando al tocco lui percepì le grandi labbra spinse il pene fino a sentirlo entrare. Lei muoveva il bacino, quasi a voler condurre la penetrazione, mentre lui spingendo a sua volta con energia le stringeva i seni che al tatto gli parevano perfino più grandi.

—Francesca ora cambiamo— gli sussurrò ad un orecchio chiedendole di assecondarla. Lei lo guardò distendersi di schiena sul pavimento chiedendogli

—Cosa faccio ora?—

—Vienimi sopra a spegni moccolo—

—Ho capito— disse lei mettendosi a cavalcioni ma in ginocchio, sul petto del marito di sua sorella.

—Non così— la corresse

—Alzati e puntando i piedi atterra centrami l’uccello, io lo terrò dritto con le mani— spiegò Franco puntellando il pene verso l’alto. Francesca con molta agilità appoggiò appena la vulva sul pene, poi, con un colpo deciso, scese verso il pube.

—E adesso che faccio?— chiese Francesca ansimante.

—Se ce la fai a sorreggerti con le gambe… prova a muoverti su e giù— rispose Franco con il respiro tremolante per lo sforzo e dal piacere. Francesca si fermò a prendere fiato e poi prese a muoversi su e giù come le era stato suggerito, e sempre più velocemente raggiunse l’orgasmo in un urlo liberatorio.

—Scusami, ma erano mesi che non godevo così— spiegò al cognato stravolta ma felice

—Tu non sei venuto, però?—

—E’ ora per me di esaudire il tuo desiderio— gli ricordò Franco alludendo alla voglia di Francesca di poter ingollare il suo sperma.

—Ho cambiato idea… ti dispiace?— le disse lei in tono di scusa rimanendo sempre a cavalcioni del pube e con il pene sempre conficcato dentro di lei.

—Vuoi che ti venga dentro adesso, o semplicemente addosso?— chiese lui per niente infastidito da quel cambio di programma.

—No, no Franco mi è venuta voglia di prenderlo nel culo…— disse infervorata ed arrapata ma l’uomo la guardò con aria interrogativa e lei si sbrigò subito nel fornirgli una spiegazione

—L’ho preso altre volte nel culo e sono andata in bagno meno di due ore fa—

—Allora va bene— acconsentì Franco.

—Sentire un uomo che mi viene nel sedere è, è semplicemente fantastico— disse gioiosa sfilandosi dal suo ventre per mettersi subito a carponi. Franco si spostò dietro di lei e puntò il pene verso il sedere. Inumidì un dito di saliva e di umori vaginali con il quale bagnò più volte l’ano fin quando il muscolo non reagì alle stimolazioni rilasciandosi. Allora e solo allora avvicinò il glande all’ano palpitante.

—Sei pronta cognatina?—

—Si, non ti preoccupare, spingilo dentro— lo incitò Francesca che con la mente era lì, su quel glande poggiato tra le sue natiche che ancora Franco non si era deciso a spingere dentro

—Dai, dai…— l’implorò e Franco afferratola i fianchi con un colpo deciso di reni la penetrò all’improvviso. Il pene dritto scivolò nelle sue viscere senza incontrare ostacoli.

—Così piccola?—

—Certo, certo cosi…—

—Allora adesso mi faccio un giretto, eh?— disse Franco ritraendo senza estrarlo il pene per affondarlo di nuovo ed iniziare il classico movimento avanti ed indietro. Le pareti del retto stringevano il pene di Franco che percepiva sempre di più l’orgasmo montargli dentro, acme che si manifestò con il risalire del primo fiotto di sperma lungo il canale spermatico.

—Eccolo, eccolo…— urlò di nuovo Francesca mugolando partecipe il suo nuovo orgasmo sull’onda di quello di Franco che fu potente ed estremamente fruttifero. La tenne abbracciata di schiena finché con il pene ormai floscio non gli restò che estrarlo umido di sperma.

—Eri in arretrati, vero?— Francesca si girò verso di lui, sorridendogli e lo ringraziò

—Franco, non tutti sono disposti a farti godere così. L’ultimo ragazzo ad esempio non mi ha mai inculata.— spiegò seria, ma quando vide il pene rimpicciolito si distrasse ed iniziò ad accarezzarlo coccolandolo

—E poi anche per le scopate normali era un po’ una noia… — si avvicinò ancora di più al cognato abbracciandolo, stringendolo forte, schiacciandogli i seni contro il petto

—Grazie ancora per quello che tu e Simona state facendo per me— Francesca da quando era entrata in quell’attico stupendo, in quel luogo di prestigio tutto vetri e terrazze fiorite affacciate su una Milano più che mai viva, era letteralmente rinata. Tutto le sembrava più chiaro, netto e pulito. Certo c’era qualche imperfezione qua e la, qualche paura da combattere, ma sapeva bene come era importante non forzare le tappe. Era conscia che il tempo a sua disposizione era così poco e prezioso, tanto da preferire trascorrerlo nel modo migliore possibile. Ma aveva anche una gran paura che assieme alla foga di conoscere, tralasciasse, escludesse qualcosa di indispensabile. E allora navigava a vista senza costruire la sua vita solo sui dei principi astratti, e quello era assolutamente il momento della concretezza. Appena Simona rincasò fu accolta da una selva di urla di incitamento. In una sala dal pavimento tappezzato di vestiti buttati in terra alla rinfusa e dell’inequivocabile profumo di sesso trovò il marito e la sorella che le gridavano —Nuda, nuda, nuda….—

 

FINE

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