Alle diciotto e quaranta Cristina e Luciano li salutarono rinnovando appuntamento per l’indomani all’una e mezza. Da casa di Franco e Simona avrebbero sicuramente proseguito insieme sino alla villa del privé. Francesca era felice per essersi concessa quasi totalmente a Cristina in rutilante carosello di tenerezze e confessioni amorose, al contrario di sua sorella Simona che in cucina, in piedi poggiata al frigorifero, aveva approfittato senza riserve del marito e del fratello.
—A cosa pensi Franci?— le chiese Simona passandole alle spalle per recuperare la spazzola. Francesca ristette un attimo come inebetita davanti allo specchio e poi riprese a frizionare i capelli talmente crespi che bagnati formavano tanti anelli scuri e compatti. Sbucò dalla salvietta e guardando la sorella riflessa nello specchio rispose
—Al ragazzo di quella mia compagna di appartamento…— accennò con lo sguardo perso nelle immagini riflesse dallo specchio dove il seno marmoreo della sorella ballava sotto i colpi di spazzola
—Poveretto, stava con quella scema che l’ha lasciato solo perché lui da tre anni andava con una prostituta— Simona smise di spazzolarsi e la guardò in tralice
—E perché dici poveretto?—
—Perché lei non lo faceva mai scopare come si deve…— Francesca guardò la sorella, sempre attraverso lo specchio, spazzolarsi lentamente attenta al suo racconto —e insomma lui è andato con una puttana, ed era sempre quella—
—Si ma i motivi possono essere anche altri…— obbiettò Simona passandole l’asciugacapelli.
—No Simo, non facevano niente all’infuori di una ciulatina in un letto stretto e in una stanza semi buia… capisci?— tentò di spiegarsi meglio Francesca —…era un solo un colpo e via!— accese il phon dicendo
—Lui a quanto ne so continua ancora a cercarla… ma lei… anche se sa di amarlo ancora, ma non si fida più di lui.—
—E tu cosa ne sai?—
—Ho dovuto fare da confessore ad entrambi…— sospirò
—Si dice confessore o confessatrice, eh?— cambiò velocità al phon
—Oppure sfigata… la cogliona a disposizioni di tutti, per ascoltare le sfighe di tutti!— Simona rise,
—Non lo so… però ora sbrighiamoci che altrimenti Franco si incazza, e ci ha anche ragione— Francesca si concentrò sui propri capelli maneggiando il phon con maestria per non soffrire inutilmente nel tentativo di districare i suoi capelli ricci e tremendamente elastici. Ma i suoi gesti quel pomeriggio erano quasi distratti e altrettanto veloci quanto i suoi pensieri. Ogni tanto strizzando gli occhi gemeva in una smorfia di dolore. Ignorò quegli stupidi inconvenienti e ripensò a tutti i turbamenti che l’avevano accompagnata durante l’adolescenza. Rievocò la masturbazione e rivisse in un attimo tutte le scoperte che aveva fatto man mano ch’era cresciuta e che le erano servite a vivere i suoi rapporti, che mutando erano divenuti ogni giorno sempre più profondi ed intimi, al meglio di se stessa. E così ripensò anche alla sua compagna di casa e alle sue fobie sul sesso constatando quanto grande fosse la distanza tra loro.
—Ma tu quella la conoscevi bene?— le chiese Simona mostrandole un suo vestitino azzurro che Francesca avrebbe potuto indossare perché ormai troppo striminzito per lei. Francesca dopo esserselo appoggiato addosso rispose
—No, affatto! Prima di conoscere il suo ex fidanzato… voglio dire… prima di scoparci assieme, c’erano stati dei segnali poco chiari ma io non era stata in grado di coglierli…— si strinse il vestitino alla vita e disse con un sorriso
—Bello, molto bello e trasparente—
—Già, questo me l’ha regalato Franco qualche anno fa, ma aveva sbagliato la misura e a me con queste tette non sta più!— disse Simona storcendo la bocca
—E bisogna anche portarlo con un tanga piccolissimo altrimenti ti segna il culo—
—Lo provo subito— disse Francesca spostandosi immediatamente all’interno del room box dove c’era un ampio specchio. Prese a camminare su e giù provocando apposta un vortice d’aria che nel movimento il vestitino celeste si alzava lasciando intravedere la vulva
—Ecco quella la— alluse puntando un dito nel vuoto alla sua ex compagna di casa —…un vestitino così non se lo sarebbe mai messo. Era fatta così, anzi è fatta così, e purtroppo per lei considera il sesso più un dovere a cui bisogna rassegnarsi… che…—
—Ne fai un quadro tragico— commentò seria Simona sollevando l’orlo del vestitino così da scoprirle il sedere. Francesca scosse la mano in segno di riprovazione ricordando d’aver dovuto ascoltare in stretta successione uno dopo l’altra le miserie di entrambi. La sera lei e il girono dopo lui.— Subito non avevo capito quanto lei avesse torto ma quando ha ammesso più o meno orgogliosamente: io so di essere come tutte molto classica a letto… beh mi sono caduti anche quelli che non ho— Simona rilasciò l’orlo del vestitino celeste
—Se ne possono incontrare di persone così…— constatò disillusa e per esorcizzare quello stato crescente di tristezza carezzò il sedere della sorella, che visto da dietro era uno spettacolo affascinate.
—No Simo non la difendere, quella è un caso clinico— rispose infervorata Francesca —Perché una che pretendere di scopare al buio e stando sempre rigida come un manico di scopa non è proprio normale! Senza contare che non se la menava neanche da sola— Simona intanto si era infilata un vestitino leggero che lasciava trasparire tutte le forme. Il tessuto estremamente morbido le donava un’aria semplicemente sbarazzina
—Io non la difendo, però in certi casi le responsabilità sono sempre più o meno a metà. Magari se lui fosse stato più insistente—
—No tu non la conosci…— disse voltandosi verso la sorella
—Hei Simo ma stai proprio bene— esclamò improvvisamente Francesca cambiando tono di voce. Simona era veramente una bella donna, il vestito ed i capelli biondi pettinati con le punte all’insù le donavano un’aria estremamente enigmatica e sensuale.
—Se non fossi una donna ti farei la corte— aggiunse tra il serio ed il faceto inebriata quel profumo fragrante, fresco ma penetrante, della pelle.
—Beh Franci— scoppiò a ridere Simona —donna o meno avresti avuto sempre il problema della parentela, siamo sorelle… ricordi?—
—La sai una cosa? Ha ragione mio cognato, che poi è tuo marito… che dice vuoi avere sempre l’ultima parola— rispose Francesca intenta a verificare allo specchio quando si potevano intravedere le forme della sua vulva attraverso il vestito nell’ipotesi di lasciare le mutandine nella borsetta.
—Ragazze quanto avete?— chiese Franco entrando nel room box nudo e ancora con il corpo imperlato d’acqua.
—Ci mancano solo le scarpe…— mentì giocosa Simona.
—Ma tu Crick, non hai messo le mutande— constatò l’uomo alzandole l’orlo del vestitino svolazzante
—E neanche la principessina sul pisello— concluse andando a verificare di persona che la cognata non aveva messo nessun capo di biancheria intima.
—E allora, non potremmo venire così?— chiese in tono ilare, ma provocatorio la ragazza. Franco scosse la testa sconsolato
—Siete donne… e anche voi non fate eccezioni!—
—Attenzione arriva la stronzata— commentò sarcastica Simona
—Cioè?— chiese ridendo Francesca Franco prese fiato ed dopo una pausa studiata declamò
—E’ semplice tutte le donne sono innamorate delle loro mutande, e anche delle porcone disinibite come voi, sono sicuro, non sono capaci di lasciare le mutande a casa—
—Porco sarai poi tu!— urlarono le due donne correndogli dietro brandendo ognuna due ometti da armadio.
—Comunque mettetevi le mutande, non vorrei che mi macchiaste i sedili dell’auto— urlò giocoso Franco scappando verso il corridoio. Francesca non era mai stata in un ristorante così elegante e al tempo stesso così informale, carino, piacevole ricavato in un’antica abbazia sconsacrata. La cena era andata benissimo e l’ottimo vino aveva risvegliato prontamente Francesca che verso inizio serata aveva avuto un piccolo calo di energie.
—Franci vedo che ti stai riprendendo— le disse Simona sporgendosi leggermente sul tavolo gesticolando leggermente con le mani, lunghe ben curate, delle sensuali unghie rosse.
—Se sei stanca dillo pure che domani si sta a casa— scherzò Franco dando di gomito alla moglie. Francesca sorrise accaldata tanto che persino il vestito leggero le sembrava troppo pesante
—Verrei anche con la febbre a quaranta— replicò muovendo i seni nel vestitino celeste.
—E’ proprio bello quel vestitino, sai— la lusingò Franco
—E sono contento che a Simona non vada più così lo puoi portare tu—
—Mi sta proprio bene allora?—
—Si perché è trasparente abbastanza da costringere voi donne a mettere sotto solo dei microslip a perizoma— spiegò Franco studiando le espressioni delle due donne, quella di sua moglie pienamente convinta e quella di sua cognata stupita ed ammirata. Avevano un tavolo vicino alla balconata del ballatoio proprio sopra la sala maggiore disseminata di tavoli altrettanto ben sistemati ed orientati in modo che il disegno non ricordasse una banale scacchiera. Strinse l’occhio alla moglie in segno d’intesa. Simona dopo aver guardato giù dalla balconata si accorse che da una tavolata di una decina di persone, probabilmente colleghi, due ragazzi vestiti elegantemente ma casual guardavano con insistenza verso di loro. Con gesti misurati Simona si tirò un po’ su la gonna da sotto il tavolo allargando le gambe.
—Hai visto?— chiese Franco all’incredula Francesca
—Adesso fallo anche tu—
—Cosa?—
—Apri lentamente le gambe e goditi gli sguardi di quei due la sotto— spiegò meglio Simona
—Dai Franci, buttati— Francesca mosse leggermente le ginocchia e quel movimento fece spostare vestitino celeste che si ritirò lasciando vedere il perizoma bianco
—mi sa che da lì si vede tutto sotto la gonna. Certo è così… da come mi stanno guardando le gambe e così come sto… vedranno anche quel poco di slip…— commentò appena i due ragazzi presero a darsi di gomito. Quasi subito Francesca si sentì avvolgere da un languore a lei ben noto ed iniziò a sentire un pizzicore incredibile tra le labbra della vulva
—Ragazzi è… incredibile mi sto eccitando, mi sto bagnando solo ad essere guardata e non posso non voglio chiudere le gambe.—
—Franci, va bene ora rilassati e lascia stare quei due poveretti— l’esortò Simona
—Non è giusto per loro… altrimenti ti mando giù e ti costringo ad incontrarli nel bagno e far loro una pompa—
—Va bene Simo— disse Francesca richiudendo le gambe a finire quel gioco così stuzzicante malgrado si sentisse disponibile e vogliosa.
—Senti, ma adesso dov’è Graziano?— chiese Simona cambiando repentinamente argomento
—Non è che tu adesso stai qui e lui si ammazza di seghe e di pensieri da qualche altra parte?—
—E’ andato a Londra con suo padre per conoscere i soci inglesi— spiegò Francesca distogliendo lo sguardo dai due ragazzi che continuavano a tenere il naso all’insù
—Comunque mi ha dato il suo numero di cellulare e ci siamo dati appuntamento telefonico per domani mattina—
—Chiamalo adesso, dai— propose Franco. Francesca nicchiò.
—Si, dai sarà in stanza a quest’ora— constatò Simona guardando l’orologio
— e se sta anche studiando qualche tabella piena di conti e cifre… beh sei sempre la sua Francesca, no?—
—Hai ragione, però il mio cellulare è con la ricarica e…— constatò con un certo imbarazzo
—credo di non avere abbastanza credito per chiamare l’estero— Franco gli porse prontamente il suo —Usa il mio, tanto paga la ditta— disse scherzando Franco per non mettere in ulteriore imbarazzo la ragazza.
—Perché avrebbe fatto qualche differenza se fosse stato nostro?— domandò leggermente seccata Simona. Franco piccato per quella uscita poco felice della moglie replicò con altrettanta pungente ironia
—Io conosco la sorella e so quanto sta al telefono— Simona sbarrò gli occhi pronta a replicare ma Francesca le mise una mano sull’avambraccio e disse di getto
—Prima gli mando un sms perché non voglio chiamarlo se c’è li il padre… te lo ricordi, no Simo, quanto è bastardo suo padre, no?—
—Una volta credo di averlo visto all’opera anch’io— ricordò Franco
—No Crick? Quella volta su da voi…— Simona annuì dimostrando d’aver ingollato il precedente battibecco. Intanto Francesca aveva battuto il primo messaggio che subito fu seguito da un bip di recapito
—Dai leggilo, leggilo…— disse Francesca fremente davanti al display del telefono. Simona guardava il telefono e Franco guardava le due donne in adorazione di quel piccolo agglomerato di plastica e silicio che pareva potenzialmente pronto a provocare loro un orgasmo. Un secondo bip notificò l’arrivo di un messaggio.
—Franci cosa dice cosa dice?— chiese subito Simona.
—Non so, Franco come si leggono i messaggi con il tuo telefono?— chiese Francesca passandogli l’apparecchio
—Te lo apro ma non lo leggo— disse l’uomo che dopo pochi rapidi comandi restituì il telefono alla ragazza senza guardare il display. Francesca lesse il messaggio in poco meno di tre secondi e senza aspettare altro compose il numero portandosi immediatamente il telefono all’orecchio. Simona le fece segno di appartarsi, ma Francesca ancora in attesa che si ultimassero le operazioni per la connessione internazionale disse mettendo una mano sul microfono
—No vi voglio vicini— —Ma Franci, lui magari no!— protestò la sorella.
—Ma io si!— chiuse la ragazza prima di cambiare tono ed esplodere in un
—Ciao Graziano, come stai?— Franco e Simona potevano udire solo le parole di Francesca perché il brusio della sala era molto alto ma dalle espressioni del viso di della ragazza potevano intuire spesso le risposte. Ma quando il telefonino fu il solo e perfetto tramite tra due entità perfettamente coniugate lasciarono Francesca sola al tavolo trasferendosi sulla terrazza panoramica, vessillo e vanto del ristorante.
—Mi ama, si è fatto una sega nella stanza albergo, ovviamente il padre non c’era ed io mi sono bagnata tutta— disse appena chiusa la conversazione si ricongiunse alla sorella e al cognato
—Torna martedì, lo vado a prendere all’aeroporto… Franci se sono ancora qui, lo posso portare a casa vostra?—
—Ma se volete stare un po’ soli…— rispose imbarazzata Simona.
—Dai Simona andiamo da mia sorella— propose Franco molto pragmatico.
—Perché?— chiese Francesca stupita
—Arriva la mattina e mi ha detto che ha la giornata libera. Andremo un po’ in giro a fare i fidanzatini come una volta e poi la sera saremmo da voi— deglutì —Mi riempie d’orgoglio presentarlo a voi scopandoci assieme—
—Ne siamo estremamente lusingati ma lui cosa ne pensa?— chiese Franco cercando d’essere il più calmo possibile.
—Ha accettato senza alcun problema, come è stato contento di sapere che domani andiamo alla villa…— spiegò Francesca
—Ed è stato proprio quando gli ho detto di domani che ci ha invidiati… ed ha a sua volta proposto un altro incontro simile—
—Si però alla sua festa ci vai da sola perché sarete tutti giovani— definì con chiarezza Simona
—Sono d’accordo— chiuse definitivamente Franco.
—Grazie— esultò Francesca.
—Ragazze perché, non andiamo a fare un puttan tour?— chiese divertito Franco
—Ma vai a dormire!— lo redarguì scherzosamente la moglie. Francesca rise ed aggiunse
—perché ci siete mai andati?—
—Ma va!— disse Simona storcendo la bocca
—Ti sembro una che per giocare…— accennò alludendo ad un frullare di dita in un sesso femminile
—debba pagare una puttana?—
—In effetti sorellina, io non ti ci vedo proprio—
—Perché tu ne saresti capace?— Franco per smorzare quel piccolo gioco sorretto solo dall’agonismo verbale accennò giocoso
—Perché Crick non le racconti di quando hai messo le tue mutandine nel filtro del condizionatore di casa?— allargò le braccia sfoderando un sorriso malizioso perché Francesca si era immediatamente zittita per la succulenta notizia. Allora continuò
—Siamo stati una settimana immersi nel profumo di passera e cazzo—
—Perché— chiese con aria estremamente ingenua Francesca. Franco mise la carta di credito nel piattino con il conto ed aspettò che il cameriere se ne fu andato per spiegare
—Perché noi a casa abbiamo un sistema di condizionamento che ci permette di stare freschi d’estate e caldi in inverno al punto che tua sorella è sempre svestita tutto l’anno—
—Tosto!— zufolò Francesca.
—E già, bello… però una sera non si sa come, un paio di sue mutandine sono finite nel filtro che teniamo nel terrazzo della camera e del bagno…— spiegò lasciando sempre in sospeso Francesca che con gli occhi lucenti pendeva dalle sue labbra
—Però è meglio che ti fai dire da tua sorella come ci è finito quel tanga, li dentro—
—Ma io non lo so, come te lo devo dire!— reagì di botto Simona e a Francesca quella risposta sembrò sincera —Però ti posso dire che erano veramente bagnate, quelle mutande!—
—E va bene Simo, ma quanto potevano essere bagnate?— chiese Francesca che ormai non riusciva a capire dove finisse la vera cronaca e dove iniziasse il racconto di fantasia.
—Era una domenica pomeriggio di fine novembre, io dovevo andare negli stati uniti per una conferenza, e ci eravamo attardati più nel solito alla villa— spiegò Franco molto concisamente
—Siamo venuti via di corsa per evitare anche il traffico della domenica pomeriggio sull’autosole… e non ci siamo fatti la doccia al club— Francesca spalancò gli occhi come folgorata da una saetta di piacere.
—Capisci— intervenne Simona —Soprattutto io ho iniziato a rilasciare tutto quello che i signori mi avevano regalato… e quel pomeriggio mi ero data abbastanza da fare. Così ho avuto tutto il viaggio per inzuppare tutto…—
—Anche i sedili—
—Che mi frega dei sedili ho anche rovinato quel bel vestitino che avevo preso ad Arles— Franco firmò la ricevuta del pagamento e la restituì al cameriere
—Deve essere stato per quel dispiacere che tua sorella ha scagliato fuori dalla finestra del bagno le mutande, però non ha fatto caso che la grata del condizionatore era stata lasciata aperta… forse dalla filippina… e ci sono finite dentro.—
—Si ma non ho ancora capito come è stato che il profumo ha inondato tutta la casa?— —Franci perché l’aria viene aspirata da li…— rispose Simona tenendo basso il tono della voce
—poi finisce da per tutto!—
—Ragazze perché non mi regalate le vostre mutandine, adesso qui?—
FINE