Simona era terribilmente attratta dal clitoride di Francesca che lo sentiva pulsare ad ogni movimento della lingua. Riprese a succhiare le grandi labbra non appena i primi umori viscidi trasudarono profumati. Spinse allora la lingua più in profondità alla ricerca di altri umori incrementando così i vagiti della sorella ormai molto vicina all’orgasmo.
—Le dita, mettimene dentro una, due, tre… quante dita vuoi— rantolò Francesca e Simona senza smettere mai di leccarla e con la faccia umida come la vulva della sua giovane sorella le infilò tutto l’indice. Poi le dita divennero due e poi tre che come d’incanto produssero un tuono di gemiti roboanti amplificati dall’affanno sempre maggiore. Come una furia, un fiotto di umori uscì dalla vagina verso la bocca spalancata di Simona. Francesca urlò, dimenandosi e smaniando il suo orgasmo mentre un inarrestabile Simona continuava ad risucchiare e ad ingoiare tutti gli umori filamentosi.
—Ora sta a me!— gridò con voce roca Francesca rigirando la sorella di schiena. Erano quasi le dieci e mezzo di domenica mattina quando Francesca raggiunse la sorella ed il cognato in cucina e appena li vide nudi esclamò
—A meno male che siete anche voi ancora biotti, io non ho nessuna voglia ancora di vestirmi—
—Ma no Franci sono appena le undici— la rassicurò la sorella
—E’ presto per vestirsi… e poi, poi lo sai che io se posso non mi vesto vero?—
—Già me lo avete detto ieri sera a proposito delle mutande— ricordò Francesca sorridente, tutto ciò ancora non le pareva vero: era nuda, era felice d’esserlo e di paralare liberamente di sesso e scopate come aveva sempre sognato.
—Si e poi tu non lo sai, ma tua sorella dopo colazione se la mena sempre un po’— aggiunse Franco giocando con il suo pene che quella mattina era già un po’ gonfio.
—E’ vero Simo?— chiese solare Francesca.
—Verissimo, sorellina— Era una bella giornata di sole cominciata molto bene con una generosa colazione anche se forse avevano dormito tutti qualche ora di troppo. Era stato un buon pasto energetico, tranquillo, dove tutti e tre avevano chiacchierato rilassati, mangiando in santa pace, lontani da ogni preoccupazione, pregustando il pomeriggio alla villa. Franco era estremamente tranquillo seduto al tavolo della cucina davanti al suo piatto di uova al tegamino, mangiava quasi assente e dopo una lunga occhiata alla vulva leggermente luccicante della moglie le chiese
—Ma Crick, sei già bella che bagnata?— Simona lasciando il manico la padella con le uova che sfrigolavano allegre sul fuoco si toccò il sesso curiosa
—Ma no, è solo acqua… mi sono lavata poco fa— Francesca di fronte al cognato che mangiava piano l’osservò intensamente negli occhi
—Io forse lo sono— ammise gioiosa. Gli occhi vivaci di Simona smisero di guardare la padella ed incrociarono quelli della sorella
—Ma dai?— Francesca ruotando il sedere sulla sedia spalancò le gambe in favore di Simona ed allargandosi il solco della vulva con le mani disse
—Simo, questa non è acqua! E’ solo e semplicemente foia—
—Confermo— intervenne Franco servendosi del succo di frutta
—Né, sento il profumo— Simona si servì delle sue uova e sedutasi al tavolo sorseggiò il succo di ananas, e con la disinvoltura di sempre disse
—Franci, siamo a tavola ma non vorrei scordarmi… e debbo ricordati che un ora prima di uscire ci facciamo un bel clisterino, eh?—
—Tranqui, Simo! Non ho nessunissimo problema, ed io nel culo lo voglio prendere… e non lo faccio per sport. Mi piace proprio— rise giocosa
—Il mio sogno è alternare passera e culo… anzi no— si corresse
—Passera, bocca e culo— Franco finì di mandare giù il boccone e spiegò molto semplicemente
—Alla villa c’è l’obbligo del preservativo quando si scopa una donna nel culo—
—Uh!— accolse laconica la notizia Francesca.
—Si gode uguale, sai!— la tranquillizzò Simona.
—Ma io godo parecchio a sentire la sborra nelle mie viscere,— spiegò accorata Francesca
—E speravo di farmi inculare a raffica per…— Franco la interruppe con un gesto vago della mano
—Questione di igiene, e fa bene Simona che si fa comunque un clistere perché non è bello tirare fuori l’uccello sporco o peggio fare un frontale—
—Lo sapevo che si finiva a parlare di merda, a tavola!— commentò rassegnata Simona.
—Avete fatto bene a dirmelo, e poi non né ho fatto mica un feticcio, mi consolerò ingoiando sborra, invece che farmela pompare su per il culo— scherzò Francesca riportando la serenità.
—Beh, signorina hai sempre una passerina da riempire— commentò scherzosa Simona.
—Si Simo, hai ragione ma preferirei che l’uomo, dopo che ho goduto io, me lo mettesse in bocca… al massimo mette in cinta un molare od un canino—
—Ma tu non prendevi la pillola?—
—Si Simo, ma non si è mai abbastanza prudenti…— Avevano quindi passato il resto della mattina in una sorta di apnea collettiva ognuno progettando a suo modo il pomeriggio. Francesca elucubrando su i vari possibili scenari che quella visita al club le si potevano proporre, Simona pensando al modo migliore per introdurre la sorella in quello che poteva definirsi una dependance dell’eden e Franco immerso in tante piccole preoccupazioni visto che gli spettava senza ombra di dubbio la grande responsabilità di vegliare sulle sue due donne. Dopo essersi incontrati con Luciano e Cristina si incolonnarono sull’autostrada in direzione sud. La macchina di Franco davanti e quella di Luciano dietro. Francesca stava seduta di sbieco nei sedili posteriori estremamente affascinate, poco truccata e sorridente. Soddisfatta si teneva aggrappata ai poggiatesta anteriori sporgendo sorridente il viso in avanti.
—Francesca, posso chiederti una cosa?— accennò Franco abbassando leggermente il tono della musica; Simona guardò curiosa il marito e poi Francesca che rispose
—Si, dimmi pure—
—Come te lo immagini il club?— La ragazza rise enigmatica, ma era un sorriso adulto ch’era già di per se stesso una grande ed esaustiva risposta, ma dopo un lunghissimo e profondo silenzio disse
—Mi aspetto di entrare in un posto dove potermi sentire la ragazza che sono. Un luogo dove cercare quel divertimento, quelle sensazioni, di cui né sento un estremo bisogno, e che certamente mi mancano tantissimo nella vita di tutti giorni.— Rabbrividì spaventata da tanta lucidità e tornando a sorridere sbarazzina aggiunse
—Ma facciamoli dopo questi commenti tristi, piuttosto ditemi l’ambiente com’è?— Simona non rispose e guardando dritta davanti a se sperò ardentemente che sua sorella non si accorgesse della lacrima di commozione che senza tanti riguardi le aveva seviziato l’occhio e la mente. Quelle parole dolci e tenere, ma al contempo dure e disilluse l’avevano colpita profondamente e fu immensamente grata alla sorte che in soli due giorni le aveva permesso di riavvicinarsi così tanto alla sorella. In quel momento capì che doveva prendesi cura di lei, come sorella maggiore e come amica, e come tale, arrapata, avrebbe diviso con lei tutto, anche quei momenti di pura foia.
—Questo club è del tipo villa con giardino all’italiana, composto di grandi saloni luminosi e tanti luoghi aperti disseminati di divani, pouf, gazebo e piste da ballo— spiegò Franco buttando un occhio alla moglie sempre intenta a combattere silenziosamente con le sue lacrime. Francesca non sembrò accorgersi di nulla e sempre voltata verso il cognato chiese
—Perché esistono altre ambientazioni?—
—Certo, ci sono quelli stile bordello orientale con fumi di incenso, lumini, lampionicini cinesi, separé con disegni del kamasutra…— spiegava Franco gesticolando con la mano sinistra libera dalla guida
—Oppure quelli tipo castello delle streghe, tutto nero con tante stanzettine senza porte dove tu puoi entrare guardare, farti invitare. Oppure c’è il modello americano con grandi piscine d’hotel… ma li sembra appunto d’essere capitati in mezzo ad un congresso. E a me non piace, per lavoro ci sto anche troppo tempo in quei posti.— Francesca lo guardava ammirata, ed era felice che sua sorella avesse incontrato un uomo così speciale e stringendosi in un lungo sospiro sperò con tutta se stessa in Graziano. Sentiva di amarlo era un ragazzo brillante, pieno di iniziativa… esplosivo e dolcissimo allo stesso tempo.
—Però le stanzettine, penso che non mi piacerebbero molto— disse per non perdersi nella malinconia da lontananza.
—Mi trovi d’accordo, difatti anche noi non piace, vero Crick?— Simona si voltò sorridente ma imbarazzata per le sue gote lucide di lacrime e avvicinando il viso a quello della sorella la baciò sulle labbra
—Ci vieni allora con me e la Cristina sull’inginocchiatoio?—
—Certo mi devi far vedere tutto!— rispose flebile ed estremamente vicina alla sorella, come ma le era capitato in tutta la sua vita. Arrivarono, e Franco dopo aver parcheggiato l’auto accanto a quella di Luciano che nell’ultimo tratto l’aveva preceduto si voltò verso le due donne accennando pimpante
—Il comandante ricorda alle signore viaggiatrici che sono vietate le mutande— Francesca lo guardò divertita poi con una espressione felice si alzò la gonna e con un gesto secco e liberatorio s’abbassò il tanga stringendolo appallottolato in pugno. Uscita dall’auto lo gettò in un cestino dell’immondizia.
—Sciocca era nuovo— la redarguì scherzosamente Simona.
—Anch’io sono una donna nuova— decretò chiudendo qualsiasi altro commento da parte della sorella che rimanendo seduta in macchina mantenne solo la giacca del tailleur buttando la camicetta e reggiseno nel sedile posteriore.
—Però io non li butto— disse guardandola maliziosamente. Poi dopo essersi tolta anche lei il tanga bianco di pizzo le mostrò le autoreggenti altrettanto bianche e soffici.
—Ma Simo alla fine dopo tutti quei discorsi ti sei messa su da fanatica?— chiese stupita Francesca
—Franci, sei scema?— scherzò la donna fingendosi offesa
—Appena dentro vedrai come mi concio—
—E come ti conci?—
—Franci, mi sbiotto!— le rispose deridendola bonariamente. Francesca la guardò con quella espressione di chi è consapevole che nel brevissimo inizierà a vivere un esperienza nuova ed esaltante ma nelle sue ansie non c’era assolutamente posto per sopportare i lazzi, seppur benevoli, di quanti quell’esperienza già l’avevano fatta.
—Dai Simo, non fare la scema— replicò secca. A Simona quel rimbrotto sembrò abbastanza seccato. Francesca senza più guardarla seguì il cognato che si era riunito a Cristina e Luciano. Simona si turbò per quel gesto, quasi fosse un pesante rimprovero, ma le era più che mai evidente che con quello sfogo Francesca voleva farle sapere che non gradiva quello humour da salone da parrucchiera. Si avviarono verso l’entrata. Francesca e Cristina si tenevano per mano mentre Franco e Luciano camminavano dietro discutendo di auto e pneumatici. Simona pensierosa stringeva i pugni innervosita. Non aveva la minima idea di come si sarebbe comportata la sorella, e questo non sapere la turbava parecchio. Ma quando si sentì chiamare da Cristina accantonò di forza ogni cruccio si unì a loro. Il gesto della sorella al parcheggio l’aveva un po’ spaventata ma quando si sentì prendere la mano strinse con calore le lunghe dita di Francesca.
—Buon giorno signore e signori— disse accogliendoli una hostess in perizoma rosso e stivali di pelle nera al ginocchio.
—Ciao Gisella, ti presento mia cognata— disse Franco presentando Francesca.
—Piacere, posso darti del tu?
—Si— rispose quasi afona Francesca per l’incredibile eccitazione che le provocava quello strano formicolio in fondo alla schiena, proprio sopra le natiche.
—Bene, allora tu non sei ancora iscritta vero?— chiese la hostess che aveva il suo badge di riconoscimento appeso con un nappo rosso in mezzo ai seni piccoli ma sodi.
—No— deglutì Francesca sentendo un groppo allo stomaco e la lingua secca e ruvida per la salivazione praticamente inesistente.
—Allora per adesso ti darò quello provvisorio legato ai loro nomi— disse indicando Franco e Simona
—e se credete anche ai loro— finì indicando Cristina e Luciano
—Siete insieme, vero?—
—Si Gisella, sicuramente metti il mio nome— intervenne la sorella di Franco, nonché moglie di Luciano.
—Così la sicurezza saprà chi sei— aggiunse la Hostess sempre rivolta a Francesca mentre batteva i nomi sul computer che aveva dietro il banco della direzione. Quindi stampò il badge provvisorio per Francesca e dopo aver registrato tutte le presenze —consegnò i lascia passare con un ampio sorriso ed un gesto che indicava gli spogliatoi
—Grazia e buona scopata—
—Grazie Gisella— dissero più o meno tutti dirigendosi verso il corridoio che li avrebbe condotti agli spogliatoi. La mente di Francesca stava già volando ad una velocità incredibile. Era eccitata dall’ambiente, da quel profumo impalpabile che percepiva nell’aria, e per tutto quello che avrebbe potuto vedere ed immaginare. Sudava, e i suoi occhi sembrano impazziti nel cercare vertiginosamente un indizio che le confermasse senza alcun dubbio che finalmente aveva varcato la porta del paradiso. Ma ancora non le era possibile scorgere il benché minimo segnale preciso in quella zona di transito fitta di camerini. Iniziò a calmarsi quando nel loro piccolo camerino vide gli uomini spogliarsi completamente, e Franco e Luciano rimasti con i soli mocassini erano immediatamente usciti lasciando le tre donne da sole
—Ragazze ci vediamo dentro— avevano salutato
—Amore, ricorda noi andremo subito ad inginocchiarci— gli urlò dietro Simona.
—Bene, allora vediamoci alla pinetina— le fece eco Franco. Inspiegabilmente Francesca si perse completamente nell’osservare gli sguardi della sorella e di Cristina che sembravano avere acquistato davvero una luce nuova, più sicura, senz’altro decisa e senza alcun ombra di dubbio femminile.
—Franci che fai tu vieni dentro così vestita?— le aveva chiesto Simona dall’alto di un paio di zatteroni blu elettrico e coperta solo con un top striminzito che le arrivava a mala pena ai capezzoli.
—Ma allora ho ragione che ti piace fare anche te un po’ la fanatica, eh?— le rimproverò per gioco Francesca sbarazzandosi di tutto ciò che aveva addosso lasciandosi solo ai piedi le scarpette rosse dal discreto tacco affusolato.
—Questo lo metto per coprire un po’ le tette… perché si vedono che sono un po’ cadenti— si confidò Simona.
—Ma va stai benissimo— intervenne Cristina chiudendosi il gonnellino alto cinque dita che allacciato in vita non arrivava a coprire le rime più basse della vulva, ma niente top, solo un paio di anfibi neri da motociclista.
—Ma dai, che schifo di scarpe— si lagnò Francesca.
—Si, e poi sei pericolosa con quelle fibbie che pungono—
—Andiamo, su! Sofiste— chiuse Cristina uscendo dal camerino. La luce della sala grande colpì Francesca ricordandole finalmente che di li a poco avrebbe festeggiato senza sosta la sua femminilità; rallentò l’andatura seguendo Simona e Cristina che un passo avanti a lei chiacchieravano molto tranquillamente. Dopo qualche metro si parò di fronte a loro una hostess completamente nuda e totalmente glabra
—Buon giorno signore— salutò la ragazza non molto alta, mora e con una lunga coda di cavallo d’un castano quasi marrone.
—Ciao Valeria— la salutò Cristina alzando il piede sinistro che poggiò su di un trespolo in ferro battuto che solo allora Francesca ne intuì l’utilizzo. La hostess con uno specchietto da un lungo manico ispezionò con rapidità professionale prima la rasatura di Cristina, poi quella di Simona ed infine quella di Francesca che fu subito presentata da Simona
—Valeria, lei è mia sorella, ed è la prima volta che viene—
—L’avevo capito, perché una ragazza così giovane e bella non me la sarei scordata tanto facilmente—
—Grazie— bisbigliò Francesca ed oltrepassò i tornelli. Come poco prima Simona e Cristina precedettero Francesca ed attraversato il salone, dove una ventina di persone ballavano saltellanti, andarono a sedersi come era loro consuetudine ai tavolini del bar all’aperto.
—Ragazze cosa volete, coca, acqua… un margarita, un bel acqua di vulva?— chiese Simona sedendosi, ma Francesca elettrizzata dall’atmosfera non sentì assolutamente le parole della sorella. Si guardava attorno cercando di non essere troppo indiscreta osservando le persone disseminate in quella porzione di giardino.
—Allora Franci, cosa pigli?— chiese di nuovo Simona ma la sorella sembrava proprio persa a guardare poco distante una ragazza alle prese con tre uomini. Doveva avere pressappoco l’età di Francesca ed era china a succhiare un pene di un uomo sulla quarantina, mentre gli altri due ragazzi in piedi, le stavano carezzando i seni e la vagina.
—Un bel cazzo, credo!— scherzò Cristina e il cameriere che aspettava le ordinazioni rise sotto i baffi.
—Scegli tu, — sbuffò Francesca nella ormai indiscussa consapevolezza che tutti erano in quella splendida villa solo e soltanto per scopare; con un vuoto allo stomaco spostò lo sguardo verso la scalinata di destra, una delle due che portavano in giardino, e li su due lettini a sdraio due coppie s’erano trovate e piaciute; le due donne stavano succhiando ciascuna un pene con estrema tranquillità.
—Senti, si beve e poi andiamo subito all’inginocchiatoio, ti va?— chiese Simona rivolta a Cristina
—Sennò questa mi sviene prima d’averne preso uno in bocca— Cristina rise ed accettò
—Ma niente sfida oggi, voglio godermi la fame di tua sorella—
—Allora vecchie troie, la smettete o no di prendermi per il culo?— rispose secca Francesca come risvegliata dal coma e preso il bicchiere in mano osservò altra gente intenta a scopare, o semplicemente ad osservare gli altri come stava facendo lei. Tutti sembravano finalmente infoiati, veri, liberi e orgogliosi d’esserlo.
—Vieni Franci, andiamo a fare quel giochetto che ti dicevo ieri sera— la chiamò Simona prendendola per la mano.
—Dove andiamo?— chiese distratta da un gruppetto intento a guardare una coppia di mezza età; lei a carponi che stava smaniando penetrata da dietro e lui che con grande foga si immergeva ansante sotto lo sguardo di una discreta folla. In particolare c’erano due ragazze sulla trentina che attrassero l’attenzione di Francesca; la prima con una incredibile tranquillità lubrificava ad intervalli regolari il pene conficcato nell’ano, mentre la seconda accarezzava le spalle della donna penetrata, per incitarla.
—Per di qua— disse Cristina dirigendosi verso le scale monumentali che scendevano curve verso il giardino all’italiana disseminato di aiuole curate, piante ornamentali, gazebo e statuette con putti che vigilavano gli amplessi più fantasiosi tra uomini e donne. Proprio vicino al labirinto Simona avvistò la loro meta. C’era un ampio gazebo ricolmo di vegetazione proprio vicino ad una statua raffigurante una donna inginocchiata nell’atto di succhiare il pene gigante d’un uomo altrettanto grande e dalle gambe ben piantate a terra.
—Guarda Franci— le disse Simona prendendola per un braccio. All’interno del gazebo di legno interamente pitturato di bianco c’erano innumerevoli cuscini di vario colore e due donne attorniate da una selva di schiene maschili. Un mare di natiche nervose, alcune totalmente ricoperte di peli altre glabre impedivamo di vedere i volti affannati e lucidi di sperma delle due donne inginocchiate.
—Vado avanti io— disse Cristina e una volta dentro si mise in ginocchio su di un cuscino rosso dalle macchie ancora fresche di sperma caduto. Sull’ingresso un cartello, che ricordava molto un segnale di divieto stradale, raffigurava una donna a carponi con due uomini ai lati, il primo proponeva una fellatio e il secondo una penetrazione.
—Che significa?— chiese Francesca
—Che qui dentro si fanno solo pompini e che gli uomini non possono scoparci, per le ammucchiate c’è un altro posto— spiegò Simona. —Ma perché?—
—Franci, perché se tu stai bella bella con un cazzo in bocca e ti arriva uno e te lo schiaffa da dietro, magari nel culo… che succede se mordi?— Francesca scoppiò a ridere
—Mi rimane in bocca l’uccello—
—Ecco brava, adesso vieni— disse indicendo Cristina che appena si era messa in ginocchio sul materasso aveva già intorno quattro uomini con il sesso ad altezza del suo viso
—Guarda e appena te lo dirò andiamo anche noi. E ricorda il segnale per loro e quando noi ci mettiamo in ginocchio—
—Se sto in piedi non mi fanno nulla?—
—Si— Cristina stava intanto imboccando i falli a turno succhiandoli con molta calma e buona sincronicità delle mani che ne impugnavano altrettanti che venivano strizzati e mossi senza tregua. Francesca in piedi vicino ad una colonna coperta d’edera vide il primo uomo gemere di piacere. Cristina lo stava succhiando da pochissimo quando la vide chiudere gli occhi eccitata ed ingoiare silenziosamente sotto i movimenti sincopati dell’uomo. Francesca iniziò a toccarsi con il palmo della mano il clitoride più che mai esploso tra le rime della sua vagina. Seguì con trepidazione le mosse di Cristina che stava dando gli ultimi risucchi al pene dell’omone che si stava ammosciando e, sempre in ginocchio, passò al secondo uomo. Il primo rivolo di sperma bagnò il mento di Cristina dallo sguardo raggiante ch’era un misto di esaltazione e di piacere. Francesca ne fu estremamente colpita. L’osservò con sempre più caparbia attenzione chiudere ed aprire gli occhi per stringere, cercare e scegliere i sessi degli uomini davanti a lei. Ed era molto accorta nell’impugnare l’uomo giusto, quello cioè il primo o i primi ch’erano prossimi all’eiaculazione.
—Franci è ora— disse Simona indicando sulla porta del gazebo tre ragazzi tutti sulla trentina. Simona si avvicinò al capannello attorno a Cristina mettendosi in ginocchio davanti ad un uomo con una considerevole circonferenza toracica ma dal pene lungo e ritto che da un po’ l’uomo stringeva attendendo il suo turno con Cristina. Francesca avviandosi a sua volta verso il centro del gazebo vide la sorella leccare il pene dell’uomo grasso dall’alto in basso prima di infilarselo profondamente in bocca. Subito dietro di lei osservò Cristina sempre intenta a succhiare alternativamente i quattro uomini che uno dopo l’altro le eiacularono in bocca. La piccola donna dalla testa ramata ingoiò uno per uno tutti i fiotti di sperma recuperando con le dita anche gli schizzi che si ritrovò addosso. Francesca in preda al delirio dei sensi si inginocchiò e subito un pene fu nella sua bocca. Iniziò subito a succhiare, leccare quel ragazzo poco più grande di lei, e mentre perdeva letteralmente i sensi giocando con il pene dello sconosciuto vide arrivare altri tre ragazzi. Altrettanto immediatamente si ritrovò un altro pene in gola, mentre il secondo ancora sgonfio prese a rigirarlo per le mani. Quest’ultimo aveva evidentemente penetrato da poco una donna perché Francesca riusciva a percepire benissimo l’odore e il gusto d’una vagina. Incrementò i movimenti e mentre con le mani masturbava gli altri due, con la bocca succhiava un terzo pene con avidità. Dopo un orgasmo che la percorse da capo a piedi intensificò i risucchi fino a che il ragazzo malfermo sulle gambe non le regalò tre fiotti caldi di sperma. Ingoiò facendo del suo meglio per non perderne neanche una goccia e passò al pene vicino. Non ebbe l’accortezza di verificare la giusta conseguenza dei turni ma il nuovo ragazzo le schizzò quasi subito in bocca ed in faccia. Non si fece prendere dall’agitazione e senza fretta prese a risucchiare avidamente ogni goccia di sperma prima di iniziare a riceverne dell’altro. I quattro ragazzi iniziarono una giravolta scambiandosi le posizioni finché dopo qualche minuto le spruzzarono in gola ad uno a uno in un trionfale secondo giro.
—E brava la mia Franci— disse Simona baciandola con affetto quando soddisfatte si andarono a sedere lungo i bordi del gazebo in campo neutro. Si baciarono sulla bocca scambiandosi gli ultimi rimasugli di sperma.
—Simo, non sono mai stata così bene in vita mia, però adesso voglio un po’ di fica…— propose Francesca stringendo il corpo sudato e profumati di umori della sorella
—Sai uno di loro doveva aver appena trombato e il suo uccello sapeva di passera—
—Ragazze, perché non andiamo a leccarcela un po’ sui bordi della piscina così magari troviamo anche ci scopa un po’?—
—Si— rispose con foga fanciullesca Francesca.
—Andiamo perché alla mia sorellina è venuta voglia di passera— aggiunse Simona in tono sarcastico che, punzecchiando la sorella, sperava in un appoggio di Cristina. Schiacciata non corrisposta perché la cognata carezzando esternamente la vulva di Francesca espresse un secco
—Ne ho voglia anch’io!— Uscirono dal gazebo percorrendo i vialetti di ghiaia. Ad ogni sette otto metri si presentavano delle rientranze che ospitavano altri piccoli gazebo o delle semplici panchine foderate su cui coppie o molto più facilmente gruppetti di persone si accoppiavano diffondendo nell’aria i loro vagiti.
—Dovevamo portarci la crema solare— constatò Simona inspirando a pieni polmoni l’aria secca e calda di quella stupenda giornata d’estate
—Non ci si pensa mai…—
—Tua sorella l’anno scorso si è scottata il culo— ricordò ridendo Cristina.
—Come il culo?— chiese incredula Francesca.
—Era stata al mare, ma in un posto dove non poteva togliersi gli slip e allora quando siamo venute qui ci siamo ritrovate a scopare al sole… e abbiamo fatto un lungo sessantanove, poi sono arrivati dei ragazzi che se la sono scopata sempre nella stessa posizione—
—Tu Simo stavi sopra?—
—Si, stavo sopra con le chiappe al vento—
—Si lei stava sopra ed io sotto così lei aveva il culo rosso ed io le ginocchia— Un refrigerante specchio d’acqua rettangolare, dove però era proibito bagnarsi, si allungava placido in mezzo al parco e tutto intorno una selva di gazebo grandi e piccoli delle più svariate forme ospitavano tanti e più campanelli di persone che ridendo, mugolando e chiacchierando si legavano in amplessi focosi. Ogni tanto gli uomini della sicurezza dai sessi inguainati in fodere di pelle nera giravano discreti per i mille anfratti del parco.
—Chi sono?— aveva chiesto Francesca distratta dalla biondina molto carina che aveva già visto prima e che sembrava corrisponderle degli sguardi lusinghieri. Le sorrise ancora e la biondina malgrado fosse a cavalcioni del suo ragazzo, con tutto il pene affondato nella vagina, la salutò affettuosa.
—Sono i buttafuori che stanno attenti che nessuno faccia cose sgradevoli— spiegò Simona con un gesto vago della mano.
—E si riconoscono da… quel sacchetto?—
—Si— —Ma se gli va in tiro cosa fanno?— domandò Francesca ma nuovamente lo sguardo gli cadde sul corpo della biondina che vide passare in mezzo alle panchine, ondeggiando per l’evidente intorpidimento delle membra, e puntare verso di lei.
—Scopano prima di entrare in servizio con le hostess— spiegò sempre Simona alzandosi sulla punta dei piedi per capire se il gazebo dove erano dirette era libero. Lo preferivano perché era particolarmente avvolto di edera e il fresco era assicurato
—Si, non c’è nessuno— confermò esultando. Cristina scattò di corsa urlando
—Vado io—
—Ciao, sono Sandra— disse la biondina della panchina che tendendo la mano sorrise a Francesca.
—Ciao, mi chiamo Francesca e lei e mia sorella Simona— disse guardandole apertamente la vagina che era singolarmente gonfia con una rima molto spessa per tutta la lunghezza del sesso. E prima che la biondina potesse aggiungere altro le propose
—Sandra vieni con noi per leccarcela un po’?— La biondina sorrise felice
—Ero appunto venuta per dirti se ti andava un sessantanove, io l’ho appena preso nella passerina… ed ho voglia appunto di passera—
—Noi ma siamo appena uscite dall’inginocchiatoio e abbiamo si voglia di fica ma anche di uccello, anzi di uccelli— spiegò Simona.
—Non mi fraintendere, preferisco scopare in tanti e se lecco una fica voglio anche qualcos’altro— spiegò la biondina
—Allora vieni?— chiese Francesca
—Si, si— Arrivati al gazebo trovarono Cristina si stava già strusciando con le spalle contro un ragazzo, mentre parlava con un secondo. Francesca presa per mano Sandra corse dentro la costruzione che manteneva una certa frescura rispetto all’esterno e sorridendo maliziosa chiese
—Sopra o sotto?—
—Sotto— disse Sandra gettandosi su un ampio letto coperto da un telo di raso verde anche quello macchiato di sperma. Si aggiustò un cuscino sotto la nuca preposto appositamente per i sessantanove ed aprì le gambe in favore di Francesca che lesta le poggiò la vagina sul viso. Intanto Cristina si era messa a cavalcioni dell’uomo sorridendo dispettosa, compiacendosi degli sguardi vogliosi che le lanciava Simona. La sorella di Francesca li osservò un po’, e poi si accucciò sul viso dell’uomo che le stava sotto. Presero subito a baciarsi e a guardare l’altro ragazzo che accortosi delle due giovani avvinghiate l’una sull’altra aveva puntato al sedere di Francesca che apriva aritmicamente le gambe e muoveva le mani tra le cosce della biondina. L’uomo che penetrava Cristina volle far partecipare anche l’amico così che Simona dovette alzarsi e permettere all’amica di porgere le spalle all’uomo. Così, facendosi nuovamente penetrare, si abbassò fino a toccare il petto sulle ginocchia dell’uomo al fine di rendere disponibile il suo ano. Simona girandole attorno le si inginocchiò davanti offrendole la vagina. Cristina nel istante in cui poggiò la bocca sul clitoride acceso e gonfio di Simona accolse con un urlo soffocato il pene del secondo uomo nel retto. Anche Francesca sentì il glande appoggiarsi allo sfintere, e capì ch’era enorme e durissimo. Perse allora a succhiare avidamente la vagina di Sandra riuscendo a recuperare lo sperma che la biondina aveva ricevuto dai precedenti uomini con cui era stata. E proprio mentre un grumo di sperma passò dalle sue labbra al palato e quindi in gola sentì entrare il pene e farsi spazio dentro di lei. Era duro e grosso come un fallo di marmo che non sembrava finire mai e mentre quel pene la penetrava lentamente, una mano le la prese per i capelli e un glande le si parò davanti. Il ragazzo che penetrava Francesca iniziò a muoversi sempre più velocemente provocandole il primo orgasmo e confusa riuscì solo ad aprire con le mani la vagina della biondina ed invitare il nuovo venuto a penetrarla. Un gemito più forte di Cristina le fece girare un attimo il capo e perdersi sempre più eccitata ed invidiosa per quella sincopata doppia penetrazione tanto che non si avvide del primo affondo del ragazzo che senza alcuna esitazione aveva penetrato Sandra. Simona si sporse verso di lei baciandola e passandole un poco di sperma ma Francesca non riuscì a godersi quel piccolo gesto d’amore perché sentì le dimensioni del pene che aveva dentro di lei ingrossarsi perché prossimo all’eiaculazione. Il preservativo si gonfiò nell’ano e subito fu ricolmo di sperma, poi raggiunse un altro orgasmo insieme a Sandra ed ai loro compagni così conosciuti. Francesca ancora ansante vide che sua sorella aveva raccolto l’invito di un ragazzo che sdraiatosi a terra col pene duro e già incappucciato nel preservativo. Il ragazzo che l’aveva penetrata si era staccato da lei e Sandra stava lappando il suo ano ancora dilatato. Sperando in un altro maschio interessato al suo sedere si divise la vulva di Sandra con il ragazzo che la penetrava davanti ai suoi occhi con foga. Leccava e risucchiava quando era il suo turno ma guardava con altrettanto interesse anche sua sorella che seduta sul pene dell’uomo disteso a terra oscillava aggrappandosi alle intelaiature del gazebo. Per sua fortuna uno dei due ragazzi rimasti si mise dietro di lei e approfittando del suo ano ancora dilatato la penetrò con estrema facilità, mentre il primo che aveva cominciato con Cristina le piantò letteralmente il pene in bocca. Francesca raggiunse l’acme sconvolta da tre orgasmi quasi consecutivi grazie al moto eccezionalmente sincronizzato del ragazzo dietro di lei e dell’uomo di mezza età davanti che entravano ed uscivano da lei con discreta fluidità. Afona apriva e chiudeva gli occhi persa nel suo godimento; era impossibilitata ad emettere qualsiasi gemito e ansante si divideva tra il pene tosto dell’uomo di mezza età e la vagina di Sandra da poco abbandonata dal ragazzo. Di nuovo poté godere delle vibrazioni del ragazzo che prossimo all’orgasmo la prese energicamente per le natiche. Il pene si ingrossò pulsando nel retto sino a gonfiare di sperma il profilattico nell’ano, poi la stessa cosa avvenne nella sua bocca. Strinse le labbra attorno al pene che muovendosi leggermente depositò tre fiotti sulla lingua e sul palato. Dopo aver golosamente ingoiato ripulì per bene l’uomo che dopo aver salutato cordialmente se né andò richiamato dalla moglie che lo aspettava fuori dal gazebo.
FINE