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Elvira

Elvira è una 28enne rosso mogano.
Ha lunghi capelli ondulati e due occhi neri e penetranti.
Elvira ha gambe lunghe, perfette, ed un seno miracoloso per una ragazza snella come lei.
Elvira è giovane e maliziosa. Elvira è la mia ragazza.
Nei primi anni della nostra storia insieme eravamo forse troppo presi l’uno dall’altra; di certe fantasie che facendo sesso ci eccitavano da morire, una volta finito ci dava forse fastidio anche parlare.
Dopo un paio d’anni, cominciai ad avvertire l’esigenza di mettere in pratica alcuni dei nostri sogni erotici.
Da sempre, fin da prima di fidanzarmi con lei, avevo compreso che la sua bellezza esercitava sugli altri, uomini o donne che fossero, un’attrazione violenta, assoluta.
Spesso avevamo riso insieme di questo suo magnetismo, ma a dire il vero a lei non sembrava dispiacere poi tanto; incurante della mia gelosia, amava sottolineare la selvaggia bellezza del suo corpo indossando abiti allo stesso tempo eleganti e sensuali; in particolare gonne abbastanza corte, che già su una donna qualunque avrebbero fatto il loro effetto, ma che su di lei, scoprendo sapientemente le sue splendide gambe da puledra, avevano per gli uomini un effetto stordente.
Ricordo perfettamente la prima volta che andammo veramente “oltre”. Dovendomi recare per lavoro in una città vicina alla nostra, la chiamai per chiederle se le andava di venire con me.
Nel pomeriggio, di buon’ora, andai a prenderla sotto casa.
Scese dopo una buona ventina di minuti, ma i rimproveri per il ritardo, che ero pronto a farle, mi morirono sulle labbra: aveva addosso un abitino a sottoveste di raso nero, un po’ più corto del ginocchio e con uno spacco laterale da infarto.
Quando entrando in auto si tolse la giacca, notai che il vestito era scollato dietro e sui due lati, scoprendo lateralmente l’attaccatura del seno, che tendeva la stoffa dell’abitino .
Le dissi subito che mi sembrava un po’ esagerato per l’occasione; Elvira guardandomi dritto negli occhi, mi rispose sorridendo:
“guarda che sotto ho solo le calze; tu prova a far tardi col tuo appuntamento e giuro che qualcuno si divertirà con la tua ragazza, stasera ! ” .
Le diedi uno schiaffo leggero.
Lei mi guardò per un secondo con una espressione decisa e poi, tirandomi a sé, mi diede un bacio sconvolgente.
Le accarezzai le cosce, il seno, e mi accorsi subito che non stava mentendo: sotto era nuda.
Ebbi un’erezione furiosa, l’avrei scopata lì sul posto, sotto casa sua.
La riunione andò malissimo; fui molto poco convincente e strappai un’ordine molto inferiore alle aspettative del mio capo.
Ma avevo in testa solo Elvira.
La immaginavo in giro per la città, vestita in quel modo.
Avrei fatto non so cosa per vederla in azione.
La trovai invece vicino all’auto: leggeva annoiata una rivista, appoggiata sul cofano.
Lasciai nel bagagliaio la mia 24 ore e presi la macchina fotografica.
Ci mettemmo subito a caccia di qualche scorcio dove fare una bella foto.
Lei si stancò presto delle solite pose, maliziose ma non troppo, e mi disse:
“Facciamo qualche scatto diverso dai soliti: monta il 400 mm e appostati.
Entro in quel bar e in 30 secondi rimorchio qualcuno.
Ce l’hai il coraggio di fotografare la tua ragazza che si fa baciare dal primo che capita ?
Se il gioco diventa troppo rischioso, intervieni tu. “.
Incredulo, geloso, ma troppo eccitato, le risposi che la sfidavo a mostrarmi cosa fosse capace di fare.
Mi buttò quasi in faccia la giacca, e la sua !
carica erotica mi accecò mentre con passo deciso entrava in quel locale.
Effettivamente dopo poco uscì con un ragazzo alto e moro, di qualche anno più giovane di noi.
Con mia sorpresa, invece di allontanarsi, puntarono dritto verso di me.
Elvira mi apostrofò chiedendomi:
“Scusi, sa per caso dove sono i giardini pubblici ? ” .
Compresi l’espediente per farmi sapere dove erano diretti, ma mi allarmai perché erano piuttosto lontani, e quindi avrebbero dovuto andarci in macchina, da soli. Indicai la strada e aggiunsi:
“forse non vi conviene andarci; tra poco sarà sera e non è un posto molto tranquillo”.
E lei, scoccandomi uno sguardo di sfida, rispose :
“con il mio uomo mi sento al sicuro ovunque” e ridendo e abbracciandosi stretti si allontanarono.
Seguendoli a prudente distanza, li vidi entrare nella piccola auto di lui.
Elvira entrò a destra; lui subito la tirò a sé e la baciò con passione.
Lei aveva lasciato la portiera aperta, così potei fotografarla; lo spacco del vestito scopriva il ricamo dell’autoreggente.
Il tragitto in auto fu un tormento: il cuore mi martellava in gola, avrei voluto che tutto finisse, ma l’eccitazione, come una febbre, mi bruciava.
Nel parco faticai un po’ a ritrovarli.
Quando li vidi, erano in piedi contro lo schienale di una panchina.
Lui la baciava sul collo, sulla bocca, e con le mani le accarezzava le cosce.
Mentre come in trance continuavo a scattare foto su foto, riparato da una siepe, Elvira lasciò cadere le spalline dell’abito.
Aveva i capezzoli già turgidi, e quello stronzo avidamente glieli cominciò a succhiare, facendole riversare la testa all’indietro per il piacere.
Prendendola per le spalle, lui la fece voltare e piegare leggermente in avanti.
Sollevandole il vestito cominciò ad accarezzarle il culo, allargandole il solco, con le dita avide che si spingevano sempre più giù, verso la figa.
Poi fu lei a girarsi e a baciarlo come per divorarlo.
Mi accorsi che lui si stava slacciando i pantaloni. Non ci vidi più.
Lasciai cadere la macchina fotografica a tracolla per correre verso di loro, per impedire a quello di scoparsi Elvira.
Ma appena uscii, lei urlò di
piacere: lui era entrato dentro di lei e reggendola con le mani sul culo la stava sfondando.
Elvira alzò lo sguardo
oltre le spalle di lui e incrociando il mio, fece segno con la mano di allontanarmi.
Si dibatteva come una forsennata,
urlandogli all’orecchio parole che io non potevo distinguere bene, mentre lui le stracciava una calza con foga animale.
Tornai alla macchina.
Lei mi raggiunse dopo una buona mezzora.
Era sfatta, graffiata, sudata.
Non scambiammo una parola
per tutto il tragitto a casa.
Avrei voluto essere morto.
Giunti sotto da lei, era notte fonda.
Salimmo in casa e lei mi
disse: “vieni in bagno con me, devo lavarmi”.
Mi sedetti sulla vasca e la guardai sedersi lascivamente sul bidet e, alzando il vestito, scoprire il triangolino ben rasato del pube. Mentre lavava via lo sperma di quel porco, mi disse:
“perché sei andato via ? non hai mai le palle di andare fino in fondo”.
“Perché, mi sono perso qualcosa di interessante ? ” le chiesi ironico, ma forse la mia voce tradiva l’eccitazione, perché lei, asciugandosi con la figa a pochi
centimetri dal mio volto, mi disse:
“dopo mi sono inginocchiata a terra, e gli ho fatto il più bel pompino della mia vita.
Che maschio !
Aveva un cazzo duro e nodoso, come non ne avevo mai assaggiati.
Gli ho leccato così tanto la mazza ed i coglioni che ormai non ho più saliva.
Dopo gli ho raccontato tutto di noi, del fatto che eri stato lì fino a poco prima.
Ha detto che sei fortunato ad avere una fidanzata puttana come me. ”
“Ah, adesso sarei anche fortunato, brutta troia schifosa ! ” le urlai.
E lei, calma e sprezzante:
“No, per me sei solo un cornuto, e ringrazia dio che la tua donna abbia trovato finalmente qualcuno che ha saputo scoparsela come merita. ”
Persi ogni controllo di me, ed afferrandola per i capelli la trascinai in soggiorno.
Incurante delle sue urla la spinsi sul divano, e strappandole il vestito la inculai con una foga assurda, pistonandola violentemente e facendola gridare dal dolore.
Il mio cazzo, teso come una spada, la penetrava fino in fondo.
Arrivammo insieme, quasi subito, e tirandolo fuori le sborrai sulla schiena, sulle cosce, in faccia, urlandole tutto il mio disprezzo.
Poi glielo infilai quasi di forza in bocca, e insultandola la costrinsi a farmi un lunghissimo pompino.
Fu bravissima e appassionata; le sue labbra accarezzavano il mio cazzo mentre con la mano non smetteva di palparmi i coglioni.
Quando alla fine le sborrai in bocca, lei tentò di ingoiare tutto, ma lo sperma era davvero troppo e cominciò a colarle dalle labbra, bagnandole il seno.
Esausti, dormimmo su quello stesso divano.
Da quel giorno nulla sarebbe più stato come prima. FINE

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