Snoopy iniziava sempre cosi i suoi racconti ma quella che vorrei raccontarvi è una storia vera capitatami qualche anno fa.
Era veramente una notte buia e tempestosa.
Pioggia e lampi, guidavo verso casa cercando di vedere qualche cosa attraverso il parabrezza che il tergicristallo faticava a pulire.
I lampioni apparivano come delle lucciole ed i fari delle rare macchine che incrociavo mi abbagliavano lasciandomi quasi stordito.
La strada era praticamente allagata ma mi sentivo al sicuro nel mio fuoristrada, ogni tanto sollevavo nuvole d’acqua dalle pozzanghere.
Ad un certo punto, proprio in mezzo ad una pozza più profonda delle altre, vidi una macchina in panne.
I fanali erano accesi ma la loro luce fioca ed i tergicristalli fermi tradivano la panne.
Mentre mi affiancavo mi parve di scorgere all’interno la sagoma di una chioma bruna.
Ci pensai un attimo, pioveva a dirotto, ero stanco,
“Non puoi lasciarla così ” mi dissi, ingranai la retro e mi accostai.
Scendere fu un atto di coraggio, l’ombrello era inutile, bussai al finestrino
“Ha bisogno ? “.
La donna all interno della macchina era veramente molto bella.
Capelli neri lunghi, ondulati, le labbra carnose ricoperte da un rossetto dal colore deciso.
Indossava un tailleur scuro ed una camicetta.
Mi sorrise imbarazzata
“Mi si è spenta la macchina… Non riesco a farla partire”.
Così dicendo girò la chiave dell’accensione con l’unico risultato di ottenere il tac tac del motorino d’avviamento.
Era chiaro che la macchina non si sarebbe mossa da li.
“Vuole un passaggio ? ” dissi.
Lei ci pensò un attimo, guardò la pioggia poi fece un cenno d’assenso.
Il mio aspetto da impiegato bagnato probabilmente le dava fiducia, cercai di ripararla alla meglio con l’ombrello e l’aiutai a salire (chiunque abbia un fuoristrada sa che per una donna con gonna e tacchi alti l’accesso ad un fuoristrada può non essere agevole).
Chiudendo lo sportello gli occhi mi caddero su un paio di splendide gambe inguainate in un paio di calze nere e terminanti in scarpe di vernice dal tacco altissimo.
Salii a mia volta ed accesi la ventilazione per cercare di disappannare i vetri.
“Mi chiamo Alex” dissi;
“Monica” rispose lei mentre si osservava le scarpe ormai fradice.
“Dove deve andare? ” chiesi;
“Abito a …… – citando una località abbastanza distante – Ma può lasciarmi al primo parcheggio di Taxi”.
Non pensavo di arrivare fin laggiù quando mi ero fermato a fare il samaritano ma avevo tempo e nessuno mi aspettava a casa, mi offrii di accompagnarla.
Durante il tragitto parlammo del più e del meno passando dal lei al tu, Monica aveva una voce calda e profonda, molto sexy.
Il temporale non accennava a placarsi, la strada era ridotta ad un guado amazzonico, quando arrivammo sotto casa sua mi offrii di accompagnarla al portone con l’ombrello.
Scesi dalla macchina ed atterrai in una pozza alta un palmo, imprecai, lei fece un risolino.
Camminando come Charlot le aprii la portiera cercando di ripararla al meglio, lei si strinse a me e ci avviammo verso il portone.
Mentre camminavamo non potei non notare il calore che dal suo corpo si trasmetteva al mio ed il suo profumo: discreto, non lo avevo notato in macchina, ma penetrante.
Giunti al portone Monica disse:
“Sei è tutto bagnato, vuoi salire un attimo ad asciugarti? “, rifiutai ma lei insisteva
“Sei stato così gentile, almeno un caffè “.
Non potevo rifiutare e salii.
La sua casa era piccola ma accogliente, sembrava la casa di una donna sola, piante, ninnoli.
Lei mi fece accomodare,
“Usa pure il bagno- disse indicando la direzione – io preparo il caffè e intanto mi cambio”.
Andai in bagno e feci quello che potevo, l’unico indumento parzialmente asciutto rimastomi era la cravatta.
Ad un tratto sentii aprire la porta, mi girai di scatto, Monica indossava una stupenda vestaglia in satin e mi porgeva un asciugamano.
“Scusa – disse abbassando lo sguardo – avrei dovuto bussare. Prendi l’asciugamano e togliti i vestiti bagnati”.
Meccanicamente presi l’asciugamano e chiusi la porta.
Che situazione!
Non che fossi un pivello ma mi sentivo in imbarazzo.
Mi tolsi gli indumenti fradici cercando di salvare il salvabile, rimasto in mutande (bagnate) mi avvolsi l’asciugamano come un pareo ed uscii.
Monica stava versando il caffè, non potei fare a meno di notare che era bellissima, il suo corpo aveva un non so che…
M’indicò il divano e mi accomodai, lei si sedette accanto a me e continuammo a chiacchierare.
Ad un tratto mi accorsi che la sua mano era sopra la mia e mi accarezzava piano.
Deglutii, dall’incrocio dei lembi della vestaglia s’intravedeva l’attaccatura di un seno stupendo e le sue gambe accavallate erano ormai completamente a nudo.
Presi coraggio e le accarezzai una guancia, in risposta lei si avvicinò a me con gli occhi chiusi e le labbra socchiuse.
Ci baciammo per un tempo indeterminabile, un bacio lungo, appassionato.
Le lingue si incrociavano, si inseguivano, si ritrovavano.
Presi ad accarezzarle una gamba facendomi via via più audace.
Salivo lentamente verso i suoi fianchi, apprezzai la rotondità del sedere, la morbidezza della pelle.
Quando cercai di farmi strada tra le gambe ebbi un colpo.
Al posto della calda fessura, nascosto in un boschetto di peli neri c’era un piccolo pene, piccolo come quello di un bambino ma un pene!
Lei si accorse del mio irrigidirmi, le labbra serrate, gli occhi lucidi.
“Sono fatta cosi ” disse con un tono tra il deciso ed il deluso.
Di transessuali fino ad allora avevo solo sentito parlare, non ne avevo mai conosciuto uno prima. Non so da quale neurone partì la mia risposta
“Per me sei una donna” e ripresi a baciarla.
La sentii stringersi a me con maggiore impeto, le baciai il collo, il seno, intanto le accarezzavo le natiche avventurandomi verso il suo buchino.
Sempre continuando a baciarci iniziai a titillarle lo sfintere che presto si aprii risucchiando dentro il mio dito.
Monica inarcò la schiena e prese a muoversi avanti e indietro sulla mia mano, presi a succhiarle i capezzoli mentre la sua mano strappava via il mio asciugamano e mi abbassava i boxer.
Abbassò la testa e prese a succhiarmi il cazzo.
La lingua correva su e giù lungo l’asta, la sua mano mi stringeva i testicoli.
Lo prendeva tutto in bocca e poi alzava gli occhi per godersi lo spettacolo della mia faccia estasiata. Intanto le dita nel culo erano diventate due e sentivo il suo sfintere allargarsi ancora, non resistevo più.
La girai, il busto appoggiato alla spalliera del divano, avevo il suo culetto proprio all’altezza giusta.
Appoggiai la cappella allo sfintere e spinsi delicatamente dentro, in risposta ebbi un mugolio di piacere.
Mi ritrassi, mi scappellai di nuovo ed affondai più profondamente questa volta ottenni un ruggito.
Iniziai a muovermi avanti e indietro e lei a roteare il culo ansimando. Venimmo all’unisono, fu un orgasmo lungo, palpitante.
Rimasi ancora qualche attimo dentro di lei godendomi le ultime pulsazioni del mio cazzo ed i suoi fremiti ad ognuna di esse.
Finito il temporale andai via e non la rividi mai più ma la mia idea nei confronti dei trans era completamente cambiata. FINE
