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La vita incomincia a quarant’anni

Mi chiamo – diciamo – Maria, ho quarant’anni, un marito splendido, un figlio diciottenne, un appartamento con cinque stanze, un pastore tedesco, due pesciolini rossi, una Renault Twingo mia per girare la città ed una Passat per gli spostamenti più lunghi. Non mi posso definire una bellezza da far girare la testa, sono una normalissima quarantenne, amata e rispettata dalla sua famiglia, da me contraccambiata: la questione è che ho quarant’anni. Lo so che non è un problema, che è un’età meravigliosa, che la vita inizia adesso e avanti così all’infinito, questo però non mi rasserena anzi mi inquieta, mi innervosisce e mi spinge a compiere azioni irrazionali. Alcuni giorni fa rientrai presto dal lavoro e decisi che mi sarei dedicata alla pulizia delle finestre. Ero sola a casa, mio marito sarebbe rincasato non prima delle otto, Samuel, mio figlio, non prima delle sette. Le prime giornate belle di primavera e, a pomeriggio inoltrato, faceva un bel caldo.

Mi spogliai, rimasi in mutandine e mi misi il grembiule da lavoro, presi tutto il necessario e salii sulla scala per raggiungere la parte più alta da pulire. Dopo dieci minuti bussarono alla porta ed io senza scendere dalla scala, invitai chiunque fosse ad entrare: era Giorgio, un amico di mio figlio. Mentre continuavo il mio lavoro e contemporaneamente conversavo con il ragazzo che chiedeva di Samuel, mi sentivo stranamente frugata da uno sguardo che saliva lungo tutte le gambe per perdersi nel buio del grembiule. Invece di sentirmi imbarazzata, la cosa mi eccitava e mentre lui con una scusa qualunque si avvicinava lentamente alla base della scala per ottenere una visuale migliore, maliziosamente spostai una gamba su un gradino più in alto, alzando l’orlo del grembiule e facilitandogli così la vista degli slip. La mia eccitazione era altissima. Gli chiesi di prendermi il secchio per aiutarmi a scendere: si avvicinò e maldestramente il recipiente mi sfuggì di mano, rovesciandogli addosso buona parte del contenuto Scesi in un attimo, gli ordinai di togliersi i vestiti poiché l’acqua conteneva ammoniaca, lui sembrava frastornato e mentre si lasciava spogliare, cercava di capire cosa stesse succedendo. Tutta la scena non durò più di quindici secondi, sfilai la maglietta, sbottonai i suoi pantaloni e inavvertitamente non sfilai solo quelli ma anche i suoi slip. Il suo giovane arnese era già bello pronto ed il suo salto nella mia bocca fu immediato. Adesso, Giorgio, ci capiva ancora meno. Poco importava, la mia bocca scorreva lungo il suo pene, le mie mani s’erano impossessata dei suoi glutei ed aiutavano a tenere il ritmo d’entrata e di uscita. Non ci volle molto perché il suo giovane e profumato sperma, mi riempisse la bocca, ancora meno per togliermi le due cose che avevo addosso. Ero completamente nuda, mi alzai, gli presi il pisello in mano e lui docile mi seguì, mi sedetti sul tavolo, aprii le gambe e lo condussi nel paradiso, lo chiusi nella mia gabbia, incrociandole sulla sua schiena, invitandolo ritmicamente a scorrere dentro la mia fica. Lo baciai avvinghiando la sua lingua alla mia. Il suo procedere mi piaceva, era scomposto, mai uguale; sentii aprirsi una voragine all’altezza del mio ventre, strinsi i denti per non urlare mentre godevo come mai mi era successo prima. Confesso d’aver provato un piacere strabordante, toccando il massimo nel momento in cui lo sentii irrigidirsi un attimo prima di innondarmi. Rimase abbracciato a me, sfinito per alcuni minuti, poi privo di forze lo aiutai a rivestirsi.

Scusatemi se ora vi devo lasciare, hanno suonato alla porta, Giorgio è tornato a trovarmi Oggi ho una voglia pazza di farmi inculare.

Ah! Dimenticavo di dirvi che amo tantissimo mio marito.

Auguratemi una buona inculata. FINE

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