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Riggia con Berardo

Riggia con Berardo
Invitai Berardo per cena sebbene Riggia si fosse mostrata pochissimo entusiasta quando, alcuni giorni prima, le avevo preannunciato la cosa. Berardo non ha un bell’aspetto, ha quasi il doppio della sua età e, inoltre, ha una menomazione, quella della mancanza del braccio destro al posto del quale esibisce una lugubre protesi, ed ella prova una istintiva ripugnanza di fronte a casi del genere. Poi puzza, ha l’alito pesante che stordisce, i capelli nerissimi stirati e lucidi come si portavano tanti anni fa, una camminata alla prendi-in-giro e veste sempre come un contadino alla domenica. È, tuttavia, ricco sfondato. È scapolo ed è un cliente abituale di prostitute d’ogni livello. È uno, insomma, abituato a pagare le donne. Noi attraversavamo un periodo critico dal punto di visto finanziario e non solo. Io avevo mutato lavoro di recente e stavo incontrando delle difficoltà. Litigavamo sovente, io e mia moglie, e un’idea cocente aveva cominciato ad attraversarmi la mente, quella che mi tradisse. Era uno sospetto suffragato da nulla oltre le mie fantasie, ma io mi trovai ad un certo punto a carezzarlo con piacere, arrivai a desiderare che rispondesse a realtà. Berardo era un mio cliente, uno di quelli con le maggiori disponibilità. Purtroppo proprio con lui mi capitò un infortunio nel gestire le sue cose. In fin dei conti si trattò di un mancato guadagno anziché di una perdita secca, ma bastò a pormi in una posizione di sudditanza colpevole nei suoi confronti.
Un pomeriggio capitò che lo incontrassimo in centro e subito mi avvidi che mia moglie lo colpiva. Continuò ad osservarla e a spiarne le movenze per tutto il tempo. Ci pensai un poco sopra e in seguito, appunto, decisi di invitarlo da noi. Desideravo un amante per Riggia e lui mi pareva il soggetto giusto. La cosa più ardua era preparare lei, anche alla luce della persona di Berardo che, come ho detto, poteva addirittura generarle ripugnanza nell’animo.
Feci del mio meglio. Le proposi gli argomenti più sofisticamente sottili e quelli che potevano riuscire più convincenti per ragioni d’ordine pratico. C’erano le rate del mutuo da pagare, tante altre incombenze. Il mio nuovo lavoro stentava a partire. Lei che stava in casa e non lavorava. Tentai quindi di proporglielo nella miglior luce possibile, invitandola a non farsi trarre in inganno dalle apparenze quando egli, in realtà, era un gentiluomo di antico stampo. Anche se avesse dovuto andarci a letto la cosa si sarebbe senz’altro presto stemperata. Berardo aveva 60 anni e anche più. Quello che importava era che viveva da solo ed era straricco, generoso con le donne. Perchè doveva pagare le donnacce di strada per togliersi certe soddisfazioni che avrebbe potuto più agevolmente togliersi con lei? Riggia non giunse a dirmi ” Si.. . Va bene.. . ” ma, tuttavia, la vidi trasmigrare su un atteggiamento meno ostile, sempre meno ostile.
Quando giunse il giorno per il quale lo avevo invitato ella si impegnò con scrupolo a preparare tutto nel migliore dei modi. Cominciò a trafficare in cucina ben prima che io uscissi per andare al lavoro e, quando tornai, la trovai ancora all’opera, tutta casa nostra invasa da odori di cibarie. Poi si trasferì in bagno per preparare se stessa. Ne riuscì dopo un paio d’ore. Era bellissima.
Mi passò davanti tutta nuda e profumata lanciandomi un sorriso malizioso.
” Questo piatto non è per te.. . ” mormorò.
Fu il segnale, per me, del suo pieno coinvolgimento nella cosa. La seguii in camera da letto. La osservai mentre indossava la biancheria più costosa, poi un lieve abito con uno spacco vertiginoso, adatto alla calda serata che si preparava. Berardo giunse in perfetto orario, recando un gran fascio di rose rosse per lei ed una bottiglia di Glen Moray per me.
Tutto era pronto. Cenammo e parlammo di tante cose. Senza volerlo ma fatalmente al dolce giungemmo a parlare di donne. Riggia gli chiese se aveva una compagna. Lui rispose di no, serio, accennando con lo sguardo al braccio che gli mancava.
Poi disse che mi invidiava perché io avevo trovato una vera signora, una donna cui egli non avrebbe consentito di sfuggirli ad imbattercisi con qualche anno in meno e col corpo integro. ” Non disperare.. . Non serve mai dare tutto per perso.. . Io, per esempio, potrei innamorarmi anche alla pazzia di un uomo tanto maturo e con un piccolo difetto fisico.. . L’importante è che sia un uomo vero.. . ” Osservai Berardo mentre Riggia pronunciava il discorso e alla fine capii che egli aveva ben recepito il messaggio.
La aiutammo a sparecchiare e ci trasferimmo tutti in cucina. La aiutammo anche a caricare la lavastoviglie e poi attendemmo che ella sistemasse le ultime cose seduti rispettivamente ad un capo ed all’altro del tavolo. Berardo fumava ed io sorbivo il Glen Moray che mi aveva appena portato. Si stava facendo tardi ma le cose procedevano come da copione. Mia moglie era un po’ brilla, ridanciana per il vino che aveva bevuto. Si muoveva trafficando davanti a noi e lo spacco del vestito finiva con lo scoprirle le gambe fino all’orlo delle mutandine di pizzo. ” Devi andare? .. . ” mi domandò.
” Si ora vado.. . ”
Non era un pretesto. In realtà c’era un parente molto anziano che tenevamo in una casa di cura fuori città. Ultimamente si era aggravato ed avevamo incaricato una signora di prestargli un po’ di assistenza per quelle notti. Ora, proprio quella mattina costei mi aveva avvertito di avere dei problemi e di non poter andare. Risolsi di farlo io per quella notte e, perciò, non ebbi necessità di inventarmi alcunché per allontanarmi e lasciare loro due soli. ” Magari Berardo può trattenersi ancora un poco a farmi compagnia.. . ” ” Volentieri.. . ” disse lui.
Li salutai. Baciai Riggia sulla bocca e le affibiai una pacca sul sedere.
” Ciao.. . Ciao Berardo.. . Rimani pure ancora quanto vuoi.. . ”
Tutto era deciso. Mi allontanai guadagnando l’uscio e la udii invitarlo a venire pure in bagno
se ne sentiva bisogno, chè ella intanto si lavava i denti.. .
Era quasi giorno quando tornai, stordito di stanchezza e di sonno. Casa nostra era pregna dell’odore aspro di Berardo e del fumo delle sue camel. In bagno gli asciugamani erano in disordine. Sul pavimento della cucina scorsi le mutandine di Riggia, mentre il suo abito giaceva su una seggiola. Andai in camera e, acceso un lume, la trovai completamente nuda tra le lenzuola scompaginate. L’aspro odore di Berardo e quello del sudore di mia moglie erano densissimi. Hanno lavorato molto, pensai. Mi spogliai e mi sdraiai accanto a lei che stava prona col sedere esposto, sul mio lato che recava l’impronta umida del corpo di Berardo. Ella sussultò, sollevò il capo e mi riconobbe. ” Ah! Sei tu! ” e volse lo sguardo un poco intorno.
Trasse un profondo sospiro e si ridispose al sonno come tranquillizzata. Io mi sentivo tesissimo. Le montai sopra e cercai con le dita e col cazzo il suo buco del culo che trovai aperto e unto. ” Porco.. . ” mormorò restando immobile.
Era piena di sperma. Mi mossi e in breve il mio schizzo la raggiunse nelle viscere. Le ricaddi accanto esausto, col cuore in tumulto, soddisfatto.

Nei mesi estivi Berardo stava via sovente per settimane, o per andare a trovare il fratello in Argentina, o per recarsi dai genitori molto anziani che ospitava nella sua villa sul Gargano.
Quando rientrava passava subito da noi ed era normale che si trattenesse anche per la notte. Io me ne andavo a dormire in mansarda mentre lui rimaneva con mia moglie. I bambini, se non era d’estate che stavano in colonia, li avevamo già parcheggiati con i nonni. Ma non era ancora mai capitato che ci trattenessimo insieme a letto con Riggia.
Ci frequentavamo ormai da diversi mesi. Era sabato, quel giorno, un sabato di fine agosto.
Andammo ad accoglierlo in aeroporto. Lo portammo a casa sua e lo aiutammo per il bagaglio. Poi attendemmo che si rimettesse in sesto con una doccia. Neanche a dirlo era ovvio che avrebbe pranzato da noi. Invece ci propose di portarci in un ristorante, un posto fuori città che conosceva. Era davvero fuori mano. Era un posto bello in verità; un vecchio casale prossimo al fiume che allora, però, era quasi in secca. Arrivammo che era ormai tardi ma nessuno mugugnò nel vederci comparire nella sala ormai quasi deserta. Berardo era conosciuto e ci fu uno sfolgorio di battute tra lui e il principale e i camerieri.
Ci consentirono di pranzare tranquillamente. Riggia indossava una camicetta a fiori sopra una minigonna con lo spacco. Era molto sexy. Mi apparve evidente che per tutti quelli che ci ronzavano intorno ella era la “donna di Berardo”, anche se Berardo stesso l’aveva presentata a tutti come mia moglie, la moglie del suo miglior amico. Guardavano lei, poi me e sorridevano lievemente, mormoravano volgendo lo sguardo.
Ci alzammo da tavola che erano ormai le 17. Berardo pagò il conto e lasciò una lauta mancia.
Prima di uscire dal locale volle sostare al bar. Sul banco era già pronto un boccale di bicarbonato. Senza che lo avesse richiesto qualcuno lo aveva preparato per lui. Le sue abitudini erano ben note. Ci invitò ha prenderne anche noi, per digerire, come disse. Ma non ne volemmo.
Del resto era lui ad aver mangiato per due e ad aver bisogno di quell’ausilio.
Uscimmo e ci avviammo verso la vettura. L’aria era caldissima, ma si preparava un temporale. Lo preannunciava una nuvolaglia che era andata nel frattempo gonfiandosi intorno alle cime sul margine della pianura. Montammo ed io avviai il motore. Davo per scontato che saremmo finalmente andati a casa nostra. Invece Berardo mi disse di dirigermi nella direzione opposta, sulla provinciale. Lui e Riggia erano saliti entrambi dietro e stavano pomiciando. Tra un bacio e una slinguata mi disse di arrivare ad un certo incrocio. Qui mi indicò una strada secondaria che percorsi per qualche chilometro. Giungemmo ad un piccolo centro abitato. Lo stavo attraversando quando lui mi ordinò di fermarmi. Ci trovavamo in una piazza, meno di una piazza e poco più di un incrocio. C’erano una piccola chiesa brunita, il municipio, un bar ed una farmacia. Mi voltai incuriosito. Berardo aveva sfilato le mutandine a Riggia e la stava lavorando tra le gambe. Si interruppe e le disse con tono eccitato e caldo, fissandola negli occhi e però accennando con lo sguardo anche verso di me: “Voglio vederti fare la puttana, oggi. Ti ci vogliono i preservativi. Vatteli a comprare. ”
Ella volse lo sguardo verso di me come per domandarmi se aveva inteso bene. Aveva inteso bene. Mi offrii di andare io ma non accampai alcuna difficoltà all’idea di fondo che era fin troppo chiara.
“No. Una puttana se li compra lei. Avanti. Muoviti. ”
Riggia si sistemò, prese la borsetta e discese di vettura seria in volto, un po’ incerta. Entrò e la vidi attendere il suo turno che veniva dopo un paio di avventori che la precedevano.
Probabilmente sperava che non ne entrassero altri per non avere spettatori intorno quando avrebbe fatto la sua richiesta. Invece irruppe di lì a poco un gruppetto di ben tre donne in chiacchiera, proprio mentre lei cominciava a parlare. Si gustarono la scena. Il dottore invece di servirla in fretta volle indugiare. Vidi che le indicava il posto dove ce n’erano in esposizione numerosi tipi e la invitò a scegliere quello che preferiva. Mia moglie si spostò sotto lo sguardo di lui e delle donne. Trasse una confezione, la prima che le capitò, poi lestamente tornò verso il banco per pagare. Ma il tipo la sapeva lunga. Aveva ancora qualcosa da accampare. Ovviamente non potevo udire cosa le diceva ma era facile intuire che, avendola inquadrata come una prostituta, le consigliasse di comprare una confezione di quelle con un più cospicuo numero dentro invece della sottile bustina di pochi elementi ch’ella aveva tratto fuori. Infatti si spostò lui ed andò a prendere una scatola di quelle con almeno una dozzina. Finalmente ella tornò in macchina. Le gote le si erano fatte di porpora. Aveva sudato per l’emozione.
“Brava! ” disse Berardo.
A me poi disse di dirigermi fuori del paese e di tirare dritto. Così feci. Giungemmo ad un curvone tra i campi, tra un bosco di pioppi vetusti ed una estensione di mais in coltura. Mi fece fermare. C’erano un paio di prostitute sedute in attesa all’ombra di un albero. Non erano di primo pelo. Mostravano i loro anni. Berardo ci disse di attendere mentre lui discendeva e si avviava verso le due bagasce. Anche esse, come i camerieri di prima, lo salutarono con calore.
Parlottarono un poco volgendo lo sguardo, a tratti, verso di noi che eravamo rimasti in vettura.
Riggia taceva. Il suo silenzio pesava sulle mie spalle.
L’amante tornò.
“Vieni.. . ” le disse “Ti spiegheranno loro cosa fare. ” Ella discese, ma restò indecisa.
“Ti prego.. . No.. . Non farmelo fare.. . Non l’ho mai fatto questo.. . ”
“Non è niente.. . Fai quello che fai sempre con me.. . Chiedi centomila.. . Se qualcuno lo vuole e se te la senti fai senza guanto, ma raddoppia la tariffa.. . Di quello che guadagni poi farai a metà con loro due.. . Questo è il loro posto.. . ”
La prese per un braccio e la sospinse. Mia moglie andò a sedersi accanto alle due vecchie baldracche. Iniziò a parlare con loro. Intanto Berado era tornato dentro. Mi disse di allontanarmi ancora un po’ ma di sistemarmi in maniera che si potesse vedere bene cosa accadeva.
Feci così. Poi mi ricordai che nel baule doveva esserci il binocolo. Andai a prenderlo e lo usai per vedere meglio prima che Berardo me lo sottraesse per suo uso.
Di lì a poco auto con uomini dentro cominciarono ad accostare ed a fermarsi. La domanda era solo per mia moglie, bella e sensuale, soda puledra malgrado i suoi 36 anni e le gravidanze. Era davvero bella nella minigonna con lo spacco e la camicetta aperta, le gambe abbronzate e tornite sui sandaletti scoperti. L’unico neo erano le caviglie un po’ grassocce, ma l’abbronzatura non le faceva notare più di tanto.
Parcheggiata la vettura un poco oltre dopo la trattativa il tizio che ne discendeva seguiva lei nella macchia. – Le altre avevano fatto in tempo a mostrarle, dietro un’alta siepe, qualcosa di adatto alla bisogna. – Oppure i maschi le dicevano di montare sopra e se la portavano via con loro. Di li ad un po’ li vedevamo tornare.
Restammo così fin verso le 23. La minaccia del temporale, che si era stemperata, adesso era ridiventata improvvisamente seria. Un turbine improvviso si innalzò e subito presero a cadere grosse gocce. Per questo, ma anche perché ormai da quasi sei ore stavamo lì, Berardo mi ordinò di mettere in moto e di andare a prenderla.
Esse si stavano riparando sotto una cerata, tirata fuori da chissà dove, che si reggevano sul capo, sotto la luce gialla di un alto lampione che illuminava tutta la curva. Riggia si fiondò in macchina appena arrivammo, ma prima di ripartire Berardo volle che cedesse il dovuto alle altre due.
Quelle poi le lasciammo ad infradiciarsi nell’attesa che qualcheduno venisse a riprenderle. Arrivammo a casa nostra sotto un inferno di lampi e tuoni. Mia moglie era zuppa. Si spogliò ancora in corridoio e corse a fare la doccia.
Noi la attendemmo in camera da letto, chiacchierando, bevendo una grappa. Nessuno, dopo il pranzo abbondante, desiderava cenare. Berardo era, invece, pieno di desiderio. Anche io, per la verità, dopo tutto quello che avevo visto. Tuttavia era per me scontato che me ne sarei andato sopra a dormire in mansarda, o nello studio serrandone la porta per non disturbarli con la mia attenzione.
Invece, quando Riggia tornò, con il corpo avvolto nell’accappatoio, ed io mi stavo avviando, Berardo mi disse deciso di rimanere.
Ciò mi spiazzò. Come ho già detto, non era mai capitato che facessimo l’amore in tre. Generalmente attendevo che egli se ne andasse per subentrargli, trovando allora mia moglie oramai sfinita, riducendomi a scoparla mentre ella praticamente dormiva. Non ero preparato. Restai, naturalmente, ma incerto ed emozionato.
Mentre lei terminava di asciugarsi lui si spogliò e montò sul letto. Ella non volle perdere tempo con l’asciugacapelli. Si tolse l’accappatoio che lasciò cadere sul pavimento e così, nuda e con i capelli ancora bagnati in disordine, lo raggiunse. Lo eccitò con se stessa, con la bocca, calda ed appassionata.
“Amore.. . Ti desidero.. . Si.. . Si.. . Sono tua.. . ”
Si sollevò e si dispose a prendere dentro il suo cazzo. Egli la trasse a se stringendola con la mano e col moncone dell’altro braccio. (La protesi adesso emergeva tra i vestiti che stavano infagottati sul canterano. )
“Sei la mia puttana.. . ”
“Si.. . Caro.. . Per te.. . Per te.. . È vero.. . Sono una puttana.. . ”
Non resistevo più. Era giunto il momento anche per me. Mi tolsi anch’io gli abiti e montai dietro di lei, tra le gambe di Berardo. Il sedere di mia moglie era aperto, con il foro grinzoso ben esposto. Il cazzo di Berardo le lavorava la figa. Le carezzai la schiena e le natiche. Mi chinai e le passai la lingua nel solco, cercai di insinuarla nel buco che era ormai naturalmente allascato in virtù delle continue intrusioni. Mentre così facevo sentivo sotto l’odore di Berardo. Afferrato da un impulso irresistibile quanto repentino portai la mia bocca sulle palle di lui. Leccai l’asta umida di umori vaginali.
“Uauuh! .. . Uauuh! .. . ” egli esclamo al contatto, forse sorpreso.
Mia moglie, sentendo che qualcosa di nuovo accadeva, volse lo sguardo rapito verso di me.
Continuai a baciare l’attrezzatura di Berardo. Il suo sapore era buono. Un momento che il cazzo fuoriuscì dalla figa di Riggia io lo trassi a me tutto dentro in gola. Fu questione di pochissimo. Il suo spruzzo mi riempì con violenza. Forse era già in procinto di sborrare dentro di lei, o forse il mio gesto gli aveva fatto perdere il controllo.
Mia moglie mi guardava incredula ed io, come per ripagarla per ciò che le avevo sottratto, mi tirai sopra lei e le passai nella bocca quanto potei dello sperma che Berardo aveva scaricato nella mia. Egli, intanto, si era tolto di sotto ed ora stava sulle ginocchia accanto a noi. Ci osservava. Io ero, peraltro, tesissimo. Indussi mia moglie a voltarsi e mi disposi a farla nella maniera del missionario. Era bagnata come mai. Cominciai a trombarla. Allacciò le gambe sulla mia schiena e di nuovo incollò la sua bocca alla mia col gusto dello sperma di Berardo che ci legava. E tra le nostre bocche Berardo insinuò il suo cazzo. Lo eccitammo così, insieme, io e mia moglie. Poi sentii che si spostava dietro di me. Sputò della saliva sul mio sfintere e subito dopo, duro e possente, mi irruppe dentro straziandomi. Folle di piacere mi scaricai sull’utero di Riggia. Sugli ultimi miei sussulti Berardo sborrò dentro di me e ciò mi procurò una ripresa tanto repentina che subito all’istante un altro violento fiotto di sperma mi venne fuori.
Mia moglie era strabiliata.
” Dobbiamo rifarlo.. . Dobbiamo rifarlo.. . Domani.. . ” continuò poi a dire prima di addormentarsi tra me e l’amante distesi ai suoi lati.
Dormimmo poi profondamente fin verso mezzogiorno. In un paio di occasioni io mi ridestai e me la rifeci così addormentata. Lo stesso capitò a Berardo il quale oltre a rifarsi lei volle scopare anche me ed io lo assecondai. FINE

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