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Roberta, corso avanzato

Quando il campanello della porta mi sveglia di soprassalto riesco a pensare un’unica cosa: odio con tutte le mie forze quando mi rompono le scatole alla domenica mattina.
Il sabato sera lo dedico, come tutti, al divertimento e raramente rientro a casa prima delle cinque di mattina, quindi almeno fino alle tredici non esisto per nessuno.
Invece spesso e volentieri va a finire che qualcuno viene a “rompere” all’alba, ossia a qualsiasi ora precedente mezzogiorno.
Dopo aver dato un’occhiata omicida alla sveglia, che segna le undici e mezza, infilo barcollando i calzoni della tuta e mi dirigo stile zombie alla porta. Non domando nemmeno chi è al citofono, schiaccio il pulsante di apertura del portone e lascio accostata la porta: sicuramente sarà uno dei miei amici che ha pensato bene di sbattermi giù dal letto affinché non poltrisca troppo e, già che ci siamo, ne approfitta per chiedere con un caffé; infatti mi trascino in cucina ed inizio a trafficare con la caffettiera.
Appena un minuto più tardi, mentre mi sto dirigendo al bagno per riacquistare sembianze umane, sento la porta che si apre.
– Butta il giaccone da qualche parte, trovati una sedia, tieni d’occhio la caffettiera e non rompere finché non esco dal coma. – Ordino, appoggiato alla maniglia. è il migliore trattamento che si può aspettare uno che ti sveglia a simili orari antelucani.
Sento un debole “Va bene. ” ma ho il cervello ancora in stand-by e solo quando mi sono chiuso la porta alle spalle mi rendo conto che: 1° non la voce di uno dei miei amici; 2° è una voce femminile; 3° nella fattispecie si stratta di Roberta. In un decimo di secondo sono sveglio e perfettamente operativo, riapro di scatto la porta e schizzo in cucina.
è seduta a tavola.
– Roberta? – chiedo.
Lei mi guarda con aria da cagnolino bastonato.
– Ciao, Pluto. – Fa, alzandosi in piedi per darmi un bacio. – Scusami se ti ho disturbato. –
– Neanche a dirlo. – Rispondo, mettendomi a sedere.
– Ti ho fatto arrabbiare? –
– Ma dai, come ti viene in mente una cosa del genere? –
– Dal tono che hai usato… –
– Normale amministrazione. Di solito è quello che riservo agli amici che vengono a svegliarmi la domenica mattina. – mi alzo e prendo due tazzine. – Se avessi saputo che eri tu, mi sarei comportato meglio. –
– Sicuro di non essere arrabbiato? – chiede speranzosa.
– Giuro! – rispondo categorico.
Verso il caffè e torno a sedermi davanti a lei.
– Come mai da queste parti? – Chiedo.
– Passavo … – dice arrossendo. Col cavolo, penso. – Ho pensato di venire a trovarti. –
La studio per qualche secondo: mi sa che ha pensato a qualcos’altro, invece.
Alla luce dei fatti non è che mi dispiaccia essere stato buttato giu dal letto.
Prima di proseguire, però, devo darmi una sistemata.
– Hai fretta? – le chiedo.
– No, no! – Risponde un po’ troppo rapidamente, confermando i miei sospetti. – Non ho nessun impegno, oggi. –
Molto bene.
– Allora facciamo così, tu bevi caffé tranquilla mentre io mi do una ripulita. – Dico, passandomi eloquentemente una mano sulla faccia. Ho la barba lunga e l’effetto è quello della carta vetrata.
– Quando ho finito studiamo cosa fare. – Lei annuisce contenta.
Butto giù il resto del caffé rischiando un’ustione e mi dirigo in bagno.
Farsi la barba di fretta è il miglior modo per ottenere una parte in un film dell’orrore ma in certi casi non c’è altra soluzione: con quattro colpi di rasio ed una buona dose di emostatico riprendo sembianze umane poi metto via l’attrezzatura, butto la biancheria nell’apposito cesto e mi infilo sotto la doccia.
Mi sono insaponato completamente e mi godo la sensazione che da una bella doccia quando sento la porta del bagno che si apre.
– Posso? – Chiede Roberta. Probabilmente di la in cucina si sente sola ed vuole fare quattro chiacchiere.
– Certo. Se non ti secca parlare attraverso un vetro… – Rispondo. Di certo non mi formalizzo.
Sento che richiude la porta ed intravedo la sagoma che si avvicina alla doccia. Fin qui tutto bene, ma quando la porta del box si apre con un piccolo clic mi volto di scatto, decisamente sul chi vive, e mi trovo davanti Roberta completamente nuda.
– Posso tenerti compagnia? – Mi chiede infilandosi senza tante cerimonie nella doccia assieme a me.
– Orpo! – Mi limito ad esclamare facendole un po’ di posto.
Lei sguscia all’interno e mi si appiccica contro.
– Non ho mai fatto la doccia con un uomo. – dichiara, iniziando a strofinarsi contro di me. – Mi passi il sapone? – chiede come se niente fosse e soprattutto ignorando platealmente la mia reazione, che inizia senza tanti riguardi ad alzare la testa e ad irrigidirsi.
Obbedisco alla sua richiesta e lei inizia ad insaponarsi, senza curarsi del fatto che nel farlo continua a strofinare il suo basso ventre contro il mio uccello che ormai è a pieno regime.
-Per piacere, mi lavi la schiena? – dice, voltandomi le spalle. Io obbedisco anche in questo caso, ma si fa sempre più duro… resistere, intendo.
Il colpo di grazia arriva quando decide di darsi un’insaponata anche alle gambe, e per farlo si china tranquillamente in avanti stampandomi il sedere sul cazzo.
– Questa è istigazione a delinquere. – Dico, premendo l’uccello duro nel solco delle sue natiche e passandole una mano davanti per afferrale il seno. Sento che geme leggermente quando le stuzzico i capezzoli.
La sollevo leggermente ed infilo entrambi sotto il getto d’acqua per sciacquarci. Fare sesso coperti di schiuma può anche essere romantico, ma poi si rivela leggermente antipatico il bruciore.
Quando il sapone se n’è andato riprendo le manovre da dove le avevo interrotte.
Le massaggio i seni poi scendo lentamente a carezzarle i fianchi ed il ventre, mi fermo qualche minuti sul monte di venere, poi proseguo più in basso, stuzzicando il grilletto e le grandi labbra.
Quando le infilo un dito nella fica geme ancora più forte e si appoggia contro di me. Nel frattempo neanche lei è rimasta ferma: ha infilato le mani fra noi due ed ha iniziato a darsi da fare.
Nel box doccia non si stà molto comodi e rischiamo di scivolare malamente un paio di volte.
L’ultima, sono costretto ad afferrarmi alle manopole dell’acqua per evitare una brutta caduta e questo ci fa decidere di interrompere i pomiciamenti per il tempo necessario ad asciugarci ed a trasferirci a letto.
Lei si stende e mi osserva mentre finisco di asciugarmi.
– Cosa prevede la seconda lezione? – mi domanda maliziosa mentre butto da una parte l’asciugamano e mi avvicino bordo del letto. Ho l’uccello all’altezza del suo viso e lei lo segue con lo sguardo come uno spillo segue una calamita.
– Iniziamo con un ripasso della lezione precedente. – Dico, agitandole l’asta davanti al naso. Lei capisce al volo, sorride, tira fuori la lingua e, fissandomi negli occhi, la fa scorrere lungo l’asta come se fosse un cono gelato.
– Ottimo. – Mormoro mentre ripete un paio di volte l’operazione.
Figurarsi poi quando, dopo un’ulteriore lentissima passata, spalanca la bocca e ne fa sparire un bel pezzo. Evidentemente ricorda quanto le ho detto riguardo ai denti perché non li avvicina nemmeno e si sta impegnando a fondo con un notevole gioco di lingua che mette a dura prova la mia volontà.
Dopo l’ennesimo risucchio si sfila l’uccello di bocca, continuando a lavorare di mano.
– Come vado? – chiede.
– Si vede che hai seguito con attenzione la lezione precedente. – Rispondo.
– Hai qualche altro consiglio da darmi, in materia. –
– Solo di fare molta pratica. –
– Se ti presti, questa è proprio la mia intenzione. – dice, dopo una slinguata proprio sulla cappella. – Ma, riguardo a qualche… tecnica particolare? –
Ci penso un secondo, poi gliela butto.
– Pensi di riuscire ad ingoiarlo tutto? –
Lei strabuzza gli occhi e fa una faccia perplessa, poi alza le spalle e spalanca la bocca.
– Vacci piano. – consiglio. – prova un po’ alla volta. –
Lei alza gli occhi per guardarmi ed inizia ad abbassare la testa, facendo sparire un paio di centimetri di asta. Rimane ferma qualche secondo, si ritrae, riprende fiato e ridiscende. Altri due centimetri di più infilati in gola. Vedo che strabuzza gli occhi e si ritrae lentamente.
– Non ti ammazzare, non è importante. – le dico quando noto due lacrimucce comparirle negli occhi.
– Il problema è la punta. – dice, inghiottendo a vuoto. – Cavoli se è grossa. – Ma spalanca di nuovo la bocca e riparte di scatto. Osservo affascinato il mio uccello sparire nelle sue fauci, che continuano a scendere lungo l’asta, raggiungere il punto in cui era arrivata prima e proseguire imperterrita. Tiene gli occhi stretti con forza ma non si ferma, prosegue nella corsa senza un esitazione e qualche attimo dopo l’ha inghiottito tutto. Viene fermata dal mio pube sul quale ha schiacciato il naso. Riapre gli occhi e li sbarra incredula, mentre io mi godo, del vero senso del termine, l’effetto della sua gola che si contrae attorno alla mia cappella.
Sempre muovendosi molto lentamente si ritrae.
– Cavoli! Ce l’ho fatta. – Dice, facendo seguire alla frase un nuovo tentativo, che le riesce perfettamente. Sembra proprio che ci abbia preso gusto perchè prende ad alternare semplici risucchi a “gole profonde” da infarto.
Mentre lei si dedica al nuovo gioco io inizio a darmi da fare: la sposto leggermente facendola stendere sul letto e mi piazzo sopra di lei nel classico sessantanove. Le allargo le grandi labbra e mi trastullo per un po’ col grilletto, poi passo al paese delle meraviglie. è talmente bagnata che gli umori le colano lungo le cosce e nel solco delle natiche, finendo ad inzuppare il lenzuolo. Quando comincio a sincronizzare i movimenti di lingua e dita lei interrompe il suo lavorio, ansima come un mantice, mi serra la testa tra le gambe e viene come una fontanella.
Anch’io sono a buon punto, la sua bocca sembra un forno e decisamente mi tenta un sacco, ma ho in mente altre cose e sarebbe un peccato finire troppo presto. Le sfilo l’uccello dalle labbra, cosa che la lascia un attimo seccata, mi rigiro e mi stendo al suo fianco, trascinandomela sopra. Lei intuisce al volo, afferra il mio cazzo e se lo porta alla fica, lasciandosi cadere sopra di peso.
– E stupendo! – Ansima iniziando a muoversi. Io non posso fare altro che concordare.
Ho le mani completamente libere e quindi le uso a mia discrezione, tormentandole i seni, carezzandole la schiena ed impastandole il culetto.
A proposito… Dio quanto mi intriga quel culetto!!
Tanto per saggiare le sue reazioni ci appoggio un dito e spingo leggermente. Lei blocca il suo saliscendi e mi guarda.
– Porco! – mormora, ma non solo non si ritrae, anzi, spinge indietro verso la mia mano.
La volta precedente non avevo potuto osservare la sua espressione ma questa si, e non sembra tanto contrariata solo… leggermente indecisa.
Spingo ancora un po’ ed il dito affonda completamente, quando poi riprendo a muovermi sotto di lei, aggiungendo anche il movimento del dito, l’effetto è stupefacente. Roberta chiude gli occhi, si morde le labbra e prende a mugolare come una gattina. Aumento il ritmo ed i gemiti aumentano.
Roberta punta le mani sul mio petto e risponde colpo su colpo ai miei affondi ansimando.
Non le ci vuole molto, con quel trattamento, per raggiungere l’orgasmo. Ad un cero punto si irrigidisce, spalanca gli occhi fissando il nulla e manda uno strano urlo soffocato per poi accasciarsi sul mio petto senza fiato.
– Sei una peste! – Mi accusa con un sorriso.
– Lo so, grazie. – Rispondo sfilandomi da sotto di lei.
Roberta rimane a pancia sotto e ne approfitto per “aggredirla alle spalle. L’aiuto ad infilare un cuscino sotto la pancia e mi piazzo a cavalcioni sopra di lei.
Punto il cazzo alla sua fichetta spingo con forza: entro di botto, tutto in una volta strappandole un gemito. Senza lasciarle il tempo nemmeno per riprendere fiato, inizio letteralmente a sbatterla, tanto che è costretta a puntare le mani alla testiera del letto.
– Oh… ahi… – dice, a ritmo con i miei colpi. – così… ah… mi…. sfondi. –
Ma nonostante le parole, non fa niente per sottrarsi, anzi, solleva ancora un po’ il sedere per lasciarmi campo libero. Così piazzato posso andare avanti a tempo indeterminato e ne approfitto a piene mani per fotterla senza ritegno. Sento le contrazioni vaginali farsi sempre più frequenti ed aumento il ritmo, poi, proprio quando sta per venire mi blocco di colpo, interrompendole l’orgasmo.
– Noooo…. stavo per venire. – Più che una protesta è un ringhio, seguito immediatamente da un altro quando le rispondo che l’ho fatto apposta. Non le lascio il tempo di farne un terzo perché riprendo a muovermi forse anche con più forza di prima, tagliandole la frase sul nascere. Appena un minuto più tardi riecco che mi stringe nuovamente l’uccello nel preludio dell’orgasmo, ma non ho intenzione di fargliela facile e sul più bello mi blocco di nuovo, strappandole l’ennesimo grugnito di disappunto. mi sfilo quasi completamente da lei e forse è convinta che voglia spostarmi, infatti gira la testa e mi da un’occhiataccia. Proprio in quel momento do un colpo di reni e affondo nuovamente dentro di lei, che lancia un grido e sbarra gli occhi. La sbatto ad un ritmo infernale, tanto da farla singhiozzare, ma non rallento e di li a poco la sento di nuove serrarmi il cazzo in una morsa. Sono quasi tentato di bloccarmi di nuovo ma mi dico che il troppo storpia perciò continuo.
Quando l’orgasmo la raggiunge, Roberta letteralmente urla di piacere inarcando la schiena e pingendo indietro verso il mio uccello per prenderlo tutto. Poi si accascia stremata, respirando come un maratoneta all’arrivo. Non sa che anch’io sono cotto e che mi sono dovuto veramente mordere la lingua per non venire, ma è cosa da non farle notare, anzi.
– Tu vuoi ammazzarmi. – Dice dopo qualche minuto, sempre a pancia sotto.
– è la punizione per avermi svegliato all’alba. – Ribatto.
– Cavolo! – risponde seria. Poi chiude gli occhi e sorride. – Allora lo farò più spesso. –
– A tuo rischio e pericolo. –
– L’unico rischio, a quel che vedo, è di dover camminare con qualche difficoltà a gambe divaricate. –
– Ancora poco. Se mi svegliavi più presto sarebbe stato peggio. –
– Peggio? E come? –
– Non vuoi saperlo davvero. –
– Invece si! –
– Ne sei sicura? –
– Certo! –
– Peggio per te. – Mi allungo sul fianco ed apro il cassetto del comodino. Dopo qualche ricerca trovo il tubetto e glielo sventolo sotto il naso.
– Cos’è? – chiede tra il curioso ed il preoccupato.
– Ora te lo faccio vedere. – Tolgo il tappo e spremo una buona dose di crema sulle dita, che porto rapidamente in mezzo alle sue gambe. Teoricamente, con tutti gli umori che ci sono la in mezzo, non servirebbe, ma è meglio andarci cauti.
Velocemente, prima che riesca a reagire, la ungo per bene in mezzo alle natiche, soffermandomi a massaggiare il forellino posteriore.
– Non vorrai mica… – chiede con tono decisamente preoccupato.
– Hai detto tu che vuoi sapere il trattamento peggiore. –
– Aspetta un momento. – fa. – non pensavo certo a questo. –
– Chi è colpa del suo male… – intono, e contemporaneamente infilo un dito.
– Ahaaaaa…. – fa lei chiudendo gli occhi. Sento il suo sfintere che si serra con forza.
– Ti consiglio di rilassarti. – Faccio, rimanendo un momento immobile.
Lei ansima ma sento che segue il mio consiglio. Muovo lentamente il dito avanti ed indietro poi, quando la sento abbastanza sciolta, ne accosto un secondo e spingo anche quello. Altra strizzata ed altro gemito.
Continuo a manovrare per farla rilassare e ci riesco perfettamente.
– è strano. – Dichiara con un filo di voce.
La faccio alzare e piazzare a quattro zampe, poi mi sistemo dietro a lei e sfilo le dita.
– Fai piano, ti prego. – supplica quando sente che appoggio la punta alla rosetta. – E la prima volta, dietro. –
Come se non me ne fossi accorto.
Spingo leggermente e sento la resistenza dello sfintere.
– Lasciati andare. – Le mormoro.
– Siiiii… – risponde sullo stesso tono. Spingo ancora e sento i muscoli allentarsi, cedendo il passo all’oggetto estraneo.
– è troppo grosso. – Protesta.
– No, se tu mi dai una mano. –
– Come? – chiede, ansimando.
– Spingi. – Rispondo senza tirarmi indietro.
Ci pensa un attimo poi sento che contrae i muscoli del ventre e di riflesso l’ano si apre, lasciandomi aperta la via: do una spinta leggermente più forte e la cappella passa. Il peggio è fatto, ma rimango perfettamente immobile, se spingessi ora farei male ad entrambi.
Lei boccheggia. – Mi sento spaccare. –
– Continua a spingere. – le ordino. Lei esita ma obbedisce e sento la morsa allentarsi.
Riprendo a spingere e lentamente affondo nel suo retto. è una fornace bollente ed il mio istinto mi dice di mettermi a fotterla come un forsennato: sarebbe uno sbaglio e mi trattengo con qualche difficoltà.
– Mi sembra di scoppiare. – dice, senza muovere nemmeno un dito. – Non posso prenderti tutto. –
Quando dice tutto, non si è neppure resa conto che invece lo ha fatto.
– Invece, a quanto pare, si. – le sussurro in un’orecchio, appoggiando il basso ventre alle sue natiche. – Lo senti? –
Lei gira la testa, spalanca gli occhi e mi fissa.
– Oh, Dio! Si! Sei tutto dentro! – Chiude gli occhi e respira a fondo, il che provoca una contrazione.
– Ahaaai. – si lamenta debolmente, ma ormai ci siamo. Lentamente mi ritraggo, senza sfilarmi del tutto, poi torno ad affondare.
– Oh, cazzo! – dice, mordendo il cuscino.
Inizio l’andirivieni dentro il suo culetto, muovendomi lentamente ed uniformemente. Lei ansima: è ancora allo stadio in cui il dolore non è superato dal piacere, ma ben presto le proporzioni raggiungono il giusto equilibrio ed i gemiti cambiano tono, virando decisamente al piacere.
– Allora? – chiedo.
– è fortissimo. – Dice. – Non ho mai provato una simile sensazione. –
Perfetto: aumento il ritmo.
– Ah… si! … sbattimi… – Comincia Roberta, vinte le ultime remore. – Non… ci… credo… –
Sgroppa come una puledra. Rapidamente mi sfilo da lei, la faccio stendere sulla schiena e l’accosto alla sponda del letto, mi piazzo le sue gambe sulle spalle e torno a penetrarla. Questa volta la difficoltà è trascurabile, con un colpo sono dentro senza, da parte sua, nessun gemito se non di piacere.
– Si… fottimi… – Boffonchia, mentre sposta rapidamente una mano sulla fichetta, iniziando a sgrillettarsi senza ritegno. – Cazzo… mi stai… in… inculando… – Ha perso gli ultimi freni inibitori e si sente. – Forza… più forte… – mi incita continuando a menarsela. Uno spettacolo del genere è un afrodisiaco potentissimo e sento che anche per me si sta avvicinando il momento di scaricarmi. Gli ultimi dubbi in materia me li leva proprio Roberta.
– Dai… vienimi dentro… nel culo… – L’invito è decisamente impossibile da rifiutare.
Sento il piacere montare come uno tsunami. – Si! – Riesco a sibilare. – Ti schizzo dentro. –
– Sborraaaaaaah! – rantola, mentre l’orgasmo l’assale.
Do un ultimo affondo e resto piantato nel suo retto, schizzando il mio piacere in profondità nel suo intestino, in un orgasmo che mi sembra lunghissimo.
Ci buttiamo sul letto fianco a fianco, ancora l’uno dentro l’altra, e impieghiamo diversi minuti a riprendere fiato.
è lei a parlare per prima.
– Non l’avrei mai pensato. – dichiara a bassa voce.
– Cosa? –
– Che si potesse godere tanto. – Dice voltandosi verso di me per quanto lo consente la situazione. – E che avrei incontrato un porco come te. –
Mi viene da ridere. Sono un po’ porcello, questo l’ammetto, ma niente di eccezionale. Glielo dico.
– Sarà anche vero, ma finora non ho mai provato tanto piacere a fare sesso. –
– Ed è solo l’inizio. – Rispondo. – Ce ne sono parecchi di numeri ancora da fare restando in due. – L’ho detto senza pensare, ma evidentemente a Roberta non sfugge niente.
Mi osserva incuriosita. – Restando in due? – ci pensa un momento. – Quindi, secondo te sarebbe possibile aumentare il numero? –
– Se interessa. – rispondo leggermente basito.
– Dovrò pensarci. – Risponde Roberta, ma il suo sguardo non lascia dubbi.
“Oh Dio. ” Penso. “Ho creato un mostro” FINE

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