Tango

Giorno dopo giorno, mese dopo mese, anno dopo anno fra me e mia moglie si era andato consolidando un rapporto bello nonostante le enormi differenze di carattere. Il sesso era stato gioco, poi gioia piena e quindi un lusso da permetterci raramente quando il sonno non coglieva entrambi o le bambine non erano al centro dell’attenzione.

Io conoscevo cosa piaceva a lei, lei sapeva cosa piaceva a me. A lei mandava al settimo cielo potermi mordicchiare la pelle liscia delle guance appena rasate mentre per me era da estasi averla su di me mentre si contorceva con il mio pene ad essere accarezzato dai muscoli vaginali.

Esisteva un però. Un tabù. Il culo. Quello, in tanti anni di conoscenza, era sempre stato un luogo negato. Come ogni cosa negata, è subito desiderata. Il mio chiodo fisso era il suo culo. Poterci entrare, sverginarla. I due glutei erano sempre stati una cosa meravigliosa, ma quel mistero che risiedeva lì… Sogni e realtà non andavano d’accordo. Sognare di avere un rapporto anale con lei ormai diventava un’ossessione. Non è che l’argomento fosse censurato: lei diceva da sempre che non l’attirava, che aveva paura del dolore e che in fondo il bello del sesso era la forma “classica” : pene in vagina, dopo tutti i preliminari.

Io non la pensavo così. Mi mancavano i sessantanove, i baci sul pene, il culo. Specialmente lui.

Quella sera, era il 31 dicembre, eravamo reduci da alcuni giorni di litigi alquanto pesanti. Avevamo chiarito gli equivoci nel pomeriggio e ci sentivamo rasserenati e follemente complici nell’accarezzarci l’un l’altro come per verificare che sì, eravamo ancora noi.

Il desiderio era trasparente su tutti e due. Dopo avere festeggiato il nuovo anno e messo a nanna la prole, andammo a letto. Lei fece finta di dormire, la schiena rivolta a me. Io l’avvicinai, odorando il suo profumo di donna che usciva dalla camicia da notte volutamente corta mentre le mie mani accarezzavano i capelli. Il buio ci rendeva più eccitati. Baciai il lobo dell’orecchio e quindi la nuca. Sentii immediatamente come la sua pelle reagisse alo stimolo e un piccolo suono uscì dalle sue labbra. La strinsi a me ed il suo corpo aderì al mio. Le mani sui seni, il rigonfiamento del pene bene addosso alla curva delle natiche. Le dita cercarono per poco, finchè il due capezzoli furono piano piano massaggiati delicatamente mentre assumevano la rigidità di due chiodi.

Finalmente lei si girò e la sua lingua duettò con la mia in un bacio appassionato che coinvolgeva tutti i due corpi. I suoi slip rossi a perizoma erano una barriera da poco fra il mio pene e la sua vagina. La sua mano mi condusse verso l’apertura piena di un’umidità arrapante, ma io, questa volta, mi fermai. E dissi di no. No ad un rapporto così, non ad un rapporto così quella notte. Doveva essere la notte buona per andare oltre, per arrivare al culo. E questa volta lei disse di sì. Mi ricordò, con voce piena di desiderio, la famosa scena del burro del film “Ultimo Tango a Parigi” . Non passarono pochi secondi che eravamo come sul set di quella pellicola. Mi inchinai verso le due natiche, le baciai teneramente e le divaricai con le mani. La mia lingua indugiò a lungo sui bordi dello sfintere ed i movimenti di lei aumentarono a dismisura la mia voglia di entrare. Quando ormai le urla iniziavano ad uscire dalla sua gola, presi il burro e piano piano lo spalmai prima attorno e poi, con una delicatezza quasi esasperante, anche dentro l’ano. Subito sentii un irrigidimento, seguito da qualche movimento dettato da una improvvisa ritrosia. Quando il pene fu appoggiato all’ano, sentii un piccolo urlo di diniego che venne annullato da un altrettanto rapido movimento del bacino che si spostò tutto contro il pene. E lui, piano piano, entrò.

Il sogno non venne cancellato dalla realtà, perchè questa fu molto più bella di quanto non potessi aver mai immaginato. Lei perse completamente il controllo dei freni inibitori che per anni avevano custodito la verginità dell’ano e ci trovammo insieme, veramente insieme, a vivere un momento indescrivibile.

Avevamo ballato il tango. FINE

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