Avevo 20 anni e dopo la travolgente esperienza con quella splendida femmina che era stata Graziella, non mi ero più impegnato in legami amorosi.
Con la mia ragazza mi ero lasciato, incurante dei pianti e delle successive minacce autolesionistiche che la stessa mi aveva lanciato. Troppo profondo e coinvolgente era stato il rapporto con Graziella, non potevo continuare a frequentare la mia ragazza fingendo di volerle bene.
Quelle poche volte che mi si concedeva (sempre per la paura di gravidanze indesiderate) non riuscivo a non immaginare sempre come sarebbe stato se al suo posto ci fosse stata l’altra, con quel suo darsi completamente, non risparmiando niente di sé al proprio partner.
Ero libero, ma non sfruttavo la mia libertà per andare alla ricerca di facili occasioni.
Il ricordo di quella donna mi condizionava, non riuscivo a cancellarla dalla mia mente.
Abitavo in un tranquillo paesino di campagna e di sera, c’era l’usanza di andare in casa dell’una o dell’altra famiglia per guardare insieme qualche programma tv, per scambiare chiacchiere o per passare piacevolmente la serata con accaniti minitornei di bestia (un gioco di carte).
Le frequentazioni avevano fatto sì che i rapporti tra le famiglie andassero oltre i rapporti di buon vicinato, ma diventassero vere e proprie amicizie. Quando qualcuno si ammalava, i vicini correvano subito per collaborare all’assistenza del malato o malata cucinando i pasti o aiutando nelle pulizie di casa.
Divenni in questo modo molto amico con Marisa una piacente vedova cinquantenne che viveva sola. Vedova da tre/quattro anni non aveva figli.
Chiacchierando, la sera, ci aveva raccontato che si era fatta operare due volte ma non c’era stato niente da fare e non aveva potuto coronare il suo sogno di diventare mamma..
Ammiccando scherzosamente con le altre donne della compagnia sentii parecchie volte Marisa lamentarsi di quanto fosse lunga e brutta la notte da passare senza un compagno e la cosa suscitò la prima volta la ilarità nel gruppo, dando il via a una serie di battute anche molto pesanti nelle quali pressochè tutti gli uomini si offrirono di rendere meno solitarie le notti di Marisa.
Fui forse l’unico a non sorridere, avevo colto nelle voce di Marisa una nota di rimpianto autentica, le provocazioni degli uomini del gruppo l’avevano quasi fatta piangere. Mi sembrò che cercasse il mio sguardo per essere da me consolata, aiutata. Colsi sulle sue labbra un accenno di sorriso rivolto all’unico che non stava ridendo di lei.
Ma cosa mi stavo mettendo in mente?
Mi tornavano alla memoria tutte le volte che lei mi aveva teneramente accarezzato il viso dicendomi poi:
“Ecco, se io avessi avuto un figlio probabilmente sarebbe stato come te, avrebbe fatto tante coccole alla sua mammina, mi avrebbe raccontato dei suoi primi turbamenti… che peccato non averlo avuto, sarei stata la più buona e dolce mamma del mondo!”
Lasciava passare quei momenti di malinconia e cominciava con le domande serrate:
“Ce l’hai la ragazza? Delle mie amiche di Bologna che ti conoscono mi hanno detto che in clinica stai facendo strage di cuori eh!? Hai la fama di essere un piccolo Casanova.Che peccato non avere più vent’anni, sennò te la farei vedere io, altro che le ragazzine di adesso!”.
I discorsi finivano sempre lì, troppa gente ascoltava, io non potevo andare oltre al lecito consentito.
Un tarlo però mi rosicchiava continuamente. Marisa scherzava a provocarmi così? O mi vedeva come un maschio dai sani appetiti e non come il giovane figlio dei vicini di casa? Aveva 50 anni e io 20, non erano troppi gli anni di differenza? Di sicuro però non erano filiali i sentimenti che provavo nei suoi confronti e chissà se un giorno sarebbe potuto succedere che io e lei……..
Un pomeriggio, mentre tornavo dal lavoro, mi fermai a casa sua.
Avevo promesso a Marisa che le avrei fatto delle iniezioni ricostituenti che il suo medico le aveva prescritto per rimediare a un piccolo esaurimento nervoso che, secondo me, era causato dalla solitudine , dalla mancanza di sfoghi affettivi.
Davanti a casa non c’era l’auto, stavo per andarmene ma vidi la porta aperta e tornai indietro.
Entrai, in cucina non c’era nessuno, nel cortile dietro casa neanche.
Salii i gradini che portavano alle camere da letto e prima ancora di arrivare alla zona notte mi parve di sentire dei gemiti. Accelerai il passo pensando che Marisa (era la sua voce) potesse essersi sentita poco bene.La porta della camera da letto era socchiusa e feci per bussare.
Rimasi di sasso. Marisa era nuda , sdraiata sul letto, sembrava in preda alle convulsioni.
Vidi la sua mano sfregare ripetutamente il mucchietto di peli riccioluti che aveva fra le gambe.
Capii che stava masturbandosi, la sentii fremere e a denti stretti dire:
“Vengo, vengo, vengo!”
Aprii piano piano la porta, Marisa si accorse della mia presenza e istintivamente si volle coprire il pube e il seno con le mani.
Aveva cinquant’anni ma devo dire li portava benissimo.
Il seno era leggermente pendulo ma era sormontato da due capezzoli violacei e rigidi.
Non aveva un filo di grasso in eccesso, era ancora una bellissima donna e mi sembrava anche molto desiderabile.
” Dio che vergogna-mi disse-farmi sorprendere da te mentre sto facendo queste cose !Alla mia età!
Chissà che cosa penserai di me! Come minimo che sono una vecchia e laida sporcacciona! Perdonami!
Promettimi che non racconterai a nessuno quello che hai visto oggi te ne prego, dimmi cosa vuoi in cambio, qualunque cosa!”
I mesi di privazioni sessuali che avevo passato dopo la fine della mia storia con Graziella saltarono fuori con violenza proprio in quell’occasione.
Dimenticai le nostre età e ogni possibile tabù.
Non so cosa mi prese, ma cominciai a spogliarmi buttando nervosamente a terra tutto ciò che mi stavo togliendo.
Mi avvicinai al letto, il pene era teso in una prepotentissima erezione.Di fronte a me c’era una donna che desiderava un maschio!
Il suo sguardo diventò serio, ma non era per lo spavento. Per mè in quell’attimo Marisa stava pensando ai suoi 50 anni e ai miei 20.
“Cosa stai facendo? Lo sai che non è possibile? Ho 50 anni te ne rendi conto? Con quali occhi potrò guardare i tuoi dopo, mentre penso che la sottoscritta vecchia troia ha fatto l’amore con il loro figlio ventenne?”
Le risposi come avevo risposto a Graziella qualche mese prima:
“In questo momento siamo solo due persone che hanno un disperato bisogno d’amore, non danniamoci con il pensiero di cosa succederà dopo. Al dopo ci penseremo domani!”
Mi lasciai andare sul letto e cominciai ad abbracciarla. Per un attimo la sentii esitante forse ancora sconvolta dall’enormità di ciò che stava succedendo.
Si sciolse subito:
“Hai ragione, non pensiamo a dopo, pensiamo solo al presente, godiamo adesso poi si vedrà”.
Cominciammo a baciarci con avidità. Le nostre lingue si rincorrevano frementi, intanto io facevo scorrere le mani sul corpo di Marisa. Sentivo la pelle liscia e calda, era la pelle di una ragazza, non la pelle di una donna matura.
Mi baciava chiudendo gli occhi, quando staccava le sue labbra dalle mie li apriva e mi fissava, arrossiva e ricominciava ad esplorare l’interno della mia bocca.
Mi staccai da lei e cominciai a succhiarle i seni che erano gonfi per l’eccitazione. Le prendevo con le labbra i capezzoli e li mordicchiavo, la sentivo percorsa da brividi:
“Dio che bello! Mi stai facendo quasi svenire per il piacere. Lo sai che è da quando è morto mio marito che non ho più stretto tra le mie braccia un uomo? Ora ce l’ho, è vicino a me e mi vuole , mi sta facendo sentire che mi vuole. Questa donna vogliosa ha un compagno che le farà passare tutte le voglie che ha accumulato in questi anni di solitudine, è un sogno?”
Era molto impegnativo quello che voleva da me, ma non ero preoccupato, dalla fine della mia storia con Graziella non avevo più frequentato altre donne.
Ero pronto per la battaglia!
Scesi con la mano verso l’inguine, sfiorai i riccioli del pube, cercai quel nido che da anni aspettava di essere soddisfatto.
Cominciai a fare scorrere le dita lungo le grandi labbra, le sentivo intridersi dei succhi che Marisa versava copiosamente. Gemeva, da quanto stava aspettando tutto ciò?
Trovai il bottoncino del clitoride e iniziai a titillarlo, la sentii rovesciare le testa indietro e la sentii ancora tutta scossa da un fremito continuo, sembrava quasi che stesse male e invece era il piacere da tanto atteso che finalmente scorreva dentro di lei.
Introdussi due dita nella vagina e cominciai a farle scorrere avanti e indietro mentre con il pollice continuavo la tortura di quel clitoride.
“Dammelo-mi disse- dammelo subito o ti sbrano!Non ne posso più, scopami, scopami tutta, adesso, sennò mi farai morire!”
Le montai sopra e le appoggiai il pene all’entrata della vagina, non volevo che soffrisse più, spinsi con forza ed entrai in lei. I suoi succhi scorrevano abbondanti, facilitando il ritmico incedere del mio pene.
La sua vagina sembrava mordermi, la sentivo contrarsi ritmicamente ad ogni affondo.
Sentivo Marisa che mi veniva incontro, sentivo lo stridere che i succhi di lei provocavano quando affondavo dentro di lei.
“Adesso fammi sentire di nuovo quella meravigliosa sensazione che si prova quando un uccello si svuota dentro di te, mentre tu mi prendevi io sono già venuta tre volte. Sfogati tu adesso, ti sento duro duro, eccitatissimo chissà che voglia hai di venire, vieni dai che ti prendo tutto!”
Aumentai la cadenza dei miei affondi ormai sull’orlo dell’orgasmo e quando finalmente mi liberai copiosamente dentro di lei, mi sentii afferrare ancora più stretto, quasi sembrava che lei mi risucchiasse al fine di non perdere niente di me.
Mi urlò due o tre volte “Godo!” e si lasciò andare anche lei a un intenso orgasmo. Digrignava i denti, sembrava rabbiosa e invece era solo il piacere assoluto che la stava sopraffacendo.
“Sono venuta con te, insieme a te, quando ho sentito il tuo sperma scorrere intensamente dentro di me così caldo ho goduto di nuovo come una porca. Non avevo mai provato un piacere così intenso, sembrava che il cervello mi andasse in acqua, in quel momento non capivo niente!”
Inorgoglito dall’avere provocato tutto questo in una donna, non uscii da lei, sembrava che la mia erezione non si volesse esaurire, anzi , non mi sentivo ancora sazio della eiaculazione di pochi secondi prima, ma Marisa si divincolò da me, e si avviò trotterellando verso il bagno, tenendosi una mano sulla vagina per evitare che il mio sperma le colasse lungo le cosce.
Rimasi sul letto, in posizione di relax, con le mani sotto la nuca, ma con il pene che svettava non ancora sazio di quello che aveva avuto poco prima.
Sentii lo scroscio dell’acqua nel bidet e subito dopo la voce di Marisa che mi urlava dal bagno:
“Ma quanta me ne hai data di questa roba? Non finisce di uscire, da quando non facevi l’amore tesoro?”
A queste parole mi eccitaì ancora di più, se prima pensavo di lasciare perdere, adesso volevo di nuovo assaporare quella miciona che era stata tanto senza godere, senza sentirsi varcare da organi assetati di piacere , con la masturbazione quale unico palliativo alla propria solitudine.
Marisa tornò dal bagno e rimase di stucco vedendomi sul letto ancora pronto a darle ciò di cui era stata privata per anni.
Evidentemente c’era intesa fra noi, perché non ci furono parole.
Mi si avvicinò ancheggiando maliziosamente, salì sul letto, mi venne a cavalcioni e, dopo avermi afferrato il pene che sembrava stesse scoppiando, se lo guidò verso la sua miciona e si lasciò andare su si me, lentamente.
Ad ogni minimo avanzare dentro di lei la sentivo urlare la bellezza di quello che le stava succedendo:
“Ne valeva la pena di stare senza scopare tre anni per poi ricominciare in questo modo divino. Fai vibrare di piacere ogni fibra di me.Senti la mia fighina come ti stringe, come ti avvolge.
Tu non devi fare nessuna fatica, ti voglio scopare io. Non muoverti, lascia fare tutto a me”
Cominciò a far scorrere la sua miciona su di me, non andando sù e giù, ma sfregandosi sulla mia pancia. Sentivo che anche lo scroto e i testicoli affondavano dentro di lei. Mentre si muoveva, si prendeva i seni e cercava di portarsi i capezzoli alla bocca per succhiarseli.
Il piacere era intenso perché ogni tanto la vedevo lasciare andare la testa all’indietro scrollandosi i capelli, la vedevo girare gli occhi all’indietro, ad ogni orgasmo la sentivo spruzzare i succhi del piacere attorno al mio pene che la stava riempendo. Aveva evidentemente una notevole fame arretrata ed io ero felice di poterla saziare.
Si fermò di colpo e guardandomi intensamente negli occhi, con la voce arrochita dalla libidine, mi disse:
” Veniamo insieme dai , spruzzami tutto il tuo giovane sperma dentro di me, fammi sentire donna come non mai!”
Ricominciò il suo movimento ondulatorio, strizzandosi contemporaneamente i seni fino a quando si irrigidì, contraendosi tutta:
“Vengo ancora mio giovane uomo, ti dò tutta me stessa, senti come ti stò inondando!”
Non resistetti più, già precedentemente a Marisa mi ero accorto di quanto eccitante fosse vedere una donna che gode totalmente e quindi immaginatevi con quale intensità mi lasciai andare dentro di lei. Venni, venni ancora, sembrava non mi dovessi arrestare, mi sentivo svuotare di ogni energia ad ogni contrazione del pene che liberava dentro Marisa lo sperma troppo a lungo trattenuto.
Rimanendo su di mè, con ancora la mia virilità dentro di lei, Marisa si lasciò andare e si appggiò sul mio torace. Cominciò a darmi tanti piccoli baci, sugli occhi, sul naso sulle labbra.
“Grazie amore mio , sono come rinata, finalmente ritorno a provare i piaceri che può dare il sesso.
Mi amerai ancora? O ti accorgerai di avere fatto l’amore con una vecchiaccia e non vorrai più niente da mè? Sappi però che quando vorrai, il mio letto sarà sempre pronto ad accoglierti , la mia topina si lascerà penetrare solo da tè e da nessun’altro. Solo tu potrai riempirmi con il tuo sperma giovane e caldo e quando te ne andrai io me lo terrò dentro di mè, dormirò con lui, lo sentirò colare tra le mie gambe e mi sembrerà sempre di averti continuamente dentro di mè. Pensa, potrò anche godere senza di tè, mi basterà sentirmi tutta la topina fradicia del tuo piacere!”
Le sorrisi, la baciai dolcemente e mi alzai per farmi una doccia.
Marisa mi aiutò , insaponandomi e sfregandomi il corpo con le sue mani.
Mi aiutò ad asciugarmi, mi vestì come una mamma veste il proprio bambino e mi accompagnò alla porta, inondandomi di baci sul collo.
Mi salutò e mentre io me ne stavo andando, si aprì furtivamente la vestaglia facendomi vedere la topina tutta pelosa dentro la quale ero stato fino a qualche minuto prima.
Se la infilò con un dito poi si portò il dito alla bocca e, dopo esserselo baciato fece il gesto di mandarmi un bacio.
Mi stava mandando un bacio che aveva l’odore di lei e di mè miscelati in una unica fragranza!
Le serate in compagnia proseguirono, ma Marisa non si lamentò più della sua solitudine.
Gli uomini del gruppo ammiccavano tra di loro e supponevano che Marisa avesse trovato chi l’aiutava a rendere meno pesante la solitudine.
Io continuai per anni a frequentarla e lei mantenne la parola. Non mi rifiutò mai niente , mai una volta mi disse di non averne voglia o addusse altre scuse.
Entravo in casa sua e, senza parole tra di noi, iniziavamo ad amarci.
Quel silenzio era solo interrotto dai gemiti che provocavano i nostri orgasmi.
Penso di averle voluto tanto bene nonostante il pensiero della differenza di età mi sfiorasse ogni tanto.
Solo quando lei arrivò alla soglia dei sessanta anni e io stavo per sposarmi mi chiamò perché doveva dirmi una cosa importante.
Era molto seria quando mi disse:
“Non ci frequenteremo più piccolo mio. Già mi agitavo al pensiero che i tuoi genitori lo imparassero, figuriamoci ora se lo imparasse tua moglie! Diamo un taglio netto alla nostra storia e rimaniamo solo amici. Ora facciamo l’amore per l’ultima volta e poi salutiamoci.”
Fu una notte incredibile, godemmo tanto l’uno dell’altra e viceversa. Facemmo l’amore con frenesia, gustando ogni più piccola parte di noi e , quando ci salutammo, ci baciammo quasi con disperazione. Era l’addio, dopo non ci sarebbe stato più niente .
Rimase molto amica e fù grande quando vidi come si affezionò a mia moglie, aiutandola a volte in casa e facendo anche volentieri da tata al nostro bambino.
Quando facevo qualche complimento a mia moglie, Marisa arrossiva e si girava dall’altra parte quasi si vergognasse di essere ancora un po’ gelosa.
Successe che rimanessimo da soli io e lei e a mè venne d’istinto di parlare di noi, di quando ci frequentavamo. Fui quasi sul punto di dirle che avevo una voglia incredibile di fare l’amore con lei, ma mi zittì.” Non si può, te l’ho detto, però ricordati che ti ho amato tanto , anche molto di più di mio marito. Mi hai fatta sentire felice, il pensiero delle innumerevoli volte che mi hai amata non mi abbandonerà mai. A volte mi sembra ancora di sentire il tuo profumo nel mio letto. Però è finita, ti amo ancora tanto ma è finita. Sarò sempre e solo la tua vice-mamma, niente di più.”
Ancora adesso la vedo, e se lei ha la sensazione che io la guardi con lo sguardo di un tempo arrossisce come una bambina.
Quanto sei stata dolce Marisa! FINE
