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Consuelo

Manuel e Antonio si erano conosciuti durante una partita di calcio ed erano subito diventati amici. Il primo frequentava fisica all‘università di B. , il secondo lavorava come tecnico in una ditta di computers. Avevano entrambi vent’anni e condividevano l’amore per lo sport, le ragazze e la lettura dei fumetti. All’inizio si frequentarono poco, perché Manuel, che era in periodo di esami, aveva poco tempo libero, ma quando arrivò l’estate presero a vedersi quasi tutte le sere. Con la moto di Antonio, una vecchia Honda che aveva conosciuto tempi migliori, i due ragazzi facevano lunghe corse lungo le strette e tortuose stradine che attraversavano le colline di B. in cerca di refrigerio dalle torride nottate di luglio. Avevano trovato un piccolo locale, in cima ad un colle, dove, sotto un pergolato di vite, si poteva bere della buona birra e chiacchierare in tranquillità. Manuel ed Antonio erano due bei ragazzi dal fisico sportivo e dai modi franchi ma, nonostante ciò, erano sempre a corto di ragazze e a vent’anni, si sa, non è certo la voglia di sesso che manca. Così, quando, a notte fonda, rientravano a casa dopo aver passato l’intera serata a parlare di donne, l’unica possibilità che avevano per sfogare i loro dirompenti istinti sessuali, era quella di masturbarsi. Lo facevano entrambi quasi tutte le notti, nella solitudine della loro cameretta e, spesso, sia l’uno sia l’altro, trovavano il modo di farlo anche durante il giorno. Manuel aveva una sorella poco più grande di lui, Consuelo, che era fidanzata con uno stronzo, pieno di grana e di boria, che lui non poteva soffrire. Consuelo era una vera bellezza, come la loro madre, d’altronde, ed aveva la pessima abitudine, non rendendosi conto della foia perenne che albergava nei pensieri e nei lombi del fratello, di girare per casa mezza nuda, soprattutto durante quella torrida estate che faceva mal sopportare qualsiasi tipo di indumento. E il povero Manuel, che soffriva, si fa per dire, di uno stato di perenne erezione, pativa le pene dell’inferno nel vedersi gironzolare intorno lo splendido corpo seminudo della sorella la quale, insofferente del caldo, se ne andava per casa con indosso solo mutandine e reggiseno, entrambi quasi sempre semitrasparenti, e calzando quei maledetti sandaletti dorati col tacco alto, che Manuel trovava la cosa più sexy del mondo. E, come se non bastasse, la bella Consuelo, che era animata da grande amore fraterno, non perdeva occasione, ogni volta che incrociava Manuel, di baciarlo e abbracciarlo stringendo il proprio corpo, dalle forme piene e sode, al suo. Il ragazzo, che voleva altrettanto bene alla sorella e non le avrebbe mai, per nulla al mondo, mancato di rispetto, soffriva in silenzio maledicendo la propria sciagurata libidine e l’attrazione quasi dolorosa che provava per quelle forme appetitose e, continuando a maledirsi, doveva rinchiudersi nel cesso dove, squassato da giganteschi sensi di colpa, si tirava dei lunghissimi rasponi pensando alla pelle vellutata, al grosso seno ed al culetto rotondo e sporgente di Consuelo. Certe volte la sua eccitazione era tale che un solo raspone non era sufficiente a placarla e doveva tirarsene anche due o tre di seguito prima di sentirsi appagato. Bisogna aggiungere, per amore di verità, che la bella Consuelo non era così ingenua come poteva apparire ed era perfettamente conscia degli effetti che la propria seminudità e le continue effusioni d’amor fraterno provocavano su Manuel, dal momento che le potenti erezioni di quest’ultimo, mal trattenute dalla sottile stoffa dei calzoni estivi, non potevano passarle inosservate, né visivamente, né fisicamente quando, abbracciandolo stretto, sentiva la sua mazza dura premere contro di lei. Il fatto è che la cosa la divertiva e, per dirla tutta, la eccitava anche un po’. Quel suo fidanzato pieno di grana, rampollo di una delle famiglie più ricche e potenti della città, era si un buon partito ma, quanto a sesso, valeva meno di zero.

Spesso, al suo rientro a casa dopo che avevano fatto l’amore, lei era costretta a tirarsi un ditale, e magari anche due o tre, per soddisfarsi e, in quelle occasioni, era al fratello che pensava, e non certo al suo fidanzato e al suo cazzetto semimoscio. Antonio, invece, era figlio unico. In compenso anche a lui piaceva Consuelo. L’aveva conosciuta a casa dell’amico e se ne era praticamente innamorato dopo pochi minuti. Conscio del fatto che lei non avrebbe mai neppure preso in considerazione un ragazzino, per di più squattrinato, come lui, non l’aveva mai corteggiata limitandosi a sognarla, spesso anche ad occhi aperti, e ad ammazzarsi di seghe pensando a lei. Manuel si era accorto dell’attrazione che l’amico provava per la sorella ma entrambi, per pudore, non avevano mai neppure accennato all’argomento. Così, in separata sede, e senza scambiarsi impressioni in proposito, i due ragazzi si sfinivano di pippe per la bella Consuelo; la quale, dal canto suo, si sditalinava non poco pensando al fratello e a quel suo coso sempre ritto che, quando si abbracciavano e se lo sentiva premere contro, le sembrava fatto di puro acciaio; e, spesso, pensava anche a quel suo bellissimo amico, quello che giocava a pallone con lui, come si chiamava, accdenti, … Antonio, ecco come si chiamava. Chissà come ce l’aveva, Antonio, magari ce l’aveva bello grosso e, a sensazione, doveva anche sapere come farlo funzionare. Certo che era davvero bello, accidenti; peccato che fosse così giovane e così squattrinato. Doveva avercelo grosso, e duro; come Manuel, ne era sicura; e, con quel suo fisico atletico, doveva pompare come un forsennato. Forse è il caso che mi tiri un altro ditale, pensava in quelle ocasioni. Un pomeriggio, verso la fine di luglio, Antonio telefonò all’amico. – I miei sono partiti – gli disse – staranno via un paio di giorni. La casa è libera, perché non vieni a cena da me, così mi tieni compagnia. Non mi piace mangiare da solo. – D’accordo. A che ora vengo? – Quando ti pare. Io rientro verso le sette. – Bene. Devo portare qualcosa? – No, c’è tutto. Mia madre mi ha lasciato il frigo pieno. Porta magari della birra. – OK, a più tardi. La mamma di Antonio aveva lasciato un sacco di roba e, perbacco, era davvero una cuoca eccellente! Dopo cena, seduti nel piccolo terrazzo, bevvero un paio di birre ma faceva un caldo davvero insopportabile. L’aria, immobile, grondava umidità che ti si appiccicava addosso e, complici l’abbondante cena e le birre gelate, ti faceva sudare ininterrottamente. Decisero di farsi una doccia quasi fredda e, finalmente rinfrescati, poterono sedersi in soggiorno, dove le poltrone erano più comode e si poteva ascoltare della musica. Con indosso solo i boxer ed una lattina di birra ghiacciata in mano, comodamente sprofondati, l’uno di fronte all’altro, in due ampie poltrone di velluto, i due ragazzi iniziarono a parlare dei loro argomenti preferiti, ossia di sport, di automobili e, soprattutto, di ragazze. – Saranno almeno due mesi che non mi faccio una ragazza – si lamentava Antonio. – A chi lo dici – gli ribatteva l’amico – l’ultima volta che me ne sono scopata una è stato subito dopo pasqua. – E l’Angelina? – Non me ne parlare! Quella è una stronza, se non la vai a prendere con la Porsche non te la fa neppure vedere. Le sono stato dietro due mesi, mi ha fatto spendere un sacco di soldi in regali e discoteche e non si è lasciata neppure baciare. – Che troia! Certo che è un gran bel pezzo di figa, però! – Eccome! Ha due tette da sballo e un culo talmente rotondo che sembra disegnato da Giotto. L’ho rivista qualche sera fa in compagnia di un vecchio pieno di grana. A quello gliela da, puoi starne sicuro. La riempirà di regali, quel bastardo, e lei glielo lascerà mettere in ogni buco. – Mi ha raccontato Alonso, un amico mio che se l’è fatta ai tempi di scuola, quando lei ancora non rincorreva i polli con la grana, che tira dei bocchini stupendi, di quelli che ti succhiano l’anima, e che se ci sai fare se lo fa anche mettere nel culo. – Lo so, mannaggia.

Pare che se lo sia fatto rompere dal suo professore di matematica, un vecchio bastardo che approfittava delle sue studentesse più carine ricattandole coi voti. – Che bastardo! Certo che a rompere il culo ad una così deve esserci da impazzire dalla libidine. Erano questi i loro discorsi quando, all’improvviso, squillò il telefono. Antonio andò a rispondere. – Ciao, sono Consuelo, la sorella di Manuel. Mio fratello è da te? – Ciao Consuelo. Si è qua, te lo passo. Antonio avvisò l’amico che la sorella gli voleva parlare. – Cosa c’è – chiese preoccupato – è successo qualcosa a casa? – Ma no, stai tranquillo. Ho solo bisticciato con quello stronzo del mio fidanzato e l’ho piantato in asso. Adesso, però, non so come tornare a casa. – Chiama un taxi. – Ci ho provato, ma non vengono fino qua, è troppo tardi. – Ma dove sei? – Alla spiaggia della Principessa. – Cazzo! Saranno almeno trenta chilometri! – Venite a prendermi, dai. Non posso mica passare la notte qui, da sola oltretutto. – D’accordo, arriviamo. Nel frattempo cerca di non fare brutti incontri. – Fate presto, ho paura. – Ok. Tirando il collo alla vecchia ma fedele Honda e rischiando più volte di andare a schiantarsi contro la scogliera, i due amici raggiunsero la bella Consuelo che, al vederli apparire tirò un sospiro di sollievo. – Grazie ragazzi, siete i miei salvatori. – Sei una pazza incosciente – la apostrofò il fratello – avrebbero potuto farti la festa in questo posto sperduto. Come ti è saltato in mente di farti lasciare qui, da sola? – Quel bastardo mi ha fatto talmente incazzare che se non fossi scesa dalla macchina l’avrei ammazzato. – E lui ti ha mollata in un posto come questo? – Ti ho appena detto che sono stata io a voler scendere dalla macchina. – Se lo incontro gli spacco la faccia – disse Manuel, come se non avesse udito le parole della sorella. – Ragazzi – intervenne Antonio – litigherete poi a casa. Adesso dobbiamo risolvere il problema del rientro. – Nessun problema – fece Manuel – tu accompagni mia sorella ed io dormo qui, in spiaggia. – Tu sei matto, fratellino mio, ci stringiamo un po’ e torniamo tutti e tre. – Se ci becca la pula mi sequestrano la moto – protestò Antonio – non si può andare in tre. – Sai che perdita! – lo sfottè la ragazza – a chi vuoi che interessi un catorcio del genere. – Interessa a me, io la uso per lavorare. Comunque, non essendoci alternative, fecero in quel modo. Antonio alla guida, Consuelo in mezzo e Manuel in coda. Lo spazio disponibile era poco per tre persone e dovettero stringersi parecchio per non rischiare di scivolare dal sellino della moto. Dovettero andare piano ed il viaggio fu piuttosto lungo, ma tutt’altro che spiacevole. Con le braccia serrate intorno al corpo di Antonio, la ragazza sentiva sotto le sue mani il guizzare dei potenti ed elastici muscoli pettorali del ragazzo, mentre il fratello, avvinghiato a lei per non cadere, non poteva fare a meno di premerle contro le natiche la potente erezione che non voleva saperne di abbandonarlo. Niente male come fine serata – pensò Consuelo – questo ragazzo deve avere un fisico da sballo e mio fratello, con quella mazza dura che mi preme dietro, mi sta facendo venire una voglia che non vedo l’ora di arrivare a casa per tirarmi un ditale. Mi sembra di sognare, pensava intanto Antonio, Consuelo mi sta abbracciando e, sarà una mia impressone, ma mi sembra che le faccia piacere stare così avvinghiata a me. Ha un profumo stupendo e quando i suoi capelli mi sfiorano il viso mi pare d’essere in un prato di ciclamini. Che vergogna! – pensava invece il povero Manuel – Consuelo si sarà accorta della mia erezione e penserà che sono un maiale. Perché ho una sorella così maledettamente bella e sexy? Perché devo arraparmi così ogni volta che mi si avvicina? Durante il percorso trovarono anche il tempo per fermarsi un paio di volte per bersi una birra e, giunti che furono a destinazione, i due fratelli si separarono dall’amico e poterono, finalmente, andare tutti a coricarsi. Nessuno di tre, però, prese subito sonno. Ci vollero tre rasponi tirati uno di seguito all’altro, per placare i bollori di Antonio che, al pensiero dell’oggetto dei sui desideri, delle sue braccia strette intorno al suo corpo, delle sue mani che indugiavano pigramente sui suoi pettorali e del suo dolce profumo che gli inebriava le narici portato dal vento della motocicletta, scaricò un quantitativo impressionante di sperma lanciando lunghi e spessi schizzi che andavano a spiaccicarsi contro le piastrelle del bagno dove si era rinchiuso per scaricarsi.

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