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Grazia – La spiaggia di Bathar

La spiaggia di Bathar ha due volti e due colori, di giorno è bianca e assolata, la notte si tinge di ombre e di passioni. Ne sentii parlare per la prima volta nell’unico bar dell’isola e non riuscii più a dimenticare la sua eccitante storia, tradotta malamente dalla giovane cameriera dell’hotel.
Mi raccontò che le donne europee si facevano portar lì di notte con le barche dei pescatori e ritornavano al mattino con gli occhi stanchi ma appagati. Andavano in cerca di sesso, di sensazioni forti e tutto avveniva nel buio più totale senza che il loro volto potessero essere riconosciuti. Quel pensiero mi tormentò per un’intera settomana, poi, due giorni prima della partenza, decisi che dovevo a tutti i costi provare quella follia. Le chiesi se mi avrebbe accompagnato, lei sorrise, si fece pregare per un po’ e poi accettò in cambio di cento dollari, una cifra che per lei doveva essere una vera fortuna.
Si chiamava Aniel, quasi non la riconobbi quando poco prima della mezzanotte mi raggiunse nella piazza del paese, indossava jeans e maglietta nera, i capelli scuri, sciolti, e aveva l’aria di quella che la sapeva lunga. Mi guardò scuotendo il capo e poi fissò la mia gonna chiara, a suo dire troppo lunga e visibile al chiarore della luna. Cercai di farmi spiegare quale fosse il vero problema, ma il vecchio sulla barca ci fece cenno che era tempo di andare o sarebbe partito senza di noi.
Durante il viaggio la ragazza cominciò a chiedermi cosa cercassi su quella spiaggia, provai a eludere la domanda, ma ben presto capii che se mai avessi avuto uno sfizio da togliermi, era proprio a lei che lo avrei dovuto confidare. Ero imbarazzata, impreparata a raccontare le mie voglie più intime ad una cameriera, eppure non c’era altra soluzione e dovetti trovare il coraggio di farlo. Provai a spiegarglielo con un giro di parole, lei mi diede l’impressione di aver immediatamente compreso il mio torbido desiderio e mi rassicurò dicendomi che molte donne andavano su quella spiaggia per provare quello che lei chiamò: l’amore dietro.
Ebbi persino il dubbio che si riferisse solo alla posizione e a quel punto non volevo che un semplice malinteso mi privasse dal mio sogno ricorrente. Cercai di verificare che avesse capito davvero i dettagli della mia voglia… alla seconda parola mi dimostrò con un gesto come tutto le fosse chiaro: infilò la sua piccola mano scura nell’ampio spacco della mia gonna, si fece largo tra le cosce e poi la infilò sotto al mio sesso, premendo con il medio sul mio sfintere.
Feci un cenno di assenso… lei probabilmente lo scambiò per un invito, il suo dito scivolò sotto ai miei tanga e forzò appena l’apertura. – Devi togliere ogni forza ai tuoi muscoli, – esclamò – e spingere invece di stringere… o il dolore sarà più forte del piacere. -. Mi volsi per controllare che il pescatore non ci stesse guardando, Aniel ne approfittò ruotando lentamente il polpastrello finché trovò la giusta via. Rilasciai i muscoli e spinsi un poco come mi aveva spiegato e dopo un secondo era dentro di me che si muoveva con maestria.
Quando sbarcammo sulla spiaggia ero come il mare in burrasca. La paura dell’ignoto combatteva con il desiderio di trasgressione… e una voglia intensa, diversa, mi spinse a seguire la ragazza nel profondo dell’insenatura, dove la luce pallida della luna mi lasciava intravedere i contorni di una figura umana. Tutto avvenne all’improvviso, senza preliminari, ed io obbedivo a suoi ordini come un automa senza volontà! Mi fece inginocchiare sulle foglie di palma… mi prese le mani e le allargò finché la mia faccia fu tra i suoi piedi.

Quasi si sedette sulla mia testa mentre lentamente mi accarezzava la schiena, seguii in silenzio le sue abili mani che sollevavano la mia gonna e subito dopo avvertii il contatto caldo della sua saliva che scivolava copiosa tra i miei glutei. Ricordo ancora quelle piccole dita curiose che mi aprivano come un frutto maturo e poi affondavano nella polpa per offrirla allo sconosciuto amante che con passi leggeri era giunto alle mie spalle e si stava calando i calzoni. Al primo contatto col suo sesso quasi stavo per venire, lei se ne accorse ed allentò la presa finché trovai la forza di reagire. Dovette ripetere più volte lo stesso gioco affinché riuscissi ad avere il controllo sul mio piacere e quando fu certa della mia tranquillità, mi allargò appena con due dita mentre con l’altra mano guidava quel nerbo teso fin sul mio caldo orifizio tremante.
Ripensai allora i suoi insegnamenti e li misi in pratica trattenendo il respiro… quando lo rilasciai, la mia carne sembrava dilaniata da quel procedere lento e inarrestabile che s’incuneava nelle mie viscere, cercando spazi che parevano impossibili da trovare. Gridai più volte e gli urlai di non fermarsi, finché il ruvido contatto col suo scroto rugoso mi diede la certezza che era tutto dentro di me… e come per incanto cessò ogni dolore. – Ora stringilo… – mi sussurrò Aniel – e muoviti attorno a lui fino a che il tuo corpo si sarà adattato alla sua possanza. -.
Si… ora sapevo che il peggio era passato… sapevo di poter godere di quel sentirmi piena del sesso di un uomo che cominciava ad aumentare la forza dei suo colpi, stringendomi i fianchi con le mani nere come la pece. La sue grosse palle sbattevano sul mio sesso bagnato frustandolo di piacere, sentivo scivolare i miei ed i suoi umori all’interno delle cosce e i tremendi lampi di piacere si susseguivano senza tregua, scuotendo il mio seno.
Chissà cosa mai avrebbe pensato il mio uomo se avesse potuto vedere la scena. Io, la sua elegante compagna igienista, pronta a rovinare una serata eccitante solo per una parola fuori posto, e ora a carponi su una spiaggia a farsi sodomizzare da uno sconosciuto di colore. Era quel sentirmi sporca a farmi godere di più, era quell’essere scopata come un animale, una situazione così diversa e istintiva… forte, troppo forte per poter resistere alla tentazione di lasciarsi andare. Strinsi ogni muscolo del mio corpo e subito sentii il flusso caldo del suo seme dentro di me: – … no, non mollare proprio ora – gli gridai – non lasciarmi adesso che sto per venire. -.
L’improvvisa diminuzione del volume del suo sesso mi abbandonò ad un passo dalla soddisfazione finale… lo sentii scivolare fuori senza vita, deludendo ogni mia aspettativa. Stavo già per cercare una soluzione da sola, ma Aniel mi trattenne, riaccendendomi con poche parole: – Aspetta, – esclamò – su questa spiaggia c’è sempre un altro uomo! -. La guardai sbalordita… e un secondo dopo mi sentii di nuovo piena, presa con rinnovato vigore, pronta a essere sbattuta con foga, lacerata da un’interminabile orgasmo mentale, un attimo prima di esplodere tra le gambe di quell’essere implacabile che non mi diede tregua finchè ebbe sfoderato il suo grugnito sulla mia schiena.
In quell’istante la mia anima si staccò dal corpo e mi parve di vedere la scena dall’alto… io, giovane turista benestante in vacanza da sola, che aveva comprato cento dollari di emozioni forti al mercato del sesso sulla spiaggia di Bathar.
Ero certa che, passata l’euforia del godere, mi sarei ritrovata a riflettere sul sapore amaro che segue un’esperienza come quella, ma non avvenne. L’eccitazione era rimasta dentro di me, forte, implacabile… e ogni pensiero di quell’istante si trasformava in un piacere nuovo, irrefrenabile, tanto da costringermi a simulare con le mie stesse dite quella penetrazione che aveva stravolto ogni mio limite imposto.
Il pomeriggio del giorno successivo ritornai su quella spiaggia col chiarore abbagliante del giorno, mi sedetti nel punto esatto in cui solo poche ore prima mi ero sentita profondamente puttana e capii che qualcosa in me era cambiato, qualcosa che mi avrebbe portato molte altre volte ad essere schiava delle mie perversioni. FINE

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